Home > Caro-Irpef, chi ha 20mila euro pagherà il doppio dei più ricchi

Caro-Irpef, chi ha 20mila euro pagherà il doppio dei più ricchi

Publie le sabato 16 luglio 2011 par Open-Publishing
1 commento

Le previsioni della Voce.info. Le detrazioni ridotte si concentrano sui redditi medio-bassi. E dal taglio agli sconti Iva altri 200 euro di extracosti

ROMA - Alla fine, chi li pagherà quei tagli alle agevolazioni fiscali? Soprattutto le famiglie italiane con redditi medio-bassi. E quanto? Quasi il doppio di quelle abbienti. Fare i conti il giorno dopo l’approvazione d’emergenza della manovra da 48 miliardi non porta buone notizie ai contribuenti. Le famiglie con redditi modesti, e che versano le tasse, nei prossimi anni subiranno la stangata più odiosa. Grazie a una clausola di salvaguardia che mette in sicurezza i conti dello Stato, ma che stravolge quelli domestici.

E dunque, proprio chi fino ad ora contava su detrazioni, deduzioni e bonus fiscali per alleggerire l’Irpef, nel 2013 e nel 2014 vedrà ridotti sensibilmente gli sconti. L’effetto regressivo, calcolato per il sito lavoce. info da Massimo Baldini, economista e docente, si abbatte con particolare iniquità sui nuclei familiari con un reddito medio tra i 16 e i 27 mila euro che a regime, nel 2014, perderanno 620 euro di agevolazioni, su un totale medio di 3 mila euro, quasi il 21%. Un quinto in meno. Al contrario, il 10% più ricco delle famiglie, quelle con un reddito superiore ai 54 mila euro, lasceranno allo Stato solo 364 euro. Perché?

Perché all’aumentare del reddito, le detrazioni Irpef a cui si ha diritto diminuiscono. E dunque i tagli lineari, così come previsti in manovra, per ora indistinti - del 5% nel 2013 e del 20% nel 2014 sulle 483 agevolazioni oggi esistenti che valgono 161 miliardi l’anno e che dovranno assicurare 4 miliardi il primo anno e 20 il secondo - pesano molto di più su chi ha più sconti. Ovvero le classi intermedie. Anche perché si tratta di spese per medici e farmaci, per la scuola e la palestra dei figli, l’affitto, la previdenza integrativa, le ristrutturazioni, gli assegni al coniuge, gli interessi sui mutui, le detrazioni per il lavoro dipendente. Una previsione talmente dirompente che lo stesso autore dei calcoli considera "molto bassa la probabilità di un’applicazione" di una manovra siffatta. A meno che, entro il 30 settembre 2013, non venga varata la riforma fiscale e assistenziale con tagli "mirati".

La regressività del salasso Irpef si somma, poi, anche a un analogo recupero di soldi, ai fini del pareggio del bilancio dello Stato, dall’Iva agevolata del 4 e del 10% che oggi gli italiani pagano quando fanno la spesa, quando comprano medicine, libri, giornali, cellulari, fanno benzina, viaggiano, ristrutturano casa, pagano le bollette o la badante per un genitore malato. Di fatto anche queste aliquote, inferiori a quella più diffusa del 20%, rappresentano agevolazioni fiscali. E dunque soggette alla futura scure dei "tagli lineari". Lo studio di Baldini calcola che le sforbiciate del 5 e poi del 20% fissate in manovra equivalgono, nei fatti, ad un aumento delle due aliquote agevolate rispettivamente al 4,7% e al 10,5% nel 2013 e al 6,8% e al 12,1% nel 2014. La conseguenza è che un’Iva più alta riscalda i prezzi e lascia meno soldi in tasca alle famiglie. Anche qui esiste un effetto regressivo. Ma più modesto del caso Irpef. Questo perché, spiega lo studio, "le famiglie ad alto reddito consumano molti beni e servizi oggi tassati al 4 o al 10%". In valore assoluto, le famiglie più povere (con un reddito inferiore ai 12 mila euro) nel 2014 pagheranno 119 euro in più. Quelle ricche (reddito sopra i 54 mila euro) 313 euro in più. La regressività si legge nell’incidenza di questo aumento Iva sul reddito disponibile, chiaramente più alta per chi ha buste paga più magre. Saldando i due effetti, Irpef e Iva, questa manovra pesa il 7% su chi guadagna al di sotto dei 12 mila euro, il 10% su chi denuncia tra i 12 e i 54 mila euro e il 9% sui benestanti.

(16 luglio 2011)

http://www.repubblica.it/economia/2011/07/16/news/dossier_irpef-19189047/?ref=HREC1-6

Messaggi

  • La politica si fa lo sconto, sfuma
    il taglio agli stipendi degli onorevoli

    Correzione notturna al testo neutralizza la norma precedente che riduceva le indennità alla media degli altri Paesi europei. L’ira delle opposizioni. I rimborsi elettorali saranno ridotti solo dalla prossima legislatura, meno auto blu ma dal 2012

    ROMA - Taglio alle indennità dei parlamentari addio, o quasi. Meglio equipararsi ai sei paesi più ricchi dell’Unione europea. E poi rimborsi elettorali ridotti ma dalla prossima legislatura, auto blu da ridimensionare ma dal 2012, vitalizi salvati in extremis, finanziamenti ai partiti appena sforbiciati. Doveva essere il fiore all’occhiello della manovra lacrime e sangue. Il buon esempio all’insegna dell’austerity dato dalla politica, perché - ammoniva Tremonti ancora pochi giorni fa - non si possono chiedere sacrifici agli italiani senza imporli alla classe dirigente.

    E invece ecco servito il bluff. La manovra appena approvata da 70 miliardi, che si abbatterà tra ticket e superbolli su famiglie e risparmiatori, nel testo definitivo rinvia e in qualche caso annulla i buoni propositi di chi l’ha scritta. Il colpo grosso è andato in scena nel chiuso delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio al Senato sulla norma più attesa. Proprio quella che avrebbe dovuto equiparare le indennità parlamentari a quelle dei paesi Ue. Falcidiata tra la notte del 12 e il 13 mattino grazie a un paio di emendamenti targati Pdl.

    Il testo originario di Tremonti prevedeva (dalla prossima legislatura) l’equiparazione delle attuali indennità parlamentari italiane a quelle dei 17 paesi dell’area euro. A conti fatti, per passare dall’attuale "trattamento economico" base (al netto delle varie voci accessorie) di quasi 12 mila euro mensili lordi dei nostri parlamentari, ai 5.339 euro della media europea, com’è stata di recente calcolata dal Sole 24 ore. Risultato: Camera e Senato che oggi sborsano circa 144 milioni all’anno per le indennità, ne avrebbero spesi solo 62 milioni, meno della metà (il 53,5% in meno).

    E invece, viene azzerato o quasi quel risparmio da 82 milioni. Come? Grazie a due colpi sottobanco. L’emendamento 1.1 del relatore in commissione, il pidiellino Picchetto, che prevede intanto un adeguamento della paga a quella non dei 17 paesi euro, ma dei "sei principali" paesi Ue, quindi dei più grandi. Infine, con l’emendamento 1.2 del duo siciliano (sempre Pdl) Fleres-Ferrara, con cui viene sancito che in futuro l’adeguamento andrà fatto in base alla "media", sì, ma "ponderata, rispetto al Pil" di quei paesi. Dovrà tener conto cioè non del numero dei cittadini, ma della ricchezza dei sei paesi. Bizantinismi. Sta di fatto, protesta il senatore Pd Francesco Sanna che si è battuto in commissione, "che con il sistema prescelto da maggioranza e governo la riduzione, se ci sarà, sarà lievissima". Anzi, con la media "ponderata al Pil", non sarà neanche detto che la decurtazione ci sarà. Il Pdl d’altronde in commissione aveva difeso a spada tratta la busta paga, contro "la deriva populista" e in difesa della "prestigio del Parlamento", con una sfilza di interventi, da Raffaele Lauro a Giuseppe Saro a Andrea Pastore. Missione compiuta.

    Ma è solo il bluff più macroscopico, tra quelli che vengono a galla in queste ore in cui enti locali e sindacati denunciano la mannaia da 500 euro l’anno a famiglia in arrivo con la manovra. Scomparsa la norma che cancellava i vitalizi dei parlamentari che - grazie ai 2.238 assegni staccati ogni mese da Camera e Senato per gli "ex" - comportano un esborso annuo da 218,3 milioni di euro: ben più che per gli onorevoli in servizio. Mai messa nero su bianco quella annunciata sull’azzeramento delle indennità da 2.243 euro dei ministri (che si somma a quella da parlamentare) che avrebbe consentito di risparmiare 100 mila euro al mese, dunque un milione e 200 mila euro l’anno. Ha vissuto solo un paio di giorni sui giornali. Le auto blu - che sono oltre 15 mila e costano 1 miliardo di euro l’anno - non potranno avere in futuro una cilindrata superiore a 1.600, ma quelle in servizio saranno tenute fino alla rottamazione. I rimborsi elettorali ai partiti per le elezioni, che pesano per 180 milioni di euro, saranno ridotti, ma solo "dalla prossima legislatura" e solo del 10 per cento: 18 milioni appena di risparmio. Il voto di ogni tedesco oggi viene ripagato ai partiti con 38 centesimi, in Italia continuiamo a viaggiare sui 3,5 euro. Il rigore sulla politica può attendere.

    16 luglio 2011

    Carmelo Lopapa

    http://www.repubblica.it/politica/2011/07/16/news/tagli_politica-19188888/?ref=DRC-2