Home > "Super Size Me" : i guasti dei fast-food in primo piano
"Super Size Me" : i guasti dei fast-food in primo piano
Publie le domenica 4 luglio 2004 par Open-Publishing
Thomas
Sotinel
Forte della sua esperienza nella tele-realtà, il regista americano Morgan Spurlock
ha fatto da cavia per mettere in guardia sui danni del cibo servito dalle catene
di fast food. Una dimostrazione senza
sfumature, che ha già dato prova della sua efficacia.
Ecco un’arma che ci arriva con una scritta incisa sul calcio : Super Size Me,
documentario dedicato ai
misfatti di McDonald’s, non era ancora uscito che la ditta rinunciava a proporre
la sua opzione « Super
Size » che, per una modica somma, permetteva di aumentare la parte di ciascuno
degli ingredienti del
menu.
Due litri di bibita gassata con zucchero e caffeina, ad esempio, invece di un
litro e mezzo, per innaffiare 250 grammi di hamburger e una libbra di patate
fritte.
McDonald’s ha annunciato l’abbandono dei menu Super
Size qualche giorno dopo la presentazione del
documentario di Morgan Spurlock al festival americano
del cinema indipendente di Sundance, a gennaio,
precisando che questa decisione non aveva niente a che
vedere con la prossima uscita del film, denunciato
d’altronde come di parte e senza rapporto con la
realtà.
Bisogna convenire che Super Size Me é di quei
documentari che fabbricano una realtà. Per un mese
Morgan Spurlock, creatore di uno degli show originali
della tele-realtà – You Bet You Will – ha consumato
tutti i suoi pasti da McDonald’s. Durante questa
esperienza ha provato tutto cio’ che proponeva la
carta e, ogni volta che gli é stata proposta l’opzione
Super Size, l’ha accettata. Prima di iniziare questo
regime, si é sottoposto agli esami del suo medico, di
un gastroenterologo, di un cardiologo e di una
dietologa, che l’hanno poi seguito per un mese.
La ditta con gli archi dorati sostiene oggi che questi
comportamenti non sono quelli della vita reale.
Cio’ non toglie che la dimostrazione di Morgan
Spurlock é impressionante. Essa si basa sul terrore
che volevano suscitare le tavole comparative di organi
interni che ornavano le aule delle scuole francesi di
una volta : fig.A., fegato di un uomo sano ; fig. B.,
fegato di un alcoolizzato. Salvo che qui non si tratta
di un’immagine di cartone, ma del corpo di un giovane
Americano in piena forma (fa sport e la sua compagna
cucina vegetariano, obbedienza vega – che rifiuta cioé
ogni sfruttamento animale : né cuoio, né lana né
animali domestici) che vediamo rovinarsi ad una
velocità impressionante : si rammollisce, si orna di
una cintura adiposa e diventa color cera, effetto
accentuato dai tristi colori della videocassetta. Ma
tutto questo non é niente se paragonato ai risultati
delle sue analisi del sangue : il suo tasso di
colesterolo vola, il suo fegato reagisce come se
dovesse vedersela con grandi quantità di alcool, ed
Alex, la sua compagna vega, si lamenta del
peggioramento dei loro rapporti sessuali.
Il racconto di questa dieta infernale occupa circa la
metà di Super Size Me, dato che il resto é dedicato
all’epidemia di obesità che colpisce gli Stati Uniti.
La prima sequenza del film da alcune indicazioni
sull’origine di questo tsunami di cellulite. Vi si
vede dei bambini fare la conta, mimata, snocciolando
le grandi marche della ristorazione americana.
Disegnano il tetto di Pizza Hut e gli archi di
McDonald’s senza esitazione. Più tardi, Spurlock filma
delle donne davanti alla Casa Bianca e domanda loro di
recitare il giuramento di fedeltà al paese che tutti i
bambini imparano a scuola. Non ci riescono, ma
interpretano senza errori le pubblicità che illustrano
il menu di una grande catena di ristoranti.
La tesi di Spurlock, corredata da cifre, interviste,
non sorprenderà : l’industria agroalimentare usa tutti
gli artifici del marketing per fidelizzare clienti, i
più assidui dei quali sono battezzati « heavy users »,
un termine generalmente usato nell’analisi delle
dipendenze. Le imprese indirizzano quest’aggressività
anzitutto verso i bambini et utilizzano le proprietà
additive delle materie grasse e dello zucchero.
Parecchie sequenze sono dedicate allo stato
catastrofico delle mense scolastiche. Lo spettatore
francese proverà senza dubbio un brivido constatando
che uno dei fornitori delle mense scolastiche
americane di pasti che sfidano il buon senso dietetico
é una società francese, la Sodexho.
Questo misto di immediatezza venuta dalla tele-realtà
e di dimostrazione militante si rivela inoppugnabile e
perfettamente accessibile al cuore del bersaglio
comune del fast food e di Morgan Spurlock : la
gioventù. Ci vorrebbe uno sforzo sovrumano per
precipitarsi da McDonald’s quando la luce si
riaccende. Lo spettacolo del rigurgito del primo pasto
Super Size fatto da Spurlock fa un effetto quasi
pavloviano : in futuro basterà pensarci per evitare di
soccombere alla tentazione degli archi dorati.
Resta che questo tipo di film di propaganda, che ha
molti procedimenti in comune con i due ultimi film di
Michael Moore, fa a meno di una dimensione essenziale
comune alla maggior parte delle grandi opere del
cinema documentario : la libertà. Qui non succede
niente che non sia stato organizzato, previsto,
voluto. Tutto o quasi concorre a dimostrare una tesi,
senza che gli esseri e i luoghi abbiano un’altra
ragione di essere nella pellicola. Morgan Spurlock e
Michael Moore sosterranno che, di fronte alla violenza
mediatica della pubblicità o della comunicazione
governativa, non si deve lesinare i mezzi del
contrattacco e la sparizione dei menu Super Size tende
a dar loro ragione.
Ci si puo’ persino meravigliare constatando che il
vecchio cinema resta un’arma cosi’ efficace, perché
c’é dalla sua la durata e – come é provato dal
successo di pubblico di Super Size Me negli Stati
Uniti – la dimensione collettiva della proiezione in
sala. Ma una volta esaurito il progetto militante del
film, non resta più posto per quello che fa del cinema
un’arte. Super Size Me puo’ sperare di vivere quanto
un articolo di giornale : fra cinquant’anni uno
storico scrupoloso se ne servirà per sostenere uno
studio sui costumi dell’inizio del XXI secolo, ma é
difficile immaginare un cinefilo entusiasta scovarlo
per far piacere a sé o ai suoi amici.
Documentario americano di Morgan Spurlock (1 h 38.)
Tradotto dal francese da Karl e Rosa
04.07.2004
Collettivo Bellaciao