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Il pan de mèj. Storie dalla Milano ribelle
Publie le venerdì 12 agosto 2005 par Open-Publishing1 commento
Marco Philopat
Il pane di miglio - il pan de mèj era il più economico degli alimenti - confezionato in forme cilindriche - una roeuda de pan de mèj - girava tra le ringhiere dei diseredati - e persino il ladro aveva diritto alla sua parte... Se si rubava un po’ di quel cibo voleva dire che si era proprio dei poveracci - nessuno poteva far colpa al lader de pan de mèj...
Era una Milano d’altri tempi - una Milano aperta - al centro di una grande e fertile pianura - una Milano tollerante - crocevia di viaggiatori che qui si fermavano coinvolti dal grande fermento economico e culturale... Fin dai tempi dell’antica zecca romana e della prestigiosa scuola di retorica dove studiò Virgilio - Milano attirava acque e genti d’ogni dove... Limpide acque scendevano dalle Alpi - l’Olona il Lambro il Seveso il Nirone e la Vettabbia - ogni tanto le inondazioni portavano giù di tutto - tronchi sassi macerie e ingombri...
«Quel lì - l’è vegnuu giò con la piena» dicevano i vecchi milanesi ai bifolchi di provincia - che invece regalavano alla città nuovi adepti tra i coristi degli inni ambrosiani - e nuove braccia per costruire i navigli vinciani... I navigli come vene collegati ai fiumi - le acque incanalate che circolano veloci in tanti cerchi concentrici - l’abilità idraulica di fare arrivare acqua sempre nuova - a sanare le fogne della periferia sud a Vaiano Valle - a irrigare i campi in periferia e le risaie nelle campagne... Acqua - acqua che gira come danaro da rinvestire - acqua e danaro - i danee gli affari l’ossessione del lavoro - soldi da far circolare - mai da ammucchiare - un circolo vizioso di soldi per produrre altre merci - e ancora lavoro - lavoro lavoro - e soldi soldi per far lavorare anche i bifolchi - i ciula e la feccia - che veniva attirata da questa corsa - da questa febbre dell’oro... La feccia della società - i teppisti che crescono con le piogge - maturano con le piene... Ma la parola teppa significa muschio - il muschio della grande pianta milanese - cuscinetto vegetale parassita - ma così bello e protettivo da affascinare altri viandanti - altri poveracci - sicuri di avere a disposizione almeno qualche cilindrone di pan de mèj almeno...
Milano con il cuore in mano anche ai tempi di Maria Teresa d’Austria e dello storico orfanotrofio dei "Martinitt" - qui i ragazzi venivano ospitati fino al compimento del diciottesimo anno di età e potevano apprendere - secondo la propria inclinazione - un mestiere che poi praticavano a bottega... Austriaci francesi spagnoli - le pesanti dominazioni straniere sono state tante nel corso dei secoli - e hanno forgiato un clima cosmopolita e un atteggiamento mercantile tale da assecondare le vicende politiche... Un sesto senso per gli affari - per far sù danee - che coinvolgeva proprio tutti - anche i teppisti... I loro traffici si svolgevano prevalentemente intorno all’antico porto della Darsena in Porta Ticinese - in dialetto era la zona nota come quella dei "formaggiat" - un groviera di tunnel e cunicoli tra i due navigli e corso San Gottardo - dove gli smerci - gli smazzi clandestini di materiale ammucchiato sotto la sabbia dei barconi - portava linfa vitale e "grana nuova" da far girare nel quartiere e in tutte le zone a ridosso della cerchia dei potenti... Una città fuori dai bastioni che prosperava orgogliosa al di là di sgherri e mercenari mandati dalle aristocrazie straniere stanziate attorno alla borsa e alle numerose banche...
Porta Ticinese veniva chiamata anche Porta Cica all’epoca della dominazione spagnola per via delle bellissime donne che giravano tra i ponti e le osterie aperte fino a tarda notte - e dove più tardi i carbonari si ritroveranno a complottare tranquillamente nella reticolare e imprendibile tana sotterranea... E’ qui che organizzeranno uno dei primi grandi scioperi contro la povertà indotta dalla carestia - quello dei lavoranti del lotto e del tabacco - quella volta i manifestanti arriveranno fino in piazza Mercanti prima d’essere falcidiati dalla polizia austriaca - sei morti - cinquantasei feriti gravi... Era l’inizio del 1848 e stava succedendo un bel rebelòtt - una storpiatura in dispregiativo dal francese "rebellion" - perché i milanesi come al solito volevano lavorare in santa pace - come al solito non erano molto propensi ai cambiamenti - e quando qualcuno proponeva svolte radicali si spaventavano... Persino nelle profonde gallerie di Porta Cica - la piccola mala - la ligera non credeva tanto a neri carbonari... Ma ormai la pazienza e il senso del dovere "professionale" meneghino non poteva fermare la rivolta...
Scoppiano le "Cinque Giornate"... Il 22 marzo dopo l’assalto all’armeria guidato dal calzolaio Pasquale Sottocorno - i patrioti sconfiggono in porta Tosa il generale Radetzky costringendolo alla fuga... Non durerà molto - i bacchettoni austriaci ritorneranno a chiudere il centro cittadino come una fortezza - sbarre presidi di polizia e crudele repressione fuori dalle mura... 3 anni dopo - ancora una volta in Porta Ticinese - i teppisti sono attivissimi - uno di loro Amatore Sciesa la sera del 30 luglio viene arrestato per affissioni di proclami rivoluzionari - condannato a morte verrà - prima della fucilazione - portato sotto le ringhiere di casa sua per indurlo alla delazione - ma lui dirà - "Tiremm innanz" - anticipando di quasi un secolo il "Mi parli nò! " della famosa canzone con testo di Giorgio Strehler... Tiremm innaz è divenuta nel tempo una delle frasi più significative per descrivere il modo di fare ambrosiano - il cumenda tira diritto sulle scartoffie dell’ufficio - il frettoloso impiegato traccia diagonali perfette nell’attraversamento della piazza del Duomo per risparmiare tempo - e tirava innanzi qualche anno fa anche l’imprenditore Falk durante il fatale attacco di angina pectoris che lo ha beccato a bordo dell’auto lanciata a folle velocità nell’investire a morte i passanti di fianco alla Scala... Mentre Versace tirava innanzi davanti alla sua villa di Miami - e Trussardi tirava dritto direttamente sul guard-rail della tangenziale in Cascina Gobba... Una brutta fine per i due stilisti della "Milano da bere"... Non certo come quella del gobbo Cuccia che ha elegantemente cavalcato per anni i crack ambrosiani - uno dopo l’altro... E a proposito di cavalli gobbi il garibaldino Missori - lo cavalca tuttora nell’omonima piazza... Dopo aver partecipato alle cinque giornate - diventò uno dei generali dell’eroe dei due mondi - salvandogli tra l’altro la vita a Milazzo... Il suo cavallo sfinito rappresenta la perseveranza e la solida motivazione - gli alti valori risorgimentali milanesi - ancora una volta schiacciati dalle retrive forze conservatrici durante una manifestazione nella Galleria appena ultimata...
Gaspare e Letizia Campari avevano intanto aperto un bar là sotto - aspettavano di concepire il loro quarto figlio che imprimerà all’azienda del Bitter un successo internazionale - con il quale il salotto borghese s’atteggiava nell’aperitivo tanto caro - anzi carissimo - per chi viveva solo di pan de mèj... Il cittadino meneghino torna a sopportare - e a stare zitto - stà schisc - si fa piccolo e sopporta... Ma quelli sono anche gli anni del primo operaio eletto in parlamento - Antonio Maffi - un fonditore di caratteri per la stampa - che lavorava nell’indotto delle prime storiche case editrici - Treves - Vallardi e Sonzogno - gli anni in cui si apre la libreria Hoepli e gli scapigliati iniziano a farsi sentire...
In un libro intitolato Milano sconosciuta - il grande scrittore scamiciato - Paolino Valera - ci racconta come si viveva alla fine dell’Ottocento tra i miserabili - negli anfratti di una città che cambiava senza badare troppo a chi non teneva il passo... I postriboli - i letamai dei dormitori - le taverne della cirrosi - gli abissi dello squallore urbano... Ci racconta la fame... La fame senza nemmeno pan de méj da sgraffignare... Fu allora che iniziarono i tumulti - le insurrezioni - le rivolte popolari... «Se si è fatta della strada è grazie a questi urti - a queste febbri - a queste convulsioni» - esortava Valera - «senza di esse saremmo ancora alla Vandea odiosa della gente che moriva per i diritti patrizi e bestiali del feudalesimo»... Così scrisse Valera - il grande scrittore milanese scamiciato... «Questi urti - queste febbri - queste convulsioni...». Nel 1898 partono improvvise le rivolte dei senza pane - il generale Bava Beccaris interviene con i cannoni a stroncare i ribelli e ad abbattere le barricate in Ticinese - le sue truppe assaltano anche il convento dei Capuccini facendo strage di frati e affamati... Saranno trecento i morti per le strade... Vengono arrestati pure i socialisti Carlo Rosmussi e Filippo Turati... Proprio dalla compagna del Turati nascerà il riscatto... La dottora dei poveri - femminista - rivoluzionaria - passionale nella vita privata e nell’azione politica - Anna Kuliscioff... Colei che giudicava riformista la battaglia per il diritto di voto alle donne - e combatteva piuttosto per raggiungere la parità dei diritti nel mondo del lavoro... Anna Kuliscioff continuò la sua lotta fino alla morte - spingendo in avanti di un secolo le rivendicazioni delle donne... Eppure - questa città - nemmeno l’otto di marzo se la ricorda - gli hanno intitolato una via nell’estrema periferia ovest e basta...
Altre luci con il secolo nuovo si accesero a Milano - venne costruita in piazza del Duomo la prima centrale elettrica - da qui la Montedison - le industrie meccaniche e della gomma - la Marelli a Sesto San Giovanni e la Pirelli alla Bicocca... E con le piene arrivarono altri affamati del pan de mèj... Qualcuno manco fosse l’America fece fortuna...
I fratelli Bocconi da Lodi - che pochi anni prima vendevano stracci alla fiera degli O’bej o’bej - costruirono i grandi magazzini accanto al sagrato - che poi diventeranno la Rinascente dannunziana - e ancora più tardi Ferdinando Bocconi - ormai mecenate - regalava alla città la famosa università di economia... L’ex martinitt Angelo Rizzoli rimetteva in funzione una piccola tipografia - iniziando la sua lunga attività imprenditoriale... Il Corriere della Sera già entrato nell’anima di tutti i milanesi - veniva aspramente criticato dal poeta dialettale Delio Tessa - che accusava il direttore Albertini per la sua politica redazionale filogovernativa... I tempi passano ma il corrierone resta uguale - mancano solo i poeti popolari e coraggiosi...
Com’era bella Milano allora - sembrava Venezia con i canali ovunque - i ponti e i barconi - le conche erano le antiche piazze del mercato - dove la gente s’incontrava - e dalle ringhiere scendevano le corde con le ceste della spesa - e si cantava e ci si conosceva come in paese - una città a dimensione umana... Però le stavano troppo stretti i tempi... La gente era slanciata verso il futuro anche nella creatività riottosa...
Al primo sciopero generale nazionale l’anarchico Galli viene freddato dalla madama in via Farini... I suoi funerali finiranno in una mischia tremenda contro la polizia... Il pittore Carrà ci ha lasciato un stupendo quadro su quei fatti - manifesto dinamico del futurismo - uno dei più importanti movimenti artistici di tutto il Novecento... Le società del mutuo soccorso si moltiplicavano - si susseguivano gli scioperi oceanici - e nelle elezioni del 1913 le sinistre conquisteranno in città cinque deputati su sei - Palazzo Marino sarà governato da Emilio Caldara - primo sindaco socialista di Milano - una figura illustre - ingiustamente dimenticata... E’ questa la Milano dei senza patria - del cuore in mano - della tolleranza - e del pan de méj per tutti!...
(la seconda e ultima parte di questo racconto sarà pubblicata domani)





Messaggi
1. > Il pan de mèj. Storie dalla Milano ribelle, 14 agosto 2005, 22:47
grazie per questo scritto! mi ha regalato una gradevolissima lettura. aspetto con curiosità il resto del racconto.ciao ester