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Sulla vertenza dei bancari da "il messaggero" 20.9.04
Publie le lunedì 20 settembre 2004 par Open-PublishingLA VERTENZA DEL CREDITO
I bancari: l’Abi ci ascolti, lottiamo per la qualità
Maiolino (Fisac-Cgil): gli scioperi scelta obbligata. E gli aumenti sono solo una parte del contenzioso
di ROSSELLA LAMA
ROMA «Lo sciopero del 10 settembre è andato benissimo. Più dell’80% degli sportelli bancari è rimasto chiuso. Tra i lavoratori c’è un malessere reale, anche per le ragioni che hanno portato alla rottura delle trattative», dice Nicola Maiolino, segretario nazionale della Fisac-Cgil, dando dell’adesione alla protesta dei bancari una dimensione molto diversa da quella fornita dall’Abi.
La trattativa era avviata, poi a fine giugno è saltato tutto. Come mai?
«Avevamo già firmato con l’Abi il protocollo sulla responsabilità sociale delle banche, che chiarisce che dopo i crack che hanno coinvolto migliaia di clienti, le aziende non devono più ragionare in un’ottica di guadagno a breve e ad ogni costo, ma devono pensare ad un servizio mirato per le varie tipologie di clienti, anche se nell’immediato non dà un utile alto. Su questo schema l’Abi e noi eravamo d’accordo».
E poi?
«Poi a giugno siamo andati a discutere la nuova piattaforma del contratto, partendo dalla parte economica».
E lì è saltato tutto.
«Non ancora. Abbiamo chiesto chiesto il 7,3% di aumento. Che risulta dal recupero dell’inflazione effettiva del 2002-2003, perchè il contratto è scaduto a fine 2001, e da quella attesa per il 2004-2005. In totale 180 euro di aumento medio, per coprire un quadriennio. L’Abi, che si rifà all’inflazione programmata del governo applicata in maniera restrittiva, ha risposto con 120 euro, che corrispondono ad un più 5,3%. Allora abbiamo detto: passiamo alla parte normativa. E l’Abi ci ha risposto che la parte normativa di esauriva con il protocollo appena firmato».
Perché il protocollo non basta?
«Perché chiarisce che i sistemi incentivanti che non devono non più essere collegati solo a obiettivi quantitativi di vendita di qualsiasi prodotto, ma anche alla qualità. Per far questo bisogna rivisitare il vecchio contratto nazionale, non è materia che può essere decisa singolarmente dalle banche. Basta vedere che sono pochissime quelle che rispettano tutti i parametri del progetto »Patti chiari» messo in piedi proprio da loro, dall’Abi, per capire che il principio della volontarietà nel rapporto con i clienti e nell’utilizzo dei lavoratori in un modo diverso, non regge. Dobbiamo prevedere che i lavoratori possano anche disubbidire se viene loro chiesto di vendere una polizza assicurativa a una vecchietta di ottant’anni».
Così siete passati agli scioperi .
«La trattativa si è interrotta perchè eravamo distanti su tutto. Abbiamo fatto lo sciopero del 10 settembre, e ne è stato indetto un altro che si terrà per gruppi di regioni il primo e il 4 ottobre. Nel Lazio sarà il 1 ottobre.
Sportelli chiusi un’altra volta, per i cittadini è un bel disagio!
«Non devono volercene, perché nella nostra battaglia c’è un pezzo di verità che li riguarda. Certo, noi lottiamo per noi, ma anche per una banca eticamente migliore, che non cerca il guadagno esasperato a tutti i costi». L’Abi non sembra preoccuparsi molto di come stanno andando le cose.
«Le banche devono sapere che finché è bloccata la trattativa nazionale non andranno avanti nemmeno i piani di ristrutturazione aziendale».
In questa vertenza i sindacati sono divisi su due tavoli, quello dei confederali, e quello della Fabi. Non crede che ciò vi indebolisca?
«No. C’è la novità del Dircredito, che aderisce alla Cida, che ha deciso di lasciare il tavolo della Fabi per rincongiungersi, dopo un periodo transitorio, al nostro. La Fabi ha chiesto l’11% di aumento, noi andremo avanti per la nostra strada. Se i loro iscritti sciopereranno con noi come è successo il 10 settembre siamo contenti, ma per ora non ci sono le condizione per riunire i tavoli».