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Dalla parte della "teppa"

Publie le martedì 19 luglio 2011 par Open-Publishing
2 commenti


Oggi come allora, in Valsusa come a Genova, sempre dalla parte dei giovani e irruenti ribelli.

Dove sono finiti i macellai cileni dI Genova 2001? Quelli che massacrarono a calci in faccia i giovani dimostranti - quelli che portarono le molotov davanti alla Diaz - quelli che pisciarono addosso ai fermati di Bolzaneto? Non sono di certo spariti - qualcuno di loro ha ottenuto persino promozioni, come ricompensa del buon lavoro effettuato. C’è un libro - ACAB di Carlo Bonini - che spiega bene come questa gang si sia rafforzata negli ultimi anni. E l’abbiamo vista all’opera in più occasioni tra stadi e manifestazioni di piazza. Una tra le più recenti è stata l’agguato a Civitavecchia contro i pastori sardi. Eppure in questi giorni - a proposito della manifestazione in Valsusa - ci tocca stupirci ancora una volta per la propaganda degli old-media contro la fantomatica resurrezione della figura del black bloc. Ma è possibile che nessuno si ricordi del G8 di Genova proprio quando ricorre il decimo anniversario? Ma è possibile che nessuno attui un collegamento così semplice? Oppure bisogna rammentare che, se non ci fossero stati i giornalisti cattolici - anch’essi malmenati dalla polizia sul lungomare genovese -, nulla sarebbe saltato fuori oltre alla ritrita tattica di dividere i buoni dai cattivi che ha unito - ieri come oggi - i cori di tutti i politici e commentatori. Ora - con la crisi che morde le chiappe anche alla classe media - sarebbe il caso di prestare più attenzione alla comunicazione virale della rete - piuttosto che limitarsi ad ascoltare le veline del ministro Maroni, o mandare sul campo inviati speciali, i quali devono sudare ore per trovare almeno un valsusino disposto a schierarsi dalla parte dei poliziotti per poi sperare di vedere rinnovato il proprio contratto semestrale.

Ormai in molti sono consapevoli che in Valsusa siamo di fronte a una violenza ben più grande, quella che solo il denaro è capace di generare - nessuno più crede ai progetti faraonici in questa fase critica, dove anche la gente normale si sta incazzando in maniera esponenziale e non vuole più confrontarsi con le frottole con cui si infarciscono i telegiornali. E allora scende in piazza per difendere i pochi beni comuni rimasti - l’ambiente - la dignità sul lavoro - i diritti inalienabili di un’etica universale e infine per l’uguaglianza. Ai più giovani il difficile compito di porsi in prima linea. È facile leggere gli strilli dei grandi quotidiani online e poi descrivere come parassiti o addirittura criminali coloro che hanno subito il bombardamento a tappeto dei lacrimogeni lanciati ad altezza d’uomo. Tra l’altro, mi dicono che i candelotti si dividevano tipo bombe a grappolo, in cinque o sei pezzi che poi - come stelle ninja - colpivano e laceravano cortecce d’alberi e pelli umane in diverse direzioni. Inoltre il termine parassita mi sembra fu invocato anche da Ben Ali, da Gheddafi e qualche settimana fa pure da Assad in Siria per screditare e criminalizzare i rivoltosi - in quei casi però quella parola assunse un significato del tutto diverso nel nostro teatrino mediatico - o sbaglio?

A mio parere parassita è anche il muschio che protegge e abbellisce la pianta dove attecchisce - e che in antico dialetto milanese si chiamava teppa. Ebbene, i cosiddetti teppisti da che parte stanno? Stanno dalla loro parte - e sono mossi esclusivamente dalla determinazione per una lotta che reputano giusta. Vorrei citare i Clash che ai giovani e irruenti ribelli dedicarono una canzone - Rudie can’t Fail - Rudie non può sbagliare - perché a questo punto è necessario distinguere tra i dimostranti che agiscono con la sola forza dei propri corpi e senza alcun tornaconto economico, dagli agenti ben protetti, ben remunerati e in teoria addestrati all’ordine pubblico. Bisogna capire che un sasso lanciato su uno scudo o un casco è ben diverso da un altro lanciato nell’opposta direzione - e che magari va a frantumare calotte craniche coperte al massimo da un berretto di tela. Proprio come dieci anni fa… Carlo con il suo estintore e il rotolo di scotch infilato nel braccio - contro le pallottole dell’agente Placanica. Nei giorni successivi ai fatti di Genova scrissi che a 23 anni assomigliavo in tutto per tutto a Carlo - oggi sono sicuro che molti valligiani e tutti i loro sodali di quella stessa età assomiglino a lui. Credo che questo sia il miglior modo per ricordare Carlo.

Marco Philopat

www.looponline.info/

Tratto da Loop 14 in edicola dal 21 luglio 2011

Messaggi

  • Sempre e comunque dalla parte della "teppa" ...

    E, per quanto mi riguarda, non per questioni nostalgiche.

    E’ probabile che Carlo Giuliani somigliasse effettivamente a Philopat, che è un quarantenne e nasce punk, quando questo aveva 23 anni ...

    A me, quasi sessantenne, probabilmente, quando avevo 23 anni, Giuliani non somigliava per niente ..... un’altra storia ..... io portavo, e porto ancora, i capelli lughissimi, Giuliani era pressochè rasato a zero .... lui vestiva in rigoroso nero da punk-bestia, io, sia pure in stile casual e magari servendomi al mercato dell’usato di Latina, vestivo ricercato ed ultracolorato ....

    Ma non è questione di mode .... o di antropologia .... e neanche poi tanto di ideologie ...

    Sto per principio dalla parte della "teppa" perchè penso che non si possono fare le frittate senza rompere le uova .....

    E la "rivoluzione" che credo necessaria, come diceva Mao ( che pure non ho mai amato ), non è un pranzo di gala, non si fa con eleganza e cortesia .....

    E questo in ogni tempo ed in ogni luogo, nel 1960 o nel 1977 come oggi, a Genova e Napoli nel 2001, a Roma-Piazza del Popolo nel dicembre 2010 o in Val di Susa dieci giorni fa ....

    Radisol

  • Carlo è l’ultimo compagno morto in piazza per non aver fatto un solo passo indietro, l’ultimo di una lunga lista che inizia dal dopoguerra. E’ un mio compagno, è un loro compagno, di Piero Bruno e di tutti gli altri. Senza alcuna differenza. Morto per gli stessi motivi degli altri....perchè si voleva stroncare un movimento. Oggi come ieri. Con la canottiera bianca e il rotolo di nastro adesivo al braccio. Sempre con lui sì e sempre con quelli come lui.