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Epifani(CGIL) : Fazio più forte perchè coperto dal governo
Publie le domenica 28 agosto 2005 par Open-PublishingFazio più forte: è coperto dal governo»
Siniscalco? Basta marce indietro. Fassino? Tenere la distanza partiti-mercato
ROMA - Dopo quello del Governatore di Bankitalia, Guglielmo Epifani ora apre un fronte nuovo: la «credibilità» del ministro dell’Economia Domenico Siniscalco. Che aspetta al varco, a settembre, proprio come aspetta Antonio Fazio. «Ieri il Governatore - dice il segretario della Cgil - ha fatto quello che da una persona come lui ci si poteva attendere. Il richiamo al rispetto formale delle leggi, una difesa del comportamento proprio...».
Dica la verità: magari lei, che già le ha chieste, sperava nelle sue dimissioni .
«Non ci contavo. Anche perché Fazio ha la copertura di una parte determinante del governo».
Silvio Berlusconi?
«Berlusconi e la Lega. Con il che, la vicenda diventa ancora più paradossale. Se di fronte a una richiesta generale di un chiarimento delle responsabilità di Fazio, questo non avviene, è evidente che il Governatore si sente rafforzato e la stessa autonomia della Banca d’Italia viene messa in discussione».
Non sarebbe il caso di aspettare cosa deciderà il 2 settembre il Consiglio dei ministri?
«Scommettiamo che non succederà nulla? Alla fine, il governo decide sempre in un modo che non dà risposte ai problemi».
L’autodifesa di Fazio l’ha convinta?
«Ha finito per difendere solo se stesso, senza rappresentare la realtà dei fatti. Ma il nodo che viene al pettine in questa vicenda è che in lui c’è un’idea della Banca d’Italia assolutamente sorpassata».
A che cosa si riferisce?
«E’ un’istituto che continua a funzionare come se fossimo 10 o anche 20 anni fa. Come si fa a pensare oggi a una carica a vita, quando il banchiere centrale più potente del mondo, il presidente della Federal
Reserve, viene nominato ogni quattro anni?».
Non era quello il baluardo per l’autonomia dell’istituzione?
«Così non si difende l’autonomia, si stabilisce un principio di autocrazia. Tutti in democrazia devono avere un mandato a termine».
In questa vicenda l’opposizione ha qualcosa da rimproverarsi?
«Più che guardare al passato, penso che l’opposizione debba sfruttare l’occasione che si presenterà in Parlamento con il disegno di legge del risparmio. Battendosi per la separazione fra la vigilanza e la concorrenza bancaria e per il mandato a termine. Ma credo che si debba avere il coraggio di intervenire sul capitale della Banca d’Italia».
In che forma?
«Passando al Tesoro le quote oggi in mano alle banche, che erano pubbliche e oggi sono private. Oppure, in qualche altro modo. Ma va evitato il conflitto d’interessi fra controllante e controllore. Il capitale della Banca d’Italia dev’essere esplicitamente pubblico».
Berlusconi ha promesso la riforma a settembre.
«Hanno avuto due anni di tempo. Vorrei sbagliarmi, ma quando a settembre ci sarà la discussione parlamentare sulla legge sul risparmio la musica cambierà».
Perché ne è così sicuro?
«Questo governo tira a campare. Come del resto ha già dimostrato con le scelte, completamente sbagliate, di politica economica. Non ha capito la fase in cui entrava l’economia e ha usato le poche risorse disponibili in direzioni contrarie a quelle che invece andavano percorse. A pochi mesi dalla fine della legislatura, l’economia è ferma».
Ma il ministro dell’Economia dice che siamo fuori dalla recessione.
«L’ultimo dato sul Pil non è significativo per la ripresa. Per giunta siamo in attesa di una Finanziaria che dovrebbe risolvere questi problemi e nel governo assistiamo solo a polemiche, e c’è persino chi ha la faccia di riproporre il condono. Una discussione dalla quale non si capisce nulla e temo che alla fine porterà a misure che non saranno efficaci né eque».
Questo non chiama in causa il ruolo di Siniscalco?
«C’è una situazione che sta diventando imbarazzante. Quando il ministro dell’Economia assume una posizione sulla base di un proprio convincimento, quasi sempre dice cose condivisibili. Quando, poi, si tratta di trasformarla in una scelta del governo è sempre costretto a fare marcia indietro».
Se è così, il ministro non dovrebbe trarne le conclusioni?
«Anche sulla vicenda che coinvolge Fazio, e nella relazione che Siniscalco farà al Consiglio di ministri, si porrà lo stesso problema. E’ evidente che un ministro che continua a predicare bene e, poi, è costretto a razzolare male è un ministro che, alla lunga, perde qualsiasi credibilità. E’ una constatazione di cui ormai tutti sono consapevoli ed è un problema che il ministro dovrebbe porsi».
Preoccupato per l’autunno?
«Molto, perché i problemi irrisolti si aggraveranno. Ritroveremo le crisi aziendali e le imprese di fronte alle difficoltà di come competere sui costi e la qualità, mentre il governo finora non ha prodotto né un’idea né un’iniziativa. Avevamo lamentato che le risorse per gli ammortizzatori sociali fossero già finite. Abbiamo posto il problema di come sostenere i consumi e i redditi di lavoratori e pensionati e mi pare che di tutto si discuta tranne che di questo. Il Mezzogiorno è lasciato in balia di se stesso. Delle infrastrutture promesse, nemmeno l’ombra».
E la sinistra? Tre mesi fa lei chiese uno scatto di reni sul programma.
C’è stato?
«Mi pare di no. Purtroppo, vedo che ancora si prende tempo. E mentre si prende tempo, come si è dimostrato anche in questa vicenda delle scalate e degli immobiliaristi, decollano invece le polemiche interne...».
La famosa questione morale evocata dalla Margherita.
«Avendo prima di qualsiasi altro sollevato una critica forte e di merito su alcune operazioni di quelle di cui si è discusso, mi permetto di dire che è una colossale sciocchezza».
Sciocchezza? Non è forse anche per questo che la Cgil è uscita dal consiglio di amministrazione dell’Unipol?
«No. Per tempo abbiamo capito che lì poteva esserci un conflitto d’interessi e per questo siamo usciti, ma da molti anni, sia dal consiglio sia dal capitale sociale».
Sull’operazione Bnl-Unipol la sinistra si è divisa, e il segretario dei Ds Piero Fassino è stato criticato per averla sostenuta.
«In realtà, la questione morale non c’entra nulla, è invece un problema tutto politico. Aver impostato il problema in termini di questione morale è diventato insieme offensivo e inutile».
Perché inutile?
«Soprattutto in caso di aziende contendibili, sono convinto che debba esserci uno spazio ben preciso tra i partiti e le scelte di mercato. Il punto è questo».
La politica non deve interferire con le operazioni finanziarie?
«Esatto. Quello che la politica deve fare è avere una propria idea di politica industriale e di sviluppo».
Una traccia?
«Se è difficile a priori decidere quale imprenditore è buono e quale non lo è, va da sé che il centrosinistra debba sostenere chi punti a rafforzare il valore dell’impresa, sappia rischiare, investa e faccia crescere l’occupazione. E meno chi fa solo finanza speculativa, e quando guadagna risorse lo fa contro lo sviluppo e l’occupazione».
Sergio Rizzo




