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Gheddafi , lo sciacallo del deserto al contrattacco?
Publie le martedì 8 marzo 2011 par Open-PublishingGheddafi, lo sciacallo del deserto al contrattacco?
Parte seconda
Considerazioni tecniche sullo svolgimento delle operazioni militari in corso in Libia.
http://www.pugliantagonista.it/osservbalcanibr/gheddafi_vole_deserto.htm
La battaglia di logoramento va combattuta sfruttando al massimo la mobilità conseguendo il massimo concentramento delle forze nello spazio e nel tempo…cercando di scindere le forze avversarie e distruggerle in fasi separate…
Le forze corazzate rappresentano la spina dorsale e quindi vanno usate dopo aver sfiancato le forze nemiche con l’artiglieria pesante…i rapporti di ricognizione aerea devono pervenire in questa fase il più celermente ai comandi a terra per tradurli in ordini di combattimento immediati.
Sull’aggiramento, creazione delle sacche
Un nemico motorizzato accerchiato anche da solo tre parti è in una situazione insostenibile… quando l’aggiramento è ultimato , il nemico è costretto ad evacuare la zona ricercando spasmodicamente un anello debole del cerchio e fuggendo abbandona tutto ciò che è d’intralcio:
…da Le regole della guerra nel deserto libico, generale Rommel , 1943
Tradurre queste righe scritte da colui che fu definito la volpe del deserto, nell’attuale situazione bellica in Libia potrebbe sembrare un gioco da ragazzi, ma non è così poiché come lo stesso Rommel insegnava la guerra nel deserto è variabile come le dune sotto il ghibli e provare a contrapporre “ideologicamente “ ad esso il manuale “l’insurrezione armata” di A. Neuberg di Terza Internazionale memoria sarebbe da stolti; Bengasi, Misurata , e le altre città, non sono le città industriali con i centri storici medioevali, dai vicoli stretti e gli affollati quartieri operai di Mezza Europa del biennio rosso, con le barricate nelle strade capaci di fermare i gendarmi della controrivoluzione. Bengasi e le altre , correrebbero il rischio di far la fine di Grozny.
Dividiamo lo svolgimento delle operazioni belliche attuali in fasi:
Prima fase)
ha visto lo scoppio a macchia d’olio della rivolta in gran parte della Cirenaica ,dove la disintegrazione dell’apparato militar-poliziesco con le defezioni, ha assunto il volto di un grande 8 settembre , mentre la Tripolitania che rimaneva fedele al Rais assisteva lungo le sue strade costiere alla ritirata sempre più spasmodica dei fedeli a Gheddafi verso la capitale.
L’intero apparato di comando e controllo ha corso il rischio di collassare, ad eccezione dei reparti dell’Aeronautica rimasti per lo più in alcune basi nel deserto e che hanno permesso di mantenere costante sui rivoltosi una pressione più psicologica, che realmente decisiva nello svolgimento dei combattimenti a terra, ma che con le loro ricognizioni han permesso di sapere che non vi erano movimenti di ribelli armati in inseguimento.
Seconda fase)
Nella fase di ritirata sono rimaste alcune sacche di resistenza identificabili in punti nodali dove vi erano forti insediamenti militari, o di caserme di polizia o particolari impianti civili strategici. In queste zone lo scontro si è frammentato in sacche dove gli accerchiati e gli accerchianti spesso hanno cambiato di ruolo
Il grosso delle forze in fase di ritirata ha perpetrato qualche massacro ma comunque, attestandosi a ridosso della capitale ha incominciato a sentirsi le spalle al sicuro, perdendo la sensazione del rischio di accerchiamento e di rimanere imbottigliato in centri abitati insicuri.
In questa fase l’abbandono di mezzi pesanti quando non è stato possibile montarli su autotrasporti è stato fatto senza problemi visto l’arsenale notevole presente ancora nelle disponibilità di Gheddafi.
I mercenari africani nel frattempo son serviti a sopprimere gli scoppi di rivolta alle spalle della prima linea tripolina mentre le truppe speciali hanno incominciato a formare una barriera invalicabile fatta di carri armati artiglieria pesante appoggiata da pochi ma indispensabili mezzi aerei. In questa fase alcune sacche di resistenza e piazzeforti come Tobruch sono cadute.
I ribelli nel frattempo entravano in crisi logistica-organizzativa dovendo ricostruire dal nulla una entità militare qualsivoglia capace di respingere le controffensive di Gheddafi preannunciate anche nei momenti più difficili per lui e dai media occidentali definite fanfaronate.
I ribelli saccheggiavano alla rinfusa i depositi di armi rifornendosi di un assortimento variegato di armamento a titolo personale, quindi senza dare la possibilità di creare un censimento di uomini armati, le loro dotazioni, e il possibile impiego bellico in maniera organizzata.
Questa fase di gran confusione permetteva alle forze fedeli a Gheddafi di prendere respiro , valutare le proprie forze ,riorganizzare i reparti e chiedere rinforzi in uomini, mezzi, logistica di manutenzione degli armamenti e rifornimento degli stessi.
Piloti e tecnici “ mercenari” , contractor o addestratori come li volete definire, presenti nel paese praticamente da sempre, avendo Gheddafi acquistato armamenti col tutto incluso in tutti questi anni, permettono di mantenere accettabile gli standard di funzionamento dei reparti e delle basi aeree di Gheddafi ed incominciano a preparare una rimodulazione dell’uso dell’arma aerea non più in funzione antirepressiva dei tumulti e di pressione psicologica, bensì di appoggio,e preparazione a una manovra controffensiva con funzioni momentaneamente tattiche ma con respiro strategico.
Terza fase.
È quella che stiamo vivendo in questi giorni, con un invio in prima linea di reparti corazzati che si muovono alla riconquista di alcune località cruciali come quelle di Zawia, fasi di preparazione di ammorbidimento dell’avversario con l’utilizzo di parchi di artiglieria come nel caso anche di Misurata, mentre si intensificano i raid di ricognizione aerea e il lancio di bombette e missili che hanno solo lo scopo di gettare nel panico l’avversario, saggiarne la sua capacità contraerea e nel frattempo distruggere i depositi lasciati incustoditi o in saccheggiamento da parte dei ribelli.
Da parte loro i rivoltosi cirenaici, fallito il sogno di una rapida caduta del rais e di una marcia trionfale su Tripoli incominciano a dotarsi di materiale atto a contrastare le prime puntate controffensive di Gheddafi sopperendo con i numeri e utilizzando per gli spostamenti mezzi di fortuna come leauto civili ad eccezione di un certo numero di “tecniche”, per lo più Toyota.
I carri armati caduti nelle mani dei ribelli sono al momento insufficienti e non utilizzati contro i tank di Gheddafi in maniera coerente all’uso che di essi se ne deve fare per difendere centri abitati sotto attacco di forze corazzate appoggiate da un velo di truppe di fanteria motorizzata.
Compaiono nel frattempo le Toyota, munite di mitragliatrici antiaere binate o quadrinate, mentre verso il fronte arrivano alcuni cannoni controcarro automontati di origine sovietica e del parco militare libico. Le operazioni a ridosso e ai fianchi della linea costiera incominciano ad assumere i connotati della guerra del deserto scritta da Rommel,
Quarta fase, quella futura)
le città ben presto dovranno aspettarsi di divenire i punti di forza dello scontro nel quale si giocherà la partita. Se esse resisteranno assorbendo e distogliendo grosse forze di Gheddafi costringendole a vincere il ruolo di assedianti che a loro volta si ritrovano con le linee di rifornimento pronte ad essere tagliate dalle incursioni delle toyota in stile “ guerra del Ciad” , allora potremo dire che Gheddafi non potrà sperare in una facile vittoria.Purtroppo trasformare le città in centri di resistenza e così anche gli impianti energetici , comporterà un grosso sacrificio di vite umani, in gran parte civili, da parte libica, mentre a soffrirne economicamente sarà il nostro, (europeo) futuro.
Il ruolo dell’aviazione in questo caso sarà fondamentale e la decisione di una no fly zone sarà l’ago della bilancia.
Ma allora non c’è alternativa ad un intervento della NATO contro gli aerei di Gheddafi e dei suoi piloti e mercenari ucraini, bielorussi, ma anche di tanti paesi innominabili?
Una soluzione c’è, ma verrebbe dall’uso di forze speciali o guerriglieri con esperienza del Ciad , capaci di lanciare schiere di Toyota ad attaccare le basi aeree poste nel deserto, rendendole inutilizzabili in maniera permanente, ovvero con sabotaggio e distruzione delle infrastrutture e minamento intensivo di piste e zone di rullaggio.Una situazione simile costò una cocente sconfitta a Gheddafi negli anni 80 quando aveva un esercito invidiabile ed ancor oggi non sarebbe una missione impossibile per coloro che vogliono cambiare la Libia.
La mina … la soluzione finale. Lo fu per l’Afghanistan al tempo dei russi e poi della guerra civile tra i signori della guerra e i talebani, ma che fu anche usata in milioni di esemplari ancora giacenti nelle sabbie intorno ad El Alamein, a El Qattara e tanti altri posti a noi italiani tragicamente noti durante la seconda guerra mondiale…
Piste e campi minati intorno a città e caposaldi, minamenti volanti delle strade che fra poco si popoleranno di autocarri trasportanti i tank di Gheddafi , (onde dare velocità alla manovra offensiva ) e che bisognerà fermare ad ogni costo.
Tutto ciò per guadagnare il tempo necessario per il riconoscimento diplomatico in funzione di eventuali richieste di aiuto a paesi arabi filoccidentali e USA per intervenire in tempi brevi “per motivi umanitari “… o si attenderà che i ribelli perduti i sogni di una vittoria senza ingerenze straniere debbano incominciare a trattare con tutti, compresi i colossi multinazionali sulle royalties , in un futuro senza Gheddafi, ma in cui il sangue versato dai rivoltosi si tramuterà in puzzolente oro nero capace di corrompere anche l’incorruttibile?
Per adesso la mano è ritornata al colonnello e all’esercito mercenario al servizio di un sistema che si compenetra nella Tripoli che vuol vivere di agi, con camerieri, cuochi, falegnami, idraulici, panettieri filippini, del Bangladesh, egiziani e cinesi, una Tripoli che assomiglia tanto alla Roma al tempo di Spartaco con i giovani rampolli patrizi che rastrellarono nei suburbi cittadini la plebe che viveva di panem e circenses, formando le legioni che inseguirono per l’Italia gli schiavi ribelli, crocifiggendoli poi per la Via Appia.
La strada che va da Tripoli a Bengasi è molto lunga e di posto ce n’è per lastricarlo di straccioni, drogati e figli di al Qeda impalati…
Fine seconda parte
8 marzo 2011
Antonio Camuso
Osservatorio sui Balcani di Brindisi