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Il tycon filibustiere e La Repubblica

Publie le lunedì 8 agosto 2005 par Open-Publishing

In una lettera a La Repubblica :

http://www.repubblica.it/2005/h/sez...

berlusconi nega tutto ciò che sappiamo, cioè che ha usato lo Stato italiano, Parlamento, governo, risorse economiche, LIBERTA’ DI STAMPA, per i suoi interessi privati e finanziari.
Ecco la risposta del Direttore di Repubbica:

IL COMMENTO

Berlusconi e l’anomalia della destra italiana

di EZIO MAURO

Ma questa destra italiana è anomala oppure no rispetto ai canoni delle democrazie occidentali, e rispetto alle forze conservatrici della parte del mondo in cui noi viviamo? Io sono convinto di sì, e lo sono dal 1994, quando ho visto nascere con Forza Italia non il moderno partito conservatore europeo che il nostro Paese (abituato ad una destra reazionaria o dorotea) non aveva mai conosciuto, ma un’avventura a mio parere del tutto inedita nella geografia politica del nostro continente: riassunta fin dalle origini nel leaderismo carismatico di un populismo "rivoluzionario", costruito tecnicamente per la presa del potere e non per il governo del Paese, con la televisione a far da moderno balcone e la biografia del leader spacciata in campagna elettorale come un programma politico, un fotoromanzo collettivo, il sogno di una nazione.

]Pochi giorni fa, spiegando le ragioni non ideologiche, ma nell’interesse del Paese della nostra opposizione al governo Berlusconi e al suo progetto politico, indicavo i quattro elementi-cardine di questa anomalia occidentale incarnata a mio parere dalla destra italiana: la cultura populista, appunto, il monopolio dell’universo televisivo, il conflitto d’interessi e le leggi ad personam. Come si può facilmente capire, sono quattro elementi costitutivi di un potere improprio in ogni moderna società occidentale, e distorsivi di una corretta regola democratica.

Se non si vuole parlare di regime, ove queste quattro anomalie sussistano bisogna però convenire che la qualità della democrazia ne risulta fortemente impoverita. Questo mi è sempre sembrato il cuore del problema berlusconiano, in questo sventurato decennio, e questo Repubblica ha testimoniato, semplicemente, anche se spesso da sola. Un problema che non ha nulla di giacobino, com’è evidente, ma molto di liberale: se solo ci fossero liberali, in Italia.

Ieri Silvio Berlusconi ha scritto a Repubblica una lettera per contestare alla base questo mio ragionamento. La mia, secondo il Presidente del Consiglio, è un’ostilità di tipo personale, dunque illiberale, perché le quattro anomalie in realtà non sussistono

Per Berlusconi, come i lettori hanno avuto modo di leggere, il conflitto d’interessi è regolato da una legge "severa", che non ha riscontrato illegittimità in nessun atto del governo: dunque il conflitto non esiste. Non esiste nemmeno il monopolio televisivo: secondo il Cavaliere "basta guardare i telegiornali, compresi quelli di Mediaset" per scoprire che il Capo del governo è sottoposto a critiche e polemiche "più di ogni altro governo precedente". Non esistono poi le leggi ad personam, ma solo la necessità assoluta di "proteggere le più alte cariche istituzionali dall’azione penale durante il loro mandato", come avviene "in quasi tutti i Paesi europei". Quanto al populismo, per Berlusconi è solo un problema di linguaggio: l’intellighenzia nazionale "è distante anni luce dai problemi dei cittadini", come dimostrano le poche copie di giornali vendute in Italia, mentre il "parlare ai cittadini con un linguaggio semplice e comprensibile a tutti" è "l’essenza della democrazia". Questa è la sintesi dell’obiezione berlusconiana.

Poiché considero la discussione sull’anomalia della destra utile per il nostro Paese, provo a rispondere al Presidente del Consiglio sui quattro punti da lui contestati.

A mio giudizio, una delle caratteristiche di fondo della cultura populista è la negazione della realtà, non per puro spirito menzognero, ma per non intaccare con elementi concreti, reali, veritieri, quello specchio artefatto dentro il quale si svolge tutta la narrazione dell’epopea leaderistica, fatta di titanismi e anche di vittimismi, in una concezione eroica della storia che non prevede errori ma solo congiure interne e manovre esterne: da cui il Capo può uscire vincitore o anche vinto, o almeno ferito, ma sempre innocente o meglio ancora "intatto" nella purezza del suo progetto al servizio della nazione, e in ogni caso - ciò che politicamente più conta - privo di ogni responsabilità negativa.

Esattamente questo mi sembra l’impianto della lettera del Cavaliere. Il conflitto d’interessi non esiste perché una legge berlusconiana dice che non esiste. La tautologia è ideologia. Le proprietà private, personali di Silvio Berlusconi sono tutte ancora riconducibili direttamente alla sua persona, e sono così estese da incrociare ogni giorno - persino involontariamente - il percorso del governo. Tra questi interessi attivi e patenti, ne esistono alcuni particolarmente sensibili in una democrazia politica e in una democrazia economica. La televisione è il caso più clamoroso, e come ha scritto ieri Eugenio Scalfari la nomina del direttore generale Rai va ricondotta direttamente alla volontà e ai desideri del Cavaliere: mentre il nuovo presidente della televisione pubblica è stato nominato solo dopo aver fatto visita al premier nella sua abitazione privata. Ma a queste evidenze, gravi per qualsiasi democrazia, vorrei aggiungere una notazione psicologica.

L’ultima volta che ho incrociato Berlusconi in uno studio televisivo, sei anni fa, ho parlato del conflitto d’interessi. Immediatamente il Cavaliere si è voltato verso di me, e mi ha interrotto in diretta: "Ma lei - mi ha chiesto - è ancora lì con quella roba"? Ecco lo stato d’animo, l’atteggiamento psico-politico davanti ad un problema per Berlusconi eterno. Ma voi, pensa davvero il Premier ogni volta che qualcuno parla dei suoi interessi in conflitto, anche se siamo rimasti in pochi - siete ancora lì con quella roba? Quella "roba", a mio giudizio, è la precondizione di base per far politica correttamente.

Al conflitto si lega ovviamente e direttamente il monopolio televisivo. Le "mani pulite" che il Cavaliere rivendica nel merito delle scelte televisive, atteggiandosi anzi a vittima, sono sconcertanti alla fine di un quinquennio in cui sono stati epurati dal video (e in qualche caso su sua richiesta pubblica) Biagi, Santoro, Guzzanti (Sabina), Luttazzi, Paolo Rossi mentre personaggi organici alla destra politica come Del Noce, Ferrario, Masotti e Berti sono saliti al potere in Rai. Ma c’è molto di più. Il controllo di tre reti private per via proprietaria e di tre reti pubbliche per via politica significa la confisca del moderno agorà, lo spazio delicatissimo dove si svolge il moderno mercato del consenso. Che tutto ciò sia in mano di un solo soggetto politico, capo di un partito, della maggioranza parlamentare e del governo, altera di per sé questo mercato.

Le leggi ad personam - dobbiamo ancora vedere l’epilogo di quella fabbricata in questi giorni per Cesare Previti - sono un’altra alterazione, questa volta della regola base della democrazia, la separazione dei poteri. L’esecutivo attraverso il legislativo ha più volte, in questi anni, interferito con il giudiziario. Che poi alcune norme siano state inapplicabili o perché esistono ancora istituti di garanzia (la Corte, il Quirinale) o perché scritte male, come la legge sulle rogatorie, conferma soltanto che il diavolo è tradizionalmente più esperto in pentole che in coperchi. Ma Berlusconi sa che alcune prescrizioni a suo favore (come nel processo per falso in bilancio sul consolidato Fininvest) sono scattate grazie alle sue "riforme" legislative. E in ogni caso, proviamo a giudicare la questione da questo punto di vista: c’è un Paese dove il Capo del governo, imputato per reati gravissimi ma estranei alla politica, commessi secondo l’accusa prima di "scendere in campo", usa la maggioranza parlamentare per costruirsi uno scudo legislativo d’emergenza da usare nei processi in corso, immediatamente prima che i tribunali della repubblica si pronuncino con la sua assoluzione o la sua condanna. E’ un Paese normale, questo, oppure è anomalo per le abitudini dell’occidente?

L’anomalia, per concludere, non sussiste soltanto se accettiamo la cultura populista del decennio berlusconiano. In una concezione che io chiamo tecnicamente rivoluzionaria, il voto assegna un potere indiscusso e incontrollabile, una sorta di unzione, con la quale il popolo e il Capo entrano a far parte di un solo corpo mistico, mentre la nazione deve aderire a quel progetto politico come si accetta un destino. In questo schema, i controlli sono interferenze, gli istituti di garanzia sono intrusivi, la magistratura è un nemico, l’Europa è un inutile vincolo, la Costituzione è un vecchio libro ideologico. Persino i giornali, come rivela la lettera del Cavaliere, sono fastidiosi. Vendono poco? Ma perché il Capo del governo non si domanda come mai costino in Italia il doppio rispetto agli Stati Uniti, dove le aziende editoriali possono contare su un tetto alla pubblicità televisiva che in Italia (unico caso al mondo) raccoglie invece il 54 per cento del mercato totale, contro il 25-35 degli altri Paesi europei? Vendono magari poco (anche se seicentomila copie ogni giorno, per quanto ci riguarda, non sono poche) ma evidentemente danno fastidio, almeno alcuni, perché non sono controllabili come i telegiornali e i loro "panini".

Cosa concludere? Non so se il Cavaliere avesse retropensieri, chiedendo di aderire al "fondo" di De Benedetti. So che De Benedetti ha detto di no. E che Repubblica aveva già anticipato una cosa semplice: di non poter comunque cambiare giudizio sul berlusconismo, finché sussistono le quattro anomalie che rendono la nostra destra inaccettabile in Europa.

Come semplice cittadina, sono consapevole dello sfascio e del disastro che Berlusconi ha portato al Paese.L’anomalia italiana è che la TV pubblica risponde agli ordini di un pregiudicato e accetta di essere diretta da un" suo bravo",il dichiarato incompatibile Meocci
So che il fatto che le intercettazioni rivelino il suo piano d’impadronisi del Corriere (come del resto si è già impadronito della TV pubblica) è un’ulteriore ombra sulla libertà d’informazione già paralizzata in Italia.

Berlusconi ha annunciato gravissimi provvedimenti PENALI contro i giudici e contro i liberi giornalisti,pubblicamente,in Tv e nessuno fiata.

Berlusconi non accetta organi di garanzia sui suoi crimini contro l’Italia.

La corruzione è la norma.

L’ossessione di un avventuriero mafioso come Berlusconi,diventato capo del governo è farla dimenticare,questa corruzione e farla diventare legge. Per questo prepara nuove leggi contro la magistratura e la libera stampa.