Home > Usa, armi automatiche per tutti
L’amministrazione Bush non rinnova la legge di Clinton, vendita libera di Ak47 e Uzi. Kerry attacca: «Il presidente ha scelto la lobby delle armi»
di Martino Mazzonis
Chissà se in queste ore i quattro milioni di soci della Rna - la National rifle association, l’associazione statunitense che promuove la libertà di circolazione delle armi - sono sul prato delle loro villette e sparano in aria. I sostenitori dei diritti del cittadino armato hanno di che essere contenti: da ieri la legge del 1994 che vietava il possesso di 19 modelli di armi automatiche non è più in vigore. L’aveva voluta Clinton, prevedendo però la necessità di rinnovarne la validità dopo dieci anni. L’amministrazione Bush si è guardata dal mettere mano alla spinosa questione ed ha approfittato della scadenza di ieri per farsi un regalo elettorale. Senza dubbio i Repubblicani non erano particolarmente favorevoli a mantenere la messa al bando, ma trovarsi servita sul piatto d’argento la possibilità di fare ciò che si preferisce senza fare nulla è una buona cosa per Bush e i suoi. Le statistiche dicono infatti che in diversi stati il tema delle armi è cruciale, molti votano anche in base a ciò che i candidati dicono e fanno sulla libera circolazione di Uzi e Ak 47. Dura la reazione di James Brady, collaboratore di Reagan, ferito e reso invalido dall’attentato contro l’allora presidente e divenuto portavoce dei fautori di più controllo: «La responsabilità è di Bush, che ha evitato il problema e non ha esercitato la propria leadership». Le leggi di Clinton in materia erano note come Brady act. I Repubblicani hanno le idee chiare, un esponente dell’Idaho, Butch Otter, si felicita: «La legge di Clinton era un regalino ai liberal anti armi< non ha ridotto la violenza ed ha limitato le nostre libertà».
Diverso il punto di vista dello sfidante alla Casa Bianca John Kerry, che per una volta si distingue sui contenuti. Già venerdì scorso il senatore democratico aveva sollecitato l’amministrazione a fare qualcosa. Ieri, in un rilancio a tutto campo della propria campagna, ha attaccato duramente il presidente: «Oggi George Bush ha reso più facile il lavoro dei terroristi e quello della legge più difficile. Dovendo scegliere tra i suoi potenti amici della lobby delle armi e le famiglie ha scelto la prima». Sul tema violenza Kerry ha anche avanzato proposte che vanno dal maggior controllo delle armi e programmi di insermento lavorativo per membri delle gangs, all’assunzione di muovi poliziotti. Sul fronte sicurezza, ieri Powell ha sostenuto la proposta di creare un super direttore dell’intelligence.
Nel tentativo di rilanciare la propria campagna, anche Edwards è passato all’attacco, sostenendo che il distacco nei sondaggi è solo dovuto alla convention repubblicana e alla situazione in Iraq, posta al centro dell’attenzione da entrambi i candidati. Edwards ha anche sottolineato le contraddizioni nell’amministrazione, nella quale Cheney continua a ribadire le connessioni tra Saddam, Al Qaeda e 11 settembre, mentre Powell sostiene che il legame non c’era. L’attacco democratico è anche sul terreno internazionale, Bush non ha saputo in nessun modo risolvere i problemi del nucleare coreano, iraniano e, quando è intervenuto in un paese - l’Iraq - ha prodotto solo confusione.
Al lato della campagna elettorale una questione appassiona i media, quella dell’absentee vote, il voto per delega di coloro che non possono recarsi al seggio perché assenti il giorno delle elezioni o per problemi motori (disabili, persone anziane). In 26 stati le norme che regolano il voto per delega lasciano grandi spazi di manovra per pressioni su categorie deboli, truffe, doppi voti. In 15 stati i giudici hanno aperto procedimenti per frode in recenti elezioni locali. Si va da associazioni che vanno nei quartieri a raccogliere il voto e poi consegnano solo quelli del loro candidato, a persone che votano per delega e si presentano al seggio, a pressioni - come è avvenuto in Florida - su associazioni della comunità nera filo democratico perché non facciano registrare e votare la comunità. Se ricordiamo come e quanto hanno pesato poche centinaia di voti in Florida per eleggere Bush, non c’è da stare tranquilli.