Home > La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo
La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo
Publie le domenica 27 febbraio 2011 par Open-Publishing11 commenti
La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo
Per raccontare la crisi i mezzi di disinformazione di massa hanno divulgato notizie false e distorte come l’idea che la fase critica abbia esaurito gli effetti più duri e sia in corso una ripresa dell’economia. All’inizio qualcuno ha avuto interesse a seminare il panico perché grazie alla psicosi sociale ha realizzato altre operazioni speculative. Oggi si soffia nella direzione opposta, accreditando l’idea che la bufera sia cessata. Secondo una leggenda metropolitana la recessione si colloca nell’orbita delle speculazioni dell’alta finanza internazionale.
E’ indubbio che una parte di responsabilità sia ascrivibile al cinismo degli speculatori, tuttavia la sostanza della crisi è riconducibile alle contraddizioni insite nella natura stessa dell’economia mercantile. Infatti, un’economia di mercato senza mercato è una contraddizione in termini, per cui se la crisi non si risolve il sistema rischia la bancarotta. Non a caso si assiste al crollo verticale degli investimenti, dei salari, dei prezzi e del saggio di profitto, che approfondisce la crisi.
La principale causa delle crisi che investono il capitalismo è da individuare nel crollo del saggio di profitto. Il processo di accumulazione e concentrazione del capitale accelera la caduta tendenziale del tasso di profitto: tendenziale nel senso di una tendenza che contrasta con altre tendenze connaturate al sistema stesso.
Tuttavia, non sono da escludere altre cause. La ragione ultima risiede nel crescente impoverimento dei lavoratori e nel crollo dei consumi che contrasta con la necessità di accrescere il bacino dei consumatori. In parole semplici, quando i salari si riducono troppo, calano anche i consumi delle masse lavoratrici e ciò incide sui profitti, che precipitano in caduta libera causando effetti di proletarizzazione della piccola e media borghesia imprenditoriale.
Dunque, quella in corso è una crisi di sovrapproduzione e sottoconsumo. Ciò significa che negli ultimi anni si è compiuto un ciclo di accumulazione smisurata di profitti dovuti ad un eccessivo sfruttamento dei lavoratori. I quali, a dispetto dei ritmi e degli standard di rendimento produttivo indubbiamente elevati, sono sempre più poveri. Ciò è accaduto in tutto il mondo a causa di un processo di globalizzazione imperialista che ha creato condizioni di miseria e sottosviluppo, imponendo livelli sempre più bassi del costo del lavoro su scala mondiale, benché gli operai abbiano fatto e facciano più del loro dovere.
Se è vero che i capitalisti sono i maggiori responsabili della crisi, è altresì vero che neanche i politici, servi e funzionari del capitale, sono innocenti. La demagogia, l’inettitudine e l’improvvisazione dei ceti politici, la disinformazione dei media ufficiali, sono la conferma dell’inganno insito nella natura stessa dell’economia capitalista. Un personale politico formato da inetti e presuntuosi, affaristi senza scrupoli, è responsabile delle scelte che hanno accelerato il collasso dell’economia internazionale.
Questa recessione è il prodromo di una depressione senza precedenti, per la cui soluzione non valgono rimedi e misure demagogiche quali l’autoriduzione dei megastipendi dei manager. La crisi ha rivelato l’inconsistenza della classe politica internazionale, incapace di fronteggiare le sue conseguenze in termini di conflitti sociali. Per esorcizzare la paura ancestrale della "bestia", il terrore suscitato dallo spettro di rivolte popolari che si riaffacciano sullo scenario storico, le classi dirigenti potranno ricorrere ad una repressione più dura invocando svolte autoritarie e liberticide.
In passato, per scongiurare altre crisi economiche il sistema capitalistico ha escogitato soluzioni all’interno dell’orizzonte capitalistico con il ricorso all’interventismo statale e all’ampliamento della spesa pubblica. Si pensi a scelte di ispirazione keynesiana, o a risposte neoimperialiste per difendere l’ordine padronale. Le politiche neocoloniali non sono servite solo alla ricerca di uno sbocco per le merci dei paesi capitalistici più sviluppati o di un luogo dove reperire materie prime a buon mercato e manodopera a basso costo, ma sono state anche un modo per conquistare aree in cui espandere il capitale senza affrontare la concorrenza di settore.
La corsa al riarmo fu la strada scelta dalle classi dominanti per uscire dalla depressione del 1929 che ha condotto alla seconda guerra mondiale. Il nazifascismo fu un altro tipo di reazione delle classi dirigenti alla crisi del primo dopoguerra e contribuì ad acuire i conflitti tra le potenze imperialistiche.
Oggi l’ipotesi più accreditata negli ambienti “progressisti” non sarebbe l’abolizione del capitalismo, ma una soluzione "keynesiana" già sperimentata in passato con esiti solo transitoriamente positivi. La storia insegna che l’intervento dello Stato è invocato dai capitalisti e dai loro servi solo in tempi di depressione per "socializzare le perdite" e salvare gli interessi delle imprese capitalistiche, per soccorrere il sistema quando rischia di collassare, facendo pagare gli effetti della crisi ai lavoratori, mentre in tempi di "vacche grasse" si pretende di rilanciare la "libertà del mercato", cioè la libertà dei profitti e degli affari senza alcuna ingerenza dello Stato, tornando a privatizzare gli utili e violando ogni regola e ogni diritto. E’ chiaro che si tratta di una soluzione comoda solo per i soliti sciacalli e speculatori che restano impuniti per i loro delitti contro la società.
Nel caso odierno la fuoriuscita dalla crisi è possibile solo attraverso la fuoriuscita dal capitalismo. Ovviamente tale prospettiva spaventa i capitalisti e i loro servi. Per arginare l’esplosione di rivolte sociali come quelle nel Maghreb, i capitalisti invocheranno soluzioni di stampo fascista (in versione aggiornata) che potranno condurre ad una corsa al riarmo e ad uno sbocco bellico, cioè un lungo ciclo di guerre internazionali.
Pertanto, l’unica alternativa per scongiurare la catastrofe è quella di una fuoriuscita dal capitalismo. Ciò significa restituire al lavoro collettivo il valore che gli spetta, recuperare il primato del lavoro sociale in un assetto di autogestione delle aziende da parte dei lavoratori.
E’ evidente che non basta appropriarsi dei mezzi di produzione, ma bisogna trasformare radicalmente il modo di organizzare e gestire la produzione stessa. Infatti, le imprese capitalistiche sono state create per ottenere ingenti profitti e non per soddisfare le esigenze vitali delle persone. E’ la loro struttura intrinseca ad essere viziata. Occorre riconvertire le aziende verso la produzione di beni primari in modo che il valore d’uso riacquisti il suo antico primato sul valore di scambio e che l’autoconsumo delle unità produttive locali prevalga sui bisogni consumistici indotti dal mercato, eliminando la subordinazione delle istanze sociali alle leggi del profitto.
Non credo all’ineluttabilità del crollo del capitalismo. Semmai accetto l’idea di una necessità intesa come tendenza insita nello sviluppo storico. Penso alla necessità di una rottura legata alla volontà, alla possibilità e alla capacità di un’azione politicamente rivoluzionaria. Non penso che il crollo del capitalismo sia inevitabile, ma sono convinto che tale compito rivoluzionario sia un atto volontaristico che spetta alle classi lavoratrici, se e quando queste sapranno organizzarsi per la conquista e l’autogestione del potere e della proprietà economica.
Allo stato attuale tale risultato è ancora lontano dalla sua realizzazione. Il proletariato internazionale sta rispondendo alla crisi, ma le rivolte sociali sono oscurate dai mass-media ufficiali che temono l’estensione delle lotte di classe. Concludo ricordando che siamo solo all’inizio della crisi, nella fase embrionale delle contraddizioni di classe tra la borghesia capitalista e il proletariato internazionale.
Lucio Garofalo
Messaggi
1. La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo, 27 febbraio 2011, 11:26
Finalmente si comincia a parlare di crisi del capitalismo su B.C.,ci si comincia ad interessare di quello che di eclatante succede nel mondo,distogliendo un po’ finalmente gli occhi dai fatti di casa nostra, di tutt’altro respiroSembra quasi una risposta a quanto avevo scritto proprio ieri ,riguardo al bisogno oggi piu’ che mai di comunismo, nel contesto della lapalissiana ed irreversibile crisi del capitalismo.Io non sono nessuno, non influirò minimamente ,non ho ricette pronte come penso non le abbia nessuno ,però non posso fare a meno di notare che di fronte ad un mondo in crisi ed in fiamme, la nostra "sinistra"sembra veramente quella della celebre battuta "la rivoluzione e’ vicina ed io non sò cosa mettermi"Insomma svegliamoci ,un abisso, un panorama ribaltato ci separa dall’89,la storia torna a darci ragione, capisco che molti che hanno buttato gli ideali per un riformismo piu’ o meno mascherato ed ora non vogliono vedere, ma la cosa è evidente, non si puo’ dire che la crisi del capitalismo è dovuta alle timide e superficiali spiegazioni moderate, che ha dato mascalzone,il capitalismo ha nella sua logica del mercato che non puo’ essere globale,nè per tutti, nella dipendenza assoluta di una espansione continua e impossibile,nel basarsi sul consumismo piu’ feroce,nel minare e consumare ferocemente e irrazionalmente il pianeta , i motivi che lo porteranno alla sua ineluttabile fine, sono questi e non sono i motivi che timidamente e codardemente esponeva lui, che non sono le cause , sono nel caso alcune delle conseguenze,Keynes,ma per favore ..e con che soldi si pagani i due operai che scavano e riempiono la buca?Come si puo’ ancora credere a queste coglionate?
"io non credo che siamo di fronte alla fine del capitalismo"la conclusione di mascalzone e cosa altro ancora vuoi che succeda per convincerti? gli stessi capitalisti la danno ormai per inevitabile ,solo questione di tempo e tu dai ancora credito a delle argomentazioni di possibilità di ripresa inesistenti
Quali sarebbero i piani?Il capitalismo non fà piu’ piani, vive solo alla giornata emette bond ,fa debiti che alla fine esploderanno,stampa moneta come weimar,ripercorre le stresse strade che lo hanno portato al collasso l’auto magari quella di lusso ,quella che consuma i SUV e via dicendo,la fantasia creativa la speculazione borsistica ormai di fuori da ogni logica e realtà che fà esplodere la rabbia di mezzo mondo.Si possono risanare gli spaventosi debiti publici? non con l’austerità che vuol dire PIL basso e non si recuperano ,qualcuno puo’ pensare che la Grecia torni ad avere una crescita del PIL?Non si fà austerità ed il debito aumenta fino ad esplodere,mi dici mascalzone come fanno?Abbiamo il dovere di cominciare a pensare al dopo, se non vogliamo lasciare che i fondamentalismi religioso/assistenziali e la reazione fascista/sociale prenda il sopravvento
Alex
1. La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo, 27 febbraio 2011, 12:06, di Lucio
Non ho affermato che non siamo al capolinea storico del capitalismo. Ho cercato di spiegare che non ne abbiamo la certezza matematica. Come in tutti gli eventi storici bisogna analizzare e conoscere le tendenze e linee di sviluppo, che non sono leggi meccaniche o deterministiche come le leggi della fisica, non sono necessità ineluttabili o fatali. Nel contempo, tutti gli elementi critici e le tendenze storiche che ho cercato di evidenziare, nonché altri aspetti che per forza di cose (anzitutto per una questione di spazio) ho dovuto trascurare, attestano inequivocabilmente il falimento di un sistema di rapina e di sfruttamento come quello capitalistico. Tuttavia, ho voluto precisare che, non essendo io un fatalista o un determinista, bensì un marxista, non credo all’ineluttabilità del destino come non credo all’ineluttabilità e alla fatalità degli eventi, quindi non si può credere all’ineluttabilità del crollo finale del capitalismo. Anche se, da comunista convinto, me lo auguro fortemente. Ma gli auspici personali servono a ben poco. In ogni caso sono perfettamente consapevole che siamo alla resa dei conti finale tra la borghesia imperialista e il proletariato internazionale. Gli avvenimenti del Maghreb ed altri segnali provenienti da tutto il mondo indicano che siamo solo agli inizi di un terremoto sociale, economico e politico di vaste dimensioni, più esattamente siamo nella fase in cui si accumulano le energie e le tensioni che provocano l’esplosione di un evento tellurico.
2. La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo, 27 febbraio 2011, 17:39
Dici ora "non ho affermato che non siamo al capolinea storico, prima avevi detto"Non penso che il crollo del capitalismo sia inevitabile" molto,molto, diverso se permetti ,la differenza tra capolinea storico e crollo è un sofisma
A questo punto visto che sei marxista che non crede all’ inelluttabilità del destino ,giustissimo non siamo nè muslim nè influenzati dal fatalismo monsonico induista, a questo punto dovresti comunque credere al miracolo per pensare che si possa salvare , se non dimmi su quale base razionale,storica marxista, questo crollo puo’ essere evitato, visto che l’aveva previsto anche Marx e se vivesse oggi, penso che non avrebbe questi tuoi dubbi.Non so dimmi tu ,pensi che la Cina svolga una determinante opera di buona samaritana e salvi i PIIGS e l’america dal loro crudele destino?ma anche se finanziasse i debiti publici di tutti, oggi, tra un anno saremmo da capo, non vedi come l’irlanda ha già volatilizzato il prestito di svariate decine di miliardi? sono capitalismi che non producono ricchezza ma solo debito ,forse da sempre visto il suo ammontare,una fabbrica che non produce ricchezza e in compenso consuma piu’ del necessario, è destinata a fallire, non puo’ aumentare il debito all’infinito ed a questo punto è il capitalismo oggi E’vissuto ed ha vinto perchè c’era il petrolio a sfare ed a buon mercato perchè c’era il muro,perchè aveva la guerra per uscire dall’emergenze ,la recessione del 29 in america è finita con la seconda guerra mondiale,con la conquista dei mercati,poi con la Corea poi con il Vietnam,poi con il golfo, ha avuto l’ossigeno dei suoi ultimi anni propio dall’ex nemico dell’est e le sue ricchezze preservate dai gosplan e dalla parchezza del socialismo, poi ultimo disperato pinocchiesco tentativo ,la finanza creativa,seminare il denaro per farlo crescere ma nonostante questa evidenza conclamata il crollo è "evitabile" alla faccia dell’analisi marxista, si crede al miracolo di san gennaro.
Alex
3. La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo, 28 febbraio 2011, 14:38, di Lucio
Premesso che non credo a nessun miracolo e a nessun dogma, ribadisco che non credo all’ineluttabilità del crollo finale del capitalismo nel senso che tale esito non dipende da una necessità dettata dal destino. La storia umana non segue un percorso teleologico o finalistico e non si può spiegare con una visione fatalistica.
La sviluppo storico è il risultato di un intreccio e un’interazione dialettica tra dati oggettivi e fattori soggettivi, un complesso di condizioni legate alla struttura materiale e al quadro dei rapporti di proprietà e di potere in cui agiscono forze soggettive e volontarie.
Ogni processo storico risponde a questa dialettica tra situazioni oggettive, riconducibili alla struttura economica e sociale storicamente determinata, ed elementi soggettivi che esercitano una propria autonomia, ossia una capacità e una volontà politica.
Ebbene, non mi pare che le forze imperialiste siano state sconfitte, ma ciò non mi impedisce di desiderare ed agire insieme alle forze sociali e politiche in atto sulla scena mondiale affinché si verifichi il crollo e il superamento definitivo del capitalismo.
Il mio non è un ragionamento sofistico, ma un tentativo di analisi frutto di un approccio non dogmatico e deterministico, bensì problematico rispetto alla complessità dei processi storici.
Lucio
4. La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo, 28 febbraio 2011, 21:46
Se ti sembra una risposta! e certo che l’esito non è dato dal destino ma chi lo dice? Io ho portato degli argomenti , tu nessuno, io ho chiesto su quali basi pensi che non siamo al crollo ,oppure quali possono essere per il capitalismo le vie di uscita ,quali sarebbero ,non rispondi? ,per concludere con un sorriso, perchè ci deve essere anche un pò di salutare ottimismo ,sentiamo l’analisi di Madoff ,uno che di capitalismo se ne intende :"Bernard Madoff, il finanziere in carcere con una condanna a 150 anni, sostiene in un’intervista che anche i conti dell’America sono una truffa identica a quella con cui lui ha rubato ai suoi clienti $50 miliardi. "Ora rispondimi perlomeno a questo, lo schema di Ponzi quanto puo’ durare?naturalmente senza credere nel destino e..neanche nei miracoli ma solo su quella che illuministicamente parlando, si chiama ragione,analisi dei fatti ,della situazione magari descritti con parole semplici, non con i sofismi in cui ti rifugi ,pressochè incomprensibili e da Sibilla cumana
Io veramente penso che la sinistra italiana continui ad avere ancora una sudditanza da trauma 89 , a riguardo del "pensiero unico" e mentre il senso di panico è diffuso nel mondo capitalista , per assurdo sono proprio gli scioccati del crollo del muro, ad essere i piu’ convinti che questo non accadaE’ ora di cogliere invece ,in quello che ti sconvolgente stà succedendo nel mondo, una delle piu’ grandi rivalutazioni storiche del pensiero marxista, che tornerà ad essere una soluzione, forse l’unica, al disastro lasciato dal capitalismo.Non a caso il Capitale è uno dei best seller nelle librerie di mezza europa e non solo,evidentemente solo al sinistra italiana non quella greca,quella francese ecc non coglie l’attimo, il vento propizio ,che rischia di diventare propizio anche per una destra estrema e questo non dobbiamo permetterlo.
5. La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo, 1 marzo 2011, 18:11, di Lucio
Ma ci fai o ci sei?
Ho scritto un articolo intero per sostenere che il capitalismo è fallito, che è una catastrofe e una rovina per l’intero genere umano ecc. ecc., e tu mi chiedi quali sarebbero i miei argomenti e le mie tesi in difesa del capitalismo?
Nel contempo, di fronte alle tue obiezioni ho dovuto semplicemente rispondere e ribadire (credo che sia già la terza volta) che nell’ambito dei processi storici non è applicabile una concezione fatalistica o finalistica, ovvero una logica deterministica, e che nello sviluppo storico non agiscono leggi meccaniche come nel caso della fisica, mentre bisogna cogliere e indagare le linee tendenziali, che non procedono tutte nella stessa direzione, ma interagiscono tra loro e sovente si scontrano con altre linee o tendenze di sviluppo.
In altre parole, banalizzo e semplifico ulteriormente il discorso proponendo il seguente schema di ragionamento: il motore dello sviluppo storico è la lotta di classe, ossia la dialettica tra diverse forze soggettive e volontarie, nel senso che sono provviste di una propria autonomia di azione, che è relativa e non assoluta, una propria capacità e volontà politica. Forze che sono, appunto, le classi sociali con i loro interessi materiali, sociali, politici.
Forze che agiscono in un complesso di condizioni oggettive (ossia esterne ai soggetti) che sono storicamente determinate, in parole semplici nel quadro dei rapporti di produzione, di proprietà e di potere.
Ribadisco ancora una volta che le forze della borghesia imperialista non sono ancora crollate e che non si può dire con certezza matematica che sia ineluttabile, cioè inevitabile, l’esito che in ogni caso io auspico e desidero...
Ma è così difficile da capire?
6. La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo, 2 marzo 2011, 08:30, di Lucio
Per evitare di incartarci ancora una volta aggiungo alcuni chiarimenti al mio ragionamento precedente, sperando di non essere frainteso.
Sono quasi 100 anni che noi comunisti gridiamo "Socialismo o barbarie". Questa espressione molto nota è di Rosa Luxemburg ed è contenuta nel Pamphlet Junius, un articolo dedicato alla crisi della socialdemocrazia tedesca, scritto in carcere nel 1915. La frase indica in sostanza che gli unici esiti futuri in termini di possibilità (ma non di necessità ineluttabili) saranno l’instaurazione della società socialista o la barbarie, cioè la catastrofe totale. Ebbene, il capitalismo poteva (sottolineo "poteva", mentre non ho scritto "doveva") crollare già 100 anni or sono, all’epoca della prima carneficina bellica mondiale e della rivoluzione bolscevica in Russia, che provocò ondate rivoluzionarie in molti paesi europei ed extraeuropei, compresa l’Italia (si pensi al "biennio rosso"). Invece, in Italia e in Germania si impose il nazi-fascismo, che condusse l’umanità alla seconda carneficina bellica mondiale.
Oggi siamo in una situazione abbastanza simile, anche se con diversi aggiornamenti da introdurre. L’alternativa "socialismo o barbarie" è sempre valida. Io personalmente propendo per la prima ipotesi, tuttavia non credo che le forze imperialiste e capitaliste siano d’accordo. Queste ultime potrebbero addirittura sostenere "muoia Sansone con tutti i filistei" e portarci davvero alla rovina e all’autodissoluzione del genere umano. L’esito finale dipende dunque dallo scontro tra le forze in campo. Ho semplificato il discorso per essere chiaro.
7. La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo, 2 marzo 2011, 10:21
Bravo, perlomeno questa volta c’è una parvenza di analisi,non proclami abusati ed inconcludenti che somigliano molto a seghe mentali Io l’avevo già buttata sul comico, parlando di Madoff e tu parlando di lotta di classe che dovrebbe sconfiggere il capitalismo, sei rimasto in tema.Il capitalismo crolla per le sue insite contraddizioni ,in fondo quelle stesse che analizzava Marx ,non certo per la spinta della lotta di classe,noi non abbiamo fatto niente ,nè nelle condizioni che versa oggi la sinistra si sarebbe potuto fare niente, ha fatto tutto lui ,la sua "vittoria",la mancanza di un nemico il fatto di doversi porsi non piu’ su una parte ristretta del mondo come prima ,ma su un economia globale, ha accellerato la distruttiva dinamica interna dei suoi assurdi ed inattuali temi fondanti.Pensiamo quindi al dopo, alla porta che si apre,perchè quello che succede nel maghreb causato principalmente dagli Hedge Founds, è solo l’antipasto
alex
8. La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo, 2 marzo 2011, 12:53, di Lucio
Fammi capire: in poche battute tu azzeri secoli di storia in cui è innegabile l’azione rivoluzionaria delle lotte di classe, le quali agiscono all’interno delle contraddizioni oggettive insite nei sistemi di produzione, attraverso modi e forme differenti caso per caso, cioè il ruolo delle forze che hanno esercitato ed esercitano la principale spinta propulsiva del progresso sociale dell’umanità?
Rammento un po’ di storia elementare: l’impero romano d’occidente, ad un certo punto era totalmente marcio, corrotto ed incancrenito fin nel midollo (esattamente come il capitalismo odierno), ma senza le frequenti ribellioni sociali soprattutto tra gli schiavi (nonostante il loro isolamento gli schiavi riuscirono a scuotere il mondo romano con numerose rivolte; furono due le ribellioni più estese e partecipate: la prima in Sicilia dal 139 al 132 a. C. con migliaia di schiavi che fuggirono; la seconda fu la famosa rivolta guidata da Spartaco dal 73 al 71 a. C. che fece tremare le fondamenta di Roma. Alla fine dell’impero, cioè nel IV-V secolo d. C., le classi padronali erano letteralmente terrorizzate dalle sommosse da chiedere leggi più crudeli e draconiane rispetto a quelle esistenti, per soffocare e punire le rivolte) e senza gli assalti sempre più massicci dei "barbari", cioè le popolazioni che non appartenevano all’impero e premevano ai suoi confini, non c’è dubbio che l’impero romano d’occidente non sarebbe crollato, durando ancora a lungo. Come del resto è accaduto nel caso dell’impero bizantino, cioè l’impero romano d’oriente, che si è conservato per altri mille anni in più rispetto all’impero romano d’occidente.
Dunque, continua a spararti le tue seghe mentali, convinto che il capitalismo crollerà da solo.
9. La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo, 2 marzo 2011, 16:47
"e senza gli assalti sempre più massicci dei "barbari", cioè le popolazioni che non appartenevano all’impero e premevano ai suoi confini, non c’è dubbio che l’impero romano d’occidente non sarebbe crollato, durando ancora a lungo". Roba da scompisciarsi addosso dal ridere, cioè :die Westgoten,die Ostgoten die Vandalen,facevano... LA LOTTA DI CLASSE, anzi visto che si tratta di popolazioni "Altdeutsch" ein "Klassenkampf",magari c’era già una antenata della Luxenburg e di Liebknecht a guidarli !!!magari secondo te anche Bin Laden fà la lotta di classe! il massimo lo raggiungi quando dici che "senza le invasioni barbariche l’impero Romano non sarebbe crollato" come hai fatto a fare una simile scoperta storica, stupefacente troppo forte ,non posso che concludere qui ed inchinarmi a tanta sapienza e fine discernimento!Alex
10. La crisi del capitalismo e il bisogno di comunismo, 2 marzo 2011, 18:46, di Lucio
A questo punto suppongo che: o tu non capisci una "beata minchia", oppure distorci intenzionalmente il significato dei commenti come meglio ti conviene.
Propendo per la prima ipotesi, così almeno sei in buona fede.
Io non ho scritto che la lotta di classe nell’antico impero romano era praticata dai "barbari", ma che questi hanno contribuito alla caduta del sistema, mentre la lotta di classe all’interno dell’impero era opera delle classi servili. Che poi la mia non rappresenti una grande scoperta storiografica, già lo si sapeva.
Temo che con te sia impossibile discutere in modo onesto e intelligente.
D’ora in poi seguirò il consiglio di Oscar Wilde, che almeno nel tuo caso si addice alla perfezione: "Mai discutere con un idiota, ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza."