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"La Sinistra europea realizzerà l’unità nella diversità"

Publie le giovedì 30 marzo 2006 par Open-Publishing

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Intervista a Vittorio Agnoletto

«Il liberismo soft dell’Ulivo allontana anche molti credenti». «La S.E. sarà una soggettività politica a rete dove le sintesi non sono date a priori»

 Vittorio, mettiamo subito i piedi nel piatto. Bertinotti ha parlato di “socialismo della persona”. Tu sei tra quelli che ha “sdoganato”, a sinistra, questa parola usandola nel titolo del tuo libro “Prima persone”.

Non contrappongo la parola “persona” a “socialismo” e “classe”. Credo che siamo di fronte alla riscoperta dell’esigenza di intrecciare i diritti individuali e quelli collettivi. Parlare di “persona” significa dare centralità alla vita umana rispetto al profitto. Riconoscere a ciascun essere umano un valore, a prescindere dal colore della pelle o dalla zona del mondo dove abita. “Persona”, quindi, è un concetto che sta bene in un socialismo del XXI secolo.

 Di “socialismo del XXI secolo” si è parlato nella due giorni (18 e 19 marzo) che ha dato il via al cantiere della Sinistra europea. Che bilancio fai di quella assemblea?

Penso che sia un bilancio positivo. Attorno all’assemblea abbiamo riscontrato l’interesse di soggetti diversi che vengono dal movimento, dall’associazionismo, dal sindacato, dalla sinistra Ds. Credo che gli interventi di Gianni Rinaldini (segretario generale della Fiom, ndr) e di Paolo Beni (presidente dell’Arci, ndr) siano stati interventi non formali, nei quali si è manifestato non solo un interesse, ma l’assunzione di una responsabilità nel favorire le condizioni per la nascita del progetto della S.E., salvaguardando l’autonomia delle loro organizzazioni. Gli interventi di Lisa Clark e Sabina Siniscalchi mostrano che c’è interesse anche nell’associazionismo cattolico. Credo tra l’altro che la logica del liberismo soft e il proseguire dell’Ulivo sulla strada del “non cambiare macchina ma conducente” è destinata a costruire un solco sempre più ampio con il “mondo di Porto Alegre” in cui l’attivismo religioso ha una piena cittadinanza.

 Che percorso vedi per la costruzione della Sezione italiana della S.E.?

C’è la necessità di costruire in tempi politicamente utili questa soggettività, ma evitando accelerazioni che possano costruire esclusione. Deve essere un percorso che rimane aperto. E’ stato molto giusto decidere di sottoporre la bozza della carta costitutiva ad una discussione pubblica per tre mesi. A giugno faremo un passo avanti nel consolidare la piattaforma, ma sul terreno dell’organizzazione è necessaria una ricerca più lunga per trovare modalità non tradizionali di stare insieme. È importante quel che accadrà da qui a giugno. Penso alla creazione di coordinamenti regionali della Sinistra europea e al Forum della Sinistra europea che sarà la gamba che raccoglie le realtà più importanti non riconducibili a Rifondazione. E’ il primo tentativo di mettere insieme soggetti che hanno lavorato su problemi specifici ma che ora possono trovarsi in un progetto politico più ampio. La S.E. deve raccogliere il meglio di quanto movimenti hanno prodotto, ma deve essere rispettosa della loro autonomia che è un valore aggiunto e fondante. Anche rispetto al prossimo governo dell’Unione.

 Quali caratteristiche dovrà avere il nuovo soggetto? Chi ci starà e come?

La forza della S.E. può essere quella di costruire una soggettività politica comune tra persone e realtà collettive che vengono da storie diverse, ma che condividono un programma e una modalità comune di vedere e trasformare il mondo. Da Genova in poi abbiamo registrato una convergenza sull’antiliberismo molto più vasta del consenso del Prc. Una condivisione arrivava da persone di tradizione differenti. Nella S.E. possono quindi incontrarsi coloro che vengono dal comunismo non ortodosso, dal cristianesimo sociale, dall’ambientalismo critico, dai movimenti (solo per fare alcuni esempi). Il pluralismo è stare uniti su un programma senza una ideologia. La S.E. sarà una soggettività politica a rete, non verticale, dove le sintesi si costruiscono passo dopo passo e non sono date a priori.

 Insomma, il metodo dei movimenti.

Credo che oggi la costruzione di una sinistra antiliberista sia possibile proprio grazie alla presenza dei movimenti sociali. Il problema è unire l’efficacia dell’azione con la democrazia partecipata all’interno della stessa soggettività. Poiché vogliamo la democrazia partecipata dobbiamo prefigurarla in casa nostra, così come quando diciamo che vogliamo un mondo senza violenza dobbiamo assumere la nonviolenza per realizzarlo.

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