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Dobbiamo ripartire da quello che avremmo dovuto essere

Publie le giovedì 5 giugno 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Dobbiamo ripartire da quello che avremmo dovuto essere

di Francesco Cirigliano

Il difficile congresso che il Prc ha di fronte a sé è forse il più complesso di quelli fin qui svolti. Difficoltà che attengono innanzitutto alla bebacle elettorale che ha visto, per la prima volta nella storia repubblicana, le comuniste e i comunisti – insieme a tutte le altre forze con cui avevamo dato vita a La Sinistra l’Arcobaleno – fuori dal Parlamento: dovrà essere appunto l’indagine di questa sconfitta ad attraversare tutto il corpo del partito. Ma allo stesso tempo ci avviamo a svolgere un congresso che dovrà articolare la discussione su un altro tema di vitale importanza: le ragioni stesse di quel percorso che, attraverso la Rifondazione Comunista, avviammo oramai quasi venti anni fa e che, in questi anni di incedere della globalizzazione neoliberista, ha rappresentato un’anomalia nel panorama politico italiano. Se a queste due grandi questioni aggiungiamo lo spostamento – politico e culturale – verso destra che ha assunto il paese, ci rendiamo contro della drammaticità del quadro che fa da contorno a questo nostro appuntamento.

Consapevoli della difficoltà della fase e, soprattutto, delle difficoltà e delle inadeguatezze con cui oggi la sinistra in generale – e le comuniste e i comunisti in particolare – si trovano ad agire nelle intercosse modificazioni e trasformazioni, una parte del partito aveva provato a proporre un congresso a tesi, volto a garantire una trasparenza del dibattito; volto a garantire una chiarezza delle proposte; e allo stesso tempo volto a garantire una unità che lungi dal voler rappresentare un’annacquamento delle diversità pure esistenti, provava ad incamminarsi sui sentieri che abbiamo di fronte. Questo non è stato possibile, per cui ci apprestiamo a svolgere i lavori sviluppando la discussione sulla base di mozioni contrapposte.

Ciò nonostante, abbiamo la necessità di avviarci ai lavori congressuali con la massima serenità. Abbiamo la necessità di un dibattito sereno e serio che, come hanno già ricordato diverse compagni e diversi compagni, non merita scorciatoie o rappresentazioni caricaturali secondo le quali da un lato vi sono golpisti dorotei e dall’altro immacolati angeli che candidano agnelli sacrificali che rispondono solo ad una forma di sacra e pia pietas. È per questo che, con grande serenità, ritengo la candidatura di Nichi Vendola un’operazione degna figlia di un tempo presente che pensa di rispondere alla crisi che ci attraversa – e che attraversa l’intera società – con una esasperata personalizzazione ed un ostinato leaderismo populista: trovo che nella scelta di questa candidatura vengano poste le premesse per il tentativo di trasformare (e pre-determinare) quella che dovrebbe essere una discussione serena e franca sulla linea politica in un referendum pro e/o contro lo show man del momento.

Al contrario abbiamo bisogno di un Congresso che ci interroghi proprio sulle istanze della rappresentanza cercando di rispondere alla offensiva che presidenzialismo e neopopulismo leaderistico attraverso la proposta e la pratica del rilancio dei luoghi della democrazia. Abbiamo la necessità di un Congresso che rilanci quella grande innovazione che, oltre vent’anni fa, attraverso un percorso che chiamammo “Rifondazione”, provava a rispondere alla crisi del Novecento con il mantenimento di una prospettiva di trasformazione economica e sociale. Abbiamo la necessità di riconnetterci su quel percorso che, appunto, nel voler ri-fondare una soggettività anticapitalista autonoma dai processi di governo del neoliberismo imperante, provava a connettere quanto era stato da quegli stessi processi parcellizzato ed individualizzato.

No compagne e compagni, oggi non abbiamo bisogno né di scorciatoie, né delle mistificazioni a cui qualche utile intellettuale post-moderno vorrebbe piegarci. Abbiamo la necessità e l’urgenza di ripartire lì da dove abbiamo interrotto il nostro procedere: ripartire da quei cancelli dietro i quali si consumano disperazione, disillusioni, umiliazioni e usurpazioni... ripartire da quei territori in cui le popolazioni difendono diritti semplici come quello alla salute o ad un ambiente serio e non ulteriormente compromesso… ripartire da quelle piazze in cui abbiamo denunciato l’affermarsi di una guerra preventiva e permanente che si erigeva a strumento privilegiato per l’affermazione della globalizzazione capitalistica in tutto il mondo… ripartire da quel conflitto e da quei movimenti a cui abbiamo parlato negli anni passati ma la cui voce non è riuscita ad assediare le ovattate stanze in cui, per due anni, siamo rimasti ostaggio di un pessimo governo e di una peggiore maggioranza.

Come mi raccontava un vecchio comunista al mio paese, dobbiamo ripartire da quello che avremmo dovuto essere, che non siamo riusciti ad essere , ma che dobbiamo ri-cominciare ad essere: comuniste e comuniste che, attraverso il cammino della Rifondazione Comunista, si cimentano nella costruzione – qui ed ora – dell’alternativa e della trasformazione.

* Comitato Politico Nazionale - Federazione di Potenza