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La Fiom di traverso a Monti

par Adriana Pollice

Publie le lunedì 21 novembre 2011 par Adriana Pollice - Open-Publishing
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«Il pensiero di non dover più vedere Berlusconi la mattina certo ti fa svegliare più contento ma resta il
problema di come usciremo dalla crisi». Per il segretario Fiom, Maurizio Landini, le politiche post Silvio sono
un tema tutt’altro che risolto. Ieri a Napoli la Conferenza nazionale sul Mezzogiorno organizzata dai
metalmeccanici Cgil si è svolta su un doppio binario: da una parte le proposte di sviluppo elaborate dal
sindacato, dall’altra le ricette abbozzate da Mario Monti per ottenere la fiducia alle camere, un film già
visto. Se nella prima sessione è stato il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, a ribadire il suo scetticismo
verso il nuovo esecutivo ‐ «Non sono fiducioso, non penso sia un governo tecnico, ma formato da persone
con competenza tecnica, che ha messo la finanza, le banche e il capitale al centro della sua azione politica» ‐
nel pomeriggio i timori sono stati rilanciati dal governatore della Puglia, Nichi Vendola, e dallo stesso
Landini.

Si comincia con l’articolo 8, assolutamente da cancellare: «Quell’articolo, voluto dalla Fiat ‐ spiega ‐
introduce per la prima volta in Italia la possibilità per le imprese di non applicare i contratti, di derogare alle
leggi e di violare le libertà sindacali». Da gennaio il modello Pomigliano sarà il paradigma per tutti i 72 mila
dipendenti: «Si è cominciato dal sud perché le condizioni difficili hanno reso più semplice la forzatura». E
poi la patrimoniale, che per ora non c’è: «Un nuovo intervento sulle pensioni o sui diritti non ci fa uscire
dalla crisi ma aggrava solo la distribuzione ineguale dei redditi. Vanno invece colpiti i privilegi, penso al
fondo dei dirigenti di impresa, che nel 2010 pesa per 4 milioni di euro sugli altri fondi».

Deluso anche
Vendola: «L’abito buono, decoroso di questo esecutivo non basta senza un cambiamento reale». Al primo
punto liberare gli investimenti dal vincolo del patto di stabilità e poi riportare a un livello accettabile le
risorse ordinarie al meridione: «I governi Berlusconi hanno usato la finanza straordinaria del Sud come il
loro personale salvadanaio da cui attingere per dare qualunque risposta a qualunque problema, incluse le
clientele della Lega». A Vendola non piace neppure la reintroduzione dell’Ici, «un pannicello caldo che
rischia di diventare un’ingiustizia». Immaginare una crescita sostenibile su ambiente e diritti, altrimenti
«diventa moderno lo schiavismo e arretrata la democrazia». A mettere sul tavolo un po’ di dati ci hanno
pensato il presidente dello Svimez, Adriano Giannola, e la segretaria confederale Cgil, Serena Sorrentino.

A
Giannola il compito di ricordare che dal 1992 c’è stato un taglio progressivo dei trasferimenti al Sud che ha
eroso gli stessi diritti. Pericolosa anche la lettura di un Nord ricco come la Baviera e di un meridione
arretrato, visto che le sacche di arretratezza sono diffuse in tutto lo stivale a macchia di leopardo. È Serena
Sorrentino a bocciare le proposte di un mercato duale del lavoro che stanno riprendendo quota: «L’Ires ci
dice che è già così, il 76% di contratti precari ha sostituito le forme stabili, soprattutto al sud. Il paese così
non cresce, anche perché le mafie fatturano 150 miliardi di utili, 60 miliardi vale la corruzione, 33 il lavoro
illegale e sommerso, mentre sono 43 i miliardi dirottati dai fondi Fas verso il nord». La ricetta per uscire
dalla crisi la detta Massimo Brancato, responsabile politiche del Mezzogiorno Fiom: ricerca e innovazione,
attività a più alto contenuto di lavoro, sostenibili sul piano ambientale; aumento della dimensione media
delle imprese con filiere produttive; investimenti nelle infrastrutture. Niente opere pubbliche faraoniche ma
«messa in sicurezza del territorio, rafforzamento del trasporto su ferro e delle linee marittime,
riqualificazione degli edifici scolastici, diffusione della banda larga».

E i soldi per farlo? Patrimoniale, lotta
all’evasione e ai paradisi fiscali, tagli alla spesa improduttiva e militare, fondi Fas. Nei prossimi mesi si aprirà
un contenzioso forte con la Fiat, sullo sfondo le elezioni: «I lavoratori non faranno sconti a chi si limiterà a
ratificare la volontà della Bce».

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