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La crisi turco-sionista non ha ragioni filantropiche...

Publie le mercoledì 2 giugno 2010 par Open-Publishing
6 commenti

La Turchia è sempre più un Paese strategico per i collegamenti tra Europa ed Asia, passando per la calda zona mediorientale. Quanto è accaduto due giorni fa, ovvero la netta reazione indignata di Ankara nei confronti di sion a seguito della strage terroristica di almeno 19 attivisti filo-palestinesi, non è certamente dovuto ad una coscienza umanitaria superiore da parte del Paese della Mezzaluna. Se ancora qualcuno avesse dubbi e non ne fosse convinto, proviamo ad analizzare un paio di fatti.

Se la Turchia si può permettere di bollare come "terrorista" lo stato di sion senza avere violente ripercussioni in stile filo-nazista, è principalmente per il suo ruolo geopolitico. Gli stessi Stati Uniti d’America sono ora in difficoltà nel gestire la diplomazia internazionale con i due Paesi: fraterni amici dei sionisti, assidui frequentatori di salotti e basi strategiche turche attraverso il loro organismo militare internazionale, la NATO, gli USA padroni del mondo hanno ora tra le mani una bella gatta da pelare.

Turchia, però, non significa semplicemente appoggio logistico. In gioco ci sono interessi economici che passano trasversalmente dall’Oceano Indiano al Mediterraneo, toccando anche le zone di influenza della Russia neozarista di Putin. Soltanto nel 2007 la Turchia siglò ufficialmente con l’Iran un accordo preliminare finalizzato al trasporto del gas ( gasdotto "Nabucco") di Ahmadinejad in Europa attraverso Ankara: già durante l’estate dell’anno precedente la trattativa si era positivamente conclusa. Proprio negli stessi mesi veniva inaugurato l’oleodotto BTC (Baku-Tbilisi-Ceyhan) gestito dalla ormai celebre British Petroleum, grazie al quale Turchia ed Israele arrivarono a svariati accordi, tra cui il collegamento dell’oleodotto con il porto sionista di Ashkelon ed il passaggio diretto via Turchia di sion verso i loro amici dell’Azerbaijan.

La fruizione di "Nabucco" è il paradigma della rottura del monopolio energetico esercitato dalla Russia e dal suo reale establishment politico, ovvero quella GAZPROM più potente e ramificata della stessa Unione Sovietica. La collaborazione con Iran e Turkmenistan, ostili ai sionisti, ha posto progressivamente un freno alle strette relazioni economico-politiche tra Ankara e Gerusalemme. In questo scenario, ovviamente, il ruolo degli Stati Uniti padroni del mondo globale è di primaria importanza: la loro netta contrarietà allo sviluppo di relazioni tra Turchia ed Iran si è affievolita col tempo,o quanto meno è stata posta in secondo piano.
Scriveva il politologo polacco (anti-sovietico) Brzezinski nel 1997, dunque ancor prima dello seconda guerra in Iraq e ben prima dell’ ultimo intervento militare in Afghanistan: "L’America dovrebbe anche appoggiare decisamente le aspirazioni turche a un oleodotto da Baku in [nella Repubblica dell’] Azerbaijan a Ceyhan sul litorale mediterraneo turco come importante sbocco per le risorse energetiche del bacino del Mar Caspio. Non è inoltre nell’interesse dell’America perpetuare l’ostilità tra America e Iran. Una riconciliazione dovebbe basarsi sul riconoscimento di un mutuo interesse strategico per la stabilizzazione di ciò che attualmente è un ambiente regionale molto mutevole per l’Iran (per esempio, Iraq e Afghanistan). Certamente una tale riconciliazione andrebbe perseguita da entrambi le parti e non dovrebbe essere un favore concesso unilateralmente. Un Iran forte, anche religiosamente motivato ma non fanaticamente anti-occidentale, è nell’interesse degli Stati Uniti e perfino la dirigenza politica iraniana potrà infine riconoscere quella realtà. Nel frattempo gli interessi americani ad ampio raggio in Eurasia sarebbero avvantaggiati se cadessero le attuali obiezioni americane a una più stretta collaborazione economica tra Turchia e Iran, soprattutto nella costruzione di nuovi oleodotti."

Effettivamente, la linea di Obama non è certamente quella perseguita dal suo predecessore filo-nazista Bush. Ma la proverbiale "luce in fondo al tunnel" gli USA ancora non riescono a vederla, nell’immenso garbuglio asiatico. Ora si aggiunge la crisi nei rapporti turco-sionisti.

Messaggi

  • Mai pensato che improvvisamente Erdogan si sia scoperto "amico dei palestinesi" ... ovvio che c’entrano questioni geopolitiche e geoeconomiche ...

    E’ però pure vero che Israele ha ormai perso l’alleato più fedele nell’area ed oltretutto l’unico paese Nato islamico ... cosa che crea problemi evidenti anche ad Obama .... che comunque, anche in politica internazionale oltre che interna, è cosa molto diversa da Bush ... non certo "progressista" o addirittura "di sinistra", ma comunque cosa molto diversa ...

    Che tutto questo possa giovare ai palestinesi, me lo auguro ... anche se non sono ottimista ....

    Certo in ogni caso che veramente ormai i palestinesi non hanno nulla da perdere ....

    E questo può far succedere di tutto ...

    K.

    • E infatti, caro assiduo/a lettore/trice K., Obama ha già preso in meno di 48 ore dall’accaduto posizioni filo-sioniste. Le lobby che reggono il vero sistema americano, d’altronde, sono di provenienza certa e certificata.
      Ci ha fatto comunque riflettere parecchio vedere come sia quotidiani che internet si sperticavano a riportare le "ultim’ora" da Ankara sull’accaduto. In buon fede, la maggior parte come te avrà capito che se uno Stato parla lo fa in funzione della ben nota "ragion di Stato" fondata sul capitalismo. Ma qualcuno si era seriamente messo in testa che da un giorno all’altro Ankara armasse le sue basi (peraltro NATO....) per bombardare i sionisti neonazisti. Lo avrai notato anche tu...

      Auguri, M.

    • Interessante analisi della questione


      La nascita di un nuovo nemico

      Un nuovo nemico? E’ questo che minaccia di esser diventata la Turchia per Israele. Ed è questo che per gli israeliani sembra essere il primo, peggior risultato dell’assalto navale alla “Mavi Marmara”. Le parole di ieri del premier turco Recep Tayyip Erdogan al Parlamento di Ankara sono state minacciose, drammatiche per Gerusalemme: «Se voi volete la Turchia come nemico, saremo un nemico duro e implacabile. Oggi inizia una nuova era: non volteremo mai le spalle al popolo palestinese».

      Le analisi che molti facevano da mesi sono state sintetizzate alla Knesset, il parlamento israeliano, dal capo del Mossad Meir Degan: «La Turchia ha una visione strategica della sua politica, ritornare a una supremazia turca nell’arena internazionale avanzando in un corridoio islamico. Erdogan ritiene che avvicinandosi ad Hamas possano aprirsi per lui le porte nel mondo arabo». Tra l’altro gli israeliani vedono una alleanza di fatto fra Turchia e Iran contro gli interessi di Israele. E’ tutto da discutere se quella fra Iran e Turchia possa essere davvero un’alleanza o semplicemente una “coabitazione” fra due giganti musulmani che potranno rivaleggiare dai rispettivi campi sciita e sunnita. Ma di sicuro una Turchia “nemico” di Israele, tenuta fuori dall’Europa, meno obbligata a seguire gli Usa (visto che anche la Russia di Putin è diventata un’alleata rispetto dall’Urss del comunismo) sarà un player capace di rivoluzionare gli assetti del Medio Oriente allargato.

      Consideriamo altri elementi: le guerre in Iraq e Afghanistan hanno liberato l’Iran dai suoi nemici regionali e hanno dissanguato la capacità politica, militare ed economica degli Stati Uniti ad operare nella regione. Il buio che avvolge il futuro del regime in Egitto e il mistero sulla capacità politica dell’Arabia Saudita in Medio Oriente sembrano azzoppare altri due rivali sunniti della Turchia che per solide ragioni hanno interessi comuni con Israele. Il tentativo di forzare il blocco di Gaza potrebbe aver messo in moto un terremoto geo-politico che era pronto ad esplodere, ma che è stato innescato dall’ordine di Ehud Barak di far scendere i suoi commandos di marina sulla Mavi Marmara.

      2 Giugno 2010

      Vincenzo Nigro

      http://nigro.blogautore.repubblica.it/

    • Mai pensato che Obama fosse diventato filopalestinese, tra l’altro ha fior di esponenti della finanza ebraica nel suo governo ed ha certamente goduto anche di un largo appaggio elettorale della comunità ebraica americana, soprattutto quella intellettuale.

      Ma il suo modo di porsi nei confronti di Israele è comunque diverso, somiglia più a quello di Clinton e di Carter .... probabilmente Obama con un eventuale governo laburista in Israele sarebbe andato d’amore e d’accordo, fatto salvo che Israele si rapportasse in qualche modo ad Abu Mazen ...

      Con l’attuale governo israeliano, succube dei partiti integralisti religiosi, ogni ipotesi diplomatica non potrebbe reggere che lo spazio di un mattino ...

      E poi c’è la novità del ruolo della Turchia, alleato imprescindibile per Obama, molto più di quanto lo fosse per Bush...

      Ed il fatto che Bush ha lasciato in eredità ad Obama due guerre senza sbocco ... ed è quindi impensabile che gli Usa, alle prese anche con seri problemi di crisi economica, ne possano reggere contemporaneamente una terza, peraltro potenzialmente ben più militarmente complicata, contro L’Iran ...

      Le differenze sono evidenti ... ed Israele se ne è accorta ... poi se proprio qualcuno non le vuole vedere è un’altra storia ...

      Il che non significa che Obama sia "buono" .... oltretutto la politica, soprattutto quella internazionale, non è mai stata cosa di "buoni" e di "cattivi" .... ma di diversi interessi strategici, economici, geopolitici ....

      K.

    • Dire che Obama è diverso da Bush è dire una fesseria.
      Inoltre K vorrei ricordarti che i labour inglesi, primo fra tutti quel fascistoide di Peres, sono al governo in Israele. L’unico partito di opposizione è Kadima (quello di Sharon pe rintenderci), quindi pensa un po.
      La situazione geopolitica è in cambiamento semplicemente perchè stanno entrando nuovi protagonisti mondiali: Cina e India sono ormai una realtà, Brasile, Sud Africa e Messico si affacciano prepotentementee avanzano anche Venezuela, Turchia e Iran. Bisognerà vedere la finanza Saudita e Araba dove si metterà. E’ certo che i paesi medio orientali sono orami anti-palestinesi da decenni (in particolar modo Egitto e Giordania) e non penso che cambieranno molto le loro posizioni. La cosa certa è che gli Usa stanno perdendo terreno un po ovunque. In Asia a vantaggio della Cina, Nell’Europa orientale c’è un timido ritorno alla madre Russia (vedi l’Ucraina ad es.) e parte dell’America Latina è sempre più distante. La causa palestinese sarà solo una scusante per queste trasformazioni.

    • Che i laburisti israeliani ( e non inglesi) facciano parte del governo israeliano lo sappiamo bene, addirittura il ministro della difesa è proprio del Labour.

      Ma è un governo che si regge col voto determinante dei partitelli religiosi e che quindi non può avere alcuna autonomia, ammesso che lo volesse, per trattare una qualche pace con i palestinesi.

      E probabilmente la scelta di attaccare i pacifisti turchi è stata una scelta precisa, quella di impedire alla Turchia di Erdogan di ergersi a possibile mediatore nell’area sia sulla questione palestinese sia sui rapporti con l’Iran.

      Ma anche Obama aveva tutto l’interesse in un ruolo di mediazione turco, soprattutto sulla questione iraniana, e questo per evitare di trovarsi impelagato in una terza guerra.

      E quindi l’azione israeliana era indirettamente anche contro di lui.

      Questa la differenza con Bush, il che non vuol dire appunto che Obama sia "buono", ha solo interessi politici immediati diversi.

      Raf