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«Via da Gaza per seppellire la Palestina»

Publie le venerdì 8 ottobre 2004 par Open-Publishing

Dazibao


Lo dice Dov Weisglass, consigliere di Sharon, ad Haaretz. Veto Usa alla risoluzione
Onu contro l’offensiva israeliana


di MI. GIO., Gerusalemme

I palestinesi al più presto dovranno munirsi di slitte e renne, indossare pesanti
abiti nordeuropei anche in estate e non proclamarsi cittadini della Palestina
ma di Suomi. Yasser Arafat forse sarà costretto ad indossare tutto l’anno il
costume di Babbo Natale per riconquistare un ruolo politico. Tutto ciò allo scopo
di compiacere Ariel Sharon. Il premier israeliano infatti non ha alcuna intenzione
di negoziare la conclusione del conflitto che dura da decenni sino a quando i
palestinesi non diventeranno «finlandesi».

Lo ha detto il suo consigliere Dov Weisglass che ieri, per la prima volta, in un’intervista concessa al quotidiano Haaretz (leggere qui NdlR), ha ammesso che il cosiddetto piano di disimpegno da Gaza (che prevede anche la costruzione del muro in Cisgiordania) è solo una manovra diversiva volta a fornire a Israele «una quantità di formalina sufficiente affinché non ci sia un processo politico con i palestinesi». Il candore e la serenità con cui Weisglass, stretto collaboratore del premier, ha fatto le sue rivelazioni confermano ciò che i governi di mezzo mondo ben sanno ma preferiscono tacere, pur di non urtare la suscettibilità di Sharon, alleato di ferro di George Bush nella Armageddon del terzo millennio che deciderà l’esito della perenne lotta tra il bene e il male, tra la civiltà e la barbarie, tra l’ Occidente e il terrorismo.

Weisglass, che non è un millenarista ma un diplomatico consumato e pragmatico, è stato fin troppo esplicito nel precisare di aver concordato con l’Amministrazione americana ¡ossia i neocons che da anni manovrano Bush come un burattino - che «una parte delle colonie ebraiche (quelle della Cisgiordania) sono fuori discussione del tutto, mentre di altre si potrà parlare una volta che i palestinesi si siano trasformati in finlandesi»: ossia mostrino di essere pacifici e mansueti. In sostanza dovranno accettare i cantoni nei quali sarebbero destinati a vivere e rinunciare per sempre alla autodeterminazione. Il consigliere di Sharon infatti ha chiarito che il ritiro da Gaza serve a evitare la nascita dello Stato di Palestina, l’avvio di trattative sulla questione dei profughi, i confini e la spartizione di Gerusalemme che alcuni piani di pace, come l’Iniziativa di Ginevra (che piace a molti in Europa e a qualcuno negli Usa), prevedono ai loro punti principali.

Sharon quindi ha scelto di anticipare tutti annunciando un piano che ai palestinesi restituisce ben poco: Gaza forse e qualche fazzoletto di terra in Cisgiordania che tuttavia rimarranno saldamente sotto il controllo esterno di Israele. Tutto ciò con la benedizione Usa, ha concluso Weisglass, che, d’altronde, non fanno mancare mai il loro pieno sostegno alla politica di Sharon. Martedì sera Washington ha usato il suo diritto di veto per bloccare una risoluzione presentata dall’Algeria al Consiglio di sicurezza dell’Onu che chiedeva la fine immediata dell’offensiva militare israeliana in corso a Gaza dove ha fatto in una settimana oltre 90 morti palestinesi. Il voto tra i 15 membri del Consiglio è stato di 11 a favore, uno contro (gli Usa) e tre astensioni.

L’intervista su Haaretz ha suscitato varie reazioni in Israele. Il leader laburista Shimon Peres ha preannunciato una interrogazione parlamentare. «Negare il processo di pace sarebbe come cancellare il sole dal cielo», ha affermato. L’ambasciatore di Israele in Usa, Dany Ayalon, ha comunicato di aver appreso con stupore che Weisglass ¡ interlocutore privilegiato del consigliere per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice - andava dicendo che «il significato del piano di Sharon è il congelamento del processo politico». Di fronte alle polemiche l’ufficio del primo ministro ha diffuso ieri sera un comunicato in cui Sharon assicura di sentirsi sempre impegnato al rispetto del Road Map, l’itinerario di pace elaborato dal Quartetto (Usa, Russia, Ue e Onu) che prevede la nascita di uno Stato palestinese. Per un Arafat futuro Babbo Natale, c’e’ uno Sharon che già indossa i panni di Pinocchio.

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/07-Ottobre-2004/art15.html