Home > Libia. Mobilitiamoci contro la guerra della NATO!

Libia. Mobilitiamoci contro la guerra della NATO!

Publie le martedì 22 marzo 2011 par Open-Publishing
1 commento

A 12 anni dalla “guerra umanitaria” della NATO che dal 24 marzo 1999 bombardò la Serbia per tutta la primavera per riportarla, come dichiarò il generale Wesley Clark, indietro di mezzo secolo, le potenze imperialiste fanno altrettanto con la Libia, cento anni dopo l’invasione italiana. È questione di qualche giorno, se non di ore.

Sotto il pretesto di salvare le popolazioni civili, e con la pezza d’appoggio di una risoluzione del consiglio di sicurezza dell’Onu (10 a favore, 5 astenuti: Brasile, Cina, Russia, India, Germania) riscaldano i motori dei Tornado. In prima fila questa volta ci sono Francia, Inghilterra e gli USA, con la Clinton, pronta ad eguagliare e superare le imprese del coniuge che bombardò la Serbia, sostenuto dalla dama di ferro Madeleine Albright.

Come allora, nel 1999, anche ora si è messa in moto la macchina infernale delle menzogne mediatiche e della demonizzazione del “dittatore” di turno per giustificare l’aggressione militare a un paese ricco di petrolio e porta per l’Africa centrale (il continente dove già da tempo si è scatenata la contesa tra potenze per una sua ripartizione neocoloniale). Gli stessi che perorano l’urgenza improcrastinabile della guerra umanitaria contro la Libia, non hanno mai levato la voce neppure per deplorare la violenza di Israele che si è abbattuta nel dicembre 2008-gennaio 2009 sulla popolazione di Gaza, prigione a cielo aperto per i palestinesi, e che haa provocato migliaia di vittime; né si preoccupano per la violenza omicida dei governi del Bahrein o dello Yemen, dove l’Arabia Saudita (uno stato che porta il nome di una dinastia!) interviene con le sue truppe contro i manifestanti. Sono le stesse petromonarchie – dagli Emirati all’Arabia – legate a filo doppio con gli USA, che inviano armi e truppe agli insorti contro Gheddafi. I quali – quale che sia la loro coscienza soggettiva (tra essi troviamo ex ministri e alti funzionari della Jamahiriya) – sono lo strumento di cui si servono le forze imperialiste per mettere le mani sul paese, non solo per le sue importanti risorse energetiche, ma per la sua collocazione geografica strategica per il Mediterraneo e per l’Africa.

Nelle condizioni concrete della Libia l’imposizione di una “No fly zone” implica un bombardamento militare ad ampio raggio. Come concordano molti esperti, l’attuazione di una no fly zone sulla Libia dovrebbe cominciare con un attacco, “nel senso – spiega l’ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Leonardo Tricarico – che occorre neutralizzare i mezzi antiaerei nemici, cioè distruggere radar e postazioni missilistiche. Noi questa capacità, cosiddetta SEAD, cioè ‘soppressione delle difese aeree nemiche’, ce l’abbiamo ed e’ costituita dai caccia Tornado: l’abbiamo fatto in Kosovo insieme ai tedeschi e dopo tre giorni non volava più un aereo serbo”.

L’Italia potrà mettere a disposizione questi assetti aerei, eventualmente insieme ai caccia F-16 ed Eurofighter, idonei per il pattugliamento e la sorveglianza, oltre agli aeroplani Av8, di cui e’ equipaggiata la portaerei Cavour. Viene data per scontata la messa a disposizione delle basi aeree, specie quelle del centro-sud, sia per il rischieramento degli aerei di altri Paesi, sia per l’assistenza logistica. Gli aerei-radar Awacs, ad esempio, potrebbero essere dislocati a Trapani, che e’ specificatamente attrezzata per questo tipo di velivoli, ma basi idonee ad ospitare caccia sono tutte: da Grazzanise a Gioia del Colle. Si potrebbe ricorrere, in caso di necessità, perfino a Lampedusa o Pantelleria. Vi e’ poi un’altra capacità fondamentale, ricorda ancora il generale Tricarico, “che ha a che fare con l’intelligence e di cui e’ dotata l’Italia: si tratta della costellazione di satelliti Cosmo-Skymed che e’ completamente operativa e che ha una performance superiore a qualsiasi altro sistema esistente. Grazie a questi satelliti si può avere una rappresentazione fotografica ricorrente con definizione molto alta, quanto di meglio ci sia oggi in circolazione”. Agli stessi fini possono essere impiegati anche gli aerei senza pilota (droni) ‘Predator’, che sono dotati di grande autonomia e che potrebbero essere pilotati dalla loro base di Amendola, in Puglia.

L’Italia - le regioni meridionali in particolare - è direttamente coinvolta. Il governo mette a disposizione uomini e mezzi, sistemi radar e basi militari. Il ministro della guerra Larussa, memore di “Tripoli bel suol d’amore … Tripoli sarà italiana, sarà italiana al rombo del cannon!” offre la disponibilità di sette basi militari, "senza nessun limite restrittivo all’intervento" Si tratta di Amendola, Gioia del Colle, Sigonella, Aviano, Trapani, Decimomannu e Pantelleria: alcune, dice ancora La Russa, sono già state chieste da inglesi e americani. "Abbiamo forte capacità di neutralizzare radar di ipotetici avversari, e su questo potrebbe esserci una nostra iniziativa: possiamo intervenire in ogni modo" [“La repubblica”].

Salvo qualche defezione da una parte e dall’altra (Lega e IDV), tutto il parlamento, governo e opposizione “democratica”, indossa l’elmetto di guerra.

Bersani, segretario del PD, rincara la dose: dopo aver quasi bacchettato l’ONU per aver ritardato di qualche giorno la decisione, dichiara che lui e il suo partito sono “pronti a sostenere il ruolo attivo dell’Italia. Il governo conosce la nostra disponibilità, noi chiediamo soltanto che in queste ore non ci siano dichiarazioni estemporanee e contraddittorie. Bisogna parlare con gli altri Paesi disponibili e con la Nato. Nessuno faccia lo stratega, questa è una cosa seria" [ADN Kronos].

Non è da meno il presidente Napolitano, quello che dovrebbe difendere la Costituzione (art. 11: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo). Nel suo intervento al Teatro Regio di Torino nell’ambito delle celebrazioni per il 150° dell’Unita’ d’Italia – occasione solenne – ha detto: ’’Nelle prossime ore l’Italia dovrà prendere decisioni difficili, impegnative sulla situazione che si e’ venuta a creare in Libia. Ma se pensiamo a quello che e’ stato il Risorgimento come grande movimento liberale e liberatore, non possiamo rimanere indifferenti alla sistematica repressione di fondamentali libertà e diritti umani in qualsiasi Paese. Non possiamo lasciare che vengano distrutte, calpestate, le speranze che si sono accese di un risorgimento anche nel mondo arabo, cosa decisiva per il futuro del mondo. … Mi auguro che le decisioni da prendere, siano dunque circondate dal massimo consenso e dalla consapevolezza dei valori che l’Italia unita incarna e che dobbiamo salvaguardare ovunque’’ [ANSA]. Anche nel 1911 era passato solo mezzo secolo…) il Risorgimento fu tirato in ballo per la guerra di Libia, insieme con la retorica pascoliana della “grande proletaria si è mossa”. Oggi si fa l’interventismo – o meglio, l’imperialismo – democratico e la “guerra umanitaria”…

Nessuno accenna all’unica proposta internazionale seria, quella del presidente venezuelano Chavez e dei paesi progressisti latino americani, per una mediazione tra le parti in conflitto. La pace non va bene alle potenze che in concorrenza tra loro vogliono riprendersi “il posto al sole”. Questa guerra interna alla Libia è stata alimentata dalle potenze che ora dicono di voler portare pace e democrazia: agli insorti di Bengasi arrivano armi ed equipaggiamento, e consiglieri militari delle potenze occidentali. Si alimenta la guerra interna per giustificare l’aggressione esterna. Vecchia storia…

Contro la partecipazione dell’Italia alla guerra di Libia si è espresso il presidente della Federazione della Sinistra Oliviero Diliberto, segretario del Pdci e Paolo Ferrero del PRC.

Cominciano a mobilitarsi in diverse città le reti militanti contro la guerra.

Andrea Catone. Lisbona, su l’Ernesto Online del 19/03/2011

Messaggi