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Un centinaio contro Fassino e i Ds: «Un assalto squadrista»

Publie le domenica 21 marzo 2004 par Open-Publishing

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Con le braccia alzate a cantare “Bella ciao”, mentre dalle sponde del grande fiume di volti e di bandiere che scorre costeggiando Santa Maria Maggiore piove sul corteo di pace un bendidio di insulti, di aste e di bottiglie, poco pacifista e men che mai «umanitario».

Sul marciapiede un centinaio di antagonisti dei centri sociali che prende di mira il popolo della Quercia che sfila per via Cavour dietro i suoi striscioni e i suoi simboli. E che reagisce sollevando le mani come fossero bandiere bianche e intonando il canto simbolo della Resistenza. Piero Fassino ha abbandonato da poco la manifestazione contro la guerra, dopo trentacinque minuti di via crucis trascorsi imbottigliato in una traversa - nell’attesa che il segmento diessino del corteo pacifista raggiungesse l’imbocco di via Amendola - e dopo un’altra mezz’ora impiegata a percorrere a piedi meno di un chilometro, davanti allo striscione della Federazione di Torino, a una cinquantina di metri di distanza dai disobbedienti che gli davano il benvenuto gridando «fuori», «assassino», «vergognati». La parte Cgil che doveva fare da cuscinetto nel frattempo si era dissolta.

I diessini in corteo applaudivano, scandivano il nome del segretario, qualcuno gli faceva omaggio di una bandiera pacifista. Momenti di tensione, cresciuti quando un ragazzo in camice bianco, un simbolico cappio al collo, cercava di rompere il servizio d’ordine. Pochi attimi prima che gli addetti alla sicurezza del segretario - romani, emiliani, livornesi e iscritti alla Cgil - provvedessero a bloccare con forza «l’assalto». Nel frattempo, dal marciapiede, una decina di antagonisti fischiava e scandiva slogan contro il leader Ds.

«Questo è il mio posto - ribatteva Fassino - Qui ci sono migliaia di militanti diessini». Una ventina di minuti dopo, poi, la decisione di tornare in ufficio. Mentre circolava insistente la voce che i disobbedienti stavano risalendo via Cavour e che le forze dell’ordine avevano consigliato il dietro front ai dirigenti della Quercia. «Fassino di questo non sapeva nulla», assicurano dalla Direzione, smentendo la versione che attribuisce la scelta del segretario alla volontà di alleggerire la tensione del momento, evitando che il clima si surriscaldasse. «La manifestazione era enorme - spiegherà lo stesso Fassino, sostando cinquecento metri più in là, davanti l’edicola che costeggia il Viminale - La coda è ancora in piazza Esedra, non credo che tutti riusciranno ad arrivare alla destinazione finale». Un abbandono previsto? «Si, come lo è stato altre volte. D’altra parte è un corteo nel quale ci sono migliaia e migliaia di nostri militanti che sono parte integrante del movimento per la pace».

All’arrivo in Direzione, poi, la notizia che il corteo diessino era stato aggredito, data via telefono al servizio d’ordine che faceva ritorno a Santa Maria Maggiore, in fretta, quando il tiro a bersaglio contro «giovani, anziani, bambini di tutta Italia» era finito. La denuncia è di Nicola Zingaretti che ha chiesto a poliziotti e carabinieri pronti a caricare i centri sociali di desistere. «Si assume lei la responsabilità?», ha chiesto un ufficiale dell’Arma. «Sì, sono il segretario della Federazione di Roma dei Ds». Un blitz di una frangia “antagonista” durato pochi attimi. Per terra rimangono bastoni e bottiglie. I diessini che sostano in via Cavour, all’altezza del luogo dove sono avvenuti gli incidenti, riavvolgono le bandiere. Un’ombra amara sulla grande festa iridata, un’ombra che peserà anche sui rapporti interni al centrosinistra.

«Un’aggressione squadrista. Un gesto fortunatamente isolato, ma tanto più grave perché ricercato e preparato da giorni», accusa la segreteria Ds. «Mi sembra del tutto fuori luogo etichettare come squadrismo politico una legittima forma di espressione del dissenso», afferma da Napoli Francesco Caruso, il portavoce dei Disobbedienti che aveva promesso i famosi «ceffoni umanitari» al leader della Quercia. Promessa che aveva alimentato tensioni e polemiche, nei giorni scorsi. Un antipasto del clima che si respirava ieri, fin dalle 10 di mattina. Quando davanti alla sede della Direzione Ds erano comparsi cartelli disobbedienti con la scritta «Fassino quanto sei struzzo».

“Bella ciao”, cantavano i diessini presi a bersaglio dai centri sociali antagonisti. Il fatto è che ieri “Bella ciao”, ballata simbolo dell’antifascismo, è stato il leit motive che ha accompagnato il manifestare di tutti. Anche di chi è andato ben oltre la promessa dei «ceffoni umanitari» ai Ds e al loro leader. Anche di chi non si è preoccupato di prendere le distanze dal tiro a bersaglio antagonista organizzato contro la Quercia. «Ciò che preoccupa - denuncia via Nazionale - è che tra quanti hanno scelto la via della divisione si siano distinti anche esponenti di forze alleate nella stessa coalizione di centrosinistra. Sarà bene che queste personalità, spesso elette sotto le insegne dell’Ulivo, e le forze che esse rappresentano, se ne assumano la responsabilità». Un messaggio indirizzato in particolare a Verdi e Comunisti italiani di Pecoraro Scanio e Diliberto.

Mentre Piero Fassino attendeva il momento di confluire in via Cavour, in via Amendola giungevano le note di “Bella ciao”, diffuse dagli altoparlanti montati sui camion dei Disobbedienti. Che scendevano verso i Fori Imperiali e sostavano minacciosi all’incrocio tra via Cavour e via Amendola, tra l’esplodere di petardi e fuochi d’artificio che faceva da contrappunto. Bloccato per mezz’ora in una traversa. Accompagnato da Violante, Mussi, Leoni, Melandri, Chiti, Bassanini, Damiano, Sereni, Trentin, Pollastrini, Ranieri, Lucà, Migliavacca, Cuperlo, Zingaretti. Circondato dal servizio d’ordine, dai ragazzi della Sinistra giovanile, da una selva di telecamere e di giornalisti, Fassino ha atteso che si aprisse un varco e che giungesse il popolo della Quercia.

C’erano stati contatti con i Disobbedienti. I dirigenti della federazione Ds di Roma avevano discusso con Nunzio D’Erme, consigliere comunale eletto nelle liste Prc in Campidoglio. C’erano state assicurazioni che tutto sarebbe filato liscio. Nel frattempo, prima di raggiungere via Amendola, Fassino attendeva nel suo ufficio di via Nazionale che il corteo sciamasse, che giungesse il momento opportuno per inserirsi nella parte finale riservata alle forze del “non voto” sull’Iraq. Rutelli, invece, sceglieva di farsi vedere soltanto al Circo Massimo. «Sono qui ad abbracciare l’apprensione per questa grande ansia per la pace che è per noi impegno contro il terrorismo e per la libertà», dichiarava tranquillamente il leader Dl.