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Fassino, chi vuoi prendere in giro ?

Publie le venerdì 19 agosto 2005 par Open-Publishing
1 commento

"Non c’è nessuna confusione di ruoli, né commistione di interessi. I Ds sono un partito, l’Unipol un’azienda e ciascuno fa la sua strada." Piero Fassino: intervista a Repubblica 12/08/05

Alle 19.48 Consorte contatta il proprio ufficio: «Cercatemi Fassino»... Poco prima delle 21 c’è un colloquio coperto da omissis definito «rilevante». Tre minuti dopo Consorte parla con un altro parlamentare dei Ds. Segreto è il contenuto della conversazione, ma gli investigatori non hanno dubbi nel definirlo «molto rilevante». Il cellulare appartiene al senatore Ds Nicola Latorre.
Il 12 luglio il presidente di Unipol parla con Fassino. La trascrizione della conversazione è secretata, ma è lo stesso Consorte a raccontarne i contenuti a Ivano Sacchetti, il vicepresidente del colosso emiliano.
«Consorte - è scritto nel brogliaccio delle Fiamme gialle - dice che ha chiamato Fassino e gli ha detto che Abete è andato da Prodi. E aggiunge che Fassino gli ha consigliato di sentirlo per tranquillizzarlo. Consorte dice che se Prodi vuole spiegazioni gliele darà. Dice che Fassino era agitato perché Gnutti va alla cena per le elezioni di Berlusconi. Sacchetti dice che è bene che ci vada, mentre Consorte dice che lo chiamerà per vietarglielo. Consorte dice che Gianni Letta lo chiama perché non vuole che questi si mettano per traverso. Sacchetti dice che lo ha chiamato Frasca che gli ha detto che nessuna banca ha dei problemi».
Il 16 luglio è Giuliano Poletti, presidente della Lega delle cooperative emiliane, a chiamare Consorte. Gli racconta di aver incrociato Veltroni che gli avrebbe manifestato la propria disponibilità «se su questa vicenda ci saranno delle comunicazioni di un certo tipo». «Mi ha detto - afferma Poletti - che lui da sindaco di Roma può dare qualche rassicurazione sul futuro». Consorte gli dice che «anche Veltroni si è lamentato delle dichiarazioni di Fassino». Con il segretario dei Ds, il presidente di Unipol ha parlato poco prima.

Corriere della Sera del 12/08/05

Messaggi

  • «Basta attacchi ai ds, dicono. Io vedo solo la voglia di emarginare la sinistra radicale»

    Folena: «Unipol, perché smettere di discutere?»

    di Stefano Bocconetti da "Liberazione" 18.8.05

    Basta polemiche». Basta accuse ai vertici dei diesse per il loro comportamento nella vicenda Bnl. Da qualche giorno sembrano diventate le parola d’ordine di una parte della sinistra. Di un pezzo, quella che dovrebbe dar vita alla lista arcobaleno. L’ultima dichiarazione è di Diliberto, Pdci: «Con gli attacchi al principale partito d’opposizione si rischia il tafazzismo». Prima c’erano stati Cento dei verdi e giù giù fino a Boselli, Pannella. Pietro Folena, indipendente nel gruppo del Prc, è invece uno che sulla «questione morale» c’è andato giù duro. Ed è anche uno che i diesse li conosce bene.

    Allora, Folena, basta attacchi ai diesse, dicono. Tu che ne pensi?

    Che dobbiamo intenderci. Io non ho sentito nessuno, fortunatamente, che sostenga che i diesse rubino. Non ha senso, nè avrebbe senso: visto che non ci si allea con chi ruba. La replica, però, sia quella di Fassino che le difese d’ufficio degli altri, evitano il nodo vero della questione: il rapporto fra politica ed economia. E stupisce francamente che questo tema sia rimosso da chi si definisce di sinistra radicale.

    In pillole, di che si tratta?

    In Italia c’è un capitalismo avventuriero, speculativo, che lucra sulle rendite che è capace, lo abbiamo letto, di piegare una politica debole.

    Una domanda che ti sarai sentito rivolgere tante volte in questi giorni: ma perché c’è un capitalismo buono?

    Seguo la discussione che su questo tema si svolge su Liberazione. Io, socialdemocratico di sinistra, credo però che il capitalismo sia riformabile. Ma non è questo il punto: credo che comunque un’impresa produttiva consenta lo sviluppo di lotte sociali. La rendita no. In un sistema di imprese produttive si può progettare, lottare per redistribuire verso il lavoro risorse e potere. Con la rendita no. E attenzione: credo che sia esattamente questo il progetto di Berlusconi. Questo intendiamo quando parliamo di capitalismo malato in Italia. Capitalismo malato che è in grado di infettare anche la politica.

    Un’analisi che i diesse non condividono.

    Quando ad aprile uscii dal partito, scrissi una lettera a Fassino. Persona che stimo. Provandogli a spiegare che nei diesse s’era creato un partito nel partito. Attento, troppo attento, interessato, troppo interessato, ad un rapporto fra politica ed economia estraneo alla tradizione politica di Enrico Berlinguer.

    Non sarà legittimo ma molti pensano che sia "normale" per un partito di sinistra difendere le coop.

    Proprio perché socialdemocratico di sinistra continuo a pensare che l’obiettivo prioritario sia introdurre elementi di mutualismo nell’economia: penso alle banche etiche o al commercio equo e solidale. E qualcuno mi dovrebbe spiegare cosa c’è di mutualistico nella scalata alla Bnl. L’aspirazione ad un’altra economia, ad altri modi di gestire l’economia invece esiste, è assai diffusa fra i soci del mondo cooperativo. Sono due cose diverse. Prima dicevi che molti ritengono giusto che la sinistra difenda le cooperative, qualunque cosa facciano. Non sempre è stato così soprattutto quando le coop hanno smesso di essere tali...

    A cosa ti riferisci?

    Non credo di svelare chissachè. Ricordo però quando Occhetto era segretario del Pci e io segretario in Sicilia. Le coop, per ritagliarsi una fetta di mercato strinsero un patto con alcuni grandi Cavalieri del Lavoro. Alcuni in odore di mafia. Ricordo una drammatica riunione a Botteghe Oscure. Tesa, dura. Ma Occhetto pretese e ottenne che quel patto fosse sciolto. E ricordo quando chiuse l’Unità. La richiesta all’Unipol di partecipare al suo ritorno nelle edicole. Dissero di no, salvo poi ripensarci quando la svolta moderata nei diesse si affermò completamente.

    Ma allora perché un pezzo della sinistra non diesse chiede di chiudere in fretta la discussione?
    Questo dovresti chiederlo a loro. Io ho solo un’impressione...

    Quale?

    Ho la sensazione che ci sia un tentativo di costruire un vero e proprio argine verso tutto ciò che riguarda l’alterità nella politica. Ho la sensazione che si voglia costruire un muro: e di là relegare tutto ciò che dà fastidio. In questo caso Rifondazione. Ma lo stesso trattamento sarà riservato ai movimenti sociali, alle loro richieste di incidere nella discussione sul programma. C’è anche chi dice che questo, una volta fallito il progetto di lista arcobaleno, sia il prezzo da pagare per ottenere qualche seggio in più. Non sono di primo pelo, non mi scandalizza affatto se fosse vero. La cosa che mi spaventa è la voglia di esclusione della sinistra radicale. Una volta che si vincono le elezioni, che si fa? Ci si presenta con un proprio progetto autonomo di rifoma del capitalismo, con un proprio progetto di società o ci si limita a tifare per una cordata piuttosto che per un’altra? Ecco, questo è il vero problema.