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Tutto quello che avreste voluto sapere sul congresso PRC ...
par Claudio Ortale
Publie le domenica 3 novembre 2013 par Claudio Ortale - Open-PublishingTutto quello che avreste voluto sapere sul congresso PRC (ma non avete mai osato chiedere)
I documenti congressuali del PRC (tre documenti più i sei emendamenti al doc1) contengono ciascuno spunti, riflessioni e proposte su molti differenti aspetti del bilancio e del rilancio (eventuale) del PRC.
Alcune riflessioni trovano elementi di convergenza altre sono contrapposte. Invitiamo tutte le compagne ed i compagni a leggere ed approfondire tutti i temi delle varie opzioni in campo e scegliere non secondo l’appartenenza di corrente o di cordata, ma decidendo in coscienza quale tra le strategie proposte può essere la più valida.Tra tutti i temi posti nel dibattito, però, dobbiamo dircelo quello che tutti i militanti e gli/le iscritti/e del PRC hanno più a cuore in questo congresso è: "serve ancora il PRC? E nel caso quale proposta per risollevarlo dalla marginalità in cui si trova?"
Chi mostrerà un’ipotesi e delle soluzioni convincenti su questo punto potrà determinare un cambiamento (o una continuità) di linea che dirigerà il Partito nei prossimi anni. I nomi di chi farà il segretario o il tesoriere a quel punto sono addirittura secondari (anche se dovranno essere coerenti con la linea che uscirà vincente).
Noi ovviamente siamo convinti delle motivazioni del documento 3 che abbiamo sostenuto da subito in forma non correntizia, ma autoconvocando pezzi del partito al di là delle appartenenze di ciascuno alle vecchie mozioni del precedente congresso di Rifondazione. Non lo nascondiamo e per cui ci dichiariamo apertamente partigiani delle soluzioni proposte da questo documento per evitare che il PRC scompaia nell’inconsistenza e per rilanciarlo in maniera utile nello scontro di classe come un partito comunista degno di questo nome. Non pensiamo alle tavole di "proscrizione", a indicare come "nemici del popolo" chi la pensa diversamente da noi in questo congresso, a costruire campagne di criminalizzazione a uso congressuale. Questo metodo lo lasciamo ad altri perchè parte del problema e non della soluzione.
Pensiamo semplicemente che solo scombinando le carte della cementificazione del dibattito nel Partito, ostaggio di accordi e disaccordi precostituiti tra capicorrente, si possa produrre quello scatto e quel cambio di rotta necessario a impedire la lenta consunzione del PRC e quindi di un’importante opzione comunista nel paese.
Per questo vi proponiamo una lettura di tutti i documenti e le tesi in campo sul punto oggetto della discussione:
"Che fine fa il PRC?" Tre documenti, quattro proposte
DOCUMENTO 1 (area Ferrero, primo firmatario Amato)
NON IL RILANCIO DI UN PARTITO COMUNISTA, MA LA FONDAZIONE DI UN NUOVO SOGGETTO POLITICO DELLA SINISTRA ALTERNATIVA IN CUI I COMPAGNI E LE COMPAGNE ENTRINO INDIVIDUALMENTE AGENDO DA CORRENTE INTERNA E RINUNCIANDO ALL’AUTONOMIA DEL PRC.
Nel documento 1 “Ricostruire la sinistra, per la rivoluzione democratica e il socialismo del XXI secolo” la proposta centrale è chiarificata al paragrafo 15 “Una proposta per l’unità della sinistra”.
Qui infatti si premette subito che il PRC è importante e non va sciolto oggi organizzativamente, ma va utilizzato, come una sorta di corrente interna, dentro un nuovo soggetto politico che non è più Rifondazione (“...Rifondazione Comunista è necessaria ma non sufficiente e per questo proponiamo di avviare un processo fondativo di un soggetto politico unitario della sinistra di alternativa.”). Infatti l’adesione proposta a questo nuovo soggetto politico è sciolta e a titolo individuale, mandando a farsi benedire qualsiasi autonomia dei comunisti e del PRC rispetto alle scelte, alla visibilità dei propri simboli e dei propri programmi (“...sulla base del principio “una testa, un voto”; che il soggetto unitarioabbia piena titolarità sulla rappresentanza elettorale; che le forze organizzate, locali e nazionali, che scelgano di attivarsi per il processo unitario senza sciogliersi, s’impegnino anon esercitare vincoli di mandato ed a garantire la libera scelta individuale nell’adesione al nuovo soggetto politico da parte dei propri iscritti e iscritte.”)
Per questa nuova ennessima proposta di soggetto della sinistra non vengono definiti gli interlocutori reali, ma viene fornito un indirizzo “ideale” nella direzione di Landini e Rodotà(“L’unità politica è strettamente connessa alla costruzione di un movimento unitario contro il liberismo e l’attacco alla democrazia, di cui la manifestazione del 12 è il primo passo.”)
Ora qui non si parla di alleanze sociali e fronti di lotta antiliberisti e anticapitalisti, ma di un vero e proprio soggetto politico. Pertanto non è di poco conto definire:
a) se Landini e Rodotà sono interessati a un nuovo soggetto politico oppure se, come continuano a ripetere, non ci pensano proprio;
b) se Landini e Rodotà - che sono interlocutori sicuramente fondamentali per costruire battaglie unitarie su temi specifici come la difesa della Costituzione, i diritti sul lavoro e i beni comuni - operino nell’ottica di favorire uno schieramento alternativo al PD (e a tutti i governi filo-BCE di cui il PD è un puntello strutturale e non accidentale), oppure se politicamente mirino a rompere il “governo delle larghe intese” per rilanciare una invece “sinistra del centrosinistra” che ci riporti alla carta di intenti che definiva il campo delle compatibilità (il sostegno ai diktat della UE e il patto sociale col padronato) nel nome delle quali proprio quella Costituzione, diritti e beni comuni sono stati manomessi e svenduti.
Oltre a questi interlocutori, in astratto possibili ma in concreto improbabili, si fanno vaghi riferimenti un po’ a tutte le esperienze esistenti e non più esistenti, plausibili o meno, che hanno punti in comune o totalmente divergenti (da “Cambiare si può” ad Alba, a Ross Z7H , a tutte le altre forze della sinistra politica, ribadendo anche a Sel l’invito ad abbandonare l’illusione che le ragioni e i contenuti che tutta la sinistra difende in Europa, possano realizzarsi nel centro sinistra e nel Partito socialista europeo.). Se si vuole essere credibili nella proposta (che noi non condividiamo perchè pensiamo al rilancio autonomo del PRC come partito comunista e a una vasta alleanza anticapitalista anti-BCE con tutte le forze disponibili come due momenti importanti ma distinti) forse sarebbe il caso di definire meglio a “chi” ci si rivolge e su “quale base”. Le forze citate non hanno nessun terreno in comune rispetto al rapporto col centrosinistra, a che tipo di soggetto politico aspirano e soprattutto non hanno volontà di sciogliersi/fondersi col PRC in nessun nuovo contenitore.
Si dice poi che l’orizzonte non è quello delle elezioni e del superamento del quorum, ma allo stesso tempo gli si da un’importanza centrale definendolo addirittura come primo banco di prova quando si dice che “riteniamo che questo percorso unitario vada avviato da subito e possa vedere nel passaggio delle elezioni europee un passaggio significativo”.
Senza chiarire questi piccoli particolari è chiaro che l’operazione rischia di essere fallimentare in partenza e di rivolgersi alla “sinistra che non c’è” piuttosto che a quella che esiste e che lotta.
Esattamente come tutti i fallimenti passati dall’Arcobaleno in poi, passando per la FDS e arrivando a Rivoluzione Civile.
Errore politico che non può essere certo mascherato dietro formule copiate dalla “sinistra altrui” dicendo ogni volta di voler “fare come Syriza”, “fare come il Front de Gauche” o “fare come Izquierda Unida”. Anche perchè Syriza, il Front de Gauche e Izquierda Unida (ma dovremmo aggiungere anche il Partito Comunista Portoghese con la CDU ed altre esperienze) non hanno fatto nessuna come l’altra ma hanno scelto ciascuno una propria strada specifica di rottura nel proprio paese con le forze governative del socialismo europeo (di cui in Italia fa parte il PD e a cui chiede di far parte anche SEL) e con le politiche della UE. Tra l’altro con linee ed esiti differenti. Quello che manca qui nel nostro paese, al contrario, è proprio una “via peculiare italiana” al rilancio del ruolo di una forza comunista nella prospettiva di uscita dal capitalismo in crisi e verso il socialismo nel XXI° secolo, ovviamente in collegamento e dialogo con tutte le forze comuniste ed anticapitaliste a livello internazionale e nella zona euro-mediterranea in primis.
EMENDAMENTO DOCUMENTO 1 (area Grassi, prima firmataria Albertini)
IL PRC NON PUO’ ESSERE RILANCIATO COME PARTITO COMUNISTA AUTONOMO, MA DEVE METTERE A DISPOSIZIONE IL PROPRIO PATRIMONIO POLITICO-ORGANIZZATIVO PER LA COSTRUZIONE DI UNA SINISTRA DI ALTERNATIVA “DEGNA DI QUESTO NOME” SENZA PORRE DISCRIMINANTI SUL RAPPORTO COL PD E LE SUE POLITICHE. QUESTA UNITA’ VA PERSEGUITA ANCHE CON SEL E PER QUESTO VANNO SOLLECITATI VENDOLA E IL SUO GRUPPO DIRIGENTE. PER FAVORIRE QUESTA UNITA’ CON LA SINISTRA DEL CENTRO-SINISTRA BISOGNA UNIRE I CONTENITORI DEL PRC E DEL PDCI.
Un’altra veste con cui si presenta questo documento è quella degli emendamenti di una parte del vecchio gruppo dirigente che sulle strategie diverge nettamente dalle proposte della segreteria nazionale. Anche qui non si parla di rilanciare il PRC come partito comunista autonomo, con una propria identità di classe e un programma di alternativa alle gestioni capitalistiche della crisi (in primis dei governi del PD e della sua carta di intenti), ma la necessità più urgente sarebbe quella della “costruzione, anche nel nostro Paese, di una sinistra di alternativa degna di questo nome”. Ovviamente - come di consuetudine – anche qui tutto come “in Francia, in Germania, in Spagna, in Grecia e in Portogallo”. Anche i referenti e le modalità sembrano le stesse della versione “non emendata” del documento, poiché si dice genericamente che tale “sinistra dev’essere costruita dal basso, aperta alle forze politiche e sindacali, ai movimenti sociali, associativi e referendari, e a tutti coloro che individualmente vi si riconoscono. In essa deve valere il principio “una testa, un voto”. E anche qui, dopo Ingroia, si spera in un altro “deus ex machina” che ci tolga dalle secche elettorali invocando Rodotà e Landini che definiscono il campo di questa azione(“L’importante appello «La via maestra» per la difesa e l’attuazione della Costituzione, promosso da Landini e Rodotà, dice che c’è spazio per una forte iniziativa unitaria della sinistra”).
Che necessità c’era quindi di fare un emendamento? La prima divergenza emerge subito dopo nella visione che questa Europa non va contrastata e ai suoi trattati non bisogna “disobbedire” (figiuriamo romperci), ma bisogna "cambiare i trattati per costruire un’altra Europa” e quindi magari “democratizzarla” e limitarne gli eccessi. Oltre a questo punto di dissenso infatti ce n’è un altro netto e roboante per quanto dettato da un non detto: in tutto l’emendamento non c’è una riga che richiami alla necessità di rompere con la subalternità al centrosinistra (di cui ci si limita a registrare la “deriva sempre più moderata” invece di denunciare la sua natura di classe di sostegno al progetto euro-capitalista), alle sue politiche di sostegno all’austerity della UE e al suo ruolo nella cancellazione attiva dei diritti del lavoro e della democrazia formale residua sancita dalla Costituzione. Il perché di questa “assenza” forse lo si spiega con il passaggio successivo quando si auspicano percorsi di unità con SEL (che è opposizione dei governi delle larghe intese col PDL, ma sostenitrice convinta dell’opzione del governo di centrosinistra e delle convergenze col centro moderato sancite dalla carta di intenti siglata col PD) con cui si ritiene che "vada tenuta aperta l’interlocuzione e che il suo gruppo dirigente vada sollecitato, riproponendo con ostinazione una pratica unitaria”.
Legata a questo obiettivo, altro punto di dissenso, un’altra proposta alternativa è quella dell’obiettivo dichiarato dall’emendamento di unificazione tra PRC e PDCI. Nel senso di ridare un ruolo forte ai comunisti in rottura con le esperienze fallimentari del passato (fare da stampella ai governi di centro-sinistra) e ridare fiducia a una ricomposizione delle strategie dei comunisti e alla vasta diaspora delle decine di migliai di militanti che abbiamo perso? Non sembra questa la direzione. L’unificazione appare proposta dall’alto unendo i gruppi dirigenti ed i contenitori solo di questi due partiti e senza affrontare o risolvere le contraddizioni che hanno portato alla rottura della FDS di pochi mesi fa, il cui esito pure si riconosce “fallimentare" senza spiegare il perchè. Si prefigura semplicemente un rimescolamento dei gruppi dirigenti di PRC e PDCI per riequilibrare i rapporti di forza oggi sfavorevoli a chi pensa di superare gli sbarramenti elettorali riavvicinandosi alla sinistra di governo e trattando in maniera sprezzante ogni altra organizzazione o esperienza comunista nel paese (che hanno anche loro dei forti limiti forti, ma che ci sembra ingeneroso liquidare come “sigle ininfluenti che si auto-nominano comuniste”).
Dunque nel doc della ex-maggioranza del PRC su questa proposta del nuovo soggetto politico (il cuore di tutta la progettualità espressa) ci sono due posizioni che divergono in maniera inconciliabile su alcuni punti essenziali evidenziando che il documento 1 non è frutto di un convinto accordo politico tra aree (cosa più che legittima), ma di una semplice trattativa tra correnti che, pur essendo contrapposte e pur non avendo una strategia minimamente unitaria, si vogliono riproporre ciascuna come gruppo dirigente a tutto il Partito. Le ultime bordate pubbliche di Ferrero a questo emendamento (che taccia di rappresentare “una svolta a destra” del Partito) e le risposte piccate di Grassi (“discutere senza mistificare”) fanno capire meglio di molte parole che chi vota questo documento non sa se al congresso nazionale avrà sostenuto una parte del vecchio gruppo dirigente o addirittura una nuova spaccatura. Non ci pare una prospettiva congressuale “straordinaria”. Forse di entrambe le cose non ce ne sarebbe bisogno visto la crisi di radicamento e consenso del Partito.
DOCUMENTO 2 (area Bellotti, primo firmatario Bellotti)
IL PRC E’ GIA’ LIQUIDATO DI FATTO E QUINDI IRRECUPERABILE COME PROSPETTIVA DI RILANCIO DI UN PARTITO COMUNISTA. I NUOVI SPAZI POLITICI E AGGREGAZIONI DI SINISTRA OGGI ESISTENTI NON RAPPRESENTANO UNA SOLUZIONE. OCCORRE ASPETTARE CHE SI CREINO LE CONDIZIONI PRE-RIVOLUZIONARIE NEL CONFLITTO SOCIALE E FONDARE UN NUOVO PARTITO DI MASSA NON COMUNISTA, MA DI CLASSE.
I nervosismi che manifestano i promotori di questo documento (Falcemartello) "Sinistra, classe, rivoluzione. Per un nuovo inizio” che lanciano strali contro gli altri documenti (e in particolare il terzo) sono probabilmente il segnale della presa d’atto del ridursi della propria corrente organizzata a un ruolo marginale nella vita del PRC. Oltre che da un’impostazione massimalista e settaria questo potrebbe essere deteminato dall’esaurirsi degli spazi in cui vuole agire sempre e comunque da micro-partito autosufficiente in un partito ora diventato relativamente piccolo.
Resta infatti di difficile interpretazione quale è il senso che questo documento da alla sua partecipazione al congresso di un partito che ritiene morto e irrecuperabile. Per di più in un campo della sinistra (genericamente intesa) altrettanto inutile e frammentata.
“La serie di sconfitte subìte dal Prc a partire dal 2008 determina un processo di liquidazione di fatto. Le ripetute sconfitte subìte dalla sinistra a partire dal 2008 hanno lasciato un campo estremamente frammentato ma soprattutto incapace di uscire dalle alchimie elettoraliste. Si susseguono oramai a getto continuo gli appelli a nuove aggregazioni, nuovi spazi politici, nuovi processi “unitari”, in una danza immobile nella quale i protagonisti, sempre gli stessi, si scambiano le posizioni scomponendosi e ricomponendosi senza che tutto questo affannarsi produca alcun esito reale.”
Di fronte a questo panorama il documento 2 chiede il consenso ai militanti però basandosi sulla fiducia che questo azzeramento palingenetico significhi l’apertura di nuovi spazi politici in un futuro non ben definito ma magari radioso.
“La crisi profonda della sinistra rende possibile e necessario un nuovo inizio, una battaglia aperta per la costruzione del partito di classe, per l’espressione politica indipendente degli interessi dei lavoratori e delle classi oppresse.”
Intanto preso atto che il PRC non serve più ci si può preparare speranzosi in questo futuro, i cui tempi “nessuno può prevedere", e lanciare magari un nuovo movimento politico con una sorta di “doppia appartenenza”.
“Nessuno può prevedere esattamente attraverso quali percorsi può formarsi un partito di massa dei lavoratori nel nostro paese. Possiamo vederne la direzione. Il nostro compito oggi è prendere atto che il partito è stato nei fatti liquidato dalle scelte scellerate del suo gruppo dirigente e che l’unica via d’uscita possibile è di dar vita a un movimento politico che metta al centro la questione di un programma operaio di risposta alla crisi.”
Questo partito oltretutto non deve essere comunista ma di “classe” (laburista? anticapitalista?), come una sorta di rifugio laddove i comunisti si dimostrano incapaci di assolvere al proprio ruolo.
“L’esistenza di partiti (o sette) socialisti o comunisti non è necessariamente l’unica viaattraverso la quale la classe si è espressa politicamente, quando queste forze per limiti ed errori soggettivi si sono dimostrate incapaci di svolgere il loro ruolo.”
Bisognerà solo attendere che dalle contraddizioni sociali esplodano le condizioni pre-rivoluzionarie (“come in Grecia e nei paesi arabi” spesso ripetono). Poi un piccolo gruppo entrista ben preparato può anche fare il miracolo di accelerarne i tempi e sperare così di veder realizzata questa bella favola.
“Necessita da un lato determinate condizioni obiettive e in particolare la ripresa del conflitto di classe su vasta scala; dall’altro il ruolo del fattore soggettivo, degli attivisti e in particolare di una forza anche ridotta nei numeri, ma politicamente coesa e fondata su un chiaro impianto teorico e programmatico di classe, sarà decisivo nel determinare sia il ritmo che l’esito di questo processo.”
DOCUMENTO 3
(presentato da oltre 850 firmatari, “almeno 500 iscritti a norma dell’art. 2 del regolamento congressuale”)
RILANCIARE UN MOVIMENTO PER LA RIFONDAZIONE DI UN PARTITO COMUNISTA CHE SAPPIA RIMOTIVARE LA VASTA DIASPORA DEI DELUSI E DEI DISILLUSI. TRASFORMARE IL PARTITO DA STRUMENTO QUASI SOLO ISTITUZIONALE A STRUMENTO DI LOTTA E DI RADICAMENTO SOCIALE E IN CONSEGUENZA DI QUESTO TENTARE DI RECUPERARE IL CONSENSO. FAVORIRE IL PIU’ VASTO SCHIERAMENTOPOSSIBILE DELLA SINISTRA ANTILIBERISTA E ANTICAPITALISTA CON TUTTE LE FORZE DISPONIBILI A OPPORSI AI GOVERNI DELLA BCE ED ANCHE AL CENTRO-SINISTRA E ALLA SUA CARTA D’INTENTI EURO-CAPITALISTA. DENTRO LE ALLEANZE IL PRC DEVE ESSERE SEMPRE VISIBILE COI SUOI SIMBOLI ED I SUOI PROGRAMMI. RILANCIO DEL PARTITO E COSTRUZIONE DI UN FRONTE ANTICAPITALISTA COME DUE MOMENTI NECESSARI, MA NON SCHIACCIATI O SOVRAPPOSTI DENTRO UN NUOVO SOGGETTO POLITICO IMPROVVISATO, GENERICAMENTE DI SINISTRA E GENETICAMENTE SUBALTERNO.
E questa la nostra proposta. Ovviamente ci limitiamo a riprodurre la sola parte del documento “Per la Rifondazione di un Partito Comunista” che riguarda la proposta per“la rifondazione comunista oggi”:
Per salvare il prezioso patrimonio di esperienze e di militanza di Rifondazione Comunista, occorre voltare decisamente pagina, e questo comporta:
(a) La necessità di una svolta di linea e di nuovi gruppi dirigenti. Occorre una nuova linea politica e scegliere di conseguenza il gruppo dirigente che la deve sostenere. Non sono più accettabili atteggiamenti autoconsolatori, continuisti e di arroccamento che tendono a giustificare comunque le scelte fatte, capaci di fare superficiali “autocritiche” solo a posteriori, senza rimuovere mai le ragioni profonde delle sconfitte.
(b) Costruire un polo di opposizione politica e sociale. È necessario uno schieramento anticapitalistico ampio e plurale che, sulla base di una piattaforma e di pratiche sociali comuni, impegni i diversi soggetti, senza precostituite velleità da “soggetto unico”, in un processo di reale indipendenza ed alternatività rispetto alla logica delle larghe intese ed al centrosinistra, ormai strutturalmente interno alle compatibilità del capitalismo.Non serve inventare un ennesimo soggetto politico finalizzato a superare lo sbarramento elettorale, né serve unire delle debolezze senza chiarezza politica, per poi dividersi alla prima questione che la scontro di classe ci pone. Siamo per la ricerca di alleanze più vaste nell’ambito di uno schieramento antiliberista e anticapitalista credibile e definito, ma dove i/le comunisti/e devono essere sempre visibili con una propria proposta politica e coi propri simboli, sia in caso di presentazione autonoma che all’interno di una coalizione. Non deve mai più avvenire che i comunisti si debbano mimetizzare in generici contenitori o cartelli elettorali e si riducano ad una “tendenza culturale” invisibile.
Lo spazio in cui ci collochiamo non è quello di fare la “sinistra del centrosinistra”, è invece quello di un’alternativa di classe e di sistema.
(c) Dotarsi un programma minimo di fase. Significa definire obiettivi che stanno fuori dalle compatibilità imposte dalla UE, ma che sono legati ai bisogni ed alle lotte sociali e sono necessari per rilanciare un punto di vista di classe nella crisi del capitalismo e sviluppare il radicamento dei comunisti.
Elenchiamo qui di seguito, solo a mo’ d’esempio, alcuni punti di questo possibile programma minimo che deve essere la base per fare le alleanze innanzitutto sociali e poi anche elettorali: riduzione d’orario a parità di salario e la redistribuzione del lavoro; nazionalizzazione/pubblicizzazione delle banche e delle imprese strategiche e di quelle che chiudono/delocalizzano; indicizzazione dei salari e delle pensioni; abolizione della controriforma Fornero su pensioni e mercato del lavoro, la riconquista dell’art.18; l’abolizione di tutta la legislazione razzista contro i migranti, dalla Turco-Napolitano alla Bossi-Fini, dei CIE e del “reato” di immigrazione; la democrazia sui luoghi di lavoro e la fine delle discriminazioni contro i sindacati conflittuali; una legge elettorale proporzionale, senza la truffa di sbarramenti e di premi di maggioranza, per la difesa del carattere parlamentare (e non presidenziale!) della Repubblica, come sancito dalla Costituzione; il pieno riconoscimento dei diritti sociali e civili di tutti/e e la fine della discriminazione delle persone omosessuali; la creazione di un fondo nazionale per il diritto alla casa, l’utilizzo del patrimonio sfitto contro gli sfratti e nuovi parametri per ridurre i canoni di affitto; la cancellazione del vincolo del pareggio di bilancio e del Patto di Stabilità; il ritiro immediato delle truppe in guerra all’estero e il taglio delle spese militari; una vera tassa patrimoniale (sui grandi patrimoni) e lotta all’evasione fiscale; la cancellazione delle opere inutili e dannose (come ad esempio la TAV e gli inceneritori), investendo quei soldi nel rilancio dell’istruzione e dei servizi pubblici; la ripubblicizzazione dei beni comuni e dei settori strategici privatizzati o in via di privatizzazione (energia, Poste, Ferrovie...); la creazione di nuovo lavoro stabile, nella riconversione ambientale delle produzioni e dell’economia, nella tutela del territorio, etc.
(d) Rifondare/ricostruire un Partito comunista. Unire i comunisti. Finché esisterà lo sfruttamento capitalistico esisterà anche la necessità di un Partito comunista, capace di radicarsi a livello di massa. Questa è la prospettiva che ogni compagno/a di buon senso ci chiede. Non possiamo attardarci ancora!
Non basta più parlare in modo generico della rifondazione comunista. Possiamo e dobbiamosalvare il patrimonio del PRC, mettere in sicurezza la sua autonomia politica ed organizzativa da ogni ipotesi liquidazionista (anche se “nascosta”, come quelle proposte da altri in questo stesso Congresso). Dobbiamo essere consapevoli che per questo difficile compito, oggi nessuna forza è autosufficiente: proponiamo un percorso credibile di ricomposizione dei comunisti ovunque collocati, a partire dalla enorme diaspora di militanti, senza scioglimenti improvvisati e scorciatoie politiciste, ma avendo il coraggio di dialogare con tutte le componenti del movimento comunista che vanno nella stessa direzione, verificando nel comune lavoro e confronto politico, un percorso che ha bisogno di organizzazione, di radicamento sociale e di concreta iniziativa nella realtà.
Non servono fusioni a freddo o la mera unità di gruppi dirigenti attuali o passati, bisogna innanzitutto cominciare a unire le linee e le pratiche sociali prima dei contenitori per risolvere in positivo i nodi di fondo che sono stati alla base di sconfitte e scissioni, come la rottura della subalternità al centrosinistra, un indirizzo sindacale comune per tutti i comunisti/e, un investimento "nei" movimenti e non "sui" movimenti, una nuova democrazia operaia e comunista.
Ma questo sarà possibile solo rilanciando una forte iniziativa, un vero e proprio movimento per rifondare/ricostruire un Partito comunista degno di questo nome, quale indispensabile strumento politico-organizzativo, nel vivo dello scontro di classe. Questo significa contribuire con un proprio autonomo ruolo alla riaggregazione di uno schieramento anticapitalista, quale terreno concreto nel quale i comunisti possono dimostrare un proprio ruolo utile e credibile. Significa porsi in netta alternativa a tutti i poli della governabilità capitalistica nel nostro Paese e non come la loro stampella sinistra.
Opuscolo di illustrazione del doc3 del PRC a cura delle/gli autoconvocat* PRC di Roma alla pagina: