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La Consob, la Bnl, i "prodotti finanziari munnezza" e i "derivati"

Publie le martedì 11 maggio 2010 par Open-Publishing
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Un film che…… NON AVREMMO VOLUTO VEDERE MAI!
…..ma che sapevamo essere da tempo in programmazione!

Senza alcuna pietà “il Sole 24 Ore” sbatte la BNL a pagina 4, assieme ad Unicredit, Banca Intesa Sanpaolo, MPS e Banca Popolare di Verona, titolando che “nel mirino della Consob finiscono cinque big del Credito che secondo l’autorità “avrebbero fatto prevalere il budget sugli interessi dei clienti”.

E’ brutto ma doveroso ricordare che…. “noi lo avevamo detto!”.

E’ brutto ma inevitabile ricordare che la Falcri ha scritto fiumi
d’inchiostro sulle pressioni commerciali oltre a denunciare modalità di costruzione dei budget inaccettabili ed indiscutibilmente pericolose!

Adesso che la Consob ha accertato, anche per la BNL, che “le politiche commerciali adottate per la selezione dell’offerta di servizi ai clienti e le politiche di incentivazione del personale sono risultate in larga parte imperniate su logiche di prodotto anziché di servizio reso nell’interesse della clientela”, non possiamo che rattristarci/arrabbiarci, da un lato e dall’altro pretendere che qualcuno finalmente risponda e si assuma le proprie responsabilità!

A che servono, davanti a questo malcostume, le direttive della Mifid se poi la madre di tutte le direttive “servire al meglio gli interessi dei clienti” viene calpestata nel nome del budget da raggiungere?

Inoltre non si tratta solo di un sistema “dannoso” per la clientela, ma anche per i dipendenti/clienti. Infatti le politiche aziendali delle banche sopra elencate si sono “abbattute” anche sulle agevolazioni per i dipendenti, sulle modalità di erogazione del salario (in percentuale sempre più legato ai budget di vario tipo), ecc…

La Falcri ritiene che sia arrivato il momento di mettere in discussione un modello che porta inevitabilmente a queste “distorsioni” e che ha convinto la Consob a tenere un atteggiamento diverso da quello tenuto nel passato, decidendo di mettere in piazza i nomi degli Istituti coinvolti!

Dice “il Sole 24 Ore” che “per il momento tutte le banche coinvolte hanno evitato commenti” e che attraverso la Consob si viene a sapere che “gli Istituti hanno già intrapreso iniziative volte a colmare la carenze riscontrate”.

Purtroppo le cattive notizie non arrivano mai da sole e così si viene a conoscenza che la Commissione di Vigilanza ha reso nota un’ulteriore iniziativa “preventiva” nei confronti della BNL e di Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo (Gruppo Intesa Sanpaolo) per come le due banche stanno gestendo i derivati fuori mercato collocati agli enti locali.

Come Sindacato chiediamo alla Direzione della BNL maggiori informazioni circa quanto sta accadendo, poiché crediamo che oltre ad essere giusto rappresenti un diritto per chi lavora.

Roma, 10 maggio 2010

Segreteria dell’ODC FALCRI BNL


Nel mirino della Consob cinque big del credito

di Riccardo Sabbatini

Le esigenze dei budget aziendali hanno prevalso sugli interessi dei clienti e la Consob chiede alle prime cinque banche italiane di convocare i propri Cda per rivedere le procedure di vendita dei servizi finanziari. È la clamorosa iniziativa resa nota ieri dall’autorità di vigilanza nei confronti di UniCredit Banca, Intesa Sanpaolo, Mps, Banca Popolare di Verona e Bnl. I cinque istituti, sommati assieme, dispongono di una rete di oltre 15mila sportelli sui circa 34mila dell’intero sistema creditizio. Rappresentano, insomma, oltre la metà del mercato. Ebbene, nella sua attività di vigilanza la Consob ha accertato che le politiche commerciali adottate dalle cinque banche per la selezione dell’offerta di servizi ai clienti e le politiche di incentivazione del personale «sono risultate in larga parte imperniate su logiche di prodotto (quantitativi di prodotti da vendere, di norma di raccolta propria o del gruppo) anziché di servizio reso nell’interesse della clientela». Tutto questo, a giudizio della commissione, «non è idoneo a contenere i potenziali conflitti d’interesse tra banca e cliente» poiché il personale «può essere indotto a collocare i prodotti, spesso quelli sviluppati dalla casa, secondo criteri a budget, indipendentemente dall’adeguatezza degli investimenti per la clientela».

In sostanza non sarebbe stato rispettato uno dei caposaldi della direttiva Mifid sui servizi d’investimento che impone agli intermediari di «servire al meglio gli interessi dei clienti». Come aveva fatto in precedenza sugli stessi temi nei confronti della Banca Popolare di Milano, di Banca Generali e Banca Network, la Consob non ha avviato un iter sanzionatorio ma ha preferito utilizzare gli strumenti di vigilanza preventiva previsti da Testo unico della Finanza che gli consentono di convocare gli organi amministrativi delle società per modifica pratiche considerate pregiudizievoli per gli investitori. La novità sta, piuttosto, nella scelta di indicare i nomi degli istituti oggetto dell’iniziativa. In precedenza la Consob aveva preferito invece mantenere coperta l’identità delle società oggetto delle sue reprimende (peraltro successivamente "scoperte" dalla stampa) per evitare una sorta di sanzione reputazionale.

Il tema è delicato. Ciò che la Consob considera un potenziale conflitto d’interesse tra banca e cliente potrebbe essere anche considerato il normale incontro tra domanda ed offerta di prodotti (o servizi) finanziari. Con la sua iniziativa l’autorità di vigilanza sottolinea il fatto che i clienti rappresentano comunque il "soggetto debole" del contratto e che il principio della Mifid (a servirli al meglio) è «prioritario». Più in dettaglio la commissione ha riscontrato che, nel promuovere la vendita di determinati prodotti, la verifica della "adeguatezza" «è risultata talvolta disattivata attraverso il ricorso ad una presunta "iniziativa del cliente" difficile da dimostrare specie in presenza di una campagna "direzionale"». Anche in questo caso c’è una problematica che va chiarita. L’intermediario che consiglia un prodotto ad un cliente – stabilisce la Mifid – deve dimostrare che questo fa al caso suo, è cioè "adeguato". Ma niente può essergli rimproverato se è invece il cliente ad agire su sua iniziativa. La Consob ha poi rilevato che in alcuni casi i prodotti collocati non erano risultati congruenti con la durata dell’investimento connesso alla tipologia del cliente.

Per il momento tutte le banche coinvolte hanno evitato commenti. La Consob ha comunque fatto presente che gli istituti «hanno già intrapreso iniziative volte a colmare le carenze riscontrate».
La commissione di vigilanza ha ieri reso nota anche un’altra iniziativa "preventiva" rivolta alla Bnl e Banca Infrastrutture, Innovazione e sviluppo (gruppo Intesa Sanpaolo) per come le due banche stanno gestendo i derivati fuori mercato (otc, over the counter) collocati agli enti locali. In coerenza con la comunicazione della stessa Consob sugli strumenti "illiquidi" (come sono i derivati otc) gli intermediari devono sottoporre a «sistematico scrutinio» le posizioni aperte e «proporre, nell’interesse dei clienti, anche eventuali interventi di ristrutturazione delle operazioni». Ciò che, evidentemente, non è sempre avvenuto.

4 Maggio 2010 Il Sole24Ore

Messaggi

  • I derivati sono la Grecia dei comuni

    7.5.10 da bluerating.com

    Al via ieri il processo sui derivati di Milano sotto gli occhi della stampa internazionale. E’ la prima volta che quattro grandi banche sono chiamate a rendere conto della vendita di contratti swap agli enti locali. Il pm Robledo: "Se il derivato è usato in modo scorretto può accadere quello che sta succedendo alla Grecia".

    C’era tutta la stampa internazionale ieri al Palazzo di Giustizia di Milano per assistere alla prima udienza del processo penale sui derivati di Milano. Quella di ieri è stato un appuntamento tecnico e organizzativo ma la portata simbolica dell’evento non è passata inosservata: per la prima volta nella storia, quattro grandi banche internazionali sono state chiamate a rendere conto della vendita di strumenti derivati agli enti locali.

    Sul banco degli imputati, ieri, c’erano Jp Morgan, Ubs, Deutsche Bank e Depfa Bank, e 13 persone fisiche per contratti swap stipulati con il Comune tra il 2005 e il 2007 sottostanti bond per 1,68 miliardi di euro. In base alla ricostruzione dell’accusa, il Comune sarebbe stato raggirato da banche, funzionari e tecnici comunali per permettere agli istituti di credito di incassare un profitto illecito di 100 milioni di euro, pari al "buco" lasciato alle casse dell’amministrazione. Il pm Alfredo Robledo, titolare dell’inchiesta, ha spiegato il senso del procedimento: "Le banche fanno il loro lavoro, che è creare profitto. E il contratto derivato può essere utile ma va usato nel modo corretto altrimenti può accadere quello che sta succedendo in Grecia, che è sotto agli occhi di tutti". Per questo, ha aggiunto, "serve una regolamentazione".

    Il giudice della quarta sezione Carmen D’Elia ha accolto le richieste di costituzione di parte civile di Palazzo Marino, rappresentato sul fronte civile dall’avvocato Giuseppe Lombardi e sul fronte penale dall’avvocato Carlo Grosso. Il dibattimento è cominciato e subito è slittato al 19 maggio perché riassegnato per motivi di calendario al giudice Oscar Magi, presidente della quarta sezione.

    Le indagini del pm Alfredo Robledo, avviate su esposto del consigliere comunale Pd Davide Corritore (ex ad di Deutsche Bank sgr), hanno fatto da apripista per varie altre indagini sui derivati. Lo stesso Robledo sta attualmente esaminando i contratti di prestiti obbligazionari emessi dalla Regione Lombardia e dalla Regione Liguria e ha poi girato un fascicolo alla procura di Bari su un bond emesso dalla Regione Puglia.

    • Al Comune di Roma bocca cucita sui derivati : perchè?

      Federconsumatori Nazionale ed Antigene (Associazione Nazionale dipendenti e utenti delle Autonomie Locali e Regioni) hanno convocato una conferenza stampa congiunta oggi Lunedì 17 maggio 2010 alle ore 12.00 presso la sede della Federconsumatori Nazionale, in Via Palestro 11 a Roma.

      Oggetto della conferenza stampa sono stati i contratti derivati del Comune di Roma: i rappresentanti delle Associazioni hanno illustrato alla stampa gli esiti delle loro richieste di accesso agli atti relativi a tali contratti, richieste ad oggi incomprensibilmente non riscontrate dall’Ente.

      Nell’occasione è stato distribuito ai giornalisti apposito comunicato congiunto delle nostre Associazioni e sono intervenuti legali esperti della materia con i quali si è approfondito il tema dei rischi del ricorso alla finanza derivata da parte degli Enti territoriali.

      Sono state altresì illustrate le iniziative che le nostre Associazioni intraprenderanno ove perdurasse l’immotivato silenzio del Comune di Roma sui contratti swap da esso sottoscritti.

      Federconsumatori - Antigene

      Comunicato congiunto al link :

      http://www.antigene.org/images/stories/allegati/antigene_conferenza_stampa_17_05_2010.pdf

    • Comunicato-stampa su Comune di Roma e "derivati"

      Nel corso della Conferenza stampa convocata lunedì 17 maggio u.s. dall’associazione Nazionale Antigene di concerto con la Federconsumatori è emerso con dovizia di particolari un quadro molto preoccupante dell’enorme debito del Comune di Roma ed in particolare sulla rinegoziazione del debito “storico” e sugli ulteriori debiti assunti con gli strumenti derivati dal 2003 al 2008.

      I derivati stipulati dal sindaco Walter Veltroni e dall’assessore Marco Causi, ammontano a ben 6 miliardi 951 mila euro. I relativi interessi sono ammontati, per il 2008 a 467 milioni di euro, per il 2009 a 633 milioni di euro, e per il 2010 ammonteranno a ben 689 milioni di euro; insomma il contributo del Governo Nazionale che avrebbe dovuto consentire di risanare il debito del Comune di Roma, non basta neanche a pagare gli interessi per quest’anno !!!

      I cittadini che pagano il conto delle Pubbliche Amministrazioni, in termini di aumento di tariffe, riduzione di servizi ed infrastrutture, hanno il diritto di sapere, in base alle norme sulla trasparenza dell’attività amministrativa e sull’accessibilità agli atti delle Amministrazioni, quanto, per che cosa e chi stanno pagando, se i contratti sono stati stipulati con la dovuta perizia e la necessaria cautela, oppure, se sono riscontrabili errori e manchevolezze, a chi ne debba essere attribuita la responsabilità in termini economici oltre che politici.

      E’ dunque assai grave che il Comune di Roma abbia sinora opposto un sostanziale silenzio di tomba alla richiesta di accesso agli atti relativi ai contratti swap presentata congiuntamente nell’ottobre del 2009 da Federconsumatori Nazionale e dall’Associazione Antigene.

      Su questo tema, centrale per il presente ed il destino futuro della nostra città, stupisce il silenzio della stampa, degli altri organi di informazione e soprattutto della stessa opposizione, alla quale in una democrazia viene riconosciuto e attribuito un fondamentale compito di controllo e verifica.

      Siamo convinti che solo una conoscenza partecipata ed approfondita sullo stato dell’indebitamento “storico” può concorrere a trovare, nella trasparenza, soluzioni maggiormente motivate, efficaci e condivise, atte a salvaguardare il prezioso ed immenso patrimonio pubblico che la Capitale ha il dovere di tramandare integro e disponibile alle future generazioni.

      Per queste ragioni la Rete Romana di Mutuo Soccorso condivide e fa proprie le preoccupazioni e la denuncia formulate dalla Federconsumatori Nazionale e dall’Associazione Antigene e la richiesta che il Comune di Roma garantisca loro l’immediato accesso agli atti.

      Qualora ciò non dovesse accadere, la Rete Romana di Mutuo Soccorso valuterà le forme ed i modi con cui sostenere le iniziative conseguenti che le due Associazioni di Utenti e Consumatori decideranno di assumere per conoscere quello che in altri Comuni di questo paese è ordinariamente di dominio pubblico.

      Roma, 21/05/2010

      Rete Romana di Mutuo Soccorso

    • LA CONSOB “PRESSA” UNICREDIT SUI BUDGET

      Chiediamo all’Azienda di dirci “da che parte sta” sulla materia delle pressioni commerciali

      Nei giorni scorsi la Consob ha ordinato a 5 grandi banche, tra cui UniCredit, di convocare i propri Consigli di Amministrazione per deliberare “i criteri di definizione delle politiche commerciali alla luce del dovere di assicurare la cura dell’interesse della clientela e di contenere e gestire i conflitti d’interesse; le modalità di prestazione dei servizi e di valutazione”.

      L’iniziativa, da quanto si è appreso, è stata assunta a seguito di una serie di accertamenti ispettivi durante i quali la Consob avrebbe riscontrato la presenza di “campagne commerciali aventi ad oggetto specifiche categorie di prodotti finanziari con l’obiettivo di sostenerne la vendita e di favorire il raggiungimento degli specifici obiettivi di budget”.
      Un’importante associazione nazionale per i diritti dei consumatori ha commentato così: “In altre parole, la Consob ha accertato quello che anche i muri sapevano: se vai in banca a chiedere un consiglio su come investire i tuoi soldi, ti rifilano i prodotti finanziari che devono vendere in base ai budget imposti dall’azienda”.

      Negli anni, la Falcri ha più volte e in più sedi segnalato e stigmatizzato il sistema diffuso delle pressioni commerciali presente nel Gruppo UniCredit, ricevendo tempo per tempo dall’Azienda rassicurazioni che non hanno però prodotto atti concreti:
      le Lavoratrici ed i Lavoratori hanno dovuto continuare a confrontarsi con budget orientati più a far conto economico che a soddisfare le esigenze della clientela;
      le riunioni, le telefonate, le mail di incitamento a spingere commercialmente per produrre volumi e ricavi sono rimasti prassi quotidiana in tante, troppe realtà.
      Questa è la nostra impressione, confermata continuamente dalle Colleghe e dai Colleghi che incontriamo ogni giorno nella nostra attività, anche se da parte dell’Azienda ci è sempre pervenuta, una secca smentita allorché facevamo presente la situazione, attribuendo i fatti da noi segnalati ad eventuali sporadiche iniziative di singoli.

      Ora, anche alla luce dei rilievi mossi dalla Consob, che confermano la situazione più volte criticata dalla Falcri, chiediamo all’Azienda di darci con chiarezza delle risposte chiare e circostanziate a due interrogativi che crediamo debbano essere urgentemente sciolti:
      si vuol prendere definitivamente atto che le pressioni commerciali non appartengono al patrimonio delle “buone pratiche” da utilizzare nella relazione con la clientela, assumendo azioni conseguenti, finalizzate alla loro eliminazione?
      qualora si sia effettivamente trattato di un insieme di azioni individuali assunte per “troppo zelo” da parte di singoli
      Responsabili ai vari livelli, quali azioni concrete intende intraprendere l’Azienda per prendere le distanze da tali comportamenti e quali interventi intende conseguentemente assumere affinché si diffonda una diversa e più virtuosa prassi commerciale e una diversa e più autentica cultura del lavoro?

      Si tratta di interrogativi apparentemente semplici, ai quali tuttavia non siamo mai riusciti sino ad oggi ad avere una precisa risposta.

      L’attendiamo. La attendono soprattutto le Lavoratrici ed i Lavoratori di UniCredit.

      21 maggio 2010 Falcri Gruppo UniCredit