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L’INUTILITA’ DELL’ANTIBERLUSCONISMO E LA NECESSITA’ DI UN ALTRO PERCORSO

Publie le lunedì 26 aprile 2010 par Open-Publishing
8 commenti

di Mauro Casadio*

Anticipiamo l’editoriale del numero di Contropiano in uscita nei prossimi giorni

All’indomani delle elezioni regionali la vittoria della destra (ottenuta nonostante una consistente perdita di voti), ha prodotto il grido d’allarme sulla democrazia. Non sono passate nemmeno tre settimane e, caso unico nella nostra storia dopo una vittoria elettorale, la destra entra in crisi con la spaccatura del PDL. Ma insomma questa destra, indubbiamente impresentabile nella sua immagine e identità, è veramente pericolosa o i nostri antiberlusconiani di sinistra non ci hanno capito niente?

Come Rete dei Comunisti, abbiamo sempre criticato un approccio che se negli anni ’90 poteva sembrare forse più convincente della nostra ipotesi, oggi mostra definitivamente la corda con la sua incapacità di interpretare i continui e sempre apparentemente inaspettati sviluppi: Ci riferiamo alla coazione a ripetere del meno peggio che, nella cultura della sinistra italiana, non riesce nemmeno per un momento ad oggettivarsi ed a coglierne i propri limiti.

Eppure non sarebbe troppo difficile, basterebbe riprendere i famosi attrezzi della nostra cassetta, (lasciati ad arrugginire) per trovare delle chiavi di lettura meno disperanti o volutamente disperanti, che i “dirigenti” politici ci ripropongono senza sosta. Basterebbe, infatti, usare la vecchia e cara analisi di classe per avvicinarsi a capire la natura effettiva dei governi della destra.

Se andiamo ad analizzare le caratteristiche del blocco sociale e politico che sostiene Berlusconi, quello che emerge è la sua contraddittorietà e la conseguente debolezza, debolezza evidente rispetto ai nodi strategici che pone il livello di sviluppo complessivo imposto nella competizione globale, il che mostra non una incapacità ma una impossibilità per la destra di definire una strategia adeguata per il nostro paese nel contesto della Unione Europea.

Questa impossibilità nasce dagli interessi contraddittori e dalle diverse visioni che questa alleanza eterogenea mostra al suo interno ed a cui la destra vorrebbe dare rappresentanza. Convivono infatti nella struttura politica del centrodestra - PDL, Lega e frattaglie varie - gli interessi della piccola impresa in crisi del nordest ed il voto operaio ancora più in crisi del nordovest (un dato che già era emerso nel 1994), le aree sviluppate del Nord con la questione meridionale, il produttivismo leghista con l’apparato statalista degli ex di AN, l’esaltazione delle leggi di mercato con la malavita organizzata, la Padania con l’Unità Nazionale, gli interessi del monopolista Berlusconi con gli ondivaghi sostegni della Confindustria. La lista potrebbe continuare a lungo se volessimo entrare ancora più nel merito.

Il centrodestra ha dunque un intoppo che gli viene dalle contraddizioni interne e che gli impedisce di essere progettuale, ovvero di ipotizzare un determinato sviluppo per il nostro paese e perseguirlo in modo forte e coerente. Ma ha anche un intoppo che gli viene dall’alto dei poteri forti europei con i quali Berlusconi è stato costretto a mediare e dai quali ottenere il qualche modo garanzie, un fatto questo dimostrato dalla posizione subalterno assunta da un noto e feroce antieuropeista come Tremonti. Costui è divenuto infatti il cane da guardia della stabilità monetaria europea – ancora meglio dello stesso Padoa Schioppa - tanto da far aumentare le difficoltà al suo schieramento politico con i continui tagli e contenimenti della spesa pubblica.

Ma allora come mai Berlusconi è cresciuto e si è rafforzato in questo quindicennio? La risposta è sotto gli occhi di tutti: grazie alle politiche dei governi di centrosinistra con i partiti della sinistra al proprio interno e subordinati. Questi infatti hanno distrutto, polverizzato e disperso quella che era la base sociale storica di una forte tradizione popolare e culturale di sinistra senza riuscire a mostrare uno straccio di alternativa. D’altra parte come si fa a chiedere il voto operaio al Nord quando la CGIL, che abbaia durante i governi di destra, accetta tutte le scelte antisociali dei governi di centro-sinistra? Come si fa a chiedere il voto al Sud quando l’unico modello di governance del meridione si è rivelato il “bassolinismo”? Come si fa ad essere credibili verso i settori produttivi moderni quando assistiamo a scene da basso impero alla regione Lazio e al comune di Bologna?

Tutto questo, e va ricordato bene, è accaduto sistematicamente in alleanza con i partiti di sinistra e con l’affermarsi di una cultura politica, diffusasi ampiamente anche nei suoi attivisti, che vede l’ombelico del mondo collocato nelle relazioni istituzionali tra partiti; cioè in quella ”politica” metafisica che ritiene secondari e strumentali quegli interessi sociali che hanno prodotto invece nei decenni passati la forza dei comunisti e del movimento di sinistra e democratico.

Se le cose stanno così - e stanno così perché il centrodestra è imploso proprio nel momento di maggior debolezza dell’opposizione - perché continuare ad agitare l’antiberlusconismo come se fosse la questione principale? Perché non porsi il problema delle caratteristiche del blocco sociale della destra e di come destrutturarlo con un adeguato intervento sociale oltre che politico? La risposta non può essere quella offerta ad esempio dal compagno Claudio Grassi e da settori del PRC quando la sera stessa dei risultati elettorali si sono affrettati a dichiarare morta ogni possibilità di indipendenza della sinistra alternativa dalla alleanza con il PD in quanto, se non ci si allea con il PD, non si prendono i rappresentanti istituzionali.

Le ipotesi prodotte, ad esempio da Grassi, da Vendola e da altri ancora, danno per scontato che in questo paese la sinistra, ed a maggior ragione i comunisti, non hanno alcuna possibilità di presenza politica indipendente, e lo pensano mentre continuano ad affermare esattamente il contrario, nè più nè meno come faceva Bertinotti con il suo “parlare a sinistra per andare a destra”. Così facendo commettono due gravi errori: il primo è pensare che il popolo comunista e della sinistra possa seguire all’infinito delle mistificazioni. Se è vero che sono stati ottenuti dei rappresentanti istituzionali alle regionali anche grazie ai meccanismi elettorali del maggioritario, è altrettanto vero che le due formazioni di sinistra hanno continuato drammaticamente a perdere voti, questa volta circa il 30% rispetto a solo dieci mesi fa.

Viene inoltre commesso un altro errore, forse più grave perché autolesionista, quando si pensa che la propria disponibilità ad allearsi con il PD rappresenti la propria salvezza. La vicenda Fini, in quanto riflesso delle contraddizioni strutturali della destra, cambia nettamente lo scenario politico italiano. Infatti la rottura di Fini con Berlusconi, quando si determinerà, provocherà una modifica sostanziale dell’opposizione che dovrà scalzare Berlusconi trovando il punto di equilibrio all’interno dei soggetti politici moderati e ultramoderati presenti nelle istituzioni. Questo equilibrio non potrà avere nulla a che vedere nè con la Federazione della Sinistra, (ipotizzare una falce e martello in quel tipo di alleanza con Fini, Casini, Montezemolo, Pisanu etc.è veramente difficile) nè con la velleità vendoliana di mettersi a capo della coalizione di centro sinistra doppiando così l’esperienza pugliese. Casini e tantomeno Fini e i loro azionisti di riferimento – per quanto oggi ancora ipotetico - non potrebbero accettare questo scenario.

Ritorna così sempre più forte la necessità della indipendenza politica della sinistra antagonista dal quadro istituzionale e dal PD, rispetto ai quali le politiche della rimozione, del pragmatismo velleitario, del tatticismo estremo mostrano ormai pubblicamente la corda. Indipendenza politica e organizzazione sono- a nostro avviso ovviamente- i riferimenti per la ripresa dei comunisti e della sinistra, ma sono anche passaggi ineludibili per una dialettica democratica che parta dai settori sociali che nel nostro paese vanno riconquistati alla solidarietà di classe.

Indipendenza ed organizzazione anche di fronte al fallimento della CGIL e non solo sul piano sindacale, ma di fronte alla sua ininfluenza politica e culturale rivelata con l’incapacità di contrastare tra i lavoratori del Nord l’ideologia reazionaria della Lega.

La Rete dei Comunisti su questo ha avanzato analisi e proposte, chiavi di lettura e elementi di programma che sono stati messi a disposizione di tutti i soggetti politici della sinistra antagonista o che si richiamano più esplicitamente all’esperienza comunista. Su questo intendiamo continuare ad agire e discutere nei prossimi mesi a tutti i livelli, consapevoli di non essere autosufficienti ma altrettanto consapevoli che non percorreremo la strade che hanno portato entrambi alla crisi.

* Rete dei Comunisti

Messaggi

  • Il successo del centrodestra nelle elezioni regionali, unanimemente annunciato da tutti i sondaggi, non è stato una sorpresa.

    Alla fine però il distacco finale tra PDL e PD è risultato superiore alle aspettative maturate negli ultimi giorni di campagna elettorale, quando il tono degli appelli aveva alimentato qualche illusoria speranza di una rimonta.

    L’eterno ritorno del Cavaliere segna una drastica semplificazione del sistema partitico, terremotato dalla già archiviata cancellazione parlamentare della sinistra comunista , socialista ed ecologista. Eppure c’è qualcosa di non pienamente soddisfacente nelle spiegazioni fornite anche in questa analisi di Contropiano a questa ormai consolidata svolta a destra del paese, contabilizzata dal voto politico prima e regionale poi ed ora apparentemente indebolita dall’offensiva finiana.

    Come spesso accade , le ragioni dell’esito elettorale vengono ricercate in fattori, episodi o vicende maturate nell’arco delle settimane o dei mesi immediatamente precedenti al voto . La disfatta del centro sinistra viene così ricondotta sia in primo luogo ai vecchi lasciti del governo Prodi, sia alla successiva sciagurata gestione Bersano-Dalemiana del neo-finto partito PD. La nausea verso i contorcimenti di una ex-maggioranza tanto rissosa quanto autolesionista si è sommata la disastro d’immagine dei roghi pestilenziali d’immondizia nella rossa Campania, alla maldestra gestione della vendita dell’Alitalia, all’inasprimento fiscale , al disprezzo montante verso i privilegi della casta politica, sia ora per l’aver presentato in alcune regioni personaggi "impresentabili" e rappresentativi di interessi particolari e non sepre cristallini, oltre ad aver dato l’impressione di un partito spaccato e a vocazione ormai centrista. Tutto vero ma forse non sufficiente.

    Non è sufficiente a spiegare il fatto che negli ultimi quindici anni, dal momento del suo ingresso in politica, la coalizione, di cui Silvio Berlusconi è stato catalizzatore e capo indiscusso, è stata costantemente maggioritaria nelle elezioni nazionali, anche quando accidentalmente ha vinto il centrosinistra.

    La sconfitta berlusconiana del 1996 , infatti, va imputata ad un temporaneo rigurgito secessionista della Lega , ben presto ternata all’ovile. Ancora più sorprendente il risultato del 2006, quando il Cavaliere ha ottenuto la maggioranza dei voti al Senato ed è andato sotto di un soffio alla Camera, nonostante il catastrofico bilancio del suo quinquennio di governo, con crescita economica nulla, voragini nei conti pubblici, tensioni sociali, leggi ad personam. Esistono allora cause più profonde del radicamento elettorale di un popolo che da quindici anni guarda con messianica fiducia alle mosse del profeta di Arcore, insensibile alle metamorfosi politiche e fisiognomiche del capo, a barzellette stantie, corna, lifting e trapianti di capelli.

    L’esperienza berlusconiana ha ridisegnato la geografia politica del nostro paese, ma da ben prima della discesa in campo – caso unico nella storia delle democrazie occidentali- ha contribuito anche a plasmare l’orizzonte di valori , i modelli culturali e simbolici di riferimento per larghe fasce della popolazione. Tra cui quelle più deboli socialmente , quelle che sarebbero poi diventate l’inossidabile base elettorale del progetto berlusconiano.

    L’impero mediatico del Cavaliere non rappresenta soltanto la manifestazione più eclatante di un conflitto d’interessi talmente esteso da passare paradossalmente inosservato, . Non si limita ad alimentare paure ed insicurezze collettive , facendo inesorabilmente ruotare il dibattito pubblico e l’agenda politica intorno a temi – la sicurezza, le tasse, l’immigrazione – che sono tradizionale patrimonio retorico della destra.

    Da quasi trent’anni la potenza doi fuoco delle televisioni berlusconiane ha costituito il più potente strumento di accellerazione di quella mutazione antropologica già descritta da Pasolini negli anni settanta : l’omogeneizzazione e la massificazione dei gusti intorno a modelli di consumismo edonistico , l’individualismo egoistico spacciato per modernità.

    In altri termini l’humus sociale del progetto politico del Cavaliere , che nei suoi stili comunicativi ne ha incarnato l’unica credibile sintesi populista, diventando così il naturale beneficiario del genocidio culturale in atto, per citare ancora Pasolini.

    Non averlo compreso, lasciando la questione del conflitto d’interessi e della concentrazione televisiva venisse trattato come un tema tra i tanti del confronto politico, piuttosto che come una questione cruciale per la qualità e per la stessa sopravvivenza della democrazia e del vivere civle, è forse la colpa principale che oggi si può imputare al centro sinistra sconfitto e alla sinistra antagonista sconfitta due volte.

    MaxVinella

    • Si continua nell’errore :

      "Esistono allora cause più profonde del radicamento elettorale di un popolo che da quindici anni guarda con messianica fiducia alle mosse del profeta di Arcore ... "

      La reale percentuale dei votanti per il Pdl è di circa un italiano su sei ... se poi ci aggiungiamo anche la Lega siamo appema al di sopra di un italiano su 5 ....

      Quindi, di che stiamo parlando ? Il "blocco sociale" del centrodestra sarebbe in crisi profonda ... il problema è che chi non vota più il centrodestra, quasi sempre si limita ad astenersi .... del resto dove sta un’alternativa seria e credibile ?

      Radisol

    • MaxVinella interviene con un commento che riprende il filo conduttore di altri suoi interessanti interventi , proposti nel tempo, su Bellaciao.
      Un tentativo egregio di spiegare i perchè di un dominio incontrastato o quasi del centrodestra a livello elettorale e non solo.

      In estrema sintesi riassumibile nell’imputare al centrosinistra tutto di non essere stato capace di intervenire su questioni fondamentali, conflitto di interesse, monopolio televisivo ed altro ancora.
      Cose su cui concordo, ma a cui aggiungerei il perchè di queste palesi incapacità del centrosinistra medesimo.

      Pechè se è vero che Berlusconi è un genio della politica populista e del controllo quasi totale dell’informazione, è vero anche che il centrosinistra ha favorito culturalmente l’analisi del centrodestra affidandosi a politiche liberiste spacciate come l’unica possibile soluzione.

      Anzi, quando elettoralmente il centrosinistra è riuscito ad ottenere risicate maggioranze, ha fatto da apripista culturale alle destre e alla rivincita di un Berlusconi dato ampiamente per bollito di fatto.

      Sull’immigrazione con la legge Turco-Napolitano, sui diritti civili con il negare i pacs poi trasformati in dico e poi diventati il nulla, sulle privatizzazioni con politiche di svendita del patrimonio collettivo ( l’acqua è solo un esempio, ma molto ma molto chiaro), sui diritti del lavoro con precarizzazioni e con lo svuotare le politiche sindacali facendole diventare principalmente patronali, sulle guerre con operazioni come quella in Jugoslavia e come quelle in Iraq e in Afghanistan, e si potrebbe continuare a lungo visto che gli esempi possibili da ricordare sono innumerevoli.
      Federalismo, leggi elettorali truffa, Tav, base di Vicenza, ecc.ecc.ecc.
      Tutti errori casuali?
      Non voluti, subiti, impossibili da evitare?
      A mio modesto avviso, la risposta possibile è una sola: NO.

      E come argomento a questo NO in maiuscolo, c’è il chiaro voler vedere la "svolta" culturale e politica in termini interclassisti operata dall’insieme del centrosinistra, che come riferimento privilegiato ha scelto banche , confindustria e classi medie.

      Perdendo credibilità ed orizzonti di trasformazione anche a livelli minimali.
      Poi come aggiunge anche MaxVinella il centrodestra ha saputo approfittare del sottovalutare conflitto d’interessi e concentrazioni televisive, ma il discorso, non cambia di un millimetro, e si ritorna a chiedersi se il tutto è casuale, e la risposta non può che essere la stessa, e su questo punto la sinistra o quella che dovrebbe essere la sinistra, non può continuare a menare il can per l’aia.
      A riproporre politiche da stampella abbinate all’azione delle tre scimmiette ( cieche , mute, sorde).

      Forse, forse, non è un "grande" il Berlusconi, ma son troppo impelagati i centrosinistri e rendono un grande il Berlusconi stesso, agli occhi di non pochi.
      E su questo, Contropiano e non solo, pongono il che fare, vista la situazione,vista la crisi economica gigantesca, visto anche il tentativo da parte di "autorevoli" esponenti del centrosinistra di sdoganare di fatto le peggiori destre.
      Napolitano firma il firmabile ed anche di più, Zingaretti prova a legittimare la Polverini sul palco del 25 aprile,, D’alema si alleerebbe volentieri anche con Fini, l’UDC è per loro un possibile partner, la "chiesa" ed il Vaticano non sono tema in discussione, cosa serve ancora?

      La sinistra di classe, pur debole e non esente da errori, deve trovare il coraggio di intraprendere la piena autonomia ed indipendenza politica, se vuole tornare ad essere credibile, riprendere il proprio riferimento di classe per riprendere sintonia con chi oggi vede i risultati catrastrofici delle politiche interclassiste.
      Non si tratta di capire se con il pd si prendono più o meno voti, più o meno consiglieri, ma di che farci con i possibili eletti, di che politiche sostenere, di chi rappresentare, di chi organizzare, di come e cosa proporre per affrontare le difficoltà di una società in cui chi soffre e chi subisce,è sempre numericamente maggioritario di fatto, ma incapace e non solo per propria sciocca volontà, di nuotare controcorrente.

      E per nuotare controcorrente non si può continuare ad aggrapparsi a salvagente targati centrosinistra che a dir poco non son assolutamente funzionanti, con questi salvagente l’asfissia per annegamento è a dir poco sicura.
      E Berlusconi e Bossi vedranno ancor più agevolata la loro nefasta opera reazionaria.

      Il partito di classe è quello che oggi di fatto ancora non c’è, ricostruirlo non vuol dire avere la risposta su tutto, ma non ricostruirlo vuol dire sostenere anche non volendo, politiche altre, ed il tema proposto con forza dalla Rete dei Comunisti,ha per quello che mi riguarda, l’indubbio merito di non continuare a prendersi in giro da soli.
      Vista la situazione dell’oggi, non mi sembra poco, anzi...........................
      Con buona pace dei tanti Grassi, pronti a riproporre l’insostenibile pur di salvare le proprie strategie, di cui è possibile vedere gli amari frutti odierni , e le tre scimmiette se la ridono di gusto.
      Speriamo per poco tempo ancora.

      Enrico Biso

    • Caro compagno Enrico, le tue tematiche sono sempre volte ad uno spirito critico costruttivo, anche Max dice cose esatte sul conflitto d’interesse, la deriva e l’inculturamento della società italiana,ma per una risposta è solo dalla lotta dal basso, dall’autorganizzazione dei lavoratori e dalle lavoratrici, disoccupati,pensionati, precari,dai migranti per il loro diritti.Si può pensare, e a volte riuscire di battere il centrodestra votando per Vendola o magari per Grillo, ma per vincere davvero occorre andare oltre le scorciatoie elettorali e l’illusione delle percentuali. Occorre lavorare ogni giorno per la ricomposizione del movimento dei lavoratori sulla base dei propri interessi immediati, dei propri diritti sempre contrapposti a quelli delle classi dirigenti nazionali e regionali. Questo è il nostro terreno per una sinistra anticapitalista nella lotta , nella costuzione fin da ora di una società autogestionaria.

    • Caro Nando, sugli obiettivi dell’azione politica e sulle finalità della lotta della sinistra siamo tutti d’accordo, non potrebbe essere diversamente.

      Il problema sono gli strumenti con cui portare avanti queste battaglie : noi usiamo ancora l’ascia di pietra ed il giavellotto, mentre i nostri avversari hanno la bomba atomica !!

      Noi siamo ancora legati ad un modo di fare politica che è quello degli anni ’50/’60 , quando si faceva volantinaggio davanti alle fabbriche, si tenevano i comizi nelle piazze centrali dei paesi, si facevano le assemblee nelle case del popolo e si attaccavano i manifesti sui muri delle periferie !!

      Era il modo di far politica del partitone "totem" , con una organizzazione capillare e diffusa , con un apparato iperefficiente, con una disciplina interna ferrea e con quel "centralismo democratico" che occultava il dissenso interno, facendoti apparire come un blocco monolitico, praticamente inespugnabile : eri una "chiesa" ed i nostri leader erano carismatici come il Papa !!

      Illudersi oggi di poter portare avanti delle lotte politiche con questi strumenti, significa negarsi in partenza ogni possibilità di trasporre, come si diceva un tempo, la teoria nella prassi : ti fanno passare, se ti vogliono bene, per simpatici ed un po’ nostalgici vetero-comunisti , molto folkloristici e da esibire nelle sagre paesane !!

      Torno sulla mia "fissa" : la televisione !! O si passa di lì o saremo destinati ad una rapida estinzione, citati nei libri di storia come un fenomeno minore e passeggero del secolo scorso, che non ha lasciato traccia negli assetti socio-economici dei secoli futuri !!

      MaxVinella

    • Magari il problema che abbiamo di fronte potesse essere confinato ai soli strumenti dell’informazione, devo ammettere che la cosa mi farebbe un gran piacere.
      Questo è un problema, non l’ultimo problema, ma un problema, eppure credo che ci troviamo di fronte anche a ben altro, che se non si risolve, porterà si all’estinzione.

      Gli strumenti non sono neutri e questo lo sappiamo bene, eppure credo che alcune volte non ne teniamo nel giusto conto.
      Gli strumenti quindi non possono che essere collettivi, e conseguentemente a questo potremmo trovare la soluzione che ricerchiamo.
      Anche perchè gli strumenti dell’oggi possono diventare obsoleti già nel prossimo futuro ed internet lo sta a dimostrare, anche se ancora agli albori.
      Non le case del popolo, non il partito di classe, ma il non essere convinti di lavorare per una possibile alternativa , hanno creato la possibile estinzione.
      Anzi, alcuni strumenti del passato andrebbero recuperati, con le dovute innovazioni legate alla attuale fase, e se la sinistra conseguente sapesse che farsene, certo la situazione non potrebbe che migliorare.

      In altre parole, e senza voler essere lungo e pedante, credo che questo centrosinistra se potesse usare gli strumenti dell’informazione, proporrebbe cose molto analoghe alle attuali destre, e se ciò è vero, non potrebbe che continuare a favorire le destre medesime.
      Come ben dice Nando, la partecipazione e l’autorganizzazione sono gli elementi in grado di rendere credibile la sinistra, ma se la sinistra scimmiotta la destra e propone cose analoghe, allora si che l’estinzione è assicurata.
      Alle contestazioni del 25 aprile il pd risponde con interrogazioni parlamentari, criminalizzazione del dissenso e richieste di intervento delle forze dell’ordine, questo centrosinistra anche se avesse in "mano" l’informazione , in cosa si distinguerebbe dalle destre?

      Una domanda a cui i precari , i disoccupati, i lavoratori e gli altri settori deboli della società attuale sanno ben rispondere, disertando le urne, cosa che è non salvifica, ma che dovrebbe chiarire bene il sentire diffuso.
      E non disertano le urne per le troppe case del popolo o perchè l’informazione è in mano a Berlusconi, ma perchè dopo anni di stampellaggio al centrosinistra, non ne possono veramente più.

      Ed io non mi sento di dargli torto, se la situazione rimane analoga all’attuale, al presente così poco promettente, e la televisione in questo, come scrivevo poco sopra , è un problema tra gli altri da dover affrontare.

      Enrico Biso

    • E’ chiaro che non basta avere a disposizione efficienti e efficaci strumenti di comunicazione, ma bisogna anche saperli usare e soprattutto avere delle idee da trasmettere !!

      Purtroppo alla sinistra è mancata la consapevolezza dell’importanza di questi strumenti e quando se ne accorta la società era già così profondamente cambiata, proprio per effetto dell’uso distorto di questi strumenti, che il proprio patrimonio di idee e di valori non aveva più presa, essendo stato surrogato da una sub-cultura televisiva basata solo sull’apparire e sull’edonismo individualista più sfrenato !!

      Recuperare questo svantaggio sembra a me un’impresa titanica, ma a cui tuttavia non bisogna rinunciare, gettando i semi, che magari germogliaranno tra un paio di secoli, per superare questo status quo.

      Il media giusto potrebbe essere appunto l’WEB, almeno fintanto che ce lo lasceranno usare liberamente.

      MaxVinella

    • La società è cambiata per motivi più seri di quello dell’avvento delle tv private ... che casomai sono un effetto e non la causa ...

      La fine della centralità della fabbrica, l’immigrazione come fenomeno di massa, la rottura della naturale solidarietà nei quartieri popolari - solidarietà che riguardava anche il sottoproletariato e la vecchia malavita - e qui la diffusione delle droghe pesanti da parte delle mafie legate al potere è stata una mossa decisivA - e per ultimo un certo consumismo che ha cominciato ad investire le classi popolari dopo i successi salariali degli anni settanta ....

      Insomma Berluskoni e le sue tv sono una conseguenza di ciò e non la causa scatenante, tanto più che il fenomeno è "globale" e non solo italiano.

      E vorrei ricordare che il "sinistrese" o il "sindacalese" imperavano ed erano altrettanto astrusi ed incomprensibili anche quando la sinistra era egemone nella società e mieteva i suoi maggiori successi di massa ...

      Una volta detto questo, sono d’accordo sull’importanza dell’utilizzo dei media ( tutti, non solo la tv) e su una comunicazione spesso incomprensibile pure "agli addetti al lavori", figuriamoci alla gente comune in carne ed ossa.

      Non confondiamo però il liguaggio tardo-sessantottino di certi comunicati di organizzazioni di classe come la Rete dei Comunisti ( oltretutto quello che apre questa discussione non mi sembra nemmeno tra i peggiori) che certo va corretto .... con i farfugliamenti incomprensibili del Pd ed anche di tanti leaders della fu "sinistra radicale" o dei sindacati/istituzione... in questi casi non è solo questione comunicativa, farfugliano soprattutto perchè non sanno cosa dire ....

      Raf