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GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA

Publie le martedì 8 marzo 2011 par Open-Publishing
8 commenti

Nessuno/a ha ancora riportato in questo sito la ricorrenza odierna. Anche se vi sembrerà banale e affinchè non venga mai meno tale memoria, di generazione in generazione, vorrei ricordare anche oggi, 8 marzo 2011, il sacrificio delle 129 donne che dopo vari giorni di sciopero, l’8 marzo 1908, arsero vive perchè rimaste imprigionate nella fabbrica tessile Cotton di New York, dove il proprietario, Mr. Johnson, usava chiudere le porte durante l’orario di lavoro, per impedire agli operai di uscire. L’assenza di sistemi di sicurezza e le pessime condizioni di lavoro causarono la tragedia.

Sono passati più di 100 anni, eppure molti degli stessi problemi di allora esistono ancora oggi. La realtà è che la condizione delle donne nel mondo non ha subito miglioramenti sostanziali riguardo alle garanzie e alla tutela dovuta alla loro dignità umana e al loro valore, i cambiamenti sembrano essere solo di facciata e la disuguaglianza di genere è considerata un fatto spiacevole ma inevitabile.

Giusto per ricordare qualche dato macroscopico: guadagnano solo il 10 per cento del reddito mondiale anche se fanno i due terzi del lavoro. Producono fino all’80 per cento del cibo nei Paesi in via di sviluppo ma posseggono solo l’1 per cento della terra.
In molti paesi, alle donne viene ancora detto cosa possono fare, persino cosa possono indossare. In Arabia Saudita, Cecenia e Iran, se non rispettano i rigidi codici religiosi sull’abbigliamento, rischiano guai seri. Se li rispetteranno, le donne musulmane in Belgio, Francia e in alcune zone della Spagna finiranno per violare la legge.
Le donne che prendono parte alle campagne per il cambiamento vengono spesso derise e attaccate con violenza. In alcuni casi, può andar loro persino peggio. In paesi come Filippine, Messico, Nepal e Russia note attiviste sono state uccise a causa del loro impegno. In Bangladesh, Cina, India, Zimbabwe e in molti altri paesi, vengono regolarmente arrestate e torturate.
Eppure la comunità internazionale ignora ampiamente questi fatti.

In Egitto, mentre il paese inizia a pensare al suo futuro, le donne rischiano di essere messe da parte un’altra volta.
Pare incredibile, ma dopo decenni di discriminazione e disuguaglianza, alle donne viene ancora negato un ruolo nella creazione del nuovo Egitto e sono escluse sia dall’amministrazione in carica che dalla comunità internazionale. Solo pochi giorni fa, è stato nominato un comitato nazionale incaricato di riscrivere la Costituzione. Ne fanno parte solo uomini. Inaccettabile.
Se la comunità internazionale si preoccupasse davvero dei diritti delle donne egiziane solleciterebbe la loro partecipazione in ogni aspetto della costruzione delle nuove istituzioni del paese. E invece, l’atteggiamento del governo ad interim e della comunità internazionale fa trasparire ancora una volta quel senso di paternalismo conosciuto fin troppo bene dalle donne egiziane, che hanno vissuto per decenni sotto un governo oppressivo sostenuto da stati che si suppone dovessero stare dalla parte dei diritti umani.
Ai governi in carica scossi dal vento del cambiamento, così come ai nuovi governi che si formano in questi mesi, spetta l’obbligo di rispettare l’uguaglianza delle donne, sia nella legge che nella prassi. Ma sappiamo che quell’uguaglianza sarà vera solo se le donne giocheranno una parte attiva nei negoziati e nelle decisioni che si svolgono durante i periodi di transizione.
Affinché le promesse di cambiamento in Egitto e negli altri paesi della regione si realizzino davvero, le donne devono essere in grado di essere protagoniste al tavolo dove si negozia e si decide.

La richiesta di uguaglianza, equità e rispetto che era al centro della prima Giornata internazionale delle donne, un secolo dopo, è ancora tutta lì.

E che dire di casa nostra? La realtà italiana ci rappresenta la dialettica tra i generi come una drammaticamente triste carnevalata, quella del bunga bunga. Scusate, ma l’accostamento mi viene naturale, dal momento che oggi è anche l’ultimo giorno di carnevale.

Ciao a tutte e tutti.

Messaggi

  • Concordo.
    Per non parlare delle dichiarazioni di oggi della FAO e di Veronesi, che aggirano il problema limitandosi ad affermare (incautamente) che entro 20 anni le donne «domineranno il mondo». Come se questo potesse sollevarci molto!


    Cultura! Libertà!
  • Vero, il rilevare la momentanea mancanza di articoli sull’otto marzo, vero anche che l’articolo è poi arrivato, e da una donna, chi meglio di voi, per descrivere quel che sentite, in prima persona, soprattutto in una fase politica e culturale, come l’attuale?
    Per quel che mi riguarda, l’articolo mi piace, usa memoria ed attualità, e fa capire bene, che senza l’apporto delle donne, non vi può essere cambiamento vero, vale per l’Italia, vale per l’Egitto, la sinistra di classe deve esserne pienamente consapevole, e la questione di genere deve trovare ampi spazi nella sua teoria e soprattutto nella sua prassi quotidiana.
    Per quel che riguarda la rivolta egiziana presa ad esempio nell’articolo, credo sia utile aggiungere che il dopo Mubarak, vede il potere statale nelle mani dell’esercito e di chi sostenuto dall’occidente, tenta di mantenere lo status quo il più possibile vicino al potere precedente.
    Ecco perchè la rivolta ha bisogno di un suo continuo, di diventare una rivoluzione, di un proporre una lotta per il socialismo, di un sostenere scioperi e comitati popolari, di quartiere, di fabbrica ecc ecc.
    E porre la questione delle libertà, come una questione irrinunciabile, tra queste quella delle donne.
    Nell’oggi c’è purtroppo poco da aspettarci da chi tenta di reggere le redini del potere, dal domani invece, se la rivolta diverrà rivoluzione, l’insieme della classe potrà mettere in discussione beni e poteri, pratiche e modi di vivere, ed in questo le donne potranno sperimentare pratiche di liberazione non solo di classe, ma anche di genere.
    Nessuna attuale "nuova costituzione" fatta da borghesie e militari potrà dar loro questo, solo una pratica rivoluzionaria potrà cambiare realmente l’esistente, che non è Mubarak, sia chiaro, ma che si tenta di non cambiare più di tanto.
    Quindi, dalla parte dei socialisti rivoluzionari, della sinistra in lotta, degli scioperi e delle mobilitazioni, anche li, per il socialismo e la rivoluzione di genere, dal basso ed internazionalista.
    In ultimo, ma non per ultimo, il mio rilevare che l’appello per il corteo dell’otto marzo è veramente ben fatto, ulteriore segnale che c’è una sinistra che lotta e che affronta l’esistente in una ottica che del cambiamento fa il suo comune denominatore, vale il supportarla pienamente.

    Enrico

    P.S. riprendo il report sulla manifestazione svoltasi a Roma e pubblicata da AiR, e l’appello che la aveva convocata.

    La diretta del corteo delle indecorose e libere

    Ripreso da: sito Atenei In Rivolta

    19 - In 5000 partono in corteo da Teatro Marcello!
    Tutte vestite di rosso, le donne invadono la città!

    ore 19.30 - Ora il corteo raggiunge Palazzo Grazioli. Davanti alle camionette della polizia le manifestanti intonano il coro "non ce piace il governo che vuoi te, berlusconi vattene’ "

    ore 20.30 - Dal camioncino una studentessa da’ un’altra notizia agghiacciante: un’altra donna è stata stuprata. Era sotto anestesia, mentre il caposala abusava di lei. Il grido del corteo era uno solo: no alla violenza sulle donne. Oggi siamo in piazza anche contro questo scempio. La violenza sulle donne avviene per mano dei familiari, dei partner, degli amici. Oggi lottiamo anche contro questo!La notizia

    ore 20.45 - Il corteo è arrivato a Campo dei Fiori! In tante ancora occupano la piazza! Riprendiamoci le nostre vite INDECOROSE E LIBERE

    E questo è l’appello che convocava il corteo

    CORTEO NOTTURNO - MARTEDì 8 MARZO 2011
    Partenza ORE 18 - Piazza Bocca della Verità - Roma

    Negli ultimi mesi un’energia nuova e dirompente è emersa dalle mobilitazioni delle università e dei precari, dalla resistenza degli operai e dei migranti, fino a giungere alle ribellioni dell’Egitto e delle coste del Mediterraneo.
    E’ un grido di rivolta che denuncia un sistema sociale ingiusto e si rifiuta di pagarne i costi.

    Il 13 febbraio scorso noi donne ci siamo opposte alle politiche che soffocano le nostre vite e che hanno portato al progressivo restringimento dei nostri diritti e dei nostri spazi di libertà. Abbiamo attraversato piazza del Popolo, invaso le strade di Roma e ci siamo spinte fino a Montecitorio per “restituire al mittente” le leggi contro le donne approvate negli ultimi anni dai governi sia di centrodestra che di centrosinistra: le dimissioni in bianco, il collegato lavoro, la legge 40 sulla procreazione assistita, l’innalzamento dell’età pensionabile, il pacchetto sicurezza e tante altre.

    Anche l’8 marzo vogliamo riportare in piazza la stessa voce e, con lo stesso linguaggio impetuoso, rimettere al centro la questione della redistribuzione delle ricchezze: tra chi fa i profitti e chi sta pagando questa crisi, tra chi possiede palazzi e chi non ha casa, tra chi si giova di stipendi milionari e chi non ha un lavoro.
    Vogliamo contestare chi mette in discussione la nostra autodeterminazione saturando le strutture pubbliche di obiettori di coscienza, limitando la diffusione della pillola RU486 o sostenendo la privatizzazione delle strutture sanitarie come i consultori (vedi la proposta di legge Tarzia per la regione Lazio), luoghi che noi invece vorremmo reinventare partendo dai nostri attuali bisogni.

    Vogliamo ribellarci a una cultura e a un immaginario usati per controllare e disciplinare i nostri corpi e la nostra sessualità. Dal lavoro alla sanità, infatti, l’unico ruolo legittimato per le donne è quello di moglie e madre. Eppure spesso nel momento dell’assunzione ci vengono fatti firmare fogli di “dimissioni in bianco” che il datore di lavoro potrà tirar fuori nel momento in cui dovessimo dichiarare di essere incinte.

    Viviamo nel Paese della doppia morale, dove l’unico modello accettato e promosso è la famiglia eterosessuale, quella stessa famiglia in cui, come le statistiche ufficiali ci raccontano, avvengono la maggior parte delle violenze sulle donne attuate da mariti, compagni e padri. E’ anche per questo che rifiutiamo la precarietà: perché ci obbliga a dipendere economicamente e culturalmente da un modello relazionale che ci impedisce di poter scegliere dove, come, quando e con chi essere o NON essere madri.

    Eppure la stessa retorica familista che dichiara di promuovere e sostenere la genitorialità, di fatto ne ostacola la possibilità a lesbiche, single, gay, trans e a tutti quei soggetti che sfuggono alla norma eterosessuale e cattolica. Ed è sempre la stessa logica che da un lato stigmatizza e criminalizza le sex workers attraverso pacchetto sicurezza e campagne moraliste e sul “decoro”, e dall’altro ne fa un uso “spettacolarizzato” e strumentale al piacere maschile diffuso all’interno dei Palazzi del potere, ma non solo.

    L’8 marzo scenderemo in piazza anche per smascherare le politiche razziste di questo governo che sfrutta il lavoro di cura svolto per la maggior parte da donne migranti e contemporaneamente le trasforma in “pericolose” protagoniste dell’“emergenza immigrati” oppure le priva della libertà e le rende vittime di violenze nei CIE.
    Per tutte queste ragioni saremo in piazza l’8 marzo, per rivendicare diritti e libertà, perchè i nostri desideri non hanno né famiglia né nazione, noi non siamo “italiane per-bene": siamo precarie, studentesse, lesbiche, trans, siamo donne che rifiutano il modello di welfare familistico, nazionalista, cattolico ed eterosessista.
    Vogliamo riappropriarci delle nostre voci e dei nostri corpi e anche delle strade, della notte e delle nostre relazioni: rivendichiamo diritti, welfare e autodeterminazione.

    Siamo tutte DONNE in CARNEvale e OSSA!!
    L’otto... m’arzo e m’arrivolto!

    CORTEO NOTTURNO - MARTEDì 8 MARZO 2011
    Partenza ORE 18 - Piazza Bocca della Verità - Roma

    Centro Donna Lisa, Donnedasud, Infosex-Esc, le Facinorosse, le Malefiche, la Meladieva,
    le Ribellule, Lucha y Siesta Action-A, SuiGeneris

    • (ANSA) - ROMA, 8 MAR - Si sono fermate vicino palazzo Grazioli e hanno urlato all’unisono ’Berlusconi vattene’ le donne in rosso che hanno sfilato in corteo per le vie di Roma. ’Dimettiti, da questa citta’, da questa regione, da questo Paese, da questo mondo’, e’ stata la loro richiesta al premier. La protesta non ha risparmiato le ’ministre’ Carfagna e Gelmini. Slogan anche sugli agenti che ’scortavano’ il corteo: ’Poliziotto ma che ci stai a fare, a casa ci sono i piatti da lavare e i panni da stirare’.

    • Caro compagno Enrico, condivido con te senza l’apporto delle donne non può esserci nessun cambiamento.la rivolta ha bisogno di un suo continuo, di diventare una rivoluzione. come hai scritto tu. Bisogna unificare sempre di più la lotta di classe, per cercare un’alternativa all’attuale sistema capitalista.
      un abbraccio
      Nando

  • Mi dispiace darti una delusione. Sembra ormai appurato dagli storici che il mito fondativo dell’8 marzo 1908, sia, appunto, solo un mito. Quel giorno a New York non bruciarono fabbriche! Fu la furbata di un fior di paraculo.

    • Il filone culturale che nega la strage di operaie, si basa su tanti forse, e altrettanti pare.
      Ma il punto importante credo sia se sia importante l’otto marzo o meno.
      E la mia risposta a questo quesito è un si convinto.

      Si, perchè è fondamentale la liberazione di genere, si perchè serve il riappropiarsi dell’originale spirito dell’otto marzo, si perchè il profitto capitalista nella sua storia e nella sua quotidianità, in nome del profitto, fa scempio della donna, sia al lavoro fuori casa, sia al lavoro in casa.

      Quanti "incidenti" o morti bianche, quante lesioni, permanenti o meno, quanti non riconoscimenti anche economici, quanti tentativi di ghettizzare le donne.
      Di motivi per la giornata dell’otto marzo, ce ne sono veramente tanti, e la questione di genere deve anche trovare un giorno in più per far discutere, per avanzare, per portare avanti pratiche di liberazione.

      I diritti, sono diritti, e le giornate per far riflettere sui diritti, sono fondamentali, per non scordare, per avere memoria, per favorire il cambiamento, quello vero, quello culturale e politico, quello che fa andare in avanti davvero.

      Nessuna delusione presunta può mettere in discussione l’approccio per la classe e per i diritti, specialmente quando si usano i pare ed i forse, il capitalismo è per il profitto prima delle vite umane, e questo senza pare o forse, è l’elemento innegabile, per combatterlo e superarlo.
      Oggi, ancor più di ieri.

      Enrico

    • L’articolo di Lucio Garofalo, "Riti inutili e significati rimossi", fornisce l’esatta ricostruzione storica degli avvenimenti che hanno portato all’istituzione dell’8 marzo. Cito testualmente:

      "Durante il VII Congresso della Seconda Internazionale nel 1907, a cui parteciparono delegati provenienti da varie nazioni, tra cui i massimi dirigenti socialisti dell’epoca come Rosa Luxemburg, Clara Zetkin e Lenin, si discusse anche della rivendicazione del suffragio universale esteso alle donne. Su questo tema il Congresso votò una mozione in cui i partiti socialisti si impegnavano per l’applicazione del suffragio universale femminile. La prima “Giornata della donna” fu celebrata ufficialmente negli Stati Uniti il 28 febbraio 1909, mentre in alcuni paesi europei si tenne per la prima volta il 19 marzo 1911 su indicazione di Clara Zetkin.
      Le manifestazioni furono interrotte dallo scoppio della Prima guerra mondiale finché l’8 marzo 1917 nella capitale russa le donne guidarono un’imponente manifestazione per chiedere la fine del conflitto. In tal modo l’8 marzo del 1917 sancì l’inizio della Rivoluzione bolscevica in Russia. Per stabilire un giorno comune a tutte le nazioni, nel 1921 la Conferenza internazionale delle donne comuniste decise che l’8 marzo si celebrasse la “Giornata internazionale dell’operaia”."

    • Non esiste alcun dato significativo che possa smentire il rogo della fabbrica di New York. Una informazione che invece posso aggiungere è che circa la metà delle donne morte nell’incendio era italiana o di origini italiane.

      Nemmeno Lucio Garofalo disconosce l’evento tragico. Vero è che dobbiamo a Rosa Luxemburg il merito di avere istituito un giorno della riflessione sulla condizione delle donne.

      Condivido moltissimi dei commenti e degli spunti offerti dall’articolo di Garofalo, soprattutto quelli sul rapporto tra ritualismi e consumismo di massa, nonchè quelli sul potere fagocitante del sistema capitalistico come, appunto, sosteneva Pasolini oltre 35 anni fa.

      Propongo, però, un anelito di speranza che vada oltre il pessimismo radicale dell’articolo.

      Proprio l’8 marzo ho preso parte ad un dibattito in cui varie donne, raccolte intorno ad un tavolo e davanti ad una platea attenta e speranzosa, si sono confrontate e misurate coi problemi vecchi e nuovi della condizione femminile e posso ammettere che mai negli ultimi anni, come invece è avvenuto martedì scorso, sono emerse dalle parole delle donne presenti tanta consapevolezza, senso critico e possibili traiettorie di azione per un riscatto di genere, ma anche per una rinascita sociale e culturale che possa sovvertire quei valori che oggi determinano le nostre vite in modo alienante.

      Coraggio!

      Ciao e grazie a ogni contributo.