Home > L’assimilazione capitalista

L’assimilazione capitalista

Publie le lunedì 9 gennaio 2006 par Open-Publishing
7 commenti

Dazibao Partiti Viviana Vivarelli

di Viviana Vivarelli

Sulla deriva delle Coop emiliane ma non solo

Ricordiamo che da Marx potevano uscire 3 vie: socialismo rivoluzionario, socialdemocrazia e riformismo.

Scartato il 1° per ovvi disastri storici, restava la possibilita’ di muoversi all’interno delle istituzioni liberali, accettando, con forti limiti, l’economia di mercato.

Tendere al riformismo borghese, come hanno fatto D’Alema-Fassino, ha portato fatalmente a legami sempre piu’ stretti col capitalismo, rinnegando i principi fondamentali della sinistra. Alla fine il riformismo delineato dalla sua bicamerale ha finito per essere un clone del riformismo berlusconiano.

Dire sinistra oggi indica una galassia di posizioni che vanno dall’anarchismo e dai gruppi extraparlamentari alla socialdemocrazia e comprende anche i movimenti no global, ecologisti, costituzionalisti ecc.
Se i metodi sono diversi e possono anche non comprendere vie partitiche ma condotte esistenziali, resta pero’ centrale il lavoro, la giustizia sociale, l’aiuto ai deboli, il controllo e la riduzione delle forme capitalistiche esasperate.

La differenza basilare tra capitalismo e socialismo e’ che il capitalismo pone come centro il mercato, il socialismo il lavoro.

Il tradimento del duo D’Alema-Fassino sta qui. Aver distrutto il valore del lavoro per mirare ai valori del mercato.

La vicenda delle Coop e’ solo uno degli episodi di questa deviazione, che gia’ si era mostrata nella precarizzazione del lavoro, nella distruzione dello stato sociale, nell’avversione all’ampliamento dell’art. 18, nell’accordo contro gli scioperi durante il quinquennio di governo, nell’accettazione complice della Bolkestein (che spazzera’ via ogni sindacato o statuto del lavoro), nell’assenso alla pessima Costituzione europea, nel premierato forte della bicamerale, nei patti scellerati con Berlusconi (primo fra tutti il conflitto di interessi, che, volutamente, non e’ stato mai regolamentato), nella scelta di guerre di invasione contro la pace, addirittura nella banca armata (che ha fatto chiedere ai DS di potenziare le nostre spese militari!)..

Risulta ovvio da troppe posizioni che, se la ’questione morale’ era centrale per Berlinguer, oggi non lo e’ affatto per gli attuali dirigenti DS. Grazie a loro, la metamorfosi da partito socialista a partito capitalista e’ compiuta.

Ne e’ emblema una struttura cooperativa e solidaristica a scopi mutualistici trasformata in struttura capitalistica d’assalto a scopi speculativi, entro le regole lecite o illecite della peggiore avidita’ finanziaria, col compiaciuto assenso della segreteria di partito.
Dov’e’ finita quella societa’ piu’ giusta e solidale che il movimento cooperativo voleva costruire?

Che il popolo della Quercia scopra questo improvvisamente meraviglia per il suo ritardo, che alcuni non se ne rendando nemmeno conto prova la loro ignoranza, ma che monti si sentano traditi e’ naturale e fisiologico.
Vedere che un partito ideale, a cui si e’ dedicato la propria vita, fa di tutto per somigliare al craxismo o al forzismo o addirittura al movimento teocon americano (vd. la recente apertura del Riformista ai valori destrorsi della Chiesa di Ruini) significa soffrire la resa totale all’avversario per assimilazione.

Insomma i DS non solo non combattono piu’ il capitalismo estremo, non solo non cercano di moderarne i vizi peggiori, ma addirittura li sposano! E’ un po’ troppo per rivendicare pretese di superiorita’ morale!

Il risultato e’ Consorte, ma i prodromi sono Fassino e D’Alema.
Essi oggi ci dicono che "Non e’ immorale arricchirsi", "Un po’ di capitalismo e’ in ognuno" , "Con la globalizzazione dobbiamo convivere" o tentano di ridurre il danno morale della scalata bancaria alla condotta individuale di un Consorte, negando il marcio del partito, ma c’e’ invece chi quel marcio lo vede benissimo e se ne ritrae, perche’ e’ lo stesso identico marcio del capitalismo fuori controllo.

Per cui, o i DS riprendono il corso interrotto della loro missione storica, o non sono piu’ da annoverare nei partiti della sinistra italiana!

Mercato e lavoro non sono principi intercambiabili, sono principi opposti.

Il lavoro e’ etico e da’ all’uomo centralita’, valore e scopo. Il mercato non e’ etico ed e’ mirato solo all’arricchimento indiscriminato di pochi, considerando l’uomo una merce o un mezzo, una variabile secondaria e strumentale da non rispettare, priva di valore intrinseco. E cio’ e’ antiumano.

Oggi in Italia le strutture democratiche e l’equita’ sociale muoiono divorate da un idra che intreccia i peggiori industriali, finanzieri d’assalto, corrotti bancari, equivosi immobiliaristi, P2 e mafia. Che a questa feccia si unisca il favore interessato dei politici e’ cosa sciagurata, perche’ strutture e leggi saranno deformate allo scopo di procurare arricchimenti particolari contro ogni interesse pubblico.
E che a questo gioco partecipi anche parte della sinistra spaventa. Se anche coloro che sono stati eletti per difendere i lavoratori, i deboli, gli oppressi... passano dalla parte del capitale per difendere la propria avidita’ o il proprio potere, chi restera’ a difendere i cittadini?

Contro l’accumulazione capitalistica, occorre tornare a modelli come la socialdemocrazia svedese basata sulla redistribuzione fiscale e un forte welfare, che riportino la barra dello stato al suo compito primario, che e’ la cura e la tutela del bene di tutti.

Messaggi

  • Gentile Viviana Vivarelli, io ti approvo pienamente per QUASI tutto ciò che hai scritto nel tuo articolo, quasi perché non mi è piaciuto il tuo giudizio sul socialismo rivoluzionario (comunismo). Si può dire che questo non solo non si è mai realizzato (tranne una piccola forma durante il "governo" di Lenin nell’URSS), ma che è stato una stupida scusante per delle dittature infami, di gente che voleva solo sguazzare nella consapevolezza di avere del "potere". Quindi ti consiglio di non affrettare giudizi e penso sia sbagliata piùttosto la strada della socialdemocrazia, perché se ritieni che storicamente abbia fallito il comunismo, altrettanto lo si può dire del socialismo riformista, poiché alla fine la storia ha dimostrato che si è lasciata assorbire dal capitalismo, diventando un liberalismo che continua il lavoro sporco dei (neo)liberisti, con la differenza che esso dà alla gente una parvenza di ricchezza, dando loro in pasto delle illusioni in una maniera assolutamente rivoltante. Basta vedere perché cadde il governo Schroeder e cosa questi ha fatto per avere una sola briciola del nuovo governo della Merkel, Tony Blair che fa quello che si dice dalle mie parti il cioè il cane da compagnia di Bush, ovvero si è totalmente asservito a lui, basta guardare come i DS si sono ridotti, anche vedere che gente come Salvi e Mussi, che sta più a sinistra sempre al loro interno negare questo ultimo scandalo e anche la sua portata, e comunque stare in quel partito che appoggia la Bolkenstein e a tutto ciò che ci ha portato a questo squallido presente (appunto si pensi alla Bicamerale di D’Alema); vedere Occhetto, l’artefice di tutto questo sciogliendo il PCI, dire che Fassino e D’Alema (suoi "compagni") sono peggio di Craxi quando durante la sua segreteria il PCI si faceva finanziare da UNIPOL. Basta con la menzogna della socialdemocrazia e del postcomunismo!! Occhetto, D’Alema, Fassino, alla fine voi non vi differenziate se non nei metodi da Stalin, Ceauşescu, e quanti altri hanno sporcato una bellissima ideologia che porta all’emancipazione dell’umanità, ma alla fine avete fatto tutti la furbata di voler arrivare alla poltrona utilizzando tale ideologia perché tutti ci credono e vogliono vederla avverarsi! Io francamente sostengo che il comunismo sia qualcosa che nn si fa subito ma gradualmente e che non si può mai dire definitivamente compiuto, ma un cammino continuo verso la perfezione, in quanto si prende il difficile compito di liberare tutto il corso della storia fino alla fine e di trovarne la fine. Io mi ritrovo nel motto di Diliberto <>: ovvero essere di sinistra radicale (ma Prodi, Fassino e la sinistra "riformista" ci boicottano agli elettori dandoci degli estremisti e dei rivoluzionari) e comunisti, mantenere gli ideali di Marx, ma perseguirli attraverso l’attività parlamentare. Mi potresti dire "che scoperta dell’acqua calda", perché questa via ci è stata tracciata da Togliatti, Berlinguer, Longo, Gramsci. Ma questo è il bello, loro sono stati lungimiranti e noi dobbiamo perseguire secondo me questa strada perché la vicenda Unipol ci ha dimostrato che, non dovendo assolutamente votare a destra (perché ha causato i problemi che abbiamo oggi), non possiamo affatto affidarci a Fassino & Co. per i motivi di cui sopra ho accennato. Detto questo io vorrei chiederti di autocommentarti dandomi una risosta, per il semplice fatto che voglio confrontare le mie idee con le tue
    Un sostenitore del PdCI

    • Caro sostenitore del Pdci
      se vuoi, posso ripeterlo e ti puoi cercare con calma esempi all’uopo in qualche libro di geopolitica.
      Non mi pare, ma posso sbagliare, che dai socialismi rivoluzionari siano scaturiti dei paesi civili. So da me che ci sono socialismi riformisti che hanno solo portato a democrazia degenerate e denuncio lo stesso pericolo in Italia.
      Vedo pero’ che ci sono paesi come le democrazia nordiche che hanno realizzato socialdemocrazie perfettamente funzionanti e francamente vorrei anche in Italia qualcosa di simile.
      At capi’?
      viviana

    • Cara Viviana Vivarelli, se Ceauşescu, Stalin e compagnia danzante sono da considerarsi socialismi rivoluzionari, sicuramente sono da considerarli per come hanno preso il potere, ma poi dimmi cosa c’è di socialismo rivoluzionario nel come hanno "governato" dopo aver preso il potere, alla fine hanno usato una ideologia che a quel tempo era sulla cresta dell’onda (cioè il socialismo rivoluzionario preferito a quello riformista e poi ci sono stati gli "interventi" di una Urss che ormai non era quello che Lenin voleva che diventasse). Sulle socialdemocrazie nei paesi nordici, voglio ripetere un motto di quel santo del socialismo che era Palmiro Togliatti, "via nazionale al socialismo"....inoltre il termine con cui avevo descritto Blair come cane da compagnia di Bush (che ho cancellato senza accorgermi di come ho rovinato la proposizione) è "cacciottiello".... Tanti Saluti, sei una persona in gamba
      Un sostenitore del PdCI

  • http://bellaciao.org/it/art_se.php3?id_article=7090

    Fuori dallo stalinismo. Per il comunismo

    "Dimenticare Stalin", una tentazione sempre in agguato Ma, se vogliamo cambiare il mondo, ci è vietata la rimozione

    di Rina Gagliardi

    Nel 1967, l’agenzia Novosti diffuse in Italia una pubblicazione di esplicito taglio propagandistico, intitolata L’Unione Sovietica. Piccola enciclopedia: un volumetto "naturalmente" agiografico, colmo di cifre e percentuali sull’industria, l’agricoltura e, più in generale, i risultati di una società ormai avviata sulla strada "dell’edificazione del comunismo". La cosa più singolare di questo testo è che vi è completamente assente un nome: quello di Stalin. La storia dell’Urss - anzi della Russia - vi è ricostruita con una certa ampiezza (a partire dal V secolo a. C. da Vladimir Monomonaco a Pietro il Grande, da Mikhail Lomonosov, fondatore della prima università, fino alla nascita delle prime organizzazioni operaie), fino alla Rivoluzione d’Ottobre. Ma l’unica figura nominata è Lenin, poi dal 1917 si passa direttamente al XXtreesimo congresso del Pcus. Di Josif Vissarionovic Dzugasvili nessuna traccia, a nessun proposito.

    Una rimozione così clamorosa da apparire incredibile. Un esempio piuttosto goffo, si potrebbe aggiungere, di riscrittura della storia per cancellazione, tecnica assai sinistra di tipo staliniano (immortalata da Orwell nel suo cedlebre 1984). Essa ci fornisce, tuttavia, un interessante indizio di una tendenza diffusa, in diverse forme, ad est come ad ovest: dimenticare Stalin e lo stalinismo. Guardare a un intero periodo storico con la sensazione concentrata, e certo angosciata, di un’epoca "grande e terribile", nel corso della quale, come ebbe a scrivere lo storico americano Stephen Cohen, "una montagna di enormi realizzazioni" convisse con "una montagna di delitti inauditi". Ma fermarsi lì, appunto. Cercare soccorso nella categoria dell’ "incidente storico", sia pure di rilevanti dimensioni, ritornare al fatidico motto crociano dell’heri dicebamus. E soprattutto resistere all’interrogazione di fondo: quella sul perchè, e come è potuto accadere.

    La risposta "negazionista"

    Le radici della rimozione sono, dunque, molto chiare, e vanno al di là di ogni pur minuziosa, complessa e impegnativa indagine storica e politica. Se il più grande tentativo del XX secolo di cambiare una società nella direzione del socialismo è finito, come è finito, in una immane tragedia e in una feroce e sanguinaria dittatura, che cosa ci garantisce che non sia questo l’esito obbligato di ogni trasformazione rivoluzionaria? Come facciamo a restituire alle nostre parole-chiave - il socialismo, il comunismo - il senso loro proprio, quello di un grande progetto di liberazione delle donne e degli uomini, strappandole, con una sorta di violento strattone concettuale, valoriale e storico, dalle loro concrete realizzazioni su questa terra?

    A queste dure domande, come sappiamo bene, una parte ampia del movimento comunista (tutto il gruppo dirigente del Pci, per esempio) ha risposto dilatando oltre se stesso il processo di rimozione: decretando cioè che il "male" era tale fin nella sua radice e fin nelle sue premesse. E che il comunismo era, fin dall’inizio, "incompatibile" con la libertà delle persone. Un secolo e mezzo di storia veniva così derubricato ad errore (ad "illusione", ha detto Furet) e lo stesso Stalin, in un senso preciso, giustificato nelle sue nefandezze - in quanto unico interprete autorizzato, storicamente legittimato, di un movimento, quello comunista, per sua natura cieco e autoingannevole. Viceversa e parallelamente, il capitalismo (e la sua ideologia peculiare, il liberalismo nelle sue multiformi accezioni) venivano assunti come l’unico orizzonte possibile della storia e della società - giusto con qualche correzione, con qualche modesto intervento della politica. Notiamo, ancora, che questa immane "riconversione" politica e ideologica si è prodotta non alla metà dei ’50, quando cominciava a squarciarsi il velo sul periodo staliniano, e neppure alla fine dei ’60, nel corso della lunga agonia brezneviana, ma a ridosso della fine dell’Unione sovietica, ormai ridotta a fantasma di se stessa. Il Pci, insomma, fu in grado di superare il trauma del XX congresso e del rapporto Krusciov, in quanto portatore di un’esperienza propria, originale, relativamente autonoma dalla cultura politica dello stalinismo. Non sopravvisse, invece, alla caduta del muro di Berlino e all’ammainarsi della bandiera rossa dalle guglie del Cremlino, perchè aveva ormai smarrito la sua identità rivoluzionaria, la sua ragion d’essere. Anche questo è un dato rimasto quasi inspiegato, o poco riflettuto, nella discussione di questi anni.

    Lo stalinismo di Stalin

    Tocca, dunque interamente a noi - ai nuovi comunisti del XXI secolo, a tutti coloro che non rinunciano al progetto della "Grande Riforma" del mondo - il peso di un bilancio critico, il tentativo di una vera resa dei conti. Su Stalin, prima di tutto, e sullo "stalinismo di Stalin", non sono ammissibili giustificazionismi di alcun genere - soprattutto se si è interessati, come noi siamo vitalmente interessati, al futuro del socialismo. "Sotto la dittatura di Stalin" ha scritto Aldo Agosti "il processo rivoluzionario è stato deformato e stravolto al punto da rendere irriconoscibile il patrimonio di idee e di valori che era stato alla base della Rivoluzione d’Ottobre. Il danno arrecato all’immagine del socialismo, alla sua forza espansiva, al suo valore di alternativa storica per l’umanità, è stato incalcolabile". E’ vero: il tiranno georgiano ereditò, alla morte di Lenin, una sorta di missione impossibile. La rivoluzione europea, e soprattutto quella in Germania, erano state sconfitte, soffocate nel sangue: la giovane repubblica sovietica, dove Lenin aveva operato la sua "forzatura" rivoluzionaria sulla base della previsione di una catastrofe imminente del capitalismo e di un prolungamento indefinito del conflitto mondiale, si trovava sola - senza amici e senza alleati, circondata in compenso da nemici interni ed esterni. Uscita con successo da questa prova immane, essa imboccò la strada dell’industrializzazione accelerata, della collettivizzazione forzata dell’agricoltura, insomma del superamento dell’arretratezza economica: da "anello debole della catena" imperialista, la Russia diveniva la sede di elezione di un altro esperimento impossibile, la costruzione del socialismo "in un solo Paese".

    Lo strapotere del Partito

    Le radici di ciò che è stato chiamato stalinismo sono anzitutto qui, nel modello di sviluppo che ha prevalso dopo i grandi dibattiti degli anni ’20. In un gigantismo economico concentrato soprattutto sulla crescita quantitativa (l’acciaio, l’industria di base, l’energia), sull’ossessione, del resto conseguente, della pianificazione centralizzata (i piani quinquennali), su una modernizzazione che ha compromesso ogni rapporto equilibrato tra città e campagna.

    I risultati, ma soprattutto i costi pagati, per questa vera e propria "rivoluzione dall’alto", furono di enorme portata. Bastino per tutte le cifre del primo piano quinquennale,1929: prevedevano un incremento della produzione industriale del 180 per cento, dell’agricoltura del 55 per cento, del Pil del 103 per cento. Non furono raggiunte, se non in parte, ma restano un esempio di "titanismo" raramente raggiunto, in un lasso di tempo così breve. E bastino le cifre sommarie della drammatica guerra civile che si svolse, fino all’inizio degli anni 30, nelle campagne: oltre cinque milioni di contadini deportati, carestie, malattie, inurbamento forzoso. Mutavano radicalmente le basi strutturali dell’Urss e della Russia, avviata a diventare grande potenza economica mondiale. Ma i mutamenti epocali del sistema economico trascinarono quelli del sistema politico: il partito unico, nel corso di questo processo e di questa gigantesca repressione, diventò sempre più totalizzante, fino a coincidere completamente con lo Stato e con l’unica fonte del potere. Il Partito controllava tutto, dalle scelte economiche all’organizzazione della cultura, la vita politica del vertice come quella della base, la vita quotidiana e il destino dei singoli. Il Partito dettava i piani quinquennali, e costringeva il musicista Prokofiev a riscrivere la sua Katerina Ismailova secondo canoni più "popolari" e meno avanguardistici. Il Partito dirigeva un colossale sviluppo dell’istruzione, della sanità, dell’emancipazione della donna, ma tutto uniformava ai paradigmi del marxismo-leninismo, dottrina sistemica che avrebbe, per primo, fatto raggricciare Lenin, pensatore di straordinario acume pragmatico.

    Il Partito era il suo capo, Jozif Vissarionovic Dzugasvili detto Stalin, che trasformò tutte le indicazioni leniniane da proposte contingenti a dogmi ossificati, da "stato di necessità" a principi sempiterni. Con il Breve corso di storia del partito comunista bolscevico, manuale di formazione di base per almeno tre generazioni di comunisti, Stalin fece di se stesso anche un indiscutibile punto di riferimento teorico. Preludio agli eccidi degli anni ’30 (il misterioso caso Kirov, l’assassinio di Trotsky in Messico nel ’40) e alle grandi purghe del ’38, nel corso delle quali vennero assassinati tutti i grandi protagonisti, politici, intellettuali e militari della rivoluzione d’Ottobre, da Bucharin al generale Tukhacewski. Un numero esorbitante di comunisti fu costretto alla "confessione", alla tortura, all’umiliazione di sè, alla morte. E un numero incalcolabile di cittadini costretto ad una vita non degna di questo nome.

    Un’eredità drammatica

    Ma quanto ha pesato la cultura politica dello stalinismo nella storia dei comunisti del XX secolo? Ovviamente moltissimo. Come avrebbe potuto essere altrimenti? L’Unione sovietica è stata, giocoforza, per settant’anni, il riferimento dei comunisti (ma anche di molti socialisti, laburisti, democratici): era la prova concreta che sì, il capitalismo si poteva superarlo, e perfino con risultati di prima grandezza. E, con la vittoria di Stalingrado e il tributo di sangue e di sacrificio pagato alla lotta contro le armate tedesche, era anche e soprattutto il paese alla quale l’intero occidente doveva la propria salvezza dalla barbarie nazista. Quali altri modelli erano disponibili, riconoscibili, utilizzabili? C’era, sì, per fortuna, la via italiana al socialismo, con la quale Togliatti costruì un partito "nuovo", di massa, sostanzialmente diverso da quello sovietico. Ma neppure Togliatti potè superare l’idea di un campo socialista, rispetto al quale valeva una grande autonomia, ma la cui crescita, sia pure contraddittoria, restava, in quanto era la garanzia oggettiva della propria collocazione strategica: insomma, la prova provata del fatto che i comunisti, con tutti i loro distinguo e tutte le proprie specifiictà nazionali, stavano comunque dalla parte giusta della barricata della storia. C’era, sì, la Cina di Mao, che per molti anni sperimentò un diverso equilibrio tra industrializzazione e agricoltura - fino all’audacia della rivoluzione culturale che metteva in discussione la divisione sociale dei ruoli, il rapporto tra lavoro manuale e intellettuale, la centralità assoluta del "quartier generale". Ma era fisicamente e culturalmente lontana - e soprattutto non apparve mai come un’esperienza "vincente". C’era Cuba, sì, con la sua rivoluzione speciale e autoctona - ma che presto rientrò nell’orbita del sistema sovietico. Per tutte queste ragioni, e per molte altre, la cultura politica dello stalinismo è stata forte, invasiva, radicata.

    I tanti stalinismi

    La verità è che, forse, mentre lo "stalinismo" è un’astrazione difficile da motivare, al di fuori del contesto storico e politico in cui maturò, di "stalinismi", invece, ce ne stati (e ce ne sono) molti. C’è lo stalinismo di chi - come vaste masse di milioni di comunisti - ha ammirato incondizionatamente "quel meraviglioso" giorgiano, e non ha mai cessato di ammirarlo prima, e di pensarlo con nostalgia dopo. Un misto di amore per il leader forte - uomo, più o meno, della provvidenza - e per il leader potente, capace di rappresentare in sè tutte le speranze di riscatto dell’umanità subalterna e sofferente. C’è lo stalinismo dei "giustificazionisti", quelli che, seguendo pedissequamente i dettami crociani, giurano sul fatto che la storia non si fa con i "se", e dunque che tutto ciò che è reale è razionale - anche i gulag, le purghe e il terrore essendo un portato inevitabile della storia e della costruzione del socialismo.

    E c’è lo stalinismo come eredità, "metabolizzata" ma mai davvero messa in discussione, del fare politica: quella che attribuisce al potere, alla sua conquista e al suo mantenimento un ruolo così privilegiato, da considerare "minore", rispetto all’orizzonte del comunismo, la dimensione della trasformazione sociale, culturale, interpersonale. Non tutti i cultori del primato del potere politico, ovviamente, sono stalinisti. Così come, del resto, non tutti gli "statolatri" sono, al tempo stesso, fautori di una concezione brutale e autoritaria del ruolo dello Stato. Tuttavia, è proprio qui che si annida quella degenerazione che - nel regime staliniano - si fa errore sistematico ed orrore: è nell’assolutizzazione della sfera del potere, è nella separazione permanente tra fini e mezzi, tra il luogo unico della "coscienza" (il Partito) e dunque della verità, e i molti luoghi del disordine (la società), della parzialità, del non sapere. Sì, la nostra rivoluzione è tornata ad essere di pienissima attualità. Sarà bene, questa volta, vincerla davvero, nel politico e nel sociale. Senza partiti unici e senza depositari della coscienza esterna (esterna a chi?). Possibilmente, con le masse.

  • da J.R.

    Complimenti Viviana. Hai messo il dito (o tutta la mano) nella piaga.

    Ma allora restano da farsi 2 domande ?

    Perchè il PCI è diventato il DS Riformista di oggi ?
    A causa della "caduta del muro" ? A causa del fallimento dell’ URSS Comunista ?
    (ma qui concordo con il tuo interlocutore che in URSS non si è realizzato il comunismo e neppure in Cina, e neppure a Cuba, forse un po lo troviamo in sud-america).

    Se così fosse dobbiamo considerare la forte cecità dei ex dirigenti PCI (Occo in testa) che non solo non avevano una REALE visione di Comunismo (=comune, = condividere) ma una visione esclusivamente URSS-Comunista (dittatura di sinistra). Errore intepretativo storico enorme che ancor oggi si paga.
    (A propisito chi di noi vorrebbge vivere oggi in uno stato/dittatura URSS-Comunista ? Nessuno credo... e ciò conferma che in URSS non si è realizzato il comunismo ma una dittatura)

    Certo, il fallimento di ciò che (allora ?) si credeva essere il (solo possibile) Comunismo ha lasciato il vuoto nelle menti e nei piani "espansionistici" politici degli ex PCI.
    Ma ciò ha origine proprio in un’ idea esclusivamente "URSS" del possibile ... Comunismo.

    SE Comunismo è (dovrebbe essere) prima di tutto DIGNITA’ di e per ogni ESSERE UMANO (concordi ?) allora nè allora nè oggi i leaders comunisti hanno mai avute le idee chiare ....

    Cos’ altro restava da fare agli "espansionistici" dirigenti PCI per non perdersi nella soffitta della soria e della politica e ... che temevano , prima di tutto, di perdersi la base elettorale (i voti !!!!) e quindi il potere...da sempre agognato ...?
    Dar vita ad un modello occidentale di Vero Comunismo (o di vera SocialDemocrazia) ?
    Nooooo.... certamente nnnooooooooo....
    Vedi mai che proprio "noi" possiamo finalmente realizzare il "Sogno" ..????
    Nooooo ....

    Ai dirigenti Ds di oggi è rimasto solo e solo un "attributo" di allora : La voglia di potere !
    Allora finalizzato. Oggi fine a se stesso.
    In definitiva a "loro" non frega più di tanto della Gente di Sinistra, a loro interessa il potere. Una via vale l’ altra. Anche le "amicizie" particolari (con strani personaggi) vanno benissimo. Anche la trasformazione delle coop in imprese capitalistiche vanno benone. Anche le "scalate" concordate con il berlusco vanno benone !

    Se la mia diagnosi è giusta allora ne esce una seconda domanda ?

    Cosa si può fare oggi per dar vita ad un reale Comunismo (o come tu preferisci ad una reale SocialDemocrazia)
    Come far CAPIRE questa STRADA alle menti ottenebrate (e corrotttteee...) degli attuali dirigenti DS (e del Centro-Sinistra) ?

    Lascio a te l’ eventuale risposta.

    J.R.

    • Caro J.R
      Mi chiedi di fare un’analisi del marxismo e chiedi cosa e’ successo ai partiti della sinistra italiana, in particolare come ha potuto il successore del PCI degradarsi cosi’.
      Mi sono sempre rifiutata di fare analisi del comunismo e del suo decorso per molti motivi.
      Non ho mai letto tutta la letteratura in proposito. Lo stesso Marx resta in gran parte intonso e dovrebbe essere studiato molto meglio (lavoro enorme). Non conosco le situazioni geopolitiche che hanno determinato le storie dei vari paesi. So poco anche del comunismo italiano e dei suoi protagonismi in quanto mi occupo di politica solo da due anni, per cui lascio volentieri valutazioni piu’ profonde a chi ne sa piu’ di me.
      Di comunismi felicemente realizzati al momento non ne vedo. Di socialdemocrazie si’, ma ne so poco anche di queste e vorrei esserne illuminata, per capire cosa se ne potrebbe applicare all’Italia e chi vorrebbe farlo.
      Ho sempre pensato che una teoria comunista fosse inapplicabile, perche’ dopo una eventuale vittoria nazionale di una rivoluzione armata non vedo come questa possa evitare il riformarsi di nuove classi di oppressi e dunque: o diventa una rivoluzione armata permanente o si trasforma in dittatura e tutte e due le cose mi sembrano inquietanti.
      L’idea di una statalizzazione totale dei mezzi di produzione non mi pare al momento nemmeno concepibile. Putin si appropria degli idrocarburi: e’ questa l’idea odierna di una nazionalizzazione? E, se degeneriamo le costituzioni democratiche in premierati forti, vedi Ds o FI, questo e’ l’esito: qualcuno che fa affari in poprio. L’idea marxista del proletariato che si prende il potere e’ vecchia, non era praticabile all’inizio, figuriamoci ora (vedi Cina), adesso i governo non si vendono solo le risorse ma anche le utilities e i servizi e perfino le vite dei cittadini, ma non ho mai capito bene nemmeno la possibilita’ di un proletariato che prende il potere attraverso una nomenclatura la quale poi lo amministra per il bene di tutti, mi pare ovvio che quella diventi autoreferente e produca leader totalitari, staccandosi dalla sua base popolare mettendo fine a ogni ricambio (dittatura: Stalin-Putin-Fidel Castro-dirigenti cinesi).
      Insomma il comunismo praticato mi pare porti alla fine di ogni democrazia, mentre il problema oggi e’ vedere come si puo’ rovesciare la piramide dei regimi democratici attivando invece piu’ democrazia dal basso. La democrazia si salva attivando piu’ democrazia, non premierati forti.
      La teoria di Marx contiene due parti: una filosofia della storia che basa il gioco del potere sull’economia e vede con straordinaria lucidita’ i meccanismi economici presenti e futuri (cio’ che lo rende il filosofo piu’ famoso del mondo) e un afflato sociale che puo’ essere vissuto anche nell’ignoranza dei libri di Marx e che mi sembra stimabilissimo e mai perduto.
      Manca la fase intermedia: come realizzare in politica e mantenere quelle condizioni di vita che facciano evolvere un popolo e non lo portino alla sua distruzione, impedendo concentrazioni di potere in individui, gruppi, corporation, lobbies ecc.
      I Radicali dicono che si deve rendere questo neoliberismo ancora piu’ neoliberista e ora lo pretendono mettendosi pure a sinistra (assurdo?!). Non capisco nemmeno cosa cio’ significhi. Vogliono uno sfruttamento ancora piu’ efferato? Sperano che le leggi del mercato migliorino la concorrenza? E com’e’ possibile che il mercato sani se stesso aumentando la concorrenza, se le leggi le fanno i piu’ forti in modo coattivo? Non c’e’ un mercato che aumenta la concorrenza, ci sono poteri che dettano leggi al mercato!
      Basta vedere come si comportano UE e USA per il commercio di merci agricole o di allevamento. La libera concorrenza non esiste, altrimenti compremo tutti merci africane, i dazi impediscono all’Africa di esportare e basta.
      A Hong Kong per la concessione di un minimo di esportazione a certi paesi africani e chissa’ quando, UE e USA li hanno obbligati a vendere i loro servizi da subito.
      I radicali odiano i sindacati, le leggi a protezione del lavoro, gli statuti del lavoro.
      Si crede veramente che il mercato si autoregolera’ da solo? Ma se sta marciando verso la legge del piu’ forte? Questo mi sembra piu’ folle ancora che credere nell’applicazione dello schema marxista! Quello che e’ lampante e’ uno stato di lotta della giungla dove solo il leone impone quello che gli fa comodo e il leone non e’ piu’ nemmeno uno stato, ma una concentrazione azionaria di potere.
      E i radicali stanno a sinistra!??? Ma questa e’ la confusione dei linguaggi!
      E devo vedere i DS (altro pseudo-partito di sinistra!?) difendere la guerra, l’abbattimento degli statuti dei lavoratori, dello stato sociale, degli strumenti di democrazia rappresentativa, dei controlli dalla base, dei riscontri popolari e degli equioibri tra organi dello stato? ma cio’ e’ folle?
      Qui siamo alla Torre di Babele, alla confusione die linguaggi, e ognuno ha perso il senso di cio’ che dovrebbe essere e di cio’ che dovrebbe dire!?
      Siamo in una totale anomia, perdita di senso, che comporta lo scadimento di ogni identita’ e l atotale incoerenza tra predicato e azione.
      Caro J.R., mi chiedi quando e come cio’ e’ avvenuto.
      Immagino che, una volta acclarato che il messaggio di Marx non era praticabile (una gran botta puo’ essere stata il disfacimento dell’URSS e la caduta del muro di Berlino), occorrevano uomini vigorosi anche idealmente per sognare un messaggio nuovo, soprattutto vie nuove per realizzarlo.
      Questi uomini non ci sono stati. L’afflato sociale di Marx si e’ perduto, hanno vinto le ideologie forti (neoliberismo) quelle che conseguono utili piu’ che ideali. Si e’ determinata una lenta deriva che ha prodotto esseri come D’Alema, intrinsecamente non piu’ di sinistra o il suo succube minoritario Fassino. Conseguenti le svolte affaristiche e non piu’ solidali delle coop emiliane, come altre cose. La contaminazione ha fatto perdere di vista la matrice. Insomma chi e’ idealmente debole si accoda al forte di turno. La struttura verticistica e non democratica dei partiti ha fatto il resto.
      La parte sociale del messaggio di Marx e’ stato ripresa, ma fuori dai partiti e dai parlamenti, e i no global ne sono gli eredi, ma essi sono pacifisti e non possono riprendere il sogno di una rivolta armata, tentano di combattere il mercato nel luogo che compete al consumatore: la scelte dei consumi, la sobrieta’, l’informazione, il boicottaggio..
      Buona cosa, ma da un po’ di tempo ho l’impressione che il movimento si sia arrestato, abbia perso l’entusiasmo iniziale, non si stia piu’ espandendo, stia diventando un insieme di accoliti autoreferenti che non incidono piu’ in modo progressivo sul mercato, se mai lo hanno fatto.
      Vedo pero’ che grandi passi avanti si stanno facendo da parte dei governi in Sudamerica e grandi movimenti sono in Africa. Forse l’Europa e’ ormai un continente morto. Forse la rivincita del mondo nuovo riprendera’ partendo proprio dalle energie giovani del Terzo Mondo.
      C’e’ anche l’India all’orizzonte che sta aumentando rapidamente le sue prospettive.
      vedo poca demcorazia in india e non n evedo affatto ovviamente in Cina. Ma ipotizzo che la storia del mondo stia uscendo dai bineri europei e, spero, statunitensi e che nuovi continenti scriveranno la storia futura.
      Oggi il neoliberismo e’ la filosofia economica prevalente ma non e’ una teoria legittima. Ma on posso pensare che si debba seguire una pura imposizione della forza.
      Che stia portando alla fine del pianeta e’ innegabile. Che sia contro l’uomo, pure. Per cui posso solo pensare a come metterlo entro confini e regole. Non e’ proprio accettabile che poche corporation intendano porsi come oligarchia assoluta contro tutti, usando i governi come esecutori della loro avidita’.
      In quanto filosofia politica, il neoliberismo neocon essendo rivolto alla concentrazione di potere e ricchezza nelle mani di pochi con conseguente regresso di tutti gli altri, e’ minato eticamente alla base e va solo combattuto, come strategia di pura forza contro ogni legittimita’ sociale. Combatterlo, oggi, pero’ non e’ piu’ possibile con rivolte di popoli armati. I governi nazionali non contano piu’ nulla e sono solo al loro servizio. Messi come siamo, la grande svolta puo’ apparire solo se e quando New York sara’ distrutta.
      Le cose sono andate troppo avanti per sperare nell’avvento di un presidente americano democratico illuminato, un Gorbaciov americano e’ impensabile. Lo stesso governo degli Stati uniti ormai non e’ piu’ che il braccio esecutivo di un potere che sta nei grandi gruppi economici e il presidente e’ scelto da questi. Essi dominano il mondo mediante persone di cui non conosciamo nemmeno il nome e che siedono alla Banca Mondiale o nel WTO e che se ne sbattono delle leggi nazionali, degli accordi internazionali, dei partiti e di noi, mentre sono in grado di coartare i governi nazionali. E’ con questi poteri sovranazionali che ormai abbiamo a che fare e il marxismo con essi non saprei proprio come applicarlo.
      E’ vero che in questi ultimi tempi hanno preso qualche scopola e non sono piu’ forti come prima, ma basta vedere l’UE e le sue scelte per capire che anche i governi sovranazionali sono nel loro libro paga e queste anonime forze sono in grado di imporre qualsiasi cosa, la Bolkestein come la distruzione degli statuti dei lavoratori, come la degenerazione delle costituzioni nazionali, i dikltat americano o europeo all’agricoltura o all’allevamento, l’imposizione di dazi alle merci africane come dell’obbligo agli stati africani di vendere i servizi alle corporation, l’apertura agli OGM, i patti di guerra ecc.
      Insomma Marx e’ del tutto obsoleto, non e’ ne’ un pericolo ne’ una soluzione, non si puo’ fare la rivolta armata contro le multinazionali e quando sento i gruppi estremi del comunismo italiano delirare mi viene da piangere perche’ sono fuori dalla storia e vaneggiano di realta’ fantasmatiche.
      Puo’ darsi che certi nostri politici di sinistra abbiano visto questo molto prima di noi e abbiano messo Marx in soffitta insieme alle costituzioni democratiche, senza dircelo ovviamente, insomma si sono piegati al potere del piu’ forte e punto (lobbies dei farmaci, delle armi, degli idrocarburi ecc.). Quando sento i DS dire che la loro banca e’ armata e che pertanto si deve ammodernare l’esercito e spendere di piu’ in armi, non e’ Marx che sento o un qualche valore di sinistra, ma il comando di una lobbies della guerra, e ne consegue il Kosovo come l’Irak come ogni guerra futura.
      Il silenzio di temi di sinistra nei DS e’ assordante, sia a livello europeo sia nazionale quando dovevano spiegarci a cosa serviva la Bolkestein o la Costituzione europea e perche’ alcuni stati europei l’hanno rifiutata e i media di sinistra sono stati i piu’ penosi in questo silenzio. Oggi piu’ che rivelare si nasconde o di distorce e, se un giornale si rifiuta, si caccia o si compra il suo direttore. Il piano massone di B e’ il totale acquisto di ogni giornale o tv. E i DS non lo hanno impedito. Nessun giornale oggi scrive su quali sono le vere cause economico-politiche dell’innegabile peggioramento del mondo. Oggi la Monsanto o la lobbies delle armi o degli idrocarburi sono piu’ forti di Bush. E le varie chiese partecipano a questa spoliazione decentrando l’attenzione su elementi marginali dell’etica sessuale in un modo a dir poco ossesso e diabolico.
      Non mi si tiri fuori balle come il neoliberismo progressista che rende il mondo meno povero, il mercato libero, la libera concorrenza che porta progresso, la democrazia esportata e simili!
      Un mercato non e’ libero se chi si impone con le armi detta l’economia di tutti, la libera concorrenza non solo non esiste ma non e’ nemmeno tentata, ma anzi con dazi e imposizioni economiche una ristretta oligarchia detta leggi economiche al mondo, progresso non ce n’e’ perche’ siamo in una serie di guerre infinite, il pianeta ecologicamente muore, la depauperizzazione avanza e le democrazie occidentali degenerano. Non so dove stiano i vantaggi a livello globale.
      Beh a questo punto non so che dire. nessuno dei partiti italiani mi illunina su questo, forse Rifondazione lo fa, ma nessuno sa dirmi cosa fare. Ognuno tende a salvare una propria oasi di potere personale concentrandosi su piccole vittorie personali, quando la lotta ormai e’ planetaria. La piccolezza di vedute, di temi, di argomenti e di prospettive della partitocrazia italiana e’ desolante. Oggi si parla solo delle intercettazioni di Fassino..., domani ci scanneremo sulla legge dei Pacs o sui consultori...basta questo... Fuori di queste minutaglie locali il mondo muore e noi con esso.
      viviana

    • Da J.R.

      Cara Viviana, vedo che le tensioni che hai nel cuore sono del tutto simili alle mie.
      Mi trovo a condividere una certa "idea" del comunismo secondo Marx dove , ancora una volta, pochi avevano accentrato potere e risorse in nome e per conto dei molti.
      Ma Comunismo (qui in maiuscolo) non è e non può essere marxismo.
      Comunismo è "Mettere in Comune" . E’ condividere. E’ democrazia parteciapata diffusa che nasce (radici) dal basso (Popolo). E’ Dignità per ogni essere. E’ Incontro (e non competizione, invidia, ipocrisia, etc)
      Comunismo è simile a Comunione .... (che non è un copyright di una certa chiesa di roma).
      Comunismo è localismo o se preferisci Glocalismo (in contrapposizione a globalizzazione o centralizzazione).
      Comunismo è Rispetto per gli altri, per la Natura (che oggi viene travisata e deformata con il termine Ambiente o peggio come risorse ambientali), per le varie forme di vita.
      Comunismo è la possibilità di Stare Insieme (essere società) attraverso la Co-parteciapazione attiva (collaborativa) (in contapposizione alle logica di ogni forma di contapposizione, di scontro, di guerra, anche tra i singoli individui).
      Comunismo è Società dove gli individui hanno Pari Diritti e Doveri nel rispetto delle loro differenze. E’ Società dove i Bisogni primari sono soddisfatti per Tutti.
      Comunismo è Lavoro per tutti senza sfruttamento (o arrichimento) ma inteso come partecipazione al miglioramento dell’ esistenza di Tutti (produrre beni e non merci).

      Tutto ciò è mai stato realizzato , o può essere realizzato, compiutamente e stabilmente ?
      Tutto ciò è solo utopia e "sogno" impossibile ?
      Tutto ciò E’ o non è ciò che NOI vogliamo ? E’ il Nostro Nuovo Mondo Possibile ?

      Personalmente sento nel profondo di me stesso una certa "certezza" che non è (solo) utopia.
      Questo è e resta il solo Mondo in cui vorrei vivere.
      Ma se da questo mio sentire cerco una "strada" per dar vita reale al (mio) sentire allora , molto spesso, sento una sorta di smarrimento, una sorta di solitudine ... data dal sentore che ciò che vedo attorno a me va in tutt’ altra direzione.
      Non ti sto parlando di politica e di politici. Non ti sto parlando di Grande Finanza Pduista. Bensì ti parlo della gente, del Popolo. Vedo persone smarrite nel più stupido consumismo. Persone che lavorano per possedere denaro. Persone che sostituiscono/confondono il (loro) rapporto con la Realtà in/con realtà illusorie e virtuali senza che neppure lontanamente passi per i loro pensieri il minimo dubbio sulle possibili alternative di vita.

      Vedo , anche, anzi spesso, Gente di Sinistra (anche Gente dei Movimenti) che se vuol bersi una birra NON la chiamano semplicemente birra ma con il nome del produttore/marca....
      Vedo Gente di Sinistra che ammira automobili che mai il loro reddito potrà permettere di avere.
      Vedo Gente di Sinistra che sogna le ferie in lontani e fantastici mari tropicali (nei pollai - villaggi vacanza) .
      Vedo Gente di Sinistra che non si perde mai l’ ultimo film holivudiano (che sono sempre senza veri contenuti)
      Vedo Gente di Sinistra... che ormai è a sinistra solo idealmente ma che nella realtà di tutti i giorni vive e si comporta e pensa (e consuma) esattamente come la gente "non" di sinistra.

      Cara Viviana , ciò che MANCA è la CONAPEVOLEZZA di POPOLO e non solo il "vertice".
      E’ proprio perchè manca la Base che il "vertice" fa ciò che vuole (=cura solo i propri interessi personali e di potere).
      Pare che il popolo si sia smarrito. Che sia caduto e smarrito nell’ incantesimo. Che ormai sia stato "globalizzato".

      Ma ...

      Ma se si cerca altrove forse si possono ancora trovare (nuovi) semi e nuove speranza, nuove strade al Comunismo.
      Se si guarda al Sud-America si vedono già realizzate e in via di realizzazione Nuove Speranze.

      Sto parlando di quei Popoli che hanno DECISO di prendere in mano la loro VITA.
      Sto parlando di quei Popoli che hanno dato vita a forme di Vera Democrazia e di Autogestione.
      Sto parlando di quei Popoli che stanno, OGGI, già realizzando e vivendo in prima persona il Comunismo vero.

      Allora mi dico che (forse), anche qui, non tutto è perduto.
      Mi dico che l’ Utopia, il Sogno non sono solo sentire interiore ma bensì possibile Realtà Esistente.

      Abbiamo l’ ESEMPIO che si PUO’ fare qualcosa.

      Lo si può fare attraverso la politica ? Personalmente, ma vedo che tu condividi, sappiamo che i vari leaders , oggi, sono solo più "estensioni" di altri poteri mondiali.

      Cosa si può fare allora ?

      Lo si può fare attraverso NUOVE ISOLE AUTONOME di Società Locali (che collaborino tra di loro)
      Con NUOVE piccole ed Autonome Economie Locali estranee (il più possibile) dalle dipendenze e regole (imposte) dell’ economia globalizzata, competitiva, capitalistica.

      Lo si può fare se , anche QUI, si da vita ad un Movimento (o meglio a Movimenti) non solo di teorica Resistenza ma ancor più se improntate e tendenti alla REALIZZAZIONE PRATICA di NUOVE REALTA’.

      Lo si può fare QUI , imparando da chi già ci precede.

      Lo si può fare QUI unendo (mettere in comune) il nostro pensare in questa NUOVA direzione (Pensare per FARE) (Pensare cosa FARE) (Pensare come FARE)

      Lo si può fare QUI unendo (mettere in comune) il nostro lavoro (FARE) in tale NUOVA direzione.

      J.R.