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Uranio, Martino mischia le carte sui laboratori

Publie le sabato 31 luglio 2004 par Open-Publishing

di Sabrina Deligia

A proposito del "protocollo Mandelli"

A margine dell’avvio della commissione d’inchiesta parlamentare sui soldati morti per possibile contaminazione da uranio impoverito, il governo promuove manovre di depistaggio.

Ieri il primo passo: la risposta tardiva (di un anno e mezzo) del ministro della Difesa Antonio Martino, all’interrogazione del senatore Prc Gigi Malabarba sui dati relativi ai militari in missione affetti da patologie derivanti da contaminazioni, tra cui l’uranio impoverito, e il funzionamento dei laboratori di analisi mediche militari di Verona, Udine e Padova.

Quelli per intenderci che dovrebbero occuparsi dell’applicazione del "protocollo Mandelli", messo in campo dall’omonima commissione governativa, istituita il 22 dicembre del 2000, con il compito di "visitare e analizzare" i casi emersi di patologie tumorali nei soldati impiegati in Bosnia e Kosovo.

Il ministro ha fornito dati «generali e generici», cercando di mischiare le carte, accostando ad esempio «l’efficiente centro di medicina legale militare di Padova con i quasi inesistenti laboratori di Verona e Udine, che non dispongono neppure di idonee attrezzature per le analisi necessarie». Pur di depistare Martino ha ammesso una spesa tripla per le analisi effettuate fuori dai centri militari, più o meno convenzionati, più spesso «convertitisi in enti lucrativi (per alcuni ufficiali) per il rilascio di patenti di guida ad esempio» che frutterebbero da 5.000 a 10.000 euro al mese.

«A questo punto la commissione d’inchiesta del Senato dovrà servire a fare chiarezza anche su questo e lo scontro con le gerarchie militari e con il ministro Martino si annuncia durissimo. Ma sia noi che le associazioni dei militari non ci faremo mettere i piedi sulla testa. Dopo trenta militari già morti e trecento ammalati di tumore - sottolinea Malabarba - non è più possibile negare l’evidenza, per cui si cerca di disperdere le analisi su tutto il territorio, depotenziando i centri militari di medicina legale.

Insomma il ministro Martino ha impiegato un anno e mezzo per scrivere una risposta che sostiene tutt’ora la validità del "protocollo Mandelli". Nonostante nella seconda relazione della stessa commissione medico-scientifica è scritto: «Siamo in presenza di una carenza di conoscenza per cui non siamo in grado di escludere che l’uranio impoverito possa essere causa di tale patologia». Dunque, i militari italiani non sono stati sottoposti a rigorosi controlli prima e dopo la missione, ma anche negli anni successivi. Ed è ormai chiaro - dalle denunce di malati, familiari e associazioni - che i militari colpiti da patologie gravissime si sono dovuti curare a proprie spese, (ultima denuncia in ordine di tempo è quella del maresciallo Marco Diana su Liberazione del 21 luglio scorso), anche perché alla stragrande maggioranza di loro non è stata riconosciuta la causa di servizio.

Il ministro inoltre, nella risposta tardiva si guarda bene, dal fare accenno ad una rettifica dei dati statistici su cui si sono basate le indagini della commissione Mandelli. Solo una piccola parte, infatti, dei 40.000 presi in esame risponde al criterio di "soggetto a rischio": che abbia soggiornato ed operato in prossimità di un obiettivo colpito da munizioni ad uranio impoverito o in aree dove siano stati individuati proiettili o frammenti di essi. Però la sanità militare ha trovato i soldi per avviare dal prossimo agosto uno studio epidemiologico ex novo sull’uranio impoverito, ma non sui reduci malati, bensì su mille militari italiani impegnati in missioni all’estero adeguatamente protetti, non mandati allo sbaraglio come i soldati morti, Insomma uno studio davvero "pilotato". A dimostrare ancora un volta che il mercato controlla la salute, anche quella militare. Il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che è anche capo delle forze armate, avrà pure qualcosa da dire sul caso dei militari italiani esposti all’uranio impoverito e la truffa delle analisi.

Sabrina Deligia sabrina. deligia@liberazione. it

http://www.liberazione.it/giornale/040730/LB12D6C9.asp