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Iraq, Londra processa le «mele marce»

Publie le venerdì 18 giugno 2004 par Open-Publishing

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Saranno quattro soldati del Royal Regiment of Fusiliers i primi militari britannici a comparire davanti alla corte marziale per gli abusi commessi contro prigionieri iracheni. La conferma dei processi è stata data dall’attorney general, Lord Goldsmith. Ma ieri alla conferenza stampa mensile, il premier Tony Blair ha ribadito che pur non essendo «sordo alle critiche degli elettori, ritengo che la scelta fatta sull’Iraq sia stata quella giusta».

Nesunna retromarcia, dunque anche perchè «sono consapevole del fatto che a volte essere leader significa anche fare scelte impopolari». Tra le accuse di cui dovranno rispondere i quattro militari anche quella di atti indecenti «in particolare - ha detto Lord Goldsmith - costringere le vittime ad atti sessuali tra loro». In una dichiarazione scritta alla House of Lords, l’attorney general sottolinea che il caso «riguarda il presunto comportamento tenuto mentre civili si trovavano temporaneamente detenuti, ma non in un carcere o luogo di detenzione». Questi comportamenti comprendono «prove fotografiche, con rullini sviluppati in questo paese e denunciate alla polizia inglese».

Infatti lo scorso maggio il soldato Gary Bartlam, 18 anni, era stato arrestato e interrogato dalla polizia militare dopo aver consegnato un rullino di foto per lo sviluppo in un negozio nella contea Stoffordshire. Stretto riserbo del ministero della difesa sui nomi dei militari coinvolti anche se ieri diversi quotidiani rivelavano l’identità di almeno due dei quattro soldati. Lord Goldsmith ha anche scritto che il processo si terrà in un tribunale militare e sarà aperto al pubblico. La data però non è ancora stata fissata.

Le fotografie al centro delle accuse ritraggono un prigioniero iracheno seminudo legato e appeso ad un carroattrezzi, ma anche prigionieri iracheni nudi costretti a rapporti sessuali simulati da militari britannici. I quattro militari sotto processo non sono certo mele marce. Nei giorni scorsi il ministero della difesa è stato costretto ad ammettere che i casi di prigionieri e civili iracheni morti e feriti sotto custodia britannica finiti sotto inchiesta non sono 33 ma 75. Ieri The Guardian riportava nuove accuse da parte della Croce rossa.

In particolare ad essere finito sotto inchiesta è il trattamento degli iracheni da parte dei soldati di sua maestà dopo una battaglia avvenuta il 14 maggio scorso nella città di Majar al-Kabir. Diversi testimoni iracheni hanno raccontato di essere stati arrestati e quindi incappucciati e picchiati dai soldati britannici. Le truppe erano state attaccate da uomini di Muqtada Al-Sadr ma, per il ministero della difesa, non avevano risposto al fuoco. Eppure il ministero ammette che ci furono 14 morti tra gli iracheni. Ieri il Guardian ha scritto di aver ottenuto i certificati di morte di 29. Secondo i testimoni almeno 15 persone furono arrestate.

Il processo ai quattro militari inglesi (ma Lord Goldsmith ha detto che altre quattro indagini potrebbero essere presto chiuse) anche alla luce della sconfitta di Blair assume un’importanza particolare. Sarà seguito attentamente dall’opinione pubblica che ha voluto punire il governo new Labour proprio per la guerra illegale contro l’Iraq. Mentre Blair ribadisce che «non si torna indietro». Tuttavia si fanno sempre più insistenti le voci di un imminente mea culpa (molto annacquato) del premier. Che certo non direbbe che la guerra era sbagliata, ma si limiterebbe ad ammettere che c’è stato qualche errore, almeno sulle armi di distruzione di massa. Ma l’opinione pubblica britannica chiede a Blair assai più di una finzione.

Il Manifesto