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Berlusconi: Caos liste non colpa Pdl. Conferenza stampa con bagarre (video + fotos)

Publie le mercoledì 10 marzo 2010 par Open-Publishing
5 commenti

Premier contro radicali e giudici. E attacca: Sinistra sovietica

Una conferenza stampa convocata per "reagire alla assoluta disinformazione che è stata data al riguardo delle vicende inerenti le liste". Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, segna il cambio di passo e ci mette la faccia. Per dire che se il Pdl di Roma rischia di rimanere fuori la responsabilità non è certo dei dirigenti o funzionari di partito, ma semmai della "gazzarra" inscenata dai radicali prima e dai magistrati poi. Ma la ’gazzarra’ alla fine si crea anche a via dell’Umiltà. Perchè la conferenza stampa, a un certo punto si trasforma in uno scontro verbale tra lo stesso premier e un sedicente giornalista free lance, Rocco Carlomagno, che diventa anche fisico quando a intervenire è il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.

Il premier, come raramente fa, legge quasi pedissequamente una cronistoria che ripercorre le tappe di quella giornata. "Dalla ricostruzione - spiega - si evince con chiarezza che ai delegati Pdl del Lazio è stato impedito di presentare le liste con comportamenti e atti ben precisi". Secondo Berlusconi "è stata posta in atto una gazzarra da parte dei Radicali, che parlando di una "inesistente" manomissione delle liste "hanno costretto i contendenti ad allontanarsi". Ergo, per il Cavaliere, la decisione di escludere la lista del Pdl è "priva di fondamento giuridico" e determinata da un "marchiano errore dell’ufficio circoscrizionale".

Il presidente del Consiglio nega quindi che ci siano ipotesi di rinvio del voto e anzi spiega di essere pronto a "raddoppiare" gli sforzi per far vincere la candidata del Pdl, Renata Polverini. Detto questo, però, il premier punta il dito contro la sinistra "anti-democratica e meschina" che vuole "correre da sola" come si faceva nell’Unione sovietica. Berlusconi dà quindi appuntamento a una successiva conferenza stampa, che questa volta si terrà a palazzo Chigi, per ’difendere’ il decreto interpretativo varato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri e spiegare che "non è incostituzionale".

Ma soprattutto ufficializza la manifestazione di piazza che si terrà a Roma il 20 marzo e alla quale prenderanno parte tutti i candidati governatori del centrodestra. Manifestazione alla quale non parteciperà Gianfranco Fini: nessuna sorpresa, fa capire il Cavaliere, visto che il co-fondatore del Pdl "è presidente della Camera". La conferenza stampa finisce poi in bagarre quando, al momento delle domande, senza chiedere la parola Rocco Carlomagno comincia a chiedere a gran voce conto di Bertolaso e tangenti, dei soldi spesi in Abruzzo.

Interventi che si ripetono a più riprese. Berlusconi prova inizialmente a stopparlo chiedendo al free lance di attendere il suo turno, poi accusandolo di villania e mancanza di rispetto. "Si dimetta" è la risposta del giovane. Ma nella querelle interviene anche il ministro La Russa che tenta di bloccare Carlomagno prima a parole, poi arrivando a prenderlo per il bavero. "Mi ha dato due pugni nello sterno" accusa l’uomo che, poco dopo, l’ufficio stampa del Pdl in una nota definisce un "non giornalista" che si è presentato "falsamente come ufficio stampa del Senato".

http://www.apcom.net/newspolitica/20100310_163502_4e17f21_84329.html

Messaggi

    • Capezzone ieri e oggi ...

      11 marzo 2010

      Dichiarazione di Rita Bernardini deputata radicale-PD

      L’ex Segretario di Radicali Italiani Daniele Capezzone – oggi portavoce di Berlusconi - invita Pannella e Bonino a rompere con il giustizialista Di Pietro e con la sinistra comunista e massimalista… ma quando ottenne l’elezione con la Rosa nel pugno il 9 Aprile 2006, sostenendo la coalizione di Prodi, Di Pietro non gli faceva così ribrezzo e nemmeno direi Rifondazione comunista e i Comunisti italiani.

      Oggi, sulle patenti irregolarità riguardanti la presentazione delle liste e delle candidature del centrodestra parla di cavilli che minacciano la democrazia… ma nel 2000 e nel 2005 denunciava in tutte le procure della repubblica, insieme a noi, il “regime” e i suoi rappresentanti.

      Illuminante, per coloro che oggi trasmettono a raffica le sue dichiarazioni “solenni”, un’intervista al Corriere della Sera del 13 marzo 2005 dal titolo “Capezzone: insabbiate per anni le nostre denunce
      Si definiscono le liste all’ultimo momento Così, nel migliore dei casi, fanno firmare su fogli in bianco, nel peggiore spulciano l’elenco del telefono”

      Leggere, per credere, il testo integrale dell’intervista a questo link:

      http://www.radicali.it/view.php?id=31806

    • Perchè dare credibilità, anche per il passato, ad un personaggio di simili fattezze intellettuali?

      C’è che diventa servo, per comodità.

    • Il potere irresponsabile

      di MASSIMO GIANNINI

      Dall’abuso al "sopruso". Dalle regole violate alle "violenze subite". La vera "lezione" che il presidente del Consiglio ha impartito all’Italia democratica (e non certo alla inesistente "sinistra sovietica") è stata esattamente questa: l’ennesima, rancorosa manipolazione dei fatti, seguita dalla solita, clamorosa inversione dei ruoli. Del disastroso pastrocchio combinato sulle liste elettorali non sono "colpevoli" i dilettanti allo sbaraglio del Pdl che hanno presentato fuori tempo massimo documenti taroccati e incompleti, ma i radicali tafferuglisti e i giudici comunisti che li hanno ostacolati.

      Del pericoloso pasticciaccio deflagrato sul decreto legge di sanatoria non deve rispondere il governo che l’ha varato, ma i legulei "formalisti" del Tar che l’hanno ignorato, i parrucconi costituzionalisti che l’hanno bocciato e i bugiardi giornalisti che l’hanno criticato. Ancora una volta, come succede dal 1994 ad oggi, lo "statista" Berlusconi evita accuratamente di assumersi le sue responsabilità di fronte al Paese. La sua conferenza stampa riassume ed amplifica la strategia della manipolazione politica e semantica sulla quale si fonda l’intero fenomeno berlusconiano: schismogenesi (provocazione del nemico) e mitopoiesi (idealizzazione di sé).

      Non solo il premier non chiede scusa agli elettori per le cose che ha fatto, ma accusa gli avversari per cose che non hanno fatto. Così, nel rituale gioco di specchi in cui l’apparenza si sostituisce alla realtà e la ragione si sovrappone ai torti, il Cavaliere celebra di nuovo la sua magica metamorfosi: il vero carnefice si trasforma nella finta vittima, il persecutore autoritario si tramuta nel perseguitato legalitario. L’importante è mischiare le carte, e confondere l’opinione pubblica. Nella logica berlusconiana lo Stato di diritto è un inutile intralcio: molto meglio lo stato di confusione.

      Declinata in termini pratici, la sortita del premier è un indice di oggettiva difficoltà. Stavolta alla sua comprovata "arte della contraffazione" manca un elemento essenziale: l’inverificabilità degli eventi, teorizzata a suo tempo da Karl Popper. Nel caos delle liste, per sventura del Cavaliere, gli eventi sono verificabili. A dispetto delle nove, puntigliose cartelle con le quali ha ricostruito la sua originalissima "versione dei fatti" (che ovviamente scagiona gli eroici "militi azzurri" e naturalmente condanna la "gazzarra radicale") stanno due documenti ufficiali. Le motivazioni con le quali il Tribunale amministrativo regionale ha rigettato il ricorso del
      Pdl nel Lazio, e i verbali redatti dai Carabinieri del Comando di Roma. Basta leggerli, per conoscere la verità.

      Non è vero che i responsabili del partito di maggioranza hanno depositato la documentazione "entro le ore 12 del 27 febbraio 2010". Non solo la famosa "scatola rossa" con le firme è stata "riscontrata" solo alle ore 18 e 30. Ma all’interno di quel vero e proprio "pacco", come scrive il Tar, "non erano presenti i documenti necessari prescritti dalla legge". Né "l’atto principale della dichiarazione di presentazione della lista provinciale dei candidati del Pdl, né la dichiarazione di accettazione della candidatura da parte di ciascun candidato, né la dichiarazione di collegamento della lista provinciale con una delle liste regionali, né la copia di un’analoga dichiarazione resa dai delegati alla presentazione della lista regionale, né i certificati elettorali dei candidati, né il modello del contrassegno della lista provinciale, né l’indicazione di due delegati autorizzati a designare i rappresentanti della lista...".

      E così via, una manchevolezza dietro l’altra. "Formalismo giudiziario"? "Giurisdizionalismo che prevale sulla democrazia", come gridava il Foglio qualche giorno fa? Può darsi. Ma queste sono le regole. E la democrazia vive di regole. Si possono non rispettare, ma poi se ne pagano le conseguenze. Quello che certamente non si può fare (e che invece il premier ha fatto) è negare, contro l’evidenza, la propria negligenza. Peggio ancora, gridare a propria volta alla "violazione della legge", alla "penalizzazione ingiusta", addirittura al "sopruso violento". E infine puntare il dito contro soggetti terzi, che avrebbero impedito il regolare espletamento di un diritto democratico: se il j’accuse ai radicali fosse fondato, il premier dovrebbe come minimo sporgere una denuncia penale contro i presunti "sabotatori". I presupposti, se l’accusa fosse vera, ci sarebbero tutti. Perché non lo fa? Forse perché sta mentendo: è il minimo che si possa pensare.

      Letta in chiave politica, la sceneggiata di Via dell’Umiltà è un segnale di oggettiva debolezza. La reazione livida del presidente del Consiglio contro il free-lance che fa domande scomode, sommata all’aggressione fisica di cui si è reso protagonista il ministro La Russa, tradiscono un evidente stato di tensione. Il presidente del Consiglio si muove su un terreno non suo. La battaglia campale combattuta sulle regole non gli appartiene, la campagna elettorale giocata sulle carte bollate non gli si addice. Tra il malcelato nervosismo scaricato contro il cronista "villano e spettinato" e il malmostoso vittimismo riversato contro la "sinistra antidemocratica", lui stesso deve ammettere che "i cittadini sono stanchi" di queste diatribe. È un altro modo per riconoscere in pubblico ciò che ammette in privato: i sondaggi vanno male. Spera nel controricorso al Consiglio di Stato, ma annuncia comunque che il Pdl è pronto fin d’ora a "gettare il cuore oltre l’ostacolo", e a tuffarsi armi e bagagli nella contesa sulle regionali. Di più: con un annuncio da capo fazione, più che da capo di governo, chiama il suo popolo in piazza per il prossimo 20 marzo. In questi slanci estremi e prossimi all’arditismo, tipici dell’uomo di Arcore che non sa essere uomo di Stato, si coglie il tentativo di rispondere all’appello formulato a più voci sulla stampa "cognata": quello di lasciar perdere i cavilli della procedura e di rimettersi in sella ai cavalli della politica.

      È una scelta obbligata, ma gravemente tardiva. Comunque vada il voto del 28 marzo, il presidente del Consiglio che abbiamo visto ieri non appare più in grado (posto che lo sia mai stato) di riprendere il cammino delle riforme necessarie, e di riportare il Paese su un sentiero di crescita economica, di equità fiscale e di modernizzazione sociale. L’intera politica berlusconiana, ormai, si distribuisce e si esaurisce in pochi, nevrili sussulti emergenziali: esibizioni strumentali su urgenze di scala nazionale (i rifiuti, il terremoto) e forzature parlamentari su esigenze di tipo personale (processo breve, legittimo impedimento). Per il resto, da mesi l’azione di governo è svilita, svuotata e votata alla pura sopravvivenza. Immaginare altri tre anni così, per un Paese sfibrato come l’Italia, fa venire i brividi. Ha detto bene Bersani, due giorni fa, all’assemblea dei radicali: Berlusconi è ancora troppo forte per essere finito, ma è ormai troppo sfinito per essere forte. Giustissimo. Ci vorrebbe un’alternativa seria e credibile a questa rovinosa legislatura di galleggiamento. Toccherebbe al Pd costruirla, se solo ne fosse capace.

      11 marzo 2010 "La Repubblica"

  • Ma povero Berlusconi, cercate di capirlo! Dopo tutti gli sforzi fatti perchè venissero a galla le frequentazioni di Marrazzo, scopre che la Bonino è avanti di alcuni punti percentuali. NON C’è PACE PER I POVERI INFANGATORI!!michele