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"Fazio come una cozza sullo scoglio"
Publie le martedì 6 settembre 2005 par Open-Publishing1 commento
"Impossibile rimuoverlo senza danneggiare la conchiglia", Financial Times contro Fazio
Sul caso Bankitalia duro commento del quotidiano economico inglese
da repubblica.it di oggi
LONDRA - "Provate a staccare una patella dalla roccia e resisterà tenacemente, al punto da rendere impossibile rimuoverla senza danneggiare la conchiglia. E’ lo stesso dilemma che stanno affrontando i riformatori del governo italiano nel tentativo di indurre Antonio Fazio a dimettersi senza danneggiare la Banca d’Italia".
A proporre l’irriverente ma efficace paragone è l’autorevole Financial Times commentando la vicenda Bankitalia. Nel suo articolo il quotidiano economico britannico sottolinea come l’impegno riformatore di governo e Parlamento sia essenziale per la reputazione dell’Italia a livello internazionale.
Secondo il FT, alcuni politici sono già preoccupati che la "baruffa" nata intorno a Fazio possa "mettere a repentaglio il progetto di legge" di riforma del risparmio che, "se non troverà ostacoli, sarà approvata prima della fine della legislatura". Tra il governatore e il ministro dell’Economia, Siniscalco, continua il Financial Times, è in corso una "guerra aperta". Tuttavia, conclude il giornale, "per gli investitori, quello che conta è la riforma. Il caso Parmalat ha dimostrato quanto sia essenziale in Italia una macchina regolatoria più stringente. La reputazione del Paese sui mercati dipende da questo. Il tempo stringe".
(6 settembre 2005)





Messaggi
1. > "Fazio come una cozza sullo scoglio", 8 settembre 2005, 17:29
Commentario
La mistica del governatore
La società occidentale rivendica la sua superiorità sulle altre anche in base alla sua presunta razionalità, che sarebbe ereditata dalla tradizione illuministica.
Lo scandalo che attualmente coinvolge il Governatore della Banca d’Italia, Fazio, è uno dei tanti casi che mettono in evidenza come questa pretesa di razionalità sia del tutto infondata.
Non è tanto lo scandalo in sé ad essere interessante, e neppure le faide interne al sistema che l’hanno generato. Ciò che lo scandalo pone in risalto è questa strana figura del Governatore della banca centrale, un soggetto istituzionale nei confronti del quale il ceto politico appare in stato di sudditanza psicologica, incapace di pretendere da lui le dimissioni, ma anzi costretto a chiedergliele in modo supplice.
La figura del Governatore della Banca d’Italia fu divinizzata all’inizio degli anni ’70. Eugenio Scalfari - che era allora responsabile della parte economica del settimanale "l’Espresso" - arrivò addirittura a pubblicare per intero le relazioni annuali dell’allora Governatore, Guido Carli, con il riguardo e l’evidenza che si deve a degli oracoli.
In effetti, ancora adesso il ceto politico va, ogni anno, ad ascoltare compunto la relazione del Governatore, nei confronti del quale si ostenta un rispetto che va oltre il dato istituzionale, come a considerarlo una sorta di guida morale.
A cosa è dovuto questo alone di sacralità che circonda la figura del Governatore?
È dovuta al fatto che il Governatore della Banca d’Italia è nominato al di fuori di ogni meccanismo elettorale e parlamentare, ma per pura emanazione dell’istituto di cui fa parte.
Qui il paradosso è evidente. L’attuale sistema di dominio rivendica la sua legittimità in base al fatto di essere espressione del meccanismo elettorale. Non a caso, infatti, è bastato indire delle elezioni in Iraq, che anche i più contrari alla conquista da parte degli Usa, si sono sentiti in dovere di plaudire.
Eppure il Governatore della Banca d’Italia deve la sua legittimità e persino la sua sacralità, proprio al fatto di essere nominato al di fuori di quelli che sprezzantemente vengono definiti i "giochi politici", cioè al di fuori del controllo parlamentare.
Anzi, il carattere non trasparente della nomina del Governatore, contribuisce a rinforzare quell’elemento mistico che caratterizza la sua figura.
La "razionalità" per il Dominio rimane allo stato di enunciazione astratta, non è niente di impegnativo, ma solo un modo di accusare gli altri di irrazionalità.
Tutto questo sistema di dominio si basa esclusivamente sulla forza, sull’impedire che ogni obiezione possa pervenire ai canali privilegiati della comunicazione.
Gli illuministi non erano occidentalisti, ma professavano un cosmopolitismo culturale. Voltaire, in particolare, era un ammiratore del filosofo cinese Confucio, da cui aveva ripreso le idee sull’etica del buongoverno, basato sulla lealtà e su regole chiare e riconoscibili.
L’attuale sistema di dominio, invece, è talmente sleale ed in malafede, che riesce ad estorcere ai suoi sudditi un conformismo generato dalla disperazione.
Comidad, Agosto 2005
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