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Dichiarazione della Giura di Coscienza del Tribunale Mondiale sull’Iraq

Publie le mercoledì 10 agosto 2005 par Open-Publishing
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e accordi fra stati, basati sul tribunale di Norimberga del 1945, unanimemente accettati dall’adozione dei Principi di Norimberga, nel 1946 da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Res. 95-I).
Nella guerra contro l’Iraq tre principi di diritto consuetudinario internazionale sono stati violati: (1) Principio di proporzionalità: la forza può essere usata solo per raggiungere obiettivi legali permessi, e solo nella misura richiesta dalla “necessità militare”; (2) Principio di discriminazione: la forza e l’apparato militare possono essere usati solo se confinati all’interno di obiettivi militari; le armi e le tattiche indiscriminate sono vietate; (3) Principio di umanità: la forza non deve mai essere usata per provocare sofferenze non necessarie e occorre prestare a massima attenzione alla protezione della società civile, e anche al suo patrimonio culturale.
La guerra all’Iraq viola i Principi di Norimberga che riconoscono nel seguenti linee guida essenziali (formulate dalla Commissione giuridica internazionale delle Nazioni Unite nel 1950 in risposta alla richiesta da parte dell’Assemblea Generale):

Principio I
Chiunque commetta un atto che costituisce un crimine per il diritto internazionale è considerato responsabile e soggetto a punizione.

Principio II
Il fatto che la legge internazionale non imponga una pena per un atto che costituisce un crimine per il diritto internazionale non solleva chi ha commesso l’atto dalla responsabilità sulla base del diritto internazionale.

Principio III
Il fatto di aver commesso un atto, che costituisce un crimine per il diritto internazionale, in quanto capo di Stato o responsabile del governo non solleva chi l’ha commesso dalla responsabilità sulla base del diritto internazionale.

Principio IV
Il fatto di aver agito eseguendo un ordine proveniente dal governo o da un superiore gerarchico non solleva chi l’ha commesso dalla responsabilità sulla base del diritto internazionale, se nei fatti sarebbe stata possibile una scelta morale.

Principio V
Chiunque sia imputato di un crimine sulla base del diritto internazionale ha il diritto a un prcoesso equo sulla base dei fatti e del diritto.

Principio VI
I crimini seguenti sono punibili come crimini sulla base del diritto internazionale:
a) Crimini contro la pace:
i. Pianificazione, preparazione, inizio e conduzione di una guerra di aggressione o di una guerra in violazione di trattati, accordi o impegni internazionali;
ii. Partecipazione a un piano comune di cospirazione per il compimento di uno degli atti indicati in (i).
b) Crimini di guerra:
Violazione delle leggi o delle consuetudini di guerra che comprendono, ma non sono limitate a, assassinio, maltrattamenti, deportazione per lavori forzati o per ogni altra ragione, ai danni delle popolazioni civili di o all’interno dei territori occupati; assassinio o maltrattamenti di prigionieri di guerra, uccisione di ostaggi, saccheggio di proprietà pubbliche o proviate, distruzione senza scopo di città, cittadine o villaggi, o devastazione non giustificata da necessità militari.
c) Crimini contro l’umanità:
Uccisione, sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione e altri atti inumani compiuti contro qualunque popolazione civile, o persecuzioni per ragioni politiche, razziali o religiose, quando tali atti sono compiuti o tali persecuzioni sono portate avanti in esecuzione o in connessione con un crimine contro la pace o un crimine di guerra.

Principio VII
La complicità nella perpetrazione di un crimine contro la pace, un crimine di guerra, o un crimine contro l’umanità come stabilito dal principio VI è un crimine sulla base della legge internazionale.

Violazioni e crimini

I. L’invasione dell’Iraq il 20 marzo 2003, con la successive occupazione dell’Iraq, rappresenta una violazione degli obblighi fondamentali della Carta delle nazioni Unite:
la risoluzione dei conflitti internazionali tramite il ricorso alla forza o la minaccia dell’uso della forza è incondizionatamente proibita dall’articolo 2(4) della Carta;
l’unica eccezione è rappresentata dal diritto degli stati di agire per autodifesa contro un attacco armato già in atto, come permesso dall’art. 51 della Carta, ma con la richiesta che lo stato che esercita il diritto alla difesa riferisca al Consiglio di Sicurezza;
le affermazioni dei governi statunitense o inglese basate sulle dottrine della “prevenzione” o “guerra preventiva” non hanno fondamento nel diritto internazionale, e tali argomenti speciosi non sono stati supportati dai fatti; anche se l’Iraq avesse posseduto armi di distruzione di massa, ciò non avrebbe costituito una giustificazione legale all’invasione; né lo sarebbe stata la pretesa che un “cambio di regime” avrebbe liberato il popolo iracheno da un regime dittatoriale che violava i diritti umani;
rispetto all’Iraq non esistevano le basi per rivendicare il diritto all’autodifesa o per agire sulla base di un’autorizzazione da parte del Consiglio di Sicurezza; l’invasione dell’Iraq e la successiva occupazione del paese sono un crimine contro uno stato sovrano e membro delle Nazioni Unite, in violazione della legge internazionale;
l’effetto cumulativo di queste violazioni è di creare un fondamento solido da punto di vista fattuale e legale per l’incriminazione, il processo e la punizione degli individui responsabili della pianificazione, dell’avvio e della conduzione di tale crimine di aggressione contro l’Iraq.

II. La guerra all’Iraq con l’invasione da parte di eserciti, soprattutto quelli degli Stati Uniti e delle nazioni Unite, e la successiva occupazione, hanno violato le leggi di guerra, come le Convenzioni di Ginevra sul diritto umanitario di guerra (1949), I Protocolli aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra (1977) e le Convezioni sul diritto di guerra (1899, 1907) sotto diversi aspetti, compresi i seguenti:
l’uso di bombe a grappolo, napalm, uranio impoverito;
bombardamento di obiettivi e aree civili (per es. mercati, ristoranti, strutture dei media, siti culturali e religiosi);
operazioni militari intense e indiscriminate contro molte città e centri abitati provocando ingenti perdite fra la popolazione civile (per es. Najaf, Falluja);
uso sistematico e ripetitivo della tortura e di trattamenti degradanti sui civili iracheni e sul personale militare detenuto nelle prigioni o segretamente trasferito in altri paesi conosciuti per torturare e maltrattare i detenuti;
incapacità totale della popolazione civile e delle loro proprietà, retaggio culturale (sparatorie ai check-points; raid aerei; saccheggio dei musei e di altri siti culturali; rifiuto di valutare l’ampiezza delle morti civili e dei relativi danni) (vedi soprattutto l’articolo 3 comune alle Convenzioni di Ginevra che impongono il dovere di prendere misure speciali per proteggere il più possibile la popolazione civile) (anche la IV Convenzione di Ginevra, agli articoli 47-78, specifica gli obbliga della potenza occupante);
l’effetto cumulativo di questo modello di violazioni flagranti ed estese delle leggi di guerra è creare la base per l’incriminazione, la prosecuzione e la punizione degli individui responsabili, come politici, leader ed esecutori ai vari livelli di comando;
articolo 1 delle Convenzioni di Ginevra recita: “Le parti contraenti, compresi gli Stati Uniti o la Gran Bretagna, si impegnano a garantire e ad assicurare il rispetto della presente Convenzione in tutte le circostanze”. Gli specialisti statunitensi dell’Office of the Legal Counsel della Casa Bianca, al Dipartimento della Giustizia, al Dipartimento della Difesa che hanno sostenuto la “legalità” della tortura e di altri comportamenti che violano il diritto di guerra devono fare oggetto di incriminazione e prosecuzione.

III. L’occupazione dell’Iraq ha violato patentemente il diritto di autodeterminazione del popolo iracheno:
Articolo 1 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (1966): “(1) Tutti i popoli hanno il diritto all’autodeterminazione. In virtù di tale diritto essi determinano liberamente il proprio status politico e perseguono liberamente il proprio sviluppo economico, sociale e culturale”;
E’ evidente che l’occupazione, con i decreti, le pratiche, l’imposizione di un governo a interim, la gestione delle elezioni, l’amministrazione del processo di redazione della Costituzione, ha violato il diritto di autodeterminazione del popolo iracheno, un elemento fondamentale del diritto internazionale dei diritti umani.

IV. L’occupazione dell’Iraq ha comportato anche gravi abusi ai Danni della popolazione civile irachena, compreso un ricorso ampio e pervasivo alla tortura, pratica che è incondizionatamente proibita dal diritto internazionale:
Articolo 5 della Dichiarazione dei diritti umani: “Nessuno dovrebbe essere assoggettato a tortura o a trattamenti e punizioni inumani o degradanti”; ripetuto nell’art. 7 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (1966), compresa l’art. 4(2) il quale afferma che non ci sono eccezioni, anche in condizioni di guerra o emergenza) e ulteriormente confermato da un trattato ampiamente ratificato, la Convenzione contro la tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti (1984).

V. Le Nazioni Unite non hanno rispettato l’obbligo di proteggere gli stati sovrani, specialmente se membri dell’Onu, dalle violazioni dei loro diritti all’indipendenza politica e all’integrità territoriale, permettendo con passività che l’Iraq fosse minacciato e attaccato per dodici anni prima dell’invasione del 2003:
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha mantenuto in vigore dal 1991 al 2003 le sanzioni all’Iraq le quali hanno avuto un effetto di genocidio sulla popolazione civile;
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha evitato di censurare e prevenire i ripetuti raid aerei all’interno del territorio iracheno durante il periodo 1991-2003;
Il Consiglio di Sicurezza non ha censurato e prevenuto i pubblici appelli al rovesciamento e alla sostituzione del governo iracheno, così come il finanziamento e l’addestramento di esuli per la lotta armata;
Il Consiglio di Sicurezza non ha condannato né ha agito per prevenire minacce aggressive o l’avvio e la realizzazione di una guerra di aggressione contro l’Iraq nel 2003, e in parte ha cooperato con l’illegale occupazione del paese fin dall’invasione.

Conclusioni
1.La Dichiarazione della Giuria è coerente con una comprensione obiettiva del diritto internazionale, compresa la Carta delle Nazioni Unite;
2.I membri delle nazioni Unite e i governi degli stati sovrani hanno l’obbligo legale di rispettare la Carta e di agire per assicurare il rispetto delle leggi di guerra;
3.L’invasione e l’occupazione dell’Iraq contengono tutte e tre le categorie dei crimini di Norimberga.
4.La Corte penale internazionale dovrebbe incriminare, processare e punire chi ha perpetrato o collaborato all’aggressione all’Iraq e ai relativi crimini internazionali collegati alla successiva occupazione del paese.
5.La Corte penale internazionale dovrebbe essere completata da un tribunale ad hoc che abbia l’autorità di incriminare, processare e punire i crimini compiuti prima della creazione della Corte penale e i crimini compiuti da stati non aderenti alla Corte penale e dunque da questa non interessati.
6.L’Assemblea generale delle Nazioni Unite dovrebbe essere incoraggiata a dare applicazione al diritto internazionale riguardo alla guerra all’occupazione dell’Iraq.
7.Occorrerebbe chiedere ai tribunali nazionali che hanno giurisdizione universale di inquisire e perseguire gli individui che in Iraq hanno commesso crimini di Norimberga.
8.Gli organismi della società civile, e fra questi il Wti, dovrebbero agire al fine di assicurare che le raccomandazioni e le conclusioni della Dichiarazione della Giuria siano applicate prontamente e adeguatamente.

Appendice: Lista dei documenti giuridici

 IV Convenzione dell’Aja riguardante il diritto e le consuetudini di guerra terrestre (1907)
 Protocollo per la proibizione dell’uso in guerra di gas asfissianti, velenosi o altri, e di metodi batteriologici (1925)
 Trattato generale (“Patto di Parigi”) per la rinuncia alla guerra come strumento di politica nazionale (1928)
 Dichiarazione universale dei diritti umani (1948)
 Convenzioni di Ginevra (I-IV) sul diritto internazionale umanitario (1949)
 Principi di Norimberga riconosciuti nella Carta del Tribunale e del giudizio di Norimberga (1950)
 Convenzione europea sui diritti umani e sulle libertà fondamentali (1950)
 Convenzione sulla prevenzione e sulla punizione del crimine di genocidio (1948)
 Convenzione sui diritti politici delle donne (1953)
 Codice di condotta per le forze armate degli Stati Uniti d’America (1963)
 Convenzione internazionale per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (1965)
 Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966)
 Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (1966)
 Convenzione americana sui diritti umani (1969)
 Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, della produzione e dello stoccaggio delle armi biologiche e delle armi tossiche (1972)
 Dichiarazione universale (di Algeri) sui diritti dei popoli (1976)
 Principi di cooperazione nella detenzione, arresto, estradizione e punizione delle persone colpevoli di crimini di guerra e crimini contro l’umanità (1973)
 Protocollo aggiuntivo (I-II) alle Convenzioni di Ginevra del 1949 (1977)
 Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (1979)
 Carta africana dei diritti umani e dei popoli (1981)
 Convenzione contro la tortura e altri trattamenti e punizioni crudeli, inumani e degradanti (1984)
 Convenzione internazionale contro il reclutamento, l’uso, il finanziamento e la formazione di mercenari (1989)
 Convenzione sui diritti dell’infanzia (1989)
 Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, stoccaggio e uso delle armi chimiche (1992)
 Dichiarazione per la protezione delle vittime di guerra (1993)
 Statuto di Roma della Corte penale internazionale (1998)

 Bellaciao: World Tribunal on Iraq : Final Declaration of the Jury of Conscience (in English)

 World Tribunal on Iraq

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