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I chiacchieroni dell’unità dei comunisti
Publie le sabato 12 febbraio 2011 par Open-Publishing1 commento
Domenica scorsa la prima pagina del Manifesto che è letto era l’ultima. Campeggiava sotto uno sfondo stile "Funerali di Togliatti" di Guttuso un appello per la ricostruzione del Partito Comunista. Dico subito che sono d’accordo. Peccato che in Italia di Partiti Comunisti ne abbiamo già una decina, ma stavolta ho pensato: "Vedrai che è la volta buona". A metà ho scoperto che il Partito Comunista si ricostruisce uscendo dal PRC per entrare nel PDCI e da allora non mi sono più ripreso. Capirete, non è facile leggere che un migliaio di compagni pensano che uscire dal PRC per andare con Diliberto sia un modo per far rinascere un Partito Comunista.
Si dice nell’appello che l’esperienza storica del PRC è finita e questo è un giudizio che si può anche contestare, ma è un giudizio che rispettiamo. Dopodichè ci viene detto che il PDCI ha fatto autocritica per il suo recente passato e quindi è disposto a spendersi per una nuova fase storica. Ovviamente credo che il PDCI abbia telefonato immediatamente a tutti gli assessori delle varie giunte a guida PD per informarli che aveva cambiato rotta. Sicuramente Diliberto chiederà a tutti i compagni e le compagne del PDCI di uscire dalle giunte borghesi, si sa la fase è storica.
Ma l’autocritica riguarderebbe la politica estera e il recente passato del PDCI, che uscì da rifondazione per stare con il Governo D’Alema, il quale per ringraziarli dopo quindici giorni telefonò a Clinton dicendo che la Serbia andava bombardata. Cossutta, l’allora leader del PDCI si divideva tra il Parlamento, dove votava la fiducia al governo e Belgrado, dove solidarizzava con Milosevic e schivava le bombe che il suo governo faceva piovere sulla capitale Serba. Ma è acqua passata direbbero i ricostruttori del comunismo.
Ora, non si capisce quale autocritica ci sia da fare. Se non ricordiamo male il PDCI era contrario alla guerra in Serbia, esattamente come l’intera sinistra era contraria alla guerra in Afghanistan. Il problema semmai era la partecipazione attiva a governi che invece la guerra la volevano eccome. Bisognerebbe fare autocritica su questo, su cosa porta stare al governo. Invece no. Ma tant’è, uniamoci con il PDCI, il quale poi si allea con il PRC, e poi ci uniamo allegramente con il PD il quale con il comunismo ha chiuso da più di venti anni e lavora scientificamente per distruggerne anche i residui.
Eppure, anche a noi appare strano che, in una situazione terribile come quella italiana i comunisti non si uniscano. Vogliamo l’unità dei comunisti anche noi. La vogliamo perchè con dieci partiti allo 0,1 % siamo ridicoli, lo sappiamo. Ci chiediamo solo come si fà, perchè ci sembra decisivo saperlo. Oppure, per far prima, entriamo tutti nel PD, tanto i comunisti ci stanno anche lì. Ne conosco parecchi che al bar, magari dopo due bicchieri di rosso si mettono a cantare bandiera rossa, stramaledicono i padroni, dicono che serve la rivoluzione e poi vanno a votare per Calearo. Sono per l’unità dei comunisti anche loro. Scommettiamo?
Jury Gagarin
Messaggi
1. I chiacchieroni dell’unità dei comunisti, 12 febbraio 2011, 15:28, di Enrico Biso
Bell’intervento, questo di jury gagarin, che tratta un’appello sinceramente irricevibile, per chi ha a cuore l’unità della sinistra di classe.
Essere stampelle, volenti o nolenti, del pd, non è certo l’alternativa possibile.
Piuttosto , mille volte meglio lavorare dal basso, per unificare il più possibile le lotte e le vertenze, mettere in relazione il sindacalismo conflittuale, veicolare quel che c’è di interessante tra i percorsi molteplici della sinistra, che io chiamo, non governista.
Esperienze che già vedono luce a Napoli, Bologna, Torino, Milano ecc ecc.
Provare a unificare chi non ci sta ad ossequiare le compatibiltà capitalistiche.
Chi rifiuta: privatizzazioni, precarietà, guerre, CIE, patriarcato, mancanza di diritti sociali, sfruttamento di territori ed inquinamento (TAV e discariche), e molto altro ancora.
Chi si pone il compito arduo di essere riferimento degli interessi della classe, senza sterili settarismi, ma rifiutando di far di tutta l’erba un fascio.
Perchè è giusto confrontarsi, riconoscendo chi lotta per costruire l’unità della sinistra di classe, e chi chiacchera dicendo una cosa e facendo praticamente l’esatto contrario.
Chi approda al Dilibertismo, sa dove andrà a parare, sa che il governismo è nell’abc del pdci, sa che Diliberto è il portavoce della FdS e delle sue politiche.
Fa finta di non saperlo, ma lo sa, ed è proprio per questo motivo, che gli spazi per l’unità della sinistra di classe si fanno più concreti.
Molti e molte dei firmatari, se ne accorgeranno presto,
Ed a tal proposito mi sembra giusto riprendere una lettera pubblicata su Resistenze blog di ControCorrente-sinistra prc:
Un compagno abruzzese ci ha segnalato un suo post su facebook, dove a proposito delle ‘adesioni’ all’Appello ricostruire il Partito Comunista si dice:
a mia insaputa dovrei essere tra i mille usciti! a questo punto ho delle precisazioni da fare: 1) non potrei essere uscito dal PRC perchè non sono più iscritto da almeno due anni; 2) i compagni mi hanno posto una domanda differente rispetto alla scissione; 3) se fossi stato ancora iscritto al Prc non ne sarei uscito per fondermi con Diliberto; 4) sono simpatizzante di CONTROCORRENTE minoranza del PRC.
A quanto ci risulta sono in parecchi ad essere stati avvicinati con la proposta di firmare un generico appello per unire i comunisti in un nuovo partito e che hanno scoperto dai giornali di essere stati iscritti d’ufficio al PdCI. In ogni caso noi non ci scandalizziamo. Ciascuno fa il suo gioco. Non possiamo esimerci però da alcune considerazioni politiche:
1. Diliberto, formalmente portavoce della FdS e quindi anche di Rifondazione, fa sponda a una scissione dentro Rifondazione. Qual è la risposta di Ferrero e Grassi? Che non condividono l’appello e che bisogna andare avanti con la federazione!
2. Il tema dell’unità dei comunisti o della ricostruzione del partito comunista attira grandi simpatie e pertanto viene utilizzato da chi vuole raccogliere consensi senza fare troppa fatica. Il problema è che si tratta di formule che vogliono dire tutto e niente. Ricostruire ‘il partito comunista’? Quale? il PCI? Una succursale del partito Comunista Cinese o del KKE, come piacerebbe a Giannini e Diliberto, il quale in una recente intervista su L’Ernesto spiega che la Cina in Africa esercita un’influenza economica, ma non sfrutta i paesi? E l’unità dei comunisti per fare cosa? Negli ultimi anni i comunisti o sedicenti tali hanno votato per le missioni militari all’estero, gestito privatizzazioni, tagli, riduzioni del personale.
Dunque forse bisognerebbe cercare di spiegare cosa si vuole fare a partire da cose concrete che tocchino la vita dei lavoratori. L’assenza e la divisione dei comunisti per un operaio di Mirafiori o per un lavoratore di una cooperativa sociale non rappresentano un gran cruccio a quanto ci risulta. Forse sarebbero più interessati ad avere qualcuno che difenda il loro posto di lavoro, il loro salario, i loro diritti.
Marco Veruggio