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Crisi italiana, amicizie russe e politiche europee

par Mattia Laconca

Publie le venerdì 11 novembre 2011 par Mattia Laconca - Open-Publishing

La speculazione finanziaria ha colpito duro l’Europa e nell’ultimo periodo ad essere martellata è l’Italia, settima potenza mondiale, quarta in Europa e proporzionalmente con il quarto debito pubblico piu’ alto al mondo.

La situazione economica e politica italiana è in subbuglio, specialmente a seguito dell’implosione della maggioranza di Berlusconi e sodali. Ciò però non significa che il Paese sia fermo, anzi. Il nostro Paese ha intrapreso un percorso geopolitico di alleanze ben definito, nel quale Vladimir Putin spicca come una delle figure piu’ esaltate dalla destra al governo. Il sodalizio con la Russia si è così sviluppato a 360 gradi facendo nascere importanti cooperazioni economiche e politiche.

In questo contesto, il centro dello scenario geopolitico è imperniato sullo sviluppo e la realizzazione del gasdotto "South Stream", per il quale la sempiterna Gazprom collabora a stretto giro con la multinazionale italiana ENI, oltre che con le due tedesche Wintershall ed RWE e la francese EDF. I due colossi energetici italiani ENI ed ENEL hanno nel tempo sottoscritto parecchi accordi con gli omologhi russi; non ultimo quello tra l’ENEL di Fulvio Conti e la INTER RAO UES di Boris Kovalchuk che prevede progetti a largo raggio, coinvolgendo la quasi totalità dei Paesi dell’ex URSS, e che avrebbe dovuto svilupparsi anche nel settore nucleare, come affermato dagli stessi interessati in una nota congiunta.

A seguito dei catastrofici eventi che hanno investito le centrali nucleari in Giappone e che hanno risvegliato una coscienza critica verso l’atomo nel Vecchio Continente, tale progetto è andato scemando sul versante Occidentale mentre continua a svilupparsi nell’area ex sovietica, dove è allo studio la realizzazione di un nuovo impianto a Kaliningrad previsto per il 2018.

Se ENEL ha così perso un’occasione d’oro per tornare a manovrare gli atomi nel nostro Paese, ENI ha ancora sul tavolo la realizzazione dei gasdotti nonostante le poco rassicuranti prese di posizione dell’Unione Europea al riguardo. Lo scorso 24 ottobre infatti la Commissione di Bruxelles ha rigettato la richiesta di Gazprom di inserire il "South Stream" nel pacchetto delle infrastrutture trans-europee, proprio mentre contemporaneamente viene inaugurato il "North Stream" che collega i giacimenti dell’Est alla Germania sviluppato dalle europee E.ON, GASUNIE, GDF SUEZ,BASF).

La posizione della UE implicitamente indica l’alternativa "occidentale" del condotto "Nabucco" come quella da seguire. L’infrastruttura "sponsorizzata" dagli Stati Uniti e dai cugini europei della Gran Bretagna prevede infatti un percorso tutto mediterraneo che di fatto esclude il territorio russo. Una posizione, quindi, esattamente contraria agli sviluppi dell’economia italiana legata a doppio filo all’espansione russa. A ciò si aggiunge la condotta ondivaga ed ampiamente contraddittoria del nostro Paese in politica estera, capace di guardare con simpatia interessata sia allo zar Putin che all’Ucraina di Viktor Janukovych spaccata in due tra una convinta spinta di annessione europeista ed una rigida vicinanza alla Russia. —br—

I progetti italo-russi, inoltre, vanno rivisti al netto di quanto accaduto nei Paesi africani affacciati proprio sul Mediterraneo, alla Libia del fu Gheddafi in primis. Anche in questo scenario, l’Italia ha tentato di giocare un ruolo da protagonista, alla luce degli ingenti affari conclusi negli anni dai due Paesi. Una volta deciso di passare dalla parte del CNT ribelle, Berlusconi e Frattini sono stati gradualmente scavalcati dall’irruenza della Francia di Sarkozy, alla ricerca di una grande operazione che invertisse la crisi di popolarità interna del suo esecutivo.

Il peso dell’Italia nelle politiche dell’Unione Europea si può riassumere con le insistenti prese di posizione della BCE, della Francia e della Germania sulla "credibilità" del nostro governo anche e soprattutto a livello internazionale. Berlusconi, dal canto suo, si è limitato a sostenere la strada già intrapresa dal colosso ENI, per il quale fu la socialdemocrazia di Prodi e soci a prevedere una quota del 30% per gli investitori internazionali; la destra ha scelto in questi anni di affidarsi allo zar Putin, evidentemente accantonando almeno in parte gli stretti rapporti con l’imperialismo atlantico.

L’attuale scenario mondiale è in via di definizione, ma è certo che il nostro Paese vive nel contesto europeo dotato da un decennio di moneta unica. La speculazione colpisce ora l’anello debole del Vecchio Continente, in un processo ormai irreversibile e con il padronato di tutto il mondo che finge di dimenticare la natura anarchica e ciclica del capitale e dei mercati.