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Intercettazioni, la vendetta del governo: tre anni di carcere per i giornalisti

Publie le venerdì 2 settembre 2005 par Open-Publishing

di red

Giornalisti in carcere. Non più di sei mesi per chi pubblica atti o documenti riservati, ma fino a tre anni per chi pubblica i testi delle intercettazioni telefoniche. Una legge ad hoc, forse addirittura un decreto legge, la vendetta della maggioranza dopo la pubblicazione delle conversazioni private che hanno reso pubblico l’affaire Antonveneta, travolgendo la Banca d’Italia e il suo numero uno Antonio Fazio. Una vendetta targata Lega, non a caso il partito più schierato a difesa del governatore, e firmata dal ministro della giustizia Roberto Castelli.

Il provvedimento modifica l’articolo 684 del codice penale che fin ad oggi prevede l’arresto fino a 30 giorni o l’ammenda da 51 a 258 euro per chi pubblica atti o documenti di cui sia vietata la pubblicazione. Introdotta ex novo la pena per chi pubblica le intercettazioni, finora inesistente.

La decisione definitiva è stata rinviata alla prossima riunione del consiglio dei ministri: «Venerdì penso che daremo alla luce il provvedimento», conferma Berlusconi, sottolineando come sia ancora da decidere se si tratterà di un «disegno di legge o di un decreto legge».

Insorgono le associazioni dei giornalisti. In attesa del via libera definitivo il segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Paolo Serventi Longhi, chiede al sindacato dei giornalisti di «discutere i contenuti e le possibili conseguenze di un ddl che, specie nella parte che riguarda le sanzioni per le violazioni del segreto nelle indagini giudiziarie, può ledere il diritto di cronaca e la libertà di informazione».

«È paradossale che i giornalisti rischino tre anni di carcere per dare delle notizie, e cioè per fare il loro mestiere», osserva il presidente nazionale dell’ ordine dei giornalisti Lorenzo Del Boca, sottolineando come «quando i fascicoli escono dall’ ufficio è perché qualcuno ha lasciato la porta aperta a bell’ apposta. Invocare la responsabilità del giornalista significa, come sempre, prendersela con l’ ultimo anello della catena, che è anche il più debole».

Dure critiche anche dall’opposizione. «L’uso del carcere per reati legati alla libertà di stampa è un fatto negativo in un paese civile - afferma il presidente Ds Massimo D’Alema - Visto che la divulgazione di carte coperte da segreto istruttorio è un reato - chiede D’Alema - perchè non si persegue? Oltre tutto sarebbero delle indagini facili, perchè spesso i responsabili possono essere pochi».

http://www.unita.it/index.asp?topic_tipo=&topic_id=44421

Ricordo che le manette ai giudici e ai giornalisti è sempre stato l’obiettivo primario del governo Berlusconi.
Dalle intercettazioni è risultato anche che tramite il palazzinaro Ricucci,ora indagato per agiotaggio,Berlusconi tenta la scalata al Corriere della Sera.
L’opinione pubblica non deve sapere nulla delle sue manovre,dei suoi illeciti.
Invece di affrontare il fenomeno della corruzione ,delle collusioni,delle truffe che sta investendo Bankitalia,il mafioso mette la mordacchia a giudici e giornalisti.
Per decreto legge:un’altra delle sue ignobili leggi a suo uso,contro la giustizia,contro la credibilità dell’Italia