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La vacca ed il mungitore
La filosofia di Giuseppe Di Vittorio, il suo riformismo empirico frutto della sua storia personale e della storia del movimento operaio italiano, si riassumeva in questa esortazione: "compagni, mungiamo la vacca ma senza ucciderla ". Ovviamente si riferiva ad una politica di rivendicazioni
che fossero compatibili con la buona salute dell’economia. Non si tratta della legge bronzea dei salari di Ricardo ma di un uso responsabile del conflitto sociale finalizzato a migliori condizioni dei lavoratori nella prosperità generale.
Questa è stata la politica riformista della CGIL. Una politica che ne ha fatto una grande forza nazionale rispettata dagli industriali ed amata dai lavoratori che ha assicurato all’Italia un lungo periodo di benessere dopo la ricostruzione e ben oltre l’autunno caldo. Per quanto lo slogan del "salario variabile indipendente" fosse la parola d’ordine della classe operaia nel 68, in realtà le richieste non sono mai andate oltre le ragionevoli possibilità del sistema. La serie storica dei salari italiani è esemplare per austerità non soltanto nell’industria privata ma anche nei grandi contratti del settore pubblico. Sanità e scuola ne sono esempio. Se qualcosa è stato fatto fuori da questo quadro non si deve al massimalismo della CGIL quanto al clientelismo della politica.
Ricordo perfettamente le vicende del contratto dei dipendenti della Regione Siciliana in cui ad una richiesta di cento, il governo rispondeva dando centoquaranta e l’assemblea legislativa che
approvava la legge portava a duecento.
Ma oggi, con venti anni di riduzione dei salari alle spalle, iniziata con gli accordi di concertazione del 1993 e l’abolizione della scala mobile, la scelta della CGIL non è più quella di
Di Vittorio. La vacca è ingrassata ed il mungitore rischia di essere ucciso. La situazione si è totalmente invertita. Oggi Di Vittorio direbbe: "salviamo il mungitore!"
In questi anni si sono compiute scelte che rompono la coesione sociale e l’equilibrio delle forze produttive: il pacchetto Treu, la legge Biagi, gli accordi con il governo Prodi, l’allegato lavoro, la riforma del contratto, la riforma della scuola e della sanità hanno indebolito alla radice la posizione sociale e giuridica dei lavoratori. La camicia di forza imposta ai rinnovi contrattuali ha consentito un trasferimento di reddito nazionale dal lavoro dipendente al profitto, alla rendita ed alle professioni di proporzioni gigantesche. Il monte salari si è rimpicciolito. La spoliazione è stata terribile. La stessa qualità della vita dei lavoratori è degradata.
Celebrare un Congresso all’insegna della moderazione, non presentare alcuna proposta di aumento delle retribuzioni, non mettere in discussione il precariato e le pensioni, accettare la riduzione della qualità del welfare disarma e consegna inermi i lavoratori al padronato e non fa neppure gli interessi del paese oggi ingrigito da una diminuzione dei consumi essenziali.
La CGIL non avrebbe dovuto accettare la discussione sulla sostituzione dello Statuto dei Lavori a quello dei Lavoratori. Avrebbe dovuto dire no a muso duro e proclamare fin d’ora lo sciopero generale. Non credo proprio che con il suo dissenso il governo e le forze politiche andrebbero avanti lo stesso. Ma, probabilmente, il gruppo liberista che oramai ispira la segreteria della Confederazione e che ha sostituito la cultura socialista con i precetti di Monti, Ichino e Boeri considera lo Statuto dei Diritti una sorta di rudere archeologico che confligge con l’idea di una flessibilità senza limiti del lavoro. Si può flettere il lavoratore fino a spezzargli la schiena se ci sono ancora diritti che lo vietano?
L’involuzione culturale della CGIL è profonda. Basta vedere le elaborazioni del suo ufficio studi.
L’immobilismo salariale e la disponibilità a sottrarre diritti pongono una grande questione democratica. Può un paese sopportare il fatto che venti milioni di lavoratori siano rappresentati da sindacati che non ne curano gli interessi vitali? Fino a quando la democrazia potrà reggere
dopo la rottura della coesione sociale e lo scivolamento continuo di milioni di persone indifese verso la povertà?
Se al conflitto sociale ben organizzato dentro una cultura civile che non mortificava nessuno si sostituisce l’inerzia di una massa informe di persone abbandonate all’arbitrio di un padronato senza freni, isolate e disperate, verso quale società ci avviamo?
Dopo la Grecia, l’Unione Europea non mancherà di proporre un forte giro di vite della condizione dei lavoratori. Nella guerra finanziaria scatenata dagli USA contro l’Europa i lavoratori saranno i soli a pagarne le spese.
Non dubito che CGIl CISL UIL agiteranno lo spauracchio della crisi e della catastrofe per spaventare i lavoratori ed indurli a dare sempre di più senza nulla chiedere.
Ma in questo non c’è alcuna saggezza. Non si é né patriottici né responsabili ma soltanto complici della barbarie del capitalismo.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
Messaggi
1. La vacca ed il mungitore, 9 maggio 2010, 23:36
"compagni, mungiamo la vacca ma senza ucciderla ".
Purtroppo, caro Pietro, è proprio da questo concetto semplice semplice ( ma che nella pratica significa "politica delle compatibilità interne al sistema capitalistico" ) che nasce la rinuncia della sinistra italiana, in ossequio alle logica geopolitica stabilita a Yalta da Stalin e dagli Usa, a lottare veramente per il rovesciamento del capitalismo in Italia.
Certo oggi Di Vittorio, paragonato ai dirigenti attuali della Cgil, del Pd e pure della assai sedicente "sinistra radicale", appare giustamente un gigante, su questo non c’è dubbio ... così come appaiono giganti i Togliatti, i Nenni, i Morandi, i Lombardi, i Pertini, i Lama ed i Berlinguer ....
Ed indubbiamente di gente così, forgiata dalla clandestinità, dalla galera, dall’esilio, dalle privazioni anche personali, in Italia si è certamente perso lo stampo.
Ma non credi che purtroppo anche le aberrazioni della attuale politica italiana non nascano in qualche modo tutte da lì ?
Da quella "vacca" che andava munta ma senza ucciderla ?
K.
1. La vacca ed il mungitore, 10 maggio 2010, 01:52, di Nando
Sono d’accordo con K, in quel momomento ’’la vacca doveva essere uccisa...’’Anche se i vari Berlinguer erano in buona fede.Non so adesso, se si può fare ancora qualcosa, sicuramente lottare contro questo sistema capitalismo assassino, tutti uniti potrebbe aprire nuovi orrizzonti...
2. La vacca ed il mungitore, 10 maggio 2010, 08:53, di pietro ancona
Non condivido! Dire o socialismo o morte ed escludere tutte le tappe intermedie che fanno la storia del movimento operaio è irrealistico. Il lavoratore lotta per una migliore busta paga e più diritti e non per cambiare la natura della sua fabbrica da capitalista a socialista. Tra il massimo della fabbrica socialista ed il minimo della subalternità servile delle attuali dirigenze sindacali sta tutta la storia de movimento operaio. Di Vittorio aveva ragione e non poteva proporsi di trasformare l’economia italiana da capitalista in socialista soltanto usando la lotta sindacale.
3. La vacca ed il mungitore, 10 maggio 2010, 10:31
"Di Vittorio aveva ragione e non poteva proporsi di trasformare l’economia italiana da capitalista in socialista soltanto usando la lotta sindacale"
Giusto se ci si riferisce al mero ruolo sindacale .....il sindacato deve produrre nell’immediato risultati positivi per i lavoratori e non porsi in prima persona il problema della rivoluzione sociale ... molto meno giusto se invece si guardano le cose dal punto di vista della sinistra politica.
Che in effetti ha scelto sin dal 1945, anche per imposizione Urss ( non solo sul Pci, nel dopoguerra anche il Psi dipendeva molto da Mosca), di non porsi il problema di trasformare l’economia italiana da capitalista in socialista.
E questo mi sembra un dato storico incontestabile ...
Poi è ovvio che un conto è limitare la mungitura della vacca ed un altro è arrivare, come oggi, alla morte per inedia del mungitore.
Si tratta della differenza che passa tra una scelta di tipo socialdemocratico ( quella che anche Togliatti finì per compiere, sia pure in forma autoritario/stalinista) e quella oggettivamente neoliberista fatta dalla sedicente sinistra istituzionale di oggi.
Ma è anche vero che la socialdemocrazia si attaglia bene a periodi di "vacche grasse" e di espansione economica, non certo a periodi di crisi profonda come questo.
Per cui oggi un sapiente riformismo alla Di Vittorio sarebbe di fatto impraticabile.
E comunque quella rinuncia di metà anni quaranta ha pesato e pesa su tutta la storia seguente, fino ai giorni nostri.
Raf
2. La vacca ed il mungitore, 10 maggio 2010, 10:34
Il problema è che oggi i "capitalisti" i soldi non li fanno più con le fabbriche e le fabbrichette sfruttando gli operai, ma con le speculazioni finanziarie , depredando le risorse pubbliche degli stati !!
La logica dei grandi gruppi finanziari è quella di distorcere il mercato con i più svariati artifizi, detti altrimenti anche truffe, con l’unica ed esclusiva finalità di privatizzare gli utili e socializzare le perdite !!
La vicenda dei mutui sub-prime ed anche quella odierna della Grecia, fanno ben capire quali sono i nuovi canali di arricchimento e di riproduzione del capitale e quanto sia ormai irrilevante, in occidente, lo sfruttamento del valore lavoro !!
Quando poi c’è bisogno di produrre beni materiali ci si rivolge all’organizzazione neo-schiavistica del lavoro perfettamente mantenuta in funzione nel terzo e quarto mondo, lasciando attive in occidente solo le reti commerciali e tutta l’attività promozionale !!
MaxVinella
1. La vacca ed il mungitore, 10 maggio 2010, 11:45
Che il capitalismo sia oggi più finanziario ( cioè di pura rapina) che produttivo è cosa incontestabile.
Così come è incontestabile che, con la globalizzazione ed i flussi migratori, il famoso "esercito di riserva" ( cioè i nuovi schiavi) sia diventato una platea allargatasi a dismisura.
Ma starei ben attento a non esagerare con questi concetti ... ilconflitto capitale/lavoro all’interno dei luoghi produttivi ( non necessariamente solo la fabbrica) è ancora un elemento centrale.
Altrimenti c’è il rischio di dare tutto per perso e di considerare del tutto inutile ogni possibile lotta ...
Raf