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Torture: adesso il lavoro sporco lo fanno fare agli iracheni

Publie le martedì 10 agosto 2004 par Open-Publishing

Dazibao


di Red

Schiene piene di lividi, braccia e gambe che recano i segni delle percosse, un
volto straziato dal dolore e un gruppetto di torturatori che infieriscono su
un prigioniero inerme, disteso a terra. La scena è sempre quella, ma cambiano
i responsabili. Stavolta sono iracheni che pestano altri iracheni. A fotografare
e raccontare l’increscioso episodio è stato un giornale americano, The
Oregonian
, in un lungo articolo, corredato da servizio fotografico, che porta
la firma del
giornalista Mike Francis.

È il primo caso di tortura in cui responsabili non coincidono con i soldati della
coalizione militare guidata dagli Usa. Il luogo dove avvenivano le torture era
un cortile nei pressi del ministero degli Interni, gli strumenti utilizzati erano
sbarre metalliche, tubi di gomma, fili elettrici, contenitori di sostanze chimiche.
La data del pestaggio il 29 giugno, primo giorno di sovranità del governo ad
interim guidato da Iyad Allawi.

Nel pezzo si racconta che a individuare la stanza e ad assistere incredulo alla scena sia stato un soldato della Guardia nazionale americana. Il militare ha immediatamente contattato i superiori. Poco dopo un nucleo della Guardia nazionale dell’Oregon è intervenuto per sospendere le atrocità. I detenuti picchiati recavano vistose ferite alla schiena, alle braccia e alle gambe. Le fotografie che documentano le percosse saltano immediatamente agli occhi, per il modo in cui danno la dimensione della gravità dell’accaduto. I soldati americani hanno disarmato le guardie carcerarie e tolto le manette ai prigionieri. Uno di loro era un quattordicenne. Poi è stato avvertito il tenente colonnello Daniel Hendrikson, l’ufficiale più alto in grado sul posto.

Ci si aspettava che venissero presi provvedimenti, ma con sorpresa i soldati sono stati avvertiti da Hendrikson che dovevano consegnare nuovamente i prigionieri ai torturatori. Qual è stato il motivo di questa decisione apparentemente irragionevole? Il tenente colonnello Hendrikson ha ricevuto ordini ben precisi da suoi superiori: l’Iraq, a partire da quel giorno - il 29 giugno - doveva essere ormai considerato come uno Stato sovrano. Da ciò deriva che gli iracheni sono responsabili delle proprie istituzioni; ministeri, carceri o caserme che siano. Gli americani non hanno più il potere di intervenire negli affari interni dell’Iraq.

Si configura però un problema. A darne una definizione che non fa una piega è Michael Rubin, studente dell’American Enterprise Insitute, a suo tempo consigliere del ministero degli Interni iracheno. «Gli iracheni pretendono da noi che si rispetti la loro sovranità. Ma il fatto è che noi potremmo subire delle conseguenze per aver messo - dice metaforicamente Michael Rubin - la volpe a guardia del pollaio».

L’ambasciata americana in Iraq ha confermato quanto accaduto all’interno del ministero il 29 giugno e ha specificato che ha chiesto spiegazioni al governo iracheno in merito al «brutale» evento. Inoltre c’è stato un incontro tra il ministro degli Interni iracheno e James Jeffrey, numero due della diplomazia americana in Iraq. Nulla però è filtrato sul contenuto di questo colloquio. Le bocche sono cucite. Gli americani temono - così almeno secono The Oregonian - che su di loro possa abbattersi una nuova bufera di polemiche. E anche il titolo polemico dell’articolo - «Ordered just to walk away», gli ordinarono di andarsene - evidenzia come il rispetto rigoroso della sovranità irachena possa riverlarsi un’arma a doppio taglio.

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