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Fausto Bertinotti : il paese reale sta già con noi
Publie le domenica 5 dicembre 2004 par Open-PublishingDazibao Governi Partito della Rifondazione Comunista Parigi
di Aldo Varano
Bertinotti mette in guardia: “Va evitata l’oscillazione tra ottimismo e pessimismo
sul governo. Bisogna cogliere il processo di fondo: una crisi di consenso che
riflette quella del blocco sociale ed economico su cui Berlusconi aveva poggiato
il successo. Confindustria ha cambiato corso. Dalle organizzazioni dei commercianti
emerge malessere. Avevano puntato sulle divisioni sindacali, ma i loro atti - dalle
pensioni alla Finanziaria - hanno provocato la ricomposizione delle confederazioni
e l’allineamento di tutti i sindacati. Il punto di fondo è capire perché c’è questa
crisi del blocco sociale.
Ce lo spieghi onorevole Bertinotti.
È fallita la politica economica del governo. Fallita sul terreno proprio. Avevano proposto una politica neoliberistica per realizzare la competitività delle merci italiane e quindi la crescita del prodotto interno lordo. Su questo s’è aperta la crisi del blocco sociale. È una crisi di fondo che ha scompaginato gli stessi equilibri di governo, come s’è visto nella fase della preparazione del bilancio. Berlusconi reagisce con un rialzo, una linea avventurista. Estremizza e punta allo scontro per costruire una artificiosa coesione della maggioranza.
Quali sono le conseguenze di questa radicalizzazione?
Non è solo una mossa disperata. Si fonda su un nucleo forte, su atti di governo precedenti: controriforma costituzionale, riordino della magistratura, rapporti con gli enti locali e i sindacati.
Perché sostiene che non è una linea disperata?
Questa follia ha una ratio: colpire sistemicamente i corpi intermedi e istituzionali. Distruggere il sistema delle autonomie. Dalla magistratura alle comunicazioni di massa, dalla scuola ai sindacati privati di potere contrattuale, alla messa in discussione dell’autonomia del Parlamento con il potere di scioglimento. La strategia è chiara: abbattere il sistema della autonomie per rendere impermeabile il potere esecutivo, cioè il luogo della decisione strategica, una volta desertificate le strutture delle autonomie e del conflitto sociale.
E il centro sinistra che deve fare?
Elaborare una strategia di ricostruzione della democrazia e definire un programma di alternativa alle politiche economiche di Berlusconi, e non solo al governo Berlusconi. Il punto è strategico: deve configurarsi come una convincente alternativa di società in cui iscrivere le specifiche battaglie. E’ un terreno sul quale, secondo me, abbiamo accumulato un certo ritardo. Per incompiutezza di alternativa e per insufficienza di radicalità critica. Oggi c’è una mobilitazione vasta: sciopero nella scuola, nel pubblico impiego, magistrati, sciopero generale. C’è un passaggio all’opposizione del paese reale.
Allora, va tutto bene?
Dico che dobbiamo essere presenti non solo appoggiando queste lotte, come stiamo facendo, ma anche interloquendo con forza ponendoci l’obiettivo della caduta anticipata del governo. Il fatto che pare stiano riprendendo l’iniziativa, per esempio sulle tasse, non deve confonderci: al di là dell’impatto immediato d’opinione la gente contrappone alla propaganda il proprio bilancio sociale. Propongono una idea di grande vigoria ma è una operazione artificiosa.
Si potrebbe dire: sotto il vestito niente.
Non userei un’espressione così, ma la sostanza è quella.
Berlusconi vuole cancellare la par condicio perché se non manipola i dati con le televisioni perde.
Pretesa impossibile se si tiene conto delle regole del gioco. Comprensibile se si punta a costruire un deserto con sopra il solo capo del governo, un bonapartismo.
Il centro sinistra come può impedirlo?
Aggredendo la politica del governo: la politica economica, sociale, gli effetti sul paese e la coesione sociale. Questo è il punto di attacco che l’opposizione deve marcare per contrastare oggi il governo e domani costruire l’alternativa.
E il problema specifico e autonomo della democrazia?
Uno dei nostri punti di debolezza è la separazione dei due elementi: il sociale, difeso prevalentemente dalle organizzazioni sociali; e la denuncia del restringimento della democrazia di opinionisti colti e democratici e di molte organizzazioni politiche. La congiunzione tra questi momenti è la chiave di un possibile successo.
Se si pone solo il problema della salvaguardia della democrazia l’impianto resta debole?
Sì, perché hai ragione ma non hai la forza. La forza viene dall’accumulo di critica sociale alla politica del governo che è gigantesca ma non diventa ancora massa critica politica.
Il centro sinistra, Prodi che torna in campo e...
... Invece di centro sinistra preferisco Grande alleanza democratica. Eviterei anche di parlare di ritorno di Prodi. Potrebbe sembrare una ripresa. Invece il processo della Gad e di Prodi è da concepire come un inizio, come l’adeguamento della capacità dell’opposizione per vincere una sfida. Detto questo, oltre la denuncia della linea del governo io partirei dalla serena, dico serena, e non litigiosa analisi delle nostre inadeguatezze.
Se dovesse farne un inventario rapidissimo?
Faccio un esempio: sulla Finanziaria abbiamo una proposta efficace. Cosa la indebolisce? Una conflittualità interna alla coalizione e soprattutto l’insufficiente attenzione al tema della mobilitazione su queste proposte ancor prima che arrivino al Parlamento. La nostra proposta va bene ma non abbiamo la capacità di partire da una mobilitazione sui problemi più acuti del paese, come per esempio la perdita del potere di acquisto degli strati bassi e medi della popolazione.
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=ARKINT&TOPIC_TIPO=I&TOPIC_ID=39525