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Libia - E se i buoni non fossero così buoni?

Publie le venerdì 25 marzo 2011 par Open-Publishing
6 commenti

I buoni contro i cattivi, i nostri contro i loro, il 7° cavalleggeri contro gli indiani. Una semplificazione molto televisiva per un caso molto complicato. Il cattivo non può essere che Gheddafi. Il suo ruolo se l’è guadagnato di diritto in 40 anni di potere assoluto, abusi ed eccessi, bizzarrie ed eccentricità (anche se non tutto quello che ha fatto è stato una schifezza).

I buoni sono i ribelli di Bengasi (ribellarsi è giusto), i «rivoluzionari del 17 febbraio» che hanno strappato a Gheddafi tutto l’est libico, l’indocile Cirenaica. Quelli che quasi tutti fin dall’inizio hanno chiamatio i «civili» (così da accreditare la guerra giusta dell’Onu). «Civili», ma non come quelli del boulevard Bourghiba di Tunisi, della piazza Tahir del Cairo, della Piazza della perla di Manama. Dalle stesse immagini tv i «civili» di Bengasi sono miliziani armati di tutto punto, con tank e contraerea capaci di abbattere aerei governativi e pilotare jet da combattimento.
Sono loro che, una volta conclusa la guerra umanitaria dell’Occidente e liquidato finalmente Gheddafi, saranno la nuova Libia.

Ma chi sono «loro», i buoni del film? E come sarà la nuova Libia post-gheddafiana e quindi, presumibilmente, democratica, rispettosa delle libertà civili e dei diritti umani, etc, etc?

La Libia è un boccone troppo appetitoso e la fretta degli umanitari (guidati dal triste clown Napoleone Sarkozy) a correre in suo soccorso è un po’ sospetta. E lo Yemen? Il Bahrein? E la Birmania, perché no la Birmania? E perché no la Palestina? (La Palestina perché no e basta, si capisce.)
La scommessa dell’Occidente umanitario è a scatola chiusa. E rischiosa.

Perché i ribelli «civili» di Bengasi, ancorché (per ora) sconosciuti, hanno un documentato curriculum di fondamentalismo islamico, armato e militante (quindi anti-occidentale), o, al contrario, i volti più conosciuti, non sono quel che si dice una garanzia.

Dice Massimo Introvigne, rappresentante dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) per la lotta contro razzismo, xenofobia e discriminazione: «Si conoscono alcuni nomi di capi di origine tribale che sembrano in posizioni di forza nel cosiddetto governo provvisorio di Bengasi, il Consiglio nazionale libico. Si sa per esempio che il suo segretario è Mustafa Mohammed Abud al Jeleil, che fino al 21 febbraio era il ministro della giustizia di Gheddafi e nel dicembre 2010 era stato inserito da Amnesty international nella lista dei più efferati responsabili di violazioni dei diritti umani del Nord-Africa». L’altro uomo forte dei ribelli «civili» di Bengasi è «il generale Abdul Fatah Younis, già ministro dell’interno di Gheddafi e prima capo della famigerata polizia politica del regime»... Personaggi, conclude Introvigne, che «non sono "i sinceri democratici" dei discorsi di Obama, ma alcuni tra i peggiori arnesi del regime di Gheddafi, che aspirano a cacciare il colonnello per mettersi al suo posto».

Arnesi riciclati del gheddafismo che saranno spazzati via dai «giovani rivoluzionari» e dai vecchi democratici sopravissuti al gheddafismo? Forse. Speriamo. Ma è un fatto che la Libia, e l’est della Libia, risultano essere il primo esportatore al mondo pro-capite (ovvero in rapporto alla popolazione) di cambattenti e «martiri» («suicide bomber», leggi kamikaze) in Iraq. Di più di quelli venuti da qualsiasi altro paese arabo-islamico e anche dall’Arabia saudita, culla di Bin Laden e dei terroristi dell’11 settembre,

Questi dati non vengono da Gheddafi, che per sua comodità attribuisce la rivolta dell’est a al Qaeda, ma dal Combating Terrorism Center di West Point, dal data base del Pentagono e dai cablo diffusi (ieri) da Wikileaks. I dati di West Point e del Pentagono si basano sui «Sinjar documents», trovati dalle forze Usa nell’ottobre 2007 in un raid in questa località al confine Iraq-Siria, e dipingono uno «scenario allarmante» sui ribelli libici di Bengasi e Derna.

Dei 700 jihadisti, la cui entrata in Iraq è stata «censita» (per nazionalità) fra il 2006 e 2007, il 19% veniva dalla Libia, in particolare da Derna (il 60%) e Bengasi (24%) che vantano molti «Afghan veterans» fra le loro fila. Derna è la prima fonte di jihadisti in Iraq, 52 contro i 51 di Ryadh (ma la città della Cirenaica ha 80 mila abitanti, la capitale dell’Arabia saudita 4 milioni), seguite da Mecca e da Bengasi. Anche fra i kamikaze censiti i «martiri» libici sono i primi, 85% contro il 56% degli altri.

Stesso scenario dipinto dai cablo di Wikileaks: l’est libico come terreno fertile per il radicalismo islamico. E Vicent Cannistraro, ex capo della stazione Cia in Libia, sostiene che fra i ribelli ci sono molti «estremisti islamici capaci di creare problemi» e che sono «alte le probabilità che gli individui più pericolosi possano avere influenza nel caso dovesse cadere Gheddafi». Auguri.

Il Manifesto del 23/03/2011

Messaggi

  • E se i buoni si chiamassero Berlusconi? (Neanche tanto se).

  • Ce lo ricordiamo l’UCK degli albanesi del Kosovo, presentati a casa nostra come combattenti per la libertà mentre a casa loro si finanziavano col traffico di organi, attaccavano i civili serbi a scopo di provocazione e buttavano le fondamenta di uno stato mafioso?

    Con questo non voglio calunniare tutta l’insurrezione libica. Se fossi libico ora starei combattendo contro Gheddafi, ma questa visione da cartone animato dei buoni e dei cattivi è ridicola.

    Franz

    • Era ora che qualcuno ponesse questi dubbi, supportandoli in maniera obbietiva e puntuale, dubbi che io avevo posto già da tempo dicendo che con questo tipo di ribelli si poteva passare dalla padella alla brace , invece i vari K., Raf ,Trosko e compagnia , tiravano dritti in maniera manichea sulla situazione libica basandosi piu’ su atti di fede , di parte e proclami tromboni, che dati obbiettivi
      Soprattutto avevo fatto notare la differenza che ogni giorno di piu’, si rendeva manifesta ,con le altre rivoluzioni.
      Ringrazio Maurizio e spero che i suddetti e gli altri, si leggano questo intervento
      Mi immagino ora che si minimizzi ,ma certamente da parte loro è un essere cascati come pivelli, nella campagna di propaganda propedeutica filo ribelli, del tutto simile a quella appunto pro UCK (di un delinquente come Taci,)che ha inventato bufale tipo kossovari sciolti nell’acido dai cattivoni serbi ecc,Con questo nessuno vuol dire che Gheddafi sia degno di restare al suo posto e che non sia da combattere ma senz’altro come giustamente dice Franz la visione dei sopraccitati, era da cartone animato.Ora occupiamoci dell’emergenza e andiamo numerosi in piazza il 2 aprile che su questo non ci piove
      Alex

    • Caro Alex, nessuno, a mio sapere, ha scritto che i rivoltosi son tutti rivoluzionari, ma che scegliendo da che parte stare nel conflitto libico, non si può stare con Gheddafi, nè con gli occidentali, e allora viste le forze in campo, si solidarizza con i settori tra i rivoltosi, che tentano di favorire una politica rivoluzionaria.
      Anche in Egitto ed in Tunisia, tra i rivoltosi ci sono uomini legati al vecchio regime che tentano di soffocare le rivolte, favoriti dagli occidentali.
      E la stessa cosa averrà in Siria ed ovunque ci saranno rivolte.
      Favorire i settori di classe tra i ribelli e osteggiare i filo-occidentale e gli integralisti.
      Proclami tromboni? Atti di fede? Pivellini?
      Vedi un poco tu, l’importante però è spiegare le altrui posizioni senza snaturarle, io e te, sulla Libia, abbiamo differenze sostanziali, ma se ti definissi per verve polemica un seguace di Gheddafi, sbaglierei e di molto.

      Sarebbe come il non tenere in conto che poi scrivi:Con questo nessuno vuol dire che Gheddafi sia degno di restare al suo posto e che non sia da combattere ..............

      Per affrontare , come tu stesso affermi l’emergenza e le manifestazioni antiguerra serve ben altro approccio,
      Le differenze esistono, e questo è un dato di fatto, ma il cartone animato, permettimi, non ci appartiene, e questo vale per tutti, nessuno escluso, anche perchè altrimenti il confrontarsi, sarebbe si, una gran perdita di tempo.
      Non mi spaventano le differenze, ma i sissignore che han devastato larghi settori della sinistra, ed anche della sinistra di classe.
      Detto questo, ti saluto con la stessa sincerità di sempre.

      Enrico Biso

    • Caro Enrico, ti posso assicurare che non ho affatto pensato a te quando ho scritto di proclami tromboni ecc,per poco che ci conosciamo ho avuto subito l’impressione di discutere con una persona corretta ,che sa il fatto suo ,persona che ,se anche puo’ avere una posizione differente dalla mia, la sa argomentare molto bene e la discussione puo’ essere proficua.Purtroppo ripeto, altri che intervengono a pioggia ,sono evidentemente ben diversi ed evidentemente conosciuti per questo loro modo di fare , tanto che non sono stato solo io "nuovo" a dirlo Reticenza a rispondere a tono,affermazioni perentorie ed non supportate , chiaramente smentite dall’evidenza di quanto emerge col passare dei giorni ,insomma troppi "also sprach Zarathustra"di persone che si basano piu’ su dei dogmi ideologici di supposte appartenenze , che sul ragionamento e la prova dei fatti e che soprattutto, prendono la discussione come una affermazione di personalità ,piu’ che ricerca dell’obbietività. Basta con queste divisioni di partenza fra supposte visioni trotzkiste ,staliniste,ecc e cerchiamo di arrivare insieme ad una conoscenza reale ,e piu’ possibile informata di quanto accade e vedere se, in questa crisi ,chi sono e soprattutto se ci sono, "i nostri"cosa che a me non sembra.Scusate se come sempre ,scrivo così di getto tralasciando puntegiatura ecc,rileggendomi ,mi vergogno sempre della sintassi ma non sono molto abituato ad adoperare la penna,Un caro saluto
      Alex