Home > L’acqua non è in vendita
“Nessuno ha venduto l’acqua pubblica”, ripeteva ossessivamente il Ministro per le Politiche Europee Ronchi, come se non avesse firmato lui l’orrendo decreto che stabiliva la vendita del bene più prezioso che un popolo possa avere, continuando a negare che ben il 51% della nostra acqua passava nella gestione dei privati con la conversione del suo decreto nella legge 166 del 16 novembre 2009, mentre non usciva una sola parola dal cosiddetto Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo e quella Lega che aveva fatto della difesa del territorio il suo principio elettorale fondamentale, ora sembrava in preda ad amnesia, troppo intenta in spartizioni di potere per ricordarsi proprio della tutela di quel territorio e dei diritti di chi lo abita.
Ma il comitato del No in poche settimane ha raccolto ben un milione e 400.000 firme, il risultato più ampio mai raggiunto nella storia.
Intanto lo stolido Pd reagiva fiaccamente, ancora una volta lontano dai bisogni e dalle necessità della gente, insieme ormai indistinto e amorfo connivente coi poteri forti delle multinazionali e del neoliberismo predatore, primo in Italia nella privatizzazione dell’acqua in Campania, nel Lazio, in Toscana, in Liguria coi suoi amministratori sciagurati che ormai non avevano più nulla di sinistra o di democrazia.
Fingevano, Bersani o d’Alema, di non vedere e di non sapere che ovunque l’acqua è stata privatizzata, è stato un macello, con aumento folle delle bollette e peggioramento della qualità e dell’erogazione, fino a veder colare dal rubinetto acque putride e colibatteriche, che costringevano la popolazione ad acquisti massicci di acque in bottiglia anche per cucinare (manna per i gruppi mafiosi o imprenditoriali italiani che detengono le nostre sorgenti a costi ridicoli, manna anche per i nuovi enti locali a cui il federalismo demaniale concede di vendere sin le sorgenti), acqua vendita nel mondo con ovunque risultati squallidi, nel malessere crescente delle popolazioni, fino a vere esplosioni di rivolta popolare, come a Cochabamba, con morti e feriti, che avevano costretto i governi a far tornare pubblica l’acqua. E così il processo era stato invertito persino a Parigi o in Olanda, perché lo capisce anche un idiota che se la gestione dell’acqua passa in mano a multinazionali private, svincolate da qualunque osservanza di controlli nazionali, il fine sarà quello di massimare i profitti e dunque elevare i costi, facendo scadere manutenzione e qualità, a danno dei cittadini.
Lo capirebbero tutti, anche i deficienti dello sciagurato PD, che la vendita dell’acqua è la punta di impestamento di un mercato neoliberista dissennato che si arricchisce sulla pelle della gente. Ma ormai le ideologie sono morte, le filosofie politiche sono inesistenti, e tutto si confonde in una pappa sciagurata di cricche di interessi personali e corrotti.
Ma prima Ronchi ha negato, poi Tremonti ha mentito, venendoci spudoratamente a raccontare che la svendita era voluta dall’Europa e che la raccolta di firme era illegittima. Tace il governo italiano quando la legge bavaglio con cui Berlusconi insulta verità e giustizia, per coprire i suoi cialtroni sgangherati, è rifiutata dal Governo Usa, dalla Corte Europea e perfino dall’ONU, ma Tremonti ha la faccia di attribuire all’UE la svendita dell’acqua e ci dice “Lo vuole l’Europa!”, lo sciagurato mentitore!
Il mondo di domani sarà un mondo povero d’acqua. L’Italia è il paese dalle mille sorgenti. L’acqua sarà domani come oggi è il petrolio, una ricchezza infinita. E di questa ricchezza di tutti questo Governo disgraziato e questa opposizione sciancata vogliono far preda per il profitto delle multinazionali e della criminalità organizzata. Si può penare a uno scempio maggiore?
Non svendere l’acqua si dovrebbe, ma piuttosto investire nel riparare il nostro acquedotto, che perde il 70% dell’acqua che trasporta o è inquinato da discariche putrescenti. Non svendere l’acqua si dovrebbe, ma spendere 60 MLD di euro per ammodernarlo, impresa che stava inutilmente al 2° punto del programma di Prodi e che per brevissimo periodo fu anche nell’agenda di Berlusconi, che l’abbandonò immediatamente dopo una inaugurazione plateale quanto di cattivo gusto in una Sicilia assetata dove troppi ricevono l’acqua solo poche ore la settimana e attorno all’acqua si muove il mondo del crimine mafioso.
Ma Tremonti dichiara: “Non legittimo il referendum contro l’acqua privatizzata. Ce lo chiede l’Europa!” Il referendum secondo lui non è valido. Secondo noi è Tremonti a non essere valido.
Messaggi
1. L’acqua non è in vendita, 23 luglio 2010, 18:45, di viviana
Referendum per l’acqua pubblica
Le stronzate di Tremonti
Beppe Grillo
Prima stronzata: “Il referendum è falso come contenuto ideologico, non è cristallino come l’acqua”
Seconda stronzata: L’acqua appartiene al popolo e dunque i presupposti su cui sono state raccolte oltre un milione di firme per i referendum abrogativo della legge sono "falsi”.
Terza stronzata: La direttiva è applicazione di un trattato. Sulla materia dei trattati non ci può essere referendum abrogativo.
Il referendum non ha alcun contenuto ideologico, ma soltanto sociale. La proprietà e la gestione dell’acqua devono rimanere in mano pubblica, non affidate alle multinazionali che operano esclusivamente a scopo di lucro assistite dai partiti. I trattati di cui ciancia Tremorti (quali trattati?) non hanno impedito al sindaco di Parigi, lo scorso gennaio di far tornare pubblica la gestione dell’acqua con un risparmio di decine di milioni di euro.
Il referendum si farà e gli italiani ritorneranno padroni dell’acqua, Tremorti e il comitato trasversale“Acqualiberatutti” Pdl/Pdmenoelle lo dicano ai loro referenti.
Giuseppe Marino
Sono un giornalista autore di un libro: “La casta dell’acqua” che racconta la situazione delle risorse idriche in Italia. Di come vengono gestite, purtroppo assai male, e di alcune vicende recenti ma che affondano le radici all’inizio degli anni 90 che hanno visto anche una larga partecipazione popolare, un grande interesse riguardo a questo tema che si è riacceso per la raccolta firme per il referendum per abolire il Decreto Ronchi che apre la gestione dell’acqua al mercato.
Mi sono interessato a questo.. perché l’acqua è prigioniera di molti luoghi comuni opachi, poi per le storie che ho incontrato.
Ho scoperto che ’acqua è prigioniera di una vera e propria casta che è politico – economica. l’Italia è l’unico paese in cui l’acqua è di dx o di sx. Le gestioni dell’acqua sono state riorganizzate a partire dal 1994 con la cosiddetta Legge Galli, il cui intento era di riordinare il settore, innanzitutto cercando di renderlo a gestione industriale, cercando di fare sì che la tariffa pagata dai cittadini ripagasse il consumo dell’acqua, gli investimenti, la sua gestione. Fino a quel momento la gestione era invece così detta in economia: i comuni provvedevano in proprio, con i propri mezzi, questo faceva sì che le risorse per realizzare nuovi acquedotti fossero molto scarse, bisognava richiedere continuamente fondi allo Stato e quindi tutto dipendeva ovviamente dalle volontà politiche del momento.
Alla fine del 1993, il parlamentare democristiano Galli, riesce a portare in porto questa riforma che diminuisce il numero delle società di gestione degli acquedotti che allora erano oltre le 10 mila a poco più di un centinaio, dividendo il territorio italiano in 91 circoscrizioni, ATO (ambiti territoriali ottimali), e in ognuna i comuni dovevano associarsi per controllare la gestione sotto un solo responsabile che facesse tutti gli investimenti necessari, e accorpando in un’unica gestione sia l’erogazione dell’acqua del rubinetto che la depurazione e la fognatura. Sembrò una rivoluzione ma fu subito tradita, perché questi ATO non vennero suddivisi in base a bacini idrografici. Se tutti beviamo dallo stesso fiume o dalla stessa fonte sarebbe logico che si mettano insieme tutti quelli che si approvvigionano a una stessa fonte con un unico gestore. Invece la suddivisione del territorio fu fatta secondo la logica amministrativa, secondo le province, ovvero i partiti. E furono i partiti a scegliere i gestori in casa propria.
Attorno all’acqua proliferarono poi decine di consigli di amministrazione, anch’essi politici, per cui controllati e controllori si identificavano in un gran conflitto di interessi. Il risultato era un aumento dei costi delle varie mangiatoie che fece salire le bollette in 10 anni più del doppio del tasso di inflazione, mentre gli investimenti si dimezzavano.
Ora il Decreto Ronchi intende mettere l’acqua sul mercato, e dunque in mano ad una maggiore partecipazione di aziende private. Ma nelle condizioni attuali, con le regole di adesso, i politici di adesso, la mancanza di autorità di controllo indipendenti e questi conflitti di interesse, la privatizzazione della gestione dell’acqua rischia di portarci a situazioni simili a quella delle autostrade o peggio, contro l’interesse dei cittadini.
Il referendum richiesto non solo vuole bloccare la svendita di un bene essenziale, ma punta a coinvolgere i cittadini nella gestione della loro acqua.
A Milano dove l’acqua è completamente pubblica c’è la bolletta più bassa d’Italia e anche le perdite dalle tubature più basse d’Italia.
Ad Agrigento, al contrario, c’è una società mista pubblico – privato che amplifica le situazioni di conflitti di interessi in assenza di regole e a Agrigento i cittadini hanno la bolletta più alta d’Italia, si va oltre 400 Euro l’anno e al contempo ricevono l’acqua in molti quartieri una volta ogni 15 giorni. Nelle case di Agrigento è comune vedere spazi occupati da grosse cisterne per fare scorta di acqua e poter sopperire a questa continua mancanza.
Colmo dei colmi nella zona di Agrigento negli ultimi anni è stata ceduta una fonte di acqua minerale, è stata data in concessione alla Nestlè, quindi gli agrigentini spendono un sacco di soldi per pagare la bolletta dell’acqua che non gli arriva, poi devono spendere un sacco di soldi per comprare l’acqua minerale e devono comprare l’acqua minerale che sgorga dal loro territorio pagandola alla Nestlè. Dopo il danno anche la beffa perché la Nestlè ha chiamato questa acqua con il nome di Santa Rosalia che è la santa di Palermo.
A Frosinone si è chiesto ai cittadini di pagare gli aumenti retroattivi, come a Torino dove sono state incluse in bolletta delle spese che non c’entrano niente, addirittura dei soldi per le Comunità Montane. Gestioni invece come è successo in Versilia dove ai cittadini è stato detto che siccome era calato il consumo, allora bisognava aumentare la bolletta, mentre invece uno dei motivi per cui si riforma anche la gestione dell’acqua è proprio di spingere a evitare gli sprechi. In quanto alla qualità dell’acqua che beviamo, ricordiamo che l’acqua del rubinetto è molto più controllata dell’acqua minerale che paradossalmente non ha controlli così stretti.
E’ paradossale che l’Italia sia il 3° consumatore al mondo di acqua minerale dopo Messico ed Emirati Arabi.
viviana