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IRAQ, SCELLI: MENTIMMO A USA PER LIBERARE OSTAGGI
Publie le giovedì 25 agosto 2005 par Open-PublishingIRAQ, SCELLI: MENTIMMO A USA PER LIBERARE OSTAGGI
25/08/2005 - 09:12
Roma, 25 ago. (Apcom) - Nella liberazione degli ostaggi italiani in Iraq, "tacere agli americani i nostri tentativi fu una condizione irrinunciabile (...) che trovò d’accordo anche il sottosegretario Gianni Letta". Lo rivela Maurizio Scelli, ex comissario straordinario della Croce Rossa italiana (Cri), in un’intervista alla Stampa.
"A Baghdad", prosegue Scelli, "quando si trattò di riportare in Italia le due Simone (Pari e Torretta, ndr) Nicola Calipari consapevole di questa direttiva si raccomandò con me di non parlare neppure al generale Mattioli, vicecomandante delle forze alleate in Iraq". Sulle trattative per il rilascio delle due operatrici umanitarie dell’ong ’Un ponte per’, il racconto dell’ex commissario straordinario è dettagliatissimo. "I mediatori ci chiesero di salvare la vita a quattro presunti terroristi ricercati dagli americani, feriti in combattimento", ricorda, "L’operazione non era facile: noi avevamo nell’ospedale di Baghdad medici e personale pronto a intervenire, ma dovevamo riuscire a far arrivare i feriti senza che gli americani ci scoprissero".
La "diffidenza" di Roma nei confronti di Washington, ricorda l’ex commissario Cri, ha contrassegnato sin dall’inizio la storia delle trattative per il rilascio degli italiani sequestrati in Iraq. Nel caso Giuliana Sgrena-Nicola Calipari, gli italiani sostengono a livello ufficiale che gli americani furono informati dell’operazione mentre l’inviata del Manifesto veniva accompagnata all’aeroporto. Una versione che Scelli, pur non protagonista di questo finale, non smentisce. Con una precisazione. "Che gli americani non dovessero sapere", racconta, "fu una condizione inderogabile, postami da tutti gli interlocutori e mediatori iracheni. Una condizione accettata e condivisa da palazzo Chigi fin dall’aprile del 2004".
IRAQ/ SCELLI: STAVAMO PER LIBERARE STEFIO, AGLIANA E CUPERTINO
25/08/2005 - 09:43
Dopo accordo con gli Ulema. Ma soffiata fece arrivare prima Usa
Roma, 25 ago. (Apcom) - Il rilascio di Maurizio Agliana, Salvatore Stefio e Umberto Cupertino - le tre guardie del corpo italiane sequestrate in Iraq il 13 aprile 2004 - fu anticipato da una soffiata agli americani di un loro informatore. Lo sostiene Maurizio Scelli, l’ex commissario straordinario della Croce Rossa italiana, nella lunga intervista concessa oggi alla Stampa.
"Quando finalmente ci furono restituiti i resti di Fabrizio Quattrocchi (l’addetto alla sicurezza rapito con Agliana, Stefio e Cupertino e ucciso dai rapitori)," ha raccontato Scelli, il Consiglio degli Ulema si dichiarò "fiducioso sulla liberazione dei tre ostaggi. Il 5 giugno mi chiamarono: e’ fatta. C’è un furgone Kia parcheggiato. Controllate gli occupanti e partite senza girarvi".
In realtà Agliana, Stefio e Cupertino furono liberati l’8 giugno 2004 insieme a un ostaggio polacco dalle forze americane. "Dovevano essere consegnati agli Ulema e gli Ulema li avrebbero dati a noi", conclude Scelli, "Ma poi andò diversamente: i due carcerieri non parlavano una parola d’inglese e c’era un problema di comunicazione con gli ostaggi. Uno dei due ebbe la brillante idea di farsi aiutare da un amico che masticava l’inglese. Il caso volle che si trattasse di un confidente degli americani che, naturalmente informati subito, liberarono gli ostaggi...".




