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Pace al primo posto. Il forum sociale sfida Blair

Publie le sabato 16 ottobre 2004 par Open-Publishing

Forum Sociale

di Gianni Marsili

Nella tana del lupo, laddove il lupo ha il volto di Tony Blair. È qui che si tiene il terzo Forum sociale europeo, dopo quelli di Firenze e di Parigi. Quartier generale, l’Alexandra Palace, un edificio vittoriano a nordest della capitale. Venne inaugurato nel 1873, e all’epoca portava il nome di «Palazzo del Popolo». Da ieri è pieno di gioventù europea. Gli accreditati sono circa ventimila, ai quali il sindaco di Londra Ken Livingstone (detto «Red Ken», Ken il rosso, per la sua propensione antica, ora addolcita dalle mansioni di governo, verso un socialismo Old Labour che per lungo tempo l’aveva reso inviso al primo ministro) ha fatto un bel regalo: tre giorni di abbonamento gratis ai mezzi di trasporto, che con i prezzi che si praticano da queste parti non è uno scherzo. La Greater London Assembly (l’assemblea dei Comuni), inoltre, contribuisce al Forum con un finanziamento di quasi mezzo milione di sterline, circa 700mila euro, e sono i soli soldi pubblici dei quali l’organizzazione dispone.

Il budget di questo fine settimana dovrebbe ammontare a circa un milione e mezzo di euro. Gli ottocentomila che mancano dovrebbero arrivare dalle grandi organizzazioni sindacali, non governative e altre, oltre che dalle iscrizioni al Forum, i cui prezzi rispecchiano il train-de-vie britannico: 40 euro per un lavoratore, 30 euro per un disoccupato, ma solo se ci si è pre-iscritti. Farlo qui costa dai 45 ai 60 euro. Per questo, per chi arriva dai paesi dell’Est è stato costituito un fondo di solidarietà. Il lavoro dei duecento interpreti (lingue ufficiali l’inglese, il francese, lo spagnolo, l’italiano, il tedesco) è inoltre volontario e non remunerato. Tutti questi dettagli per capire che la rete no-global funziona a modo suo, ma funziona. I meccanismi si sono affinati nel tempo. Londra ieri ha assistito abbastanza indifferente all’arrivo di queste migliaia di giovani, assorbiti rapidamente nell’immenso calderone urbano. Scarsa l’attenzione di stampa e tv, delimitata quella del mondo politico. Non sarà più così domani, quando alle 13 in Russell Square inizierà il concentramento della manifestazione contro la guerra che culminerà in Trafalgar Square, passando davanti a Westminster.

Certo, la pace è il tema dominante del Forum. Suo malgrado, verrebbe da dire. Perché le tematiche in discussione coprono l’universo mondo, sono tantissime. Forse troppe. Sono molte infatti le organizzazioni alle quali sta a cuore l’emergere di problematiche precise, e se è vero che si ritroveranno tutte alla fine domani in Trafalgar con le stesse parole d’ordine (stop war - stop Bush), alcune soffrono l’egemonia del tema guerra e pace. Come i sindacati dei ferrovieri britannici, per esempio. Erano ansiosi di confrontarsi con i compagni tedeschi, tra i protagonisti l’estate scorsa dei cosiddetti «lunedì», le manifestazioni di piazza contro la legge, voluta da Schröder, che prevede la riduzione dei sussidi ai disoccupati di lungo periodo. In ambedue i casi hanno a che fare con due governi di sinistra, e si tratta per loro di trovare un’impostazione politica comune. È il caso anche del movimento francese dei «sans»: senza lavoro, senza casa, e «sans papiers». Si muovono sul piano dei diritti, e lamentano un po’ che ben ventitrè seminari siano consacrati alla guerra e solo uno alla Costituzione europea. Delle questioni sociali la più pregnante è ancora una volta quella dei migranti, con la proposta unanime della cittadinanza di residenza.

Particolarmente numerosa la delegazione italiana. In migliaia sono venuti con l’Arci, la Lega Ambiente, i Verdi, la Fiom. Ieri Guglielmo Epifani ha partecipato ad un dibattito in seduta plenaria sui temi macroeconomici e sul commercio mondiale. Gli abbiamo chiesto del senso della presenza della Cgil ad un’occasione di questo tipo: «Fin dall’inizio abbiamo rapporti molto stretti con il Forum sociale e con i movimenti europei. C’interessa molto parlare a questa parte della gioventù europea che si batte per la pace e cerca alternative al neoliberismo. Che insomma sviluppa una critica ad una società senza regole, che non può essere il modello di sviluppo europeo». Angelo Bonelli, coordinatore dei Verdi italiani che ha partecipato a tutti i Forum sociali fin dal primo a Porto Alegre, avverte tuttavia una certa ripetitività dei temi: «Si torna sulle stesse cose discusse a Firenze, a Parigi, o a Bombay al Forum mondiale. Dobbiamo porci e precisare nuovi obiettivi, dovremo farlo quanto prima a Porto Alegre, alla fine del prossimo gennaio». Ai verdi sta a cuore il «debito ecologico», e propongono l’istituzione di un Tribunale internazionale. Bonelli fa un esempio: «Il Wto ha brevettato dei frutti in Amazzonia che gli indios non hanno mai coltivato e utilizzato». È l’attacco alle culture ancestrali, forma particolarmente appuntita della globalizzazione.

Nella tana del lupo, si diceva. A casa di Tony Blair il bellicista e anche neoliberista, come nelle affollatissime assemblee che si susseguono all’Alexandra Palace tutti lo considerano. Tra il premier e questi giovani non c’è interlocuzione. «La guerra è fatta di trincee, e lui ha scelto la sua», ci ha detto un’arrabbiatissima Patricia Natts, 23 anni, studentessa all’università di Leeds e interessata a tutto quel che riguarda lo «sviluppo sostenibile». Ma una cosa lei e Blair hanno probabilmente in comune: la speranza che il 2 novembre George W. Bush esca di scena. Allora, forse, Tony e Patricia potranno cominciare una lunga marcia di riavvicinamento.

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