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I testimoni e le ricevute che smentiscono Scajola

Publie le martedì 4 maggio 2010 par Open-Publishing
6 commenti

I documenti contabili relativi alla compravendita di via del Fagutale 2 sono incontrovertibili. E dalle sorelle Papa le ricevute dei versamenti che confermano le accuse

(Uno striscione affisso
sotto l’abitazione
della figlia di Scajola)

ROMA - È una tempesta perfetta quella che ha inghiottito Claudio Scajola. E ogni ora che passa ne annichilisce le fragili difese 1. I documenti contabili relativi alla compravendita di via del Fagutale 2 2 sono incontrovertibili. Le ricevute dei versamenti e i controlli incrociati confermano le accuse. Lo documenta l’indice degli atti disposto dai pubblici ministeri di Perugia Alessia Tavarnesi e Sergio Sottani in vista della deposizione del ministro fissata per il 14 maggio. Le sorelle Beatrice e Barbara Papa (le venditrici) hanno depositato infatti alla Guardia di Finanza le distinte di versamento sui loro conti correnti dei 200 mila euro ricevuti a titolo di anticipo, nonché degli 80 assegni "in nero" della "Deutsche bank" provenienti dalla provvista del costruttore Diego Anemone (900 mila euro) e di quelli "in chiaro" relativi alla parte coperta da mutuo (610 mila euro) ricevuti dalle mani del ministro il 6 luglio del 2004, giorno del rogito. Ma quel che conta è che a riscontrarli sono testimonianze sulla cui attendibilità - e questa è una novità - la difesa di Scajola, al momento, appare impotente. Tantopiù se decidesse di continuare ad agitare l’argomento del "complotto" o, se si preferisce, di una "trappola" preordinata.

Accade infatti che in questa storia il racconto di ciascuno dei protagonisti della compravendita combaci come un calco. Ma accade anche che vi sia la prova che nessuno dei protagonisti abbia avuto anche soltanto modo di poter preordinare una testimonianza in qualche modo manipolata o aggiustata. Le parole di Beatrice e Barbara Papa vengono infatti confermate alla lettera dall’architetto Angelo Zampolini 3, nonostante le due sorelle ignorassero l’esistenza e il ruolo del professionista "tasca" di Diego Anemone. E accade soprattutto che il racconto di Zampolini venga riscontrato dalla deposizione del cittadino tunisino Laid Ben Fathi, l’uomo che per conto di Diego Anemone, in quel luglio del 2004, fa da spallone del contante destinato a essere cambiato in assegni per l’acquisto della casa di via del Fagutale.

Circostanza, questa, segnata da un dettaglio, cruciale. La sera del 23 aprile, quando Zampolini viene interrogato dai pubblici ministeri di Perugia che lo accusano di riciclaggio e associazione per delinquere, all’architetto viene mostrato un capo di imputazione con "omissis". I pm non vogliono infatti offrirgli alcun vantaggio. Ed è a quel punto che Zampolini chiede di poter fare una premessa. Spiega che quel che sta per dire suonerà inverosimile perché - aggiunge - il 6 luglio del 2004 ha ricevuto i soldi di Anemone da un "tunisino" che non ha idea dove sia finito e che ha avuto modo di rivedere soltanto a un angolo di strada. Per i pm Tavarnesi e Sottani è la prova che Zampolini non mente. Le Procure di Perugia e Firenze, infatti, Fathi lo hanno già rintracciato e interrogato.

C’è di più. Zampolini, nel suo interrogatorio, conferma anche una circostanza riferita dalle sorelle Papa e solo apparentemente laterale: la presenza, al momento del rogito negli uffici del ministro, di Luca Trentini, direttore della filiale "Deutsche bank" di Largo Argentina, a Roma, dove è avvenuta l’operazione di cambio dei 900 mila euro in assegni circolari. Trentini, come "Repubblica" ha potuto verificare, non lavora più alla "Deutsche", e la banca, interpellata ieri, ha ritenuto di non dover aggiungere nulla a quanto già pubblicato da questo giornale. Un silenzio che vale come terza conferma della presenza di Trentini negli uffici del ministro. E che Scajola dovrà pure spiegare. Perché se fosse vero, come lui sostiene, che via del Fagutale venne pagata con il solo mutuo da lui acceso con il "san Paolo Imi", non si vede il motivo della presenza quel 6 luglio del 2004 del funzionario di una banca "estranea" alla compravendita.

A Zampolini, nel solo interrogatorio sostenuto sin qui a Perugia, non sono stati chiesti dettagli ulteriori sui momenti della firma del rogito, cui pure il professionista dice di aver assistito. E anche questa circostanza appare in qualche modo una riserva di testimonianza cui pure i pubblici ministeri umbri potrebbero attingere una volta incassata a verbale la testimonianza di Scajola.

http://www.repubblica.it/politica/2010/05/04/news/scajola_testimoni-3798862/

4 Maggio 2010

Messaggi

  • morto un papa.... e non sarà migliore del precedente (ed il suo elettorato non è che si scompone granché) .

  • Il ministro Scajola ha dato le dimissioni ma è relativamente facile prevedere che saranno respinte data la sua indispensabilità e la "persecuzione" cui è sottoposto.michele

    • Le case di Scajola (fin dal 2003)


      Fin dal 2003 il ministro Claudio Scajola, fresco di dimissioni dal Viminale, aveva qualche problema... di case. Non con vista sul Colosseo, ma nel cuore della Roma Bene, ai Parioli. Ecco l’inchiesta della Voce di febbraio 2003.

      "Utilizzo, in modo rigorosamente transitorio, a favore di personalita’ istituzionali in relazione all’incarico rivestito”. Cosi’, in burocratese, scrive a meta’ 2001 il dipartimento di Pubblica sicurezza a proposito di un appartamento nel cuore bene di Roma, via Bruxelles, ai Parioli. 320 metri quadrati, valore catastale che supera il milione di euro, l’immobile fa parte della collezione di mattoni d’oro - 200 appartamenti - che lo Stato ha confiscato al costruttore partenopeo Francesco Rea. Due mesi fa, in clima prenatalizio, arriva il cadeau: destinatario Claudio Scajola, il quale mesi prima, dopo aver lasciato la poltrona di ministro degli Interni, si era visto costretto ad abbandonare anche l’abitazione che gli era stata assegnata, un attico da 400 metri in piazza del Collegio romano. Quale sara’ mai, ora, l’incarico rivestito da una simile “personalita’ istituzionale”? Quello di coordinatore delle campagne elettorali di Forza Italia. E visto che la primavera si avvicina…

      L’IMPERO IMMOBILIARE DEI REA

      Da un mistero all’altro, eccoci al gruppo Rea, che ruota intorno a tre sigle, Sbe, Gasbet ed El.Ba. La prima sboccia a Giugliano, dove risiedono i Rea, nel ’78, e a inizio anni ’90 innesta la quarta, trasformandosi nel giro di pochi mesi da snc in srl e poi in spa, mentre il capitale sociale lievita da 1 miliardo 300 milioni a 3 miliardi 800 milioni, fino a toccare quota 5 miliardi a inizio ’92. Dal giuglianese alla capitale il passo e’ breve, cosi’ a maggio ’92 vengono inaugurati gli uffici romani, acquartierati in via Valmaira 75. Un anno di frenetica attivita’ immobiliare, poi, improvvisamente, le prime grane. Gli inquirenti passano ai raggi x i vorticosi giri miliardari del gruppo Rea e i nodi vengono al pettine. Ad aprile ’94, infatti, l’ufficio misure di prevenzione del tribunale di Napoli, con decreto numero 127, «dispone il sequestro delle quote e dei beni aziendali della societa’» e nomina sia un amministratore giudiziario, Tullio Pannella, che un curatore fallimentare, Giovanni Capasso.
      Nel ’96 siamo al provvedimento di confisca «in danno di Rea Francesco e nei confronti di Basso Eleonora, Rea Bruno, Rea Giovanni, Iacolare Vincenzo, Palladino Giuseppe delle quote e dei beni aziendali della Sbe spa». Contemporaneamente il numero uno del gruppo, Francesco Rea, viene cancellato dai registri della Camera di commercio - dal cosiddetto Rec - per la «perdita dei requisiti morali». Nel frattempo dalla settima sezione del tribunale di Napoli viene ufficializzato il fallimento e subentra un altro curatore, Alfonso Di Carlo. Eccoci a giugno ’97, quando l’ottava sezione della Corte d’Appello di Napoli, ufficio misure di prevenzione, conferma il sequestro delle quote e dei beni aziendali di Sbe. Il provvedimento diventa irrevocabile alcuni mesi dopo, il 26 gennaio ’98.

      LE MAGNIFICHE TRE

      Costituita nel 1979 sempre a Giugliano con 90 milioni di capitale, Gasbet e’ invece una sorta di finanziaria, occupandosi della «vendita di titoli di stato, titoli azionari, obbligazionari, nazionali ed esteri», nonche’ curando la gestione di «fondi di investimento nazionali ed esteri». Anche Gasbet, sul finire degli anni ottanta, si affaccia sul mercato romano, aprendo una sede nella capitale, in via Castelporziano. Dopo alcuni anni col vento in poppa, la societa’ ha cominciato a segnare il passo tanto che l’onnipresente Francesco Rea nel ‘93 ha pensato bene di metterla in liquidazione. Non passa neanche un anno che e’ costretto a cedere il timone ad un amministratore giudiziario nominato dal tribunale di Napoli, Stefano Cola, cui e’ stato subito affiancato il curatore fallimentare, Giovanni Capasso.
      Eccoci infine ad El.Ba. (50 milioni di capitale e sede legale in via Santa Brigida 16), l’immobiliare dedicata nel ’90 dal premuroso Francesco alla consorte, Eleonora Basso, subito nominata amministratore unico. Una carica che, purtroppo, puo’ ricoprire per appena quattro anni. Ad aprile ’94, infatti, come una mannaia arriva il decreto numero 127, cui fanno seguito il sequestro, la nomina di Pannella e Capasso, quindi la confisca. Insomma, lo stesso copione.
      Ma vediamo chi sono gli azionisti delle tre sigle. Sbe e’ una perla tutta di famiglia, con 3 miliardi e 200 milioni di vecchie lire nelle mani del padre Francesco, mentre tre identiche quote, da 600 milioni ciascuna, sono detenute dalla moglie Eleonora e dai figli Aniello e Carmine. Identico il parterre di Gasbet: 45 milioni di quote per Rea senior, 15 a testa per consorte e rampolli. Passiamo ad El.Ba., che vede in prima fila ovviamente Eleonora, con l’80 per cento delle azioni, mentre il restante 20 per cento e’ suddiviso fra Vincenzo Iacolare e Lucio Visciano. Titolare di un avviatissimo studio di commercialista in via Santa Brigida, a Napoli, Visciano e’ marito di Fiorella Cannavale, avvocato e curatore fallimentare tra i piu’ gettonati al tribuale di Napoli.
      In una polemica al calor bianco fra Alma Manuela Tirone e Fiorella Cannavale - curatore di alcune aziende dopo il crac della dietologa (assolta su richiesta dello stesso pm dopo dieci anni di calvario) - i pubblici ministeri Aldo Policastro e Giuseppe Narducci hanno cosi’ descritto i rapporti Rea-Visciano: «Non pare agli scriventi che ogni professionista, in questo caso il marito della Cannavale, Lucio Visciano, che abbia per cliente un imprenditore ritenuto camorrista, in questo caso Rea Francesco, debba ritenersi a priori sospetto. Tra l’altro Visciano assisteva legittimamente il Rea negli incontri con l’amministratore del patrimonio del Rea, nominato dal tribunale per le misure di prevenzione di Napoli. Ne’ dalle conversazioni si evince tra il Visciano e il Rea un rapporto di tipo diverso da quello che intercorre tra un professionista e un ‘buon’ cliente”».

      SOCIO O NON SOCIO?

      Replica Tirone, in un’istanza inoltrata al procuratore capo Agostino Cordova: «Lucio Visciano e’ l’uomo di fiducia del gruppo Rea, ma non solo, egli e’ socio della El.ba. spa insieme alla moglie del signor Rea e al signor Iacolare; questa societa’ e’ la piu’ importante del Gruppo, e’ un’immobiliare con sede a Roma che costruisce imponenti complessi. Viene confiscata ma, stranamente, mentre tutti i soci sono sottoposti a confisca e fallimento in proprio, il Visciano viene ignorato, sia in sede penale che in sede fallimentare».
      Commentano alcuni in tribunale: «e’ una vicenda delicatissima. In questo caso, comunque, non si tratta del professionista che svolge attivita’ di consulenza per un camorrista o presunto tale. Si tratta ne’ piu’ ne’ meno che di un socio in affari, quale risulta essere dalle visure e dai documenti presso la Camera di commercio. Ed e’ strano che un socio non abbia seguito lo stesso destino dei suoi partner». I misteri della settima…

      Andrea Cinquegrani

      Link: http://www.lavocedellevoci.it/news1.php?id=135

      4.05.2010

    • il problema è che agli elettori di ’sta "gente" degli scandali non importa un bel nulla... e continueranno a votare personaggi come lui. Dopotutto, dopo tutto ciò che è successo al suo capo, ha rivinto le elezioni alla grande... sarà pure la nullità della sinistra... ma chi non vota a sinistra perché poco-di-sinistra non passerà certo in massa a votare per costoro ... bah!