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“Doveva essere un giorno di festa” Peccato…
par Mario Gangarossa
Publie le martedì 18 ottobre 2011 par Mario Gangarossa - Open-Publishing3 commenti
Se
non state attenti, i media
vi faranno odiare
le
persone che vengono oppresse
e
amare
quelle che opprimono!
(Malcom
X)
Sarò un cattivo maestro ma, francamente, di fronte al coro unanime
di “vibrate condanne” contro i
“provocatori-blackblock-delinquenti-infiltrati-canaglie-sbirri-fascisti-ecc.-ecc.”, che vede accomunati nello stesso furore “non-violento” l’intero
apparato politico da Berlusconi a Diliberto (passando per Cicchitto
e La Russa, Casini e Fini, Bersani e Di Pietro, Vendola e Ferrero) non riesco a
reprimere un conato di vomito.
Un coro unanime che ha condannato “l’inaudita violenza”
(attorno agli stadi, a volte, abbiamo visto di peggio ma quella era
“violenza liberatrice”, “comprensibile” valvola di sfogo, funzionale
al mantenimento della “temperatura sociale” sotto i livelli di
guardia). Un coro di
“violenti” che, come sempre, cerca di rivestire con paludati richiami alla democrazia, alla convivenza,
alla nobiltà degli ideali che dovrebbero ispirare i movimenti
sociali (anche quando rivendicano l’elementare diritto alla
sopravvivenza fisica), il tanfo reazionario
e la paura di classe che li caratterizza ... e la cattiva coscienza
di chi sulla violenza - quella fatta di bombe e di massacri di
intere popolazioni - non ha mai perso l’occasione per dare il suo
convinto sostegno (ricordate Diliberto che invocava i forconi contro
il buon Turigliatto che di votare i crediti di guerra non ne voleva
proprio sapere?)
Il copione
dell’ignobile teatrino è già noto.
C’è chi non si lascia sfuggire l’occasione per stringere e
rinsaldare le fila del “partito dell’ordine”, scatenando la canea
forcaiola che chiede sangue e manette, preparandosi – e preparando
l’opinione pubblica - a tempi peggiori in cui il conflitto sociale,
che si appalesa all’orizzonte, farà apparire banali scaramucce gli
scontri di piazza San Giovanni.
C’è chi esprime tutto il suo disappunto per non essere riuscito a
incanalare la protesta nei “normali” binari di una manifestazione
festosa e … assolutamente innocua sui cui partecipanti pescare a
piene mani nelle prossime vicine elezioni politiche. Eppure perfino
Draghi si era speso, indicando la strada della “comprensione” e del
recupero delle ragioni dei manifestanti nel tentativo, a dire il
vero troppo ambizioso, di recuperare consensi alle politiche di
saccheggio che sarà impegnato a perseguire nei prossimi mesi.
Ci sono poi i soliti sciacalli che fanno a gara per dimostrare la
propria “affidabilità” in vista di future alleanze e del loro tanto
agognato rientro fra i banchi di Montecitorio.
E i soliti “compagni che sbagliano”, e che "sbagliano" al punto di
criminalizzare la rabbia spontanea di quattro ragazzini menandoli e
consegnandoli alla polizia … per il seguito di loro competenza
(continuo a non voler credere che qualcosa del genere sia successo e
che qualche “compagno” possa sentirsi gratificato dall’encomio
pubblico di un rottame dello squadrismo militante del calibro di
Alemanno).
C’è, infine, l’ingenua sorpresa di chi (parlo dei ragazzi non certo
degli organizzatori), dopo aver sognato per mesi rivoluzioni lontane
vissute fra video di you tube e social forum in cui si minacciava
“la fine del mondo”, si
ritrova in mezzo al
fumo dei lacrimogeni e all’acqua gelata degli idranti e scopre che
la realtà non è un videogioco che si possa resettare premendo un
tastino.
In tutti i
“commenti”, comunque, c’è una mistificazione di fondo e il disonesto
tentativo di individuare la causa della “violenza” nell’azione
irrazionale di qualche scheggia impazzita che – opportunamente
diretta da provocatori addestrati nei corridoi della Digos -
colpisce il buon diritto di una maggioranza pacifica che voleva solo
manifestare in maniera legale e giudiziosa.
“Doveva essere un
giorno di festa”. Un giorno come tanti nel mondo in cui viviamo. Un
mondo – secondo quello che vorrebbero farci credere – in cui i rapporti sociali sono improntati a una
francescana convivenza pacifica,
un
mondo in cui sono rispettati i diritti e
la dignità di tutti. Un mondo di fratelli (non quelli incappucciati
della Massoneria!) in cui la violenza è la pratica di pochi
“delinquenti” da isolare, sbattere in galera, magari (domani)
eliminare in qualche stadio attrezzato alla bisogna.
Un mondo di educati
padroni che ti succhiano il sangue dandoti del lei e dove ti è
perfino permesso di protestare, evitando di calpestare le aiole,
responsabilmente, con juicio; un mondo senza violenza … se non fosse
per qualche decina di provocatori infiltrati che “odiano la
democrazia” e che “con il loro comportamento irresponsabile”
giustificano chi ha sempre detto che le classi dominate sono piene
di teste calde e non meritano la benevolenza di chi ha il potere.
Peccato (si è
davvero un peccato banchiere Draghi!) che la realtà che viviamo ogni
giorno è ben diversa, e con la violenza ci conviviamo ogni minuto
della nostra vita pur non avendola scelta e pur amando – sicuramente
più di tanti professionisti della non-violenza – la pace di una vita
vissuta nel rispetto dei propri simili, con un lavoro che realizzi
la nostra umanità e che non ci degradi al livello di una macchina.
E allora, visto che
perfino l’elementare buon senso è diventato merce rara, proviamo a
ripetere quella che, per qualsiasi sfruttato che ha vissuto sulla
propria pelle il ricatto della disoccupazione o che ha visto morire
di lavoro il compagno che gli stava accanto (ne muoiono 3 al giorno
ufficialmente solo per “incidenti” e quelli che sopravvivono di
certo non arrivano a 60 anni con la gioviale freschezza di Luca
Cordero di Montezemolo) è una verità perfino banale.
E’ la società
capitalista che si basa sullo sfruttamento della maggioranza della
popolazione ad essere violenta. Ed è questa violenza,
l’espropriazione del lavoro altrui ad opera di una ristretta
minoranza di parassiti che sta alla base dei rapporti economici e
si ripercuote su ogni forma di rapporto sociale, familiare,
interindividuale, la “madre” di tutte le violenze.
E’ la violenza delle fabbriche marchionnizzate dove non hai tempo
nemmeno per pisciare (a mangiare ci hai già rinunciato da tempo).
Del lavoro nero e “illegale” (di una illegalità contro la quale non
si mai visto un celerino usare il suo manganello) nel buio di fetidi
sottoscala, dove vivi una esistenza da zombi in attesa che un crollo
provvidenziale ti conduca a miglior vita.
E’ la violenza delle
periferie-ghetto dove marciscono milioni di giovani senza presente e
senza futuro con l’unica speranza di riscatto nella “sicurezza” che
può dare una pistola sotto l’ascella, buona per ammazzare (per conto
della mafia o per conto dello stato non fa poi tanta differenza)
altri disperati che hanno il solo torto di aver scelto di nascere
nella parte sbagliata della società o del mondo.
E’ la violenza su intere
generazioni massacrate dal business dell’eroina che porta vagonate
di soldi (che notoriamente non puzzano) all’economia “pulita” dei
mercati finanziari.
E’ la violenta
arroganza di classe di chi, possedendo tutto, compra, sporca, uccide
chi nulla ha.
E’ la competizione, la sopraffazione violenta, il credo della società in cui viviamo.
Che cosa vi aspettate? Che l’enormità dei
crimini di cui siete responsabili, il dolore, le umiliazioni, la
rabbia, l’odio non tracimino oltre le scatole di patinata propaganda con la
quali avete confezionato la nostra miseria?
Non occorre aver
studiato Marx, basta saper leggere (e saper far di conto) per capire
cosa ci preparano i programmi della borghesia (e i desiderata di
BCE e Confindustria): più lavoro e più sfruttamento per i pochi che
avranno la fortuna di rimanere occupati, più lavoro con ritmi più
intensi e inumani, più lavoro sottratto a favore del profitto. Più
lavoro e senza diritti, ratificato dalla legge e cofirmato da
sindacati felloni. Più fatica e meno salario.
Per gli altri disoccupazione a costo zero. Pensioni di pura sopravvivenza,
ospedali da terzo mondo, niente scuole in cui studiare ne case in
cui abitare.
E se proprio nemmeno
questo basterà per rilanciare le sorti progressive dell’economia
capitalista, la guerra contro il nemico di turno (e la distruzione
programmata delle immense masse di prodotti che nessuno riesce più a
comprare) è dietro l’angolo. E con la guerra la militarizzazione del
paese, la reazione, l’eliminazione di ogni forma di opposizione
anche di quelle manifestazioni “colorate e festose” che fanno tanto
bene alla “democrazia” e fanno andare in brodo di giuggiole i suoi
ben pagati sacerdoti.
Pensare che sia
possibile evitare il conflitto, o incanalarlo all’interno di un
processo regolato che possa farci superare “tutti assieme” gli
effetti della crisi, è pura idiozia.
Se il debito non lo
vogliamo pagare, qualcuno deve pure rinunciare a esigere il suo
credito. Pensate davvero che una classe che ha il potere politico,
militare, giudiziario (che ha uno stato eretto a sua difesa e a
difesa della sua proprietà) possa graziosamente e masochisticamente
rinunciare alla sua vita dorata senza combattere?
Cosa faremo, domani, quando il conflitto si farà più aspro e gli
spazi di agibilità si restringeranno? Il servizio d’ordine, armato e violento, contro chi non marcia gioiosamente e gioiosamente
muore arrotato dai blindati?
O istituiremo ronde
di indignati-doc, con tesserino ministeriale, per costringere gli
sfrattati ad allontanarsi pacificamente dalla propria casa
espropriata, non prima di aver lasciato tutto in ordine e ben
spazzato?
Oppure ci
mobiliteremo, muro umano e mani alzate, per impedire a chi, cacciato
dalla fabbrica, e magari non proprio contento di dover passare il
resto della propria vita in una tenda di fortuna sia pure benedetta
dal parroco del quartiere, vuole rientrarci per forza?
E quando “orde” di
“senza nulla” saccheggeranno (lo hanno già incominciato a fare) i
negozi pieni di merci irraggiungibili? E quando i bulloni
sostituiranno le poco efficaci monetine lanciate contro chi predica
la nostra austerità dal predellino della sua auto di lusso?
Nessuno pensa che assaltare qualche banca, bruciare qualche auto,
perfino scontrarsi con la polizia in assetto di guerra sia “il preludio
della rivoluzione sociale”,
ma il problema della violenza, del suo uso, della sua oggettiva
necessità, è un problema che non
può essere ignorato
ne, peggio, affrontato con la logica del questurino.
Semmai dovremmo interrogarci sul come e verso quali obiettivi
indirizzarla questa violenza. Ma questo è un compito troppo arduo
per gli epigoni nostrani di una sinistra che ha sostituito Rosa
Luxemburg con madre Teresa.
Messaggi
1. “Doveva essere un giorno di festa” Peccato…, 18 ottobre 2011, 11:22, di pINUX
Prova a chiedere ad un disoccupato, a un licienziato, a un senzatetto ...o a un qualsiasi altro disgraziato sociale, di cosa gli importi delle tue feste borghesi perditempo.
1. “Doveva essere un giorno di festa” Peccato…, 18 ottobre 2011, 15:59, di Raf
Perfettamente d’accordo nel merito col commento precedente.
Peccato però che ha commentato senza leggere prima l’articolo che, sia pure in forma diversa, dice sostanzialmente la stessa cosa ed ironizza amaramente sul "giorno di festa"...
Vizio ben diffuso qua sopra ... quello di commentare senza leggere prima cosa si commenta ....
2. “Doveva essere un giorno di festa” Peccato…, 18 ottobre 2011, 18:52, di mario gangarossa
confesso che il titolo era ... costruito appositamente... e non sai quanti mi hanno insultato prima ancora di leggerlo ... c’è chi su fb mi ha perfino arruolato fra i questurini ... ma il nostro amico non ha fatto lo sforzo di leggere nemmeno le prime righe ... davvero un peccato :-)