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Nessuna comprensione per una pratica barbara che mutila le donne
L’infibulazione non e’ mai innocente
La vicenda dell’ospedale di Carreggi dove un medico somalo che vive a
Firenze preoccupato e - immaginiamo - dolorosamente colpito dal fatto di
dover curare 500 donne danneggiate dalla infibulazione, ha proposto una
mutilazione simbolica che soddisfi il rito ma non danneggi il corpo ha
riaperto molte dolorose e complicate questioni.
Ha riproposto la questione del rapporto delle donne con la religione o
meglio delle pratiche religiose che puntano - ahimé - non solo
simbolicamente alla soggezione della donna e alla sanzione della sua
inferiorità. Ha riportato nel dibattito politico culturale la questione del
rapporto fra il mondo occidentale - usi e costumi - e tutto quell’altro
mondo, copto o islamico, che vive in mezzo a noi e che oggi pare più deciso
che nel passato a difendere i costumi della sua comunità.
C’è un filo che lega la questione del foulard islamico che sta dilaniando
l’opinione pubblica francese e la questione posta dai fatti di Carreggi?
Sicuramente sì. Ma non è come qualcuno potrebbe pensare quello della
somiglianza e della continuità.
Non siamo di fronte a due espressioni di inciviltà e di barbarie del mondo
mussulmano o del mondo copto di diversa entità, ma egualmente dannose. Due
modalità da estirpare, da respingere, con l’integrazione se ci si riesce
sennò con mezzi più coercitivi come può essere appunto la legge sulla
laicità che i francesi stanno per varare. non è neppure quello del
relativismo culturale che tutto acriticamente giustifica in nome del fatto
che ciascuno ha i suoi valori e i suoi riti e se qualcuno di questi mutila
gravemente degli esseri umani, pazienza.
Il filo che lega questi due fatti
sta nel problema che essi ci pongono. Un problema che riguarda noi abitanti
dell’occidente del rapporto con quei mondi che finora si potevano ignorare
perché erano lontani, ma che oggi ci impongono nuove riflessioni e una nuova
capacità di ricerca e di convivenza. Ci chiedono di ridefinire chi siamo.
Da dove partire per questa ricerca? Dico subito - perché in questo caso è
utile dichiarare immediatamente le proprie reazioni istintive ai due fatti -
che mentre ho provato una istintiva avversione per la legge sulla laicità
proposta dal governo francese e un’altra istintiva solidarietà per chi vuole
portare nelle scuole il foulard islamico e qualunque altro simbolo religioso
nel caso di Carreggi la reazione è stata opposta. Nessuna comprensione per
una pratica barbara che mutila le donne, nessuna mediazione neppure
simbolica con un usanza che mutila il corpo non consenziente e non
consapevole della donna.
Reazione istintiva - ho detto - ma non irrazionale. L’avversione alla legge
francese ha molti motivi. Non credo che oggi il velo sia solo un segno di
subalternità femminile. Per molte donne è anche un segno di identità. Ma se
anche fosse solo il segno di una soggezione non è una legge che la può
eliminare, ma la presa di coscienza della donna. I tempi più lunghi sono in
questo caso il prezzo da pagare ad una democrazia reale che non si basa
sulla coercizione, ma sulla convinzione. Non credo che i simboli religiosi
siano da eliminare quando essi sono espressione della fede individuale.
Diversa è la questione quando è l’istituzione ad assumere quel simbolo (il
crocefisso nelle scuole pubbliche).
Credo che la laicità sia capacità di far
convivere diverse opzioni ideali religiose e culturali e non ingiunzione
dello stato che tutto appiattisce e condanna inesorabilmente ogni diversità
dalla "norma". Questa concezione della laicità espressa nella legge che il
governo sta per varare sta portando un paese, che è stato avverso alla
guerra in Irak e ne ha visto gli aspetti devastanti di una guerra di
religione, ad una guerra di religione in casa propria. Se si proibisce il
velo come simbolo religioso indicativo di una subalternità femminile,
coerenza vuole che gli uomini mussulmani si taglino la barba e infatti
esponenti del governo francese propendono anche per questa soluzione.
Le
conseguenze nei rapporti con i mussulmani sono facilmente immaginabili.
La questione della infibulazione è di tutt’altra entità. Li si interviene
sul corpo, lì si attua una mutilazione, lì si nega e si cancella con un atto
di violenza la sessualità femminile. E’ una pratica che va respinta senza
mediazioni neppure simboliche. Pur ammettendo l’assoluta buona fede di chi,
in questo caso la struttura di Carreggi - afferma che un puntura di spillo
sul clitoride anestetizzato ha almeno il vantaggio di sottrarre le bambine
ad una terribile mutilazione occorre dire di no anche alla permanenza del
simbolo che, comunque, non è mai innocente. In questo caso anzi appare
confermativo di una pratica aberrante e di una convinzione da estirpare.
Come si vede il cammino per la ricerca di una nuova convivenza è piuttosto
tortuoso. E magari a tratti po’ apparire contraddittorio. Ma si tratta di
una contraddizione feconda, l’unica che garantisce contro il relativismo
culturale e il fondamentalismo occidentale. L’unica che permette ad una
ricerca di proseguire. Rimane il fatto davvero drammatico, denunciato dal
medico somalo, che in un anno il centro di Carreggi ha dovuto curare ben 500
casi di mutilazione sessuale. Ma possibile che non esista nelle strutture
pubbliche e nella società civile nessun modo per combatterla ed estirparla
se non quella ingenua e sbagliata della struttura fiorentina?
Liberazione