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Che i Comitati Popolari in Libia siano le basi di una nuova vita
Publie le venerdì 4 marzo 2011 par Open-Publishing5 commenti
Che i Comitati Popolari in Libia siano le basi di una nuova vita e non solo organismi transitori
Intervista con Mazen Kamalmaz
Gli USA ed i loro alleati occidentali stanno esplorando tutte le vie per evitare che le rivolte di massa in Libia e nel mondo arabo con evolvano in senso rivoluzionario, ma anche per assicurarsi che i loro interessi economici e strategici non abbiano da temere in uno scenario futuro post-Gheddafi. Per meglio comprendere cosa sta succedendo n Libia, siamo tornati ad intervistare il 27 febbraio il nostro amico e compagno, l’anarchico siriano Mazen Kamalmaz.
I Comitati Popolari in Libia dovrebbero essere le basi di una nuova vita e non solo organismi transitori.
La lotta del popolo libico, all’interno delle rivolte popolari diffusesi come un incendio in tutto il mondo arabo, è giunta ad un drammatico punto di svolta di fronte ad un regime che si mantiene al potere con ogni mezzo necessario. Gheddafi, nonostante il suo passato di spina nel fianco degli USA, ne era diventato un alleato chiave nella cosiddetta Guerra al Terrore, cosa che spiega la tardiva ed imbarazzata reazione degli USA agli eventi in corso in Libia e la tardiva sospensione da parte dell’UE del considerevole traffico di armi col regime libico. Mentre gli USA e le potenze occidentali ri-scoprono, per ragioni di immagine, posizioni anti-Gheddafi (dopo 10 anni di amichevoli relazioni), sono iniziati incontri per un possibile intervento e navi USA si sono posizionate di fronte alle coste libiche. Le conseguenze di una simile prospettiva sarebbero come minimo terribili. Nel frattempo, gli USA ed i loro alleati occidentali stanno esplorando tutte le vie per evitare che le rivolte di massa in Libia e nel mondo arabo con evolvano in senso rivoluzionario, ma anche per assicurarsi che i loro interessi economici e strategici non abbiano da temere in uno scenario futuro post-Gheddafi. Per meglio comprendere cosa sta succedendo n Libia, siamo tornati ad intervistare il 27 febbraio il nostro amico e compagno, l’anarchico siriano Mazen Kamalmaz, che cura il blog rivoluzionario http://www.ahewar.org/m.asp?i=1385
José Antonio Gutiérrez D.
Cosa sta veramente accadendo in Libia e nel resto del mondo arabo?
E’ una rivoluzione. Dopo 42 anni di governo del regime di Gheddafi, le masse sono scese in strada. La brutta notizia è che a causa della brutale repressione da parte del regime, la rivoluzione ha avuto successo solo nella parte orientale, che è composta anche dalle diverse tribù dell’ovest e del centro. Le forze del regime sono riuscite a riprendersi dalla sorpresa ed hanno represso la rivolta a Tripoli e nel resto della Libia con forza estrema e brutale. Le masse hanno cercato di nuovo di scendere in strada venerdì scorso (25 febbraio, ndt), giornata della rabbia in molti paesi e città arabe, ma non sono riuscite a sopraffare le forze del regime. Ora c’è una situazione di stallo tra i due poteri, quello del popolo e quello del regime, sebbene entrambi stiano aspettando l’occasione migliore.
Oltre alla Libia, anche lo Yemen è in rivolta da settimane. In questo paese ci sono molte tribù e minoranze settarie, che ai aggiungono al conflitto tra il governo del nord ed il sud marginalizzato che chiede autonomia. Gli studenti universitari e delle scuole superiori potrebbero riuscire, grazie alla loro dedizione alla libertà ed alla disponibilità a sacrificarsi per la causa, nell’opera di radunare tutte le fazioni del paese nell’obiettivo di abbattere la dittatura.
Venerdì 25 febbraio è stata una giornata intensa anche in Iraq, dove migliaia di giovani iracheni - sia sunniti che sciiti, solo pochi anni fa sull’orlo della guerra civile - sono scesi insieme in strada per protestare contro il corrotto governo filo-americano. La polizia ha usato le stesse misure repressive viste negli altri paesi arabi, causando la morte di alcuni manifestanti.
Il Sultanato dell’Oman si è appena aggiunto al resto dei paesi arabi in rivolta, i giovani sono scesi in strada chiedendo, come hanno fatto i loro coetanei negli altri paesi, lavoro, libertà e condizioni di vita dignitose.
Molti ancora vedono Gheddafi come un socialista anti-imperialista... è vero?
Questa è una immagine di Gheddafi del tutto fuorviante e priva di sostanza, che è stata creata dalla sinistra autoritaria tempo fa, ma ancora in auge. La ragione sta nella ripresa della sinistra autoritaria, grazie a personaggi come Chávez.
Dobbiamo aver chiaro che le relazioni del regime d Gheddafi con le principali potenze occidentali sono improvvisamente migliorate dopo il 2003, dopo che il dittatore libico accantonò il suo programma nucleare, cosa che indusse l’allora segretario di stato USA Condolezza Rice a dichiarare che tali passi andavano verso la normalizzazione delle relazioni tra gli USA ed i paesi del Terzo Mondo, inclusi quelli che gli USA avevano etichettato come "stati canaglia". Si aprì così la strada alle visite in Libia di politici come Berlusconi, Blair e Sarkozy, per firmare contratti multi-miliardari, tra cui il traffico di armi, con le imprese occidentali. Seguì la partecipazione di Gheddafi al G8 dove si incontrò con Obama. Come nel caso di Ben Ali e di Mubarak, anche nel caso di Gheddafi le grandi potenze capitaliste hanno semplicemente ignorato le violazioni dei diritti umani contro il popolo. Anche quando, tanti anni fa, Gheddafi si auto-proclamò come anti-imperialista, si trattava di una menzogna dal momento che egli si stava impegnando, da quell’autoritario che è, in inaccettabili atti terroristici che erano ben lungi dal sostenere gli obiettivi libertari delle vittime dell’imperialismo.
Noi dobbiamo saper distinguere tra essere anti-americani, essere anticapitalisti ed essere veri socialisti, dal momento che ci sono tantissimi anti-americani che sono al tempo stesso tanto autoritari e repressori quanto l’insieme del fascismo globale dei regimi filo-americani. Non dimentichiamoci di cosa è stato lo stalinismo. Lo stesso Gheddafi salì al potere quando il nazionalismo arabo era al suo massimo, ed in quanto solo retoricamente anti-imperialista, portò i paesi arabi di sconfitta in sconfitta in tutti gli scontri con l’imperialismo e col suo rappresentante nell’area, Israele. L’ultima sconfitta si è avuta nel 2003 in Iraq. Dopo la sconfitta del 1967 di Egitto, Siria e Giordania per mano di Israele, molti a sinistra giunsero alla conclusione che le responsabilità di quella sconfitta stavano nella natura repressiva e sfruttatrice dei loro regimi. Fu proprio l’anno dopo, nel 1968, che la gioventù e gli studenti egiziani diedero inizio alle manifestazioni a carattere libertario contro il regime di Nasser. Il fatto è che l’Egitto di Nasser, l’Iraq di Saddam e la Siria di Assad, erano tutti nitidi esempi di capitalismo burocratico di Stato, e cioè di regimi che reprimevano e sfruttavano i loro popoli.
Quale è stato il ruolo degli USA e della UE in questa crisi? Si sa che Gheddafi è stato in ottimi rapporti con loro fino all’ultimo...
Durante la Guerra Fredda, entrambe le due superpotenze, gli USA e l’URSS, svolgevano un duplice ruolo: erano repressive all’interno della loro sfera di dominazione e "sostenevano" le lotte popolari per la libertà nella sfera di dominazione dell’avversario. Per cui, l’URSS appoggiava il popolo vietnamita contro l’intervento americano e sosteneva la rivoluzione cubana, come pure altre rivolte in Sud America ed in posti dove al potere c’erano regimi fantoccio nelle mani degli USA. Dall’altra parte, gli USA ed il blocco capitalista sostenevano l’ondata di rivolte nell’Europa dell’Est, ecc. Questo doppio gioco è ancora vigente. Gli USA sono pronti a sostenere rivolte come quelle in Iran, ma non in Arabia Saudita. In Iraq, l’amministrazione Bush ha aiutato Saddam a riconquistare il potere dopo la sconfitta nella Guerra del Golfo del 1991, quando Saddam si trovò ad affrontare una rivoluzione popolare di massa e poteva controllare solo una parte del paese. Volevano rovesciarlo quando sembrava più facile, ma senza compromettere il dominio nella regione.
Ma le cose accadono comunque, qualche volta anche contro la volontà degli USA, come è successo in Egitto ed in Tunisia. Nonostante tutti i migliori sforzi per tenere al potere Ben Ali e Mubarak, le masse hanno creato una nuova situazione e gli USA stanno cercando di adattarvisi. In Libia le cose sembrano differenti. Gli USA ora svolgono la parte dei predatori, dato che il regime di Gheddafi appare indebolito ed odiato dal popolo, e soprattutto, perché il suolo libico trabocca di petrolio ed appare oggi una preda facile e ghiotta. Ma questi USA che vestono i panni dei combattenti per la libertà per liberare un paese senza speranza da un dittatore sanguinario, solo poco tempo fa loro amico, offrono buone ragioni a chi ancora sostiene le dittature nei nostri paesi. La cosa negativa per un predatore è quella di non saper resistere ad una preda facile, nonostante tutte le dolorose esperienze del passato. Un aspetto importante in questo possibile piano USA per la Libia è che nessuno oggi in Libia, nè le masse in rivolta, nè l’opposizione in esilio in Occidente, accetta l’ipotesi di un intervento militare straniero.
Ipotesi che naturalmente, sarebbe un duro colpo per l’intera lotta in Libia. Non solo danneggerebbe la lotta indipendente per la libertà, ma getterebbe anche un’ombra minacciosa sul futuro del paese. I Libici sono a due passi dal rovesciare il regime e riconquistare il controllo sul petrolio e sulle loro vite; e non penso che essi, o almeno la maggioranza dei Libici, sia pronta a sacrificare quello che hanno conquistato finora per assicurarsi una vittoria facile ma che non sarebbe la loro vittoria.
Qual è la natura del governo civile-militare insediatosi a Bengasi?
Non ci sono ancora chiare istituzioni statali come quelle nelle aree liberate. Ci sono elite che stanno cercando di imporsi, ma al momento, senza molto successo.
Non è molto che certa stampa americana e stampa araba filo-americana ha scritto di un Consiglio transitorio a Bengasi guidato da un ex-ministro di Gheddafi, al solo scopo di sostenere un possibile intervento militare USA. A parte questo cosiddetto Consiglio ad interim, nessuna forza e nessun gruppo nelle aree liberate è disponibile ad un intervento esterno.
Qual è il ruolo dei Comitati Popolari Libici? Si tratta di organismi di democrazia diretta creati dalle masse?
Infatti, questi comitati stanno segnando ogni rivoluzione in ogni paese arabo. Credo che essi siano buoni esempi di democrazia diretta, tutte le aree liberate sono gestite da loro al momento, come è stato in Tunisia dopo la caduta del regime di Ben Ali e come è stato in Egitto dopo che Mubarak ebbe ordinato alle sue forze di sicurezza di scatenare le orde di teppisti per fare saccheggi dovunque e per intimidire le masse in rivolta. Ora è necessario di rendere stabili questi Comitati e non solo organismi transitori: questo potrebbe essere il nostro messaggio alle masse.
Si sono viste bandiere monarchiche... Ci vedi lo spettro di un ritorno del vecchio regime di Re Idris?
A dire il vero, può accadere di tutto. Credo che gli stessi libici in rivolta non abbiano le idee chiare su cosa vogliono e su come gestire il loro paese dopo esser riusciti ad abbattere Gheddafi. Devono scoprire la loro strada. Quello che vedo difficile che possa accadere è che si lascino sottomettere da un nuovo regime. Ora sanno qual è la loro forza e non sarà facile per nessuno portagliela via.
Nell’immediato quali sono le prospettive della rivolta?
Dipende. La battaglia contro la dittatura non è ancora finita, e non ancora vinta. Ma dobbiamo renderci conto dell’alto potenziale che vi è insito. La vittoria della rivoluzione farebbe la differenza in tutta la regione. Ricordiamoci che il nuovo ordine mondiale venne dichiarato ed instaurato per la prima volta durante la crisi del Golfo del 1990-1991. Da allora, questa regione, ha sostituito il Sud America, quale cortile di casa degli USA. Dopo quello che è successo in Tunisia ed Egitto, i cambiamenti saranno profondi e duraturi. Ci sono due grandi possibilità: che si insedi una nuova elite di regime, oppure che le masse trovino la strada per una società veramente libera, organizzata sul modello di questi comitati popolari che il popolo stesso ha creato nel crogiuolo della lotta.
Articolo scritto per Anarkismo.net
Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali
Messaggi
1. Che i Comitati Popolari in Libia siano le basi di una nuova vita , 4 marzo 2011, 21:24, di Enrico Biso
Interessantissima intervista, ottima proposta di lettura compagno Nando, a te il mio grazie ed il mio saluto .
Enrico
1. Che i Comitati Popolari in Libia siano le basi di una nuova vita , 4 marzo 2011, 22:51
Ci sono segnali molto preoccupanti che i Libici passino dalla padella nella brace da un dittatore ormai fuori di testa e drogato ad una reazione teocraticaLa rivoluzione libica sembra solo apparentemente seguire le motivazioni e la direzione che fino da subito hanno avuto quella Tunisina e quella Egiziana dove soprattutto i laici e islamici moderati hanno guidato il cambiamento Si profila di giorno in giorno molto diversa da queste ultime Sono rimasto impressionato da alcune cose che i reportage giornalistici hanno potutto riportare, prima di tutto in una edizione del TG 1(minzolini a parte)si è visto chiaramente che ad insegnare a maneggiare le vecchie mitragliatrici a quattro canne c’era un talibano afgano con il classico copricapo,uno dei rivoltosi ha subito messo la mano sull’obbiettivo della camera ma ormai si era già visto, altra cosa stranissima un insorto che sembrava avere una certa influenza ha detto al cronista Formigli di annozero che Gheddafi è il nemico perchè non è dei "nostri" non è arabo ma.. Ebreo!L’unica cosa che si sente è Allahu Akbar ripetuto fino all’ossesione il solito lavaggio del cervello da Madrassa:Non resta che sperare che vengano fuori segnali piu’ convincenti di una sincera ricerca di democrazia alla base della rivolta, per ora ripeto ,vedo altro.Alex
2. Che i Comitati Popolari in Libia siano le basi di una nuova vita , 5 marzo 2011, 10:19, di Enrico Biso
Interessante commento il tuo, caro Alex.
Anche io, che cerco di vedere meno televisione possibile, ho avuto l’occasione di vedere quel che tu scrivi.
L’inneggiamento Dio è grande, però non appartiene al fondamentalismo religioso, ma è patrimonio di tutti gli islamici.
Vero però, che il fondamentalismo islamico ha ampi settori al suo seguito.
Sentir dire che Gheddafi è un ebreo, la dice lunga sul tentativo di importare in Libia pratiche di fanatismo religioso-politico.
Gli spazi possibili ci sono e purtroppo possono ampliarsi.
Ed è proprio per questo, che la sinistra di classe, nel suo insieme, deve scegliere nettamente da che parte stare.
Non può essere spettatrice, o addirittura sostenere un’antimperialismo Gheddafiano obsoleto e ripudiato di fatto da decenni.
Urge invece sostenere i laici, i socialisti, tutti coloro che non vogliono più saperne di un regime al crepuscolo finale, e che portano avanti pratiche autorganizzate dal basso.
In questo momento, se diamo la sensazione di non capire quel che avviene , o addirittura ci si schiera per i finto-antimperialisti, ci condanniamo da soli a non offrire alternative alla rivolta e lasdciamo il campo libero agli integralisti.
Contro qualsiasi tipo di intervento esterno, tentato dagli ex soci in affari della famiglia Gheddafi, dobbiamo indicare più democrazia e più diritti per la classe lavoratrice libica, e sostenere chi lotta per un progresso reale, contro la dittatura, contro il fondamentalismo e contro l’occidente che tenta di continuare la sua rapina petrolifera ai danni della popolazione libica.
Un ridare credibilità a chi lotta per il socialismo internazionalista, a chi paga da decenni per le sue attività politiche con esilii e carcere.
Non aver chiaro da che parte stare aiuterà i fondamentalisti a ripetere quello che avvenne in Iran, dopo la caduta del regime iraniano, i fondamentalisti distrussero le componenti rivoluzionarie di sinistra con carcere ed assassinii di massa.
Chi lotta per una rivoluzione permanente anche in Libia, oggi non si farà prendere impreparato, sa che non basta abbattere il regime libico, ma opporsi all’occidente e sconfiggere i fondamentalismi reazionari.
Senza nessun indugio, senza nessuna scorciatoia opportunistica, e sostenuti con nettezza da la sinistra di classe a livello internazionale.
Non si può ripercorrere errori politici commessi in altri tempi, possiamo invece proprio da una seria analisi di quegli errori, capire come muoverci nell’oggi.
Non facile, ma ineludibile, anche perchè nell’oggi si riaprono scenari progressivi, capirlo tardi sarebbe veramente imperdonabile.
I fondamentalismi non aspettano altro, i rivoluzionari libici devono avere il sostegno che meritano, la loro lotta è veramente complicata, ma non impossibile.
Rovesciare qualsiasi dittatura di classe capitalistica è tornare nella possibile attualità dell’oggi, ma soprattutto del domani.
Senza determinismi sterili, ma con convinzione netta che comprendere da che parte stare in Libia, aiuta anche noi a costruire la sinistra di classe che serve anche nel nostro paese.
Ciao,
Enrico Biso
3. Che i Comitati Popolari in Libia siano le basi di una nuova vita , 5 marzo 2011, 19:10
Sono perfettamente daccordo con quanto dici,Gheddafi ormai è indifendibile anche se nel passato possiamo dargli qualche merito ,tra questi quello di aver aiutato l’Anc di Mandela, quando gli usa stavano con l’Apartheid
Difendere la sua posizione oggi ,rispetto a quella di ieri ieri sarebbe (per metterla in burla) come difendere oggi quella di Ferrara ,ricordandolo come se fosse sempre quello del servizio d’ordine di Berlinguer!Adesso siamo di fronte ad un tiranno drogato, tragicamente ridicolo ,quando è sceso da quella specie di Ape blindata e rincerottata con l’ombrello aperto. è stato il massimoQuello che volevo dire è attenzione, teniamo presente i rischi, anche a me è subito venuto a mente la fine che hanno fatto i Mujaheddin Khalq iraniani ,i preti di qualunque religione fanno sempre "scherzi" di questo tipo,eppure da loro era venuto un sincero e determinante appoggio alla rivoluzione,ricordo l’oceanica manifestazione di donne del movimento ,senza il velo ed ora...Conosco un po’ il maghreb per essere vissuto un po’ di tempo in Marocco,ed insomma va bene che Allah u akbar, è patrimonio di tutti gli islamici ma mi sembra che in Libia gli si stia dando un po’ troppo accento, non solo si parla anche di Jiad contro Gheddafi ,mi sembra di ricordare , fra l’altro, che quando ci furono i disordini per la famosa maglietta, questi furono proprio nella zona liberata, segno evidente di una "sensibilità" religiosa molto forte della cirenaica e forse i morti di allora, per mano della polizia di Gheddafi ,sono stati uno dei motivi mai sopiti della rivolta Insomma vedo nelle rivolte Tunisine ed Egiziane molto piu’ di società civile ansiosa di emanciparsi e le vedo molto collegate a quel motivo essenziale che dicevo, riportato neanche a farlo apposta, sulla pagina economica di republica di ieri e cioè che il prezzo del "paniere" dei poveri, che comprende il pane e lo zucchero,oltre ai latticini ed il riso ha raggiunto il suo massimo storico proprio a febbraio, segnando un aumento del 72% Se ad un maghrebino gli togli il pane lo zucchero per il thè ,un pugno di datteri o di mandorle, gli togli la sua alimentazione di base.Sono perfettamente daccordo che non resta che cercare per quanto a noi possibile di ricollegare le piazze al socialismo , proprio perchè chi conosce un po’ il mondo arabo sa della sua inclinazione al solidarismo, quanto mai distante dalla competizione sfrenata insita all’economia di mercato ed dalla sua mancanza di umanità nella povertà ,cosa invece tipica della tradizione islamica ,questo shock costituisce il motivo fondamentale del loro riguardare,rifugiarsi nel passato ,visto che l’occidente ha fatto di tutto per spegnere il loro futuro laico e socialista, che così bene stava andando in tutto il nord affrica e direi in tutta l’affrica postcoloniale.Un saluto
Alex
4. Che i Comitati Popolari in Libia siano le basi di una nuova vita , 5 marzo 2011, 23:10, di Nando
Carissimo compagno Enrico, mi fa piacere che l’intervista e stata per te interessante. Spero che in altri compagni/e sia lo stesso.Ti ringrazio dei tuoi interventi che io condivido e colgo l’occasione per salutarti affettuosamente.
Un abbraccio
Nando