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L’industria militare italiana non conosce crisi, a differenza del resto del Paese.
Nel 2009, infatti, le autorizzazioni all’esportazione di armamenti ammon-tano a 4,9 miliardi di euro, con un incremento di ordinativi internazionali del 61%, dato impensabile per gli altri settori dell’industria nazionale.
Le banche operanti in Italia sono ovviamente coinvolte nel finanziamento e nella gestione delle operazioni di import-export del mercato degli armamenti.
Dai dati rilevabili dalle varie relazioni ministeriali (elaborati da www.Unimondo.org) nel periodo 2001-2008 più del 60% delle operazioni di export di armamenti italiani (tra i quali elicotteri, sistemi di puntamento, navi appoggio, caccia e mine anti-uomo) sono state ripartite su tre gruppi bancari:
1. BNL-Gruppo BNP PARIBAS per 2,3 miliardi di euro (pari al 21,2% del totale);
2. Gruppo Intesa SanPaolo con 2,2 miliardi di euro (20,1% del totale) sommando anche le operazioni dell’acquisita Carispe;
3. Gruppo Unicredit, soprattutto per le operazioni autorizzate dalla Banca di Roma, con circa 2 miliardi di euro (18,7% del totale);
Va però rilevato che mentre i dati relativi al Gruppo BNL-BNPP mostrano negli ultimi anni valori in forte crescita, i gruppi Intesa SanPaolo e Unicredit presentano un chiaro ridi-mensionamento della loro operatività nel settore, mostrando una maggiore coerenza con le politiche espresse in materia dal loro management.
La BNL aveva emanato nel 2003 un “codice etico” che per la materia limitava le operazioni per l’esportazione di materiali militari ai soli paesi della NATO e della UE, ma questo non ha impedito ad esempio l’appoggio finanziario alla fornitura di 55 elicotteri alla Turchia, con i quali la stessa “mitraglia” quotidianamente i villaggi curdi.
Tutte le aziende di credito si sono impegnate al faticoso utilizzo di “giochi di parole” per evitare di essere definite “banche armate”, ma senza troppo successo.
Tutte le associazioni che si occupano del controllo e della denuncia del mercato delle armi in Italia (Unimondo, Mosaico di Pace, Peacelink, Nigrizia, Campagna Banche Armate, Lilliput, Rete Italiana Disarmo, ecc…) da anni stigmatizzano la scarsa trasparenza e la troppa ipocrisia delle banche italiane in materia di finanziamenti al mercato delle armi, ma a maggior riprova che esiste un serio problema di “coerenza etica”, tra le belle parole rilevabili nei bilanci sociali e la realtà “armata”, è interessante rilevare quanto espresso dall’AIAD (la federazione delle aziende italiane del settore aerospaziale e della difesa) che bolla come “atteggiamento demagogico” gli sforzi delle banche di “autoregolamentare”, in teoria, la loro attività nel settore. In sostanza l’AIAD è preoccupata che dall’etica teorica si passi veramente a quella pratica, con il rischio di diffondere meno armi nel mondo!
Per un Paese che all’art.11 della sua Costituzione dichiara “L’Italia ripudia la guerra…” suona triste e contraddittorio essere tra gli ultimi per i finanziamenti al turismo, alla cultura, alla ricerca medico-scientifica e tra i primi negli armamenti.
Allo stesso modo per BNL e per il Gruppo BNPP deve risultare coerentemente sbagliato trovarsi sempre in testa alla classifica delle BANCHE ARMATE, ciò se quanto dichiarato nei bilanci sociali e nel “Codice Etico” risponde alla reale volontà e non ad una formale scelta di marketing!
Come sindacato siamo molto preoccupati dall’attuale situazione, sia per le armi, sia per i finanziamenti “nucleari”. Pertanto ci rendiamo immediatamente disponibili ad un confronto a livello BNL e a livello di Gruppo BNPP per esaminare insieme la situazione, questo prima di intraprendere le ovvie e conseguenti iniziative col perdurare del silenzio aziendale!
Roma, Novembre 2010
Coordinamento FALCRI Aziende del
Gruppo BNP Paribas in Italia