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Gli anarchici e la resistenza antifascista

Publie le domenica 25 aprile 2010 par Open-Publishing

Da sempre, la storiografia "ufficiale", nei confronti del movimento anarchico ha operato nel cancellare, mistificare e denigrare quello che è stato il ruolo, l’incisività del movimento nelle battaglie, nelle lotte dei proletari. Ma quando si va a parlare di quel periodo che va dalla fine della guerra di Spagna alla Liberazione, il movimento anarchico viene cancellato completamente (e con lui altri movimenti) per lasciare il posto al partito della Resistenza, il PCI. Ora, noi dobbiamo rivendicare la nostra partecipazione alle lotte di quegli anni, al confino, alla galera, alla resistenza, all’insurrezione popolare contro il fascismo. Questo intervento vuole dare un minimo di conoscenza di quella che è stata, di come si è caratterizzata questa partecipazione. Fin dal lontano novembre 1926 (ed anche prima), giorno in cui furono istituiti il "Tribunale speciale per la difesa dello Stato" e «le commissioni provinciali per l’assegnazione del confino di polizia», gli anarchici furono sempre ospiti graditi di quelle graziose isolette del Mediterraneo (Ustica, Ventotene, Tremiti) adibite a tale scopo. Al confino gli anarchici furono sempre il nucleo più compatto, sempre pronti a ribellarsi alle autorità del confino, mai rassegnati e sempre pronti a polemizzare con gli altri confinati. In particolare furono molto tesi i rapporti con i comunisti, specie quando giunsero notizie dalla Spagna degli scontri tra anarchici e comunisti. Alla caduta del fascismo i confini vennero "smobilitati" e, a questo riguardo, è indicativo il modo in cui venne smobilitata Ventotene.

Nella resistenza

Decisa è la partecipazione degli anarchici alla resistenza, soprattutto se consideriamo che in quegli anni gli anarchici erano divisi tra carcere, confino ed esilio. Nonostante questo, in tutto il nord Italia la presenza degli anarchici nella lotta partigiana fu un fatto qualificante ed innegabile, anche se si espresse in maggior parte come contributo individuale e solo in alcune zone come fatto organizzato.

Quindi è chiaro che questa partecipazione si espresse principalmente in quelle zone dove vi era una grossa tradizione libertaria e, dato non indifferente, anche attraverso altre formazioni partigiane, come le Brigate Garibaldi (comunisti), le Brigate Matteotti (socialisti) e quelle di Giustizia e Libertà (GL).

Di conseguenza è difficile stabilire con precisione il numero degli anarchici partigiani, anche se qualcuno ha tentato, valutando questa partecipazione nel numero di 18000-20000 unità.

E’ da sottolineare che una parte del movimento anarchico, seppur minoritaria, dopo l’8 settembre del 1943 non partecipò alla lotta di resistenza partigiana, sia perché di matrice non violenta e sia perché si rifiutarono di prendere parte ad un conflitto che, secondo loro, mostrava caratteri imperialistici.

Lombardia

Milano

A Milano forte era la presenza degli anarchici e reale la loro incidenza nella classe. Quindi fu uno dei primi luoghi in cui gli anarchici si organizzarono in formazioni proprie. Gli anarchici milanesi ebbero una figura di primo piano in Pietro Bruzzi, torturato e poi fucilato dai fascisti. Dopo la sua morte, gli anarchici costituirono le Brigate Bruzzi e Malatesta che, secondo uno storico della resistenza, socialista, contavano non meno di 1300 uomini.

Le due brigate avevano la sede del loro comando nello stabilimento Carlo Erba ed erano presenti nel quartiere di Porta Ticinese. Il giorno dell’insurrezione, il 25 aprile, ebbero un ruolo molto importante: disarmarono una colonna tedesca vicino ad Affiori, così poterono di fatto controllare tutta la zona industriale.

Il 26 occuparono le scuole di Via Maciochini e controllarono le arterie che conducono al Sempione e a Porta Garibaldi. Fu conquistata e controllata la caserma Mussolini e la centrale elettrica. La caserma della X Mas fu espugnata da gruppi anarchici e lo stesso avviene per altre caserme. Le Brigate Malatesta occuparono lo stabilimento Triplex, la radio (assieme ad altre formazioni) delle ferrovie del Sempione, del Comune di Pero, di posti di polizia.

Dopo qualche giorno, iniziarono da parte delle Brigate le requisizioni di viveri, indumenti e l’immediata distribuzione alla popolazione. Prese corpo anche la trasformazione di fabbriche e officine appartenenti ai fascisti in cooperative, inizia l’eliminazione di fascisti e spie.

Pavia, Como, Brescia e Lomellina

A Como agì la Banda "Amilcare Cipriani" comandata da Tarcisio Robbiati; nella zona di Pavia le Brigate Bruzzi e Malatesta, nello specifico la 2a Brigata "Errico Malatesta", furono al comando di Antonio Pietropaolo; a Brescia l’ala anarchica (Bortolo Ballarini e Ettore Bonometti tra gli altri) confluì in una formazione mista Giustizia e Liberta’ e Garibaldina.

Piemonte

Torino

A Torino gli anarchici furono in prima fila nella lotta insurrezionale. La loro roccaforte si trovava alle Ferriere FIAT e in genere in tutta la zona della Barriera Milano, dove operava il 33° Battaglione S.A.P. Pietro Ferrero (in onore e in ricordo di Pietro Ferrero). Altri compagni anarchici furono presenti nell’astigiano, in particolare Taraglino, che partecipò ai moti spartachisti del 1919 in Germania .

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