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Controcorrente a Ferrero su congresso cgil e sciopero della fame.
Publie le domenica 7 marzo 2010 par Open-Publishing1 commento
Direzione Nazionale Rifondazione Comunista, 4 marzo 2010
Intervento di M. Veruggio
Compagni e compagne, le parole con cui Ferrero ha introdotto la discussione sulle regionali mi sembrano rivelatrici. Ha detto: ‘Vi dirò due cose su come è andata a finire’. Non ha detto ‘su cosa abbiamo fatto’, ma ‘su come è andata a finire’ appunto. E’ indicativo del ruolo che il nostro partito ha giocato. Ma ciò che più mi colpisce è il seguito. Una minuziosa ricostruzione della mappa di quelli che sembrerebbero essere diventati i nostri nuovi referenti: Grillo, Travaglio, De Magistris, Micromega. Ma il punto è: al di sotto di questa rete di possibili relazioni ‘tattiche’ esiste una strategia? Esiste un nostro progetto politico? E in questo quadro è possibile che Ferrero non abbia trovato il tempo di spendere una battuta su un evento che a me sembra qualche implicazione sociale e anche politica ce l’abbia e cioè il Congresso della CGIL?
Tra l’altro che il congresso CGIL abbia delle ripercussioni sulla situazione politica noi dovremmo saperlo per esperienza diretta, visto che è stato il casus belli per il quale l’unico soggetto non virtuale aggregatosi a noi e al PDCI nella Federazione, Lavoro e Solidarietà di Giampaolo Patta, sembrerebbe essere in fase di allontanamento, dopo le dichiarazioni di Patta alla Conferenza di Torino. Aldilà dei giudizi che diamo su questa vicenda è un fatto politico su cui ci sarebbe da riflettere. A luglio Ferrero diceva che sarebbe stato difficile discutere di sindacato nella Federazione, vista la presenza di compagni della Rete dei Comunisti e di Lavoro Società. Beh se andiamo avanti così il problema si risolverà per mancanza di interlocutori. Se Ferrero fosse un leninista ortodosso penserei che ha applicato il vecchio detto: ‘Il partito epurando si rafforza’, ma temo che non sia andata così.
In realtà questo è il risultato dell’unica tattica di cui questo gruppo dirigente è capace: rimuovere problemi e andare avanti a oltranza, fino allo sfinimento. Tradotto: ficcare la testa nella sabbia. Ci avete spiegato che Rifondazione non avrebbe potuto prendere posizione sul congresso CGIL, perché ciò avrebbe comportato una guerra civile tra compagni schierati diversamente. Bene, voglio citare l’esempio della Liguria. Lì il coordinatore regionale di Lavoro Società, nostro iscritto e ‘colpevole’ di aver schierato il 90% dell’area con Rinaldini, è stato rimosso dal coordinatore nazionale di LS, nostro iscritto e sostituito con un coordinatore di minoranza, anche lui nostro iscritto. Io non dico che il PRC avrebbe dovuto fare propaganda ufficiale per il documento alternativo, ma è possibile che non si potesse neanche intervenire per chiedere ai nostri compagni dentro la CGIL di gestire in modo più civile le relazioni tra di loro? La realtà è che qui siamo passati dalla cinghia di trasmissione partito-sindacato alla cinghia di trasmissione al contrario, conle correnti e in alcuni casi possiamo dirlo, le lobbies sindacali, che decidono e il Partito che sta a vedere.
Poi Ferrero ci segnala l’urgenza di intervenire sul tema dell’arbitrato. Ma se rinunci ad avere un ruolo nei posti di lavoro e nel sindacato, cioè dove soprattutto quella battaglia va condotta, mi spiegate come interveniamo? L’iniziativa dello sciopero della fame di Ferrero e di Roberta Fantozzi, in questo senso, è una dimostrazione di impotenza. Fai lo sciopero della fame perché il tuo unico spazio di intervento è mediatico e questo spiega anche perché, quando il Corriere della Sera chiama, siamo costretti a correre e oggi ci troviamo a discutere dopo una relazione di 10 minuti del Segretario, che, dopo aver finito di parlare è corso via a rispondere a un videoforum.
Altro tema sollevato è quello della democrazia. Ma anche qui: è facile stracciarsi le vesti per le esternazioni di La Russa e poi in Piemonte fare alleanze con la Bresso che, dopo la recente aggressione delle forze dell’ordine al movimento NoTav, ha dichiarato che i cittadini hanno diritto a esprimere dissenso, ma non ‘con la violenza’! Poi possiamo dire che l’alleanza è tecnica e non politica, ma tutto ciò vale qui dentro, in questa discussione che stiamo facendo, perché questa ormai è una realtà virtuale. Basta uscire da quella porta e la gente queste distinzioni non le capisce. Vedo il segretario regionale del Piemonte, con cui, un paio di settimane fa, eravamo in Val di Susa e che ha visto cosa ci dicevano.
Tutto questa sta dentro una logica che ormai vede la politica seguire il metodo borsistico degli investimenti a breve. ‘Alle provinciali a Torino siamo andati da soli e non ha funzionato. – mi diceva il segretario della Federazione – Stavolta da soli non ci potevamo andare’. L’idea che una posizione politica si costruisca negli anni, tanto più dopo che non ne azzecchi una da tempo immemorabile, è ormai sfumata. E dunque appunto scelte a breve termine. Ma questa logica produrrà le stesse conseguenze che ha prodotto in Borsa.
Infine, se vogliamo che queste riunioni non siano semplicemente un ‘parlatoio’, credo che dovremmo entrare nell’ordine di idee che i bilanci non si possono fare soltanto nei congressi, una volta ogni due anni. In questo organismo e nei Comitati politici prendiamo delle decisioni. Alla riunione successiva bisognerebbe discutere se tali decisioni hanno sortito un effetto positivo o meno e trarne delle conseguenze. Non sto chiedendo a questo gruppo dirigente di adottare il codice d’onore del samurai, anche perché sono consapevole che ne deriverebbe una strage. Stamattina, leggendo sui giornali la notizia dello sciopero della fame di Paolo e Roberta, mi è pure venuto il dubbio che si tratti di un modo per andare inconsciamente in quella direzione e invece l’intervento di Ferrero ha fugato ogni dubbio in proposito. Non intende sacrificare la vita, cosa di cui prendo atto e mi rallegro. Tuttavia – messe da parte le battute – credo che ogni tanto un gruppo dirigente dovrebbe essere capace di assumersi qualche responsabilità. Cosa che qui non vedo fare, neanche davanti alla denuncia impietosa di ciò che accade dentro questo partito fatta poco fa dal compagno Italo Di Sabato. Che non si risponda a me lo capisco, ma che non si sia in grado di dire nulla neanche a lui è un segnale inquietante per la maggioranza che governa questo partito.
Messaggi
1. Controcorrente a Ferrero su congresso cgil e sciopero della fame., 9 marzo 2010, 12:57, di roberto
L’irrosolvibile problema dell’attuale modalità del "fare politica" sta proprio nello "slittamento semantico e culturale" del termine "politica". del suo significato originario o quantomeno da quella che era la sua etimologia iniziale: politica= lat. POLITICA dal gr. POLITIKE che attiene alla città, sottintendendo technè=arte. Arte di governare gli stati, come ci insegnavano a scuola.
Ma oggi il significato del termine "politica" non è più quello etimologico, e questo è normale, è normale infatti svuotare le parole del loro significato etimologico per arricchirle di un significato condiviso comune che nulla ha a che fare con l’origine stessa del termine. La parola "politica" ha subito lo stesso destino di tanti altri termini in uso, nessuno oggi definirebbe il significato di politica in base all’origine etimologica ( le polis greche non esistono più).
La definizione moderna di politica, ad esempio quella che trovate su wikipedia, è:
la politica è quell’attività umana, che si esplica in una collettività, il cui fine ultimo – da attuarsi mediante la conquista e il mantenimento del potere – è incidere sulla distribuzione delle risorse materiali e immateriali
Il problema sta quà, e lo si può risolvere solo modificando alla radice l’attuale significato reale del termine. Fare politica non può limitarsi al governo delle risorse, private e pubbliche, deve necessariamente presupporre il coinvolgimento di un collettività convivente ad essere partecipe, attivamente o passivamente, in attività di interesse comune.
Attività di "interesse comune" è un’accezione che, al contrario di quella ormai consolidata, parte da un soggetto, inteso come entità individuale, agente in un contesto di pluralità e che non riferisce, perlomeno direttamente, a verticalità e imposizione.
Il governo è solo una sottocategoria della politica, così come sono attività esprimenti nel pubblico il grado di civiltà, la moralità e il buon senso. Nel piccolo, è politica il gesto di civiltà o inciviltà come gettare cartacce a terra o meno, è politica la responsabilità ambientale del prendere l’auto per raggiungere brevi distanze, a livelli più alti è politica manifestare il dissenso tramite il rifiutarsi di vedere trasformare per decenni la propria valle in un cantiere inquinato e inquinante come accade in Val Susa.
"Se si associa il termine politica con quello di governo è naturale che nelle masse si crei il rifiuto della politica invece che una naturale compartecipazione proporzionata alla propria posizione nella vita sociale. Si può svolgere un ruolo politico anche senza averne l’intenzione, semplicemente perseguendo un interesse privato (prevalentemente di carattere non economico)."
Ad un uso "contemporaneo" del termine politica inteso solo come governo delle risorse materiali, non contribuiscono solo i professionisti della politica, cioè tutti coloro che oggi ne fanno professione, amministratori, tecnici e funzionari "indicati" dai partiti, e giù per "li rami" sino agli uscieri degli uffici pubblici, passando ovviamente per i tutori dell’ordine e i professionisti della comunicazione.
Per un uso "contemporaneo" praticabile del termine politica deve corrispondere all’interesse "privato" degli operatori della politica, anche il pensiero degli "utilizzatari finali" e cioè la vulgata del "magnamagna", il rifiuto cosciente della politica come "cosa sporca", che prevale oggi nella testa del ex-cittadino medio. Questa lettura è un’ammissione di ignoranza nonchè un gesto di sottomissione. L’ignoranza del popolo è infatti, da sempre, la migliore arma del potere politico.
La politica non è il governo. Il governo di uno stato è la naturale espressione della politica, chi abbandona la politica ad un ruolo marginale legittima un governo distante dai suoi interessi. Ma lo fa con piacere, fingendo in questo modo che a sporcarsi le mani con la merda politica siano altri da se.
"Il dramma della politica italiana è che è diventata fine a se stessa, non è più espressione di politica vera, è diventata mero governo. La gente comune percepisce la distanza e si allontana ancor di più ritenendo quello un lavoro, criptico peraltro, che non spetta ad essi, aumentando così le distanze e fornendo un nocivo eccesso di potere. Chi se ne addentra con superficialità rispetta le regole di un gioco falsato, accetta la destra o la sinistra come espressioni di un pensiero e il danno anche qui è enorme."
Qualcuno mi spieghi come si fa ad esercitare la politica non da sudditi ma da cittadini di una democrazia, il governo di tutti, se dalla politica dipende il proprio posto di lavoro nel settore pubblico, l’avanzamento di carriera, l’incarico professionale, la possibilità di accedere ad un asilo nido o ai servizi sanitari.
Come si fa ad esercitare un controllo dal basso se anche le associazioni non a fine di lucro dipendono dalla politica per le sedi, il finanziamento dell’attività di informazione e indagine sociale, il personale gestionale, affidato spesso ai giovani del servizio civile.
Viene il sospetto, o meglio si afferma la certezza, che esista infine una sorta di "slittamento culturale" tra ciò che sono i reali bisogni e la reale vita di una società profondamente cambiate e il sussistere di tradizoni e schemi sociali che non riescono più a far fronte a tali mutamenti. Le tradizzioni rimangono, ma spesso non rispecchiano più il mutamento sociale e si riducono ad essere soltanto vuoti cerimoniali che hanno mantenuto soltanto l’esteriorità di un qualcosa di cui si è persa la memoria. Oggi il termine politica e il senso della militanza in un partito sono per l’appunto svuotati del senso originario.
Occorre trovare nuove modalità di agire politico, e non limitarsi a piangere le contraddizioni palesi di un metodo obsoleto e letale.