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Mettiamoci in gioco!
par Claudio Grassi
Publie le venerdì 14 ottobre 2011 par Claudio Grassi - Open-PublishingQuella che segue è la trascrizione del mio intervento al dibattito tenutosi a Napoli con Bertinotti, De Magistris, Latorre e Greco nel corso della tre giorni organizzata da Essere Comunisti “Lavori in corso a sinistra”. Alla fine del mio intervento troverete il link audio per ascoltare anche gli interventi degli altri relatori. L’iniziativa, nel suo complesso, è stata positiva ed ha fatto emergere come un dibattito sulle scelte più importanti da prendere nel prossimo futuro, sia presente in tutte le forze che hanno partecipato al seminario. C’è bisogno di discutere, non di alzare steccati.
Innanzitutto, sulla domanda relativa a Rifondazione Comunista come “residuale e indentitaria, che non discute” non c’e bisogno che io mi dilunghi. L’organizzazione di questa discussione, che è la prima a venire organizzata tra le forze della sinistra di alternativa, con protagonisti di tutti i soggetti politici, è una risposta che va in una direzione che smentisce questo luogo comune.
Spero che questi incontri abbiano una continuità. Spero che vengano promossi anche da altre forze politiche della sinistra di alternativa, perché se c’è una cosa che non possiamo permetterci è appunto quella di pensare che “di questo o quel soggetto si può fare senza perché, tanto, io ho già capito tutto e non ho bisogno di confrontarmi e misurarmi”.
Sono contento di questo dibattito, del fatto che sia stato organizzato e – concedetemi una battuta – che ad organizzarlo sia stata tra gli altri una componente di Rifondazione che, all’interno del PRC e nella sinistra italiana, viene considerata identitaria. Guardate un po’ che paradossi che accadono nella politica italiana!
Credo, quindi, che questo sia un luogo comune. Rifondazione Comunista si vuole mettere in gioco. Vuole stare nella contesa politica e non ha scelto né una condizione di ritagliarsi uno spazio esclusivamente identitario, né una collocazione fuori dal gioco politico. Cerchiamo, quindi, anche su questo, di confrontarci e non di andare avanti con dei luoghi comuni.
Io ho apprezzato il fatto che Nichi Vendola, alcuni mesi fa, abbia detto “smettiamola con i risentimenti, facciamo funzionare i sentimenti”, perché dopo il Congresso di Chianchiano e la scissione che ne ha fatto seguito, tra le due forze politiche si è andati avanti con un rapporto che non è stato propriamente politico.
Guardiamo avanti. Io, rispetto alle questioni che sono state poste questa sera, anche dall’intervento iniziale di Bertinotti, condivido alcune riflessioni. In particolare sulla necessità di cercare di capire perché siamo in questa crisi, della scarsa capacità di incidere da parte delle forze della sinistra, della distanza che si è determinata tra noi e la società. Su questo ha detto della cose molto interessanti anche il sindaco di Napoli. Tutte considerazioni che dobbiamo approfondire e vedere cosa possiamo fare per migliorarle. Io però voglio mettere i piedi nel piatto e parlare di cose un po’ più terra terra. E nel fare questo, su alcuni passaggi, non sarò molto diplomatico. Intanto una battuta sull’ultimo riferimento di Latorre: ci vuole una nuova legge elettorale. Perfetto! Non solo perché colui che ha fatto quella attuale l’ha definita una “porcata”, ma perchè abbiamo visto concretamente cosa significhi una legge elettorale come quella attualmente in vigore. (Alla fine del post vi e’ il link per ascoltare tutto il dibattito e il link dell’articolo apparso su Liberazione).
C’è un piccolo problema, però: si vuole togliere una legge elettorale e per farlo si promuove un referendum per proporne un’altra al suo posto che, se vogliamo essere onesti e obiettivi tra di noi, non è molto migliore. Se le parole hanno un senso dobbiamo chiarirci: perché il Porcellum non va bene? Perché ha un premio di maggioranza vergognoso e perché le segreterie dei partiti decidono chi è eletto in Parlamento e i cittadini non possono scegliere i rappresentanti, perchè non ci sono le preferenze.
Ebbene, il Mattarelum su tutte e due queste questioni ha esattamente gli stessi limiti: siccome nei collegi uninominali si vince anche con un solo voto in più , di fatto una forza politica può conseguire un premio di maggioranza mostruoso, anche più alto di quello determinato dal Porcellum; e per quanto riguarda il 25% di quota proporzionale, anche con il Mattarellum non ci sono le preferenze.
Tra l’altro al presidente dell’IdV, Di Pietro, che ha sostenuto con grande forza la raccolta delle firme, vorrei ricordare che questa legge, che lui sostiene, non è vero che determina il fatto che nei collegi uninominali sono i cittadini che scelgono gli eletti e non le segreterie dei partiti. Di Pietro dovrebbe ricordarsi che venne eletto con il Mattarellum nel collegio del Mugello e non nel suo collegio del Molise, perchè i DS lo candidarono in un collegio ultrasicuro dove chiunque veniva catapultato diventava un parlamentare.
Cosa è successo in questo passaggio? C’è una legge elettorale che e’ pessima e che viene dopo un’altra legge elettorale negativa. Era emersa una proposta interessante, che finalmente diceva “dopo 18 anni di ubriacatura maggioritaria, proviamo a riprendere in considerazione la proporzionale” (proposta Passigli): ed è l’unica proposta in campo che sparisce, ritirata dagli stessi che l’hanno lanciata. Ed oggi molte persone, in totale buona fede – perché io rispetto il milione e duecentomila cittadini che lo ha fatto – hanno firmato contro qualcosa e per avere una legge elettorale che, a differenza di quello che hanno loro raccontato, non servirà per nulla a scegliere i candidati.
Ma soprattutto su un’altra questione io non voglio essere diplomatico: se nonostante tutto quello che è accaduto e che ha fatto – di negativo, di impopolare, di palesemente, appunto, non positivo, non solo agli occhi della sinistra, ma in generale della popolazione – questo governo è ancora lì e se nonostante il discredito che ha maturato sulla sua persona – producendo di conseguenza un danno al nostro Paese anche a livello internazionale – il presidente del Consiglio Berlusconi è ancora lì, vuol dire che un qualche problema nell’altro campo c’è stato.
Perché è impressionante che non si sia ancora riusciti a produrre un’iniziativa per farlo cadere. E qui, appunto, io non voglio e non posso essere diplomatico.
Nel senso che io credo che in una situazione dove è successo quel che è successo, noi abbiamo avuto un’opposizione parlamentare che non ha prodotto un’iniziativa adeguata per condizionare diversamente questa situazione. Io parlo, Latorre, al PD perché è la forza più importante dell’opposizione parlamentare. Se ancora oggi, dopo tutto quello che è successo, dopo tutto quello che hanno fatto Berlusconi e questo governo, dopo il fatto che la maggioranza si è spaccata in due come una mela (non dimentichiamo la rottura tra Fini e Berlusconi), se ancora oggi il PD non riesce a dire una parola chiara sul fatto che questo governo se ne deve andare e che bisogna andare al voto, allora è del tutto evidente che la situazione difficilmente riesce a produrre un risultato.
Se di fronte al fatto che c’è un governo che produce queste politiche economiche e abbiamo, per fortuna, un sindacato che riesce a mettere in campo delle mobilitazioni e ad organizzare degli scioperi e quando c’è quello generale della CGIL il PD non riesce ad appoggiarlo, è evidente che c’è un altro problema.
E’ addirittura arrivata la lettera dalla BCE e giustamente Latorre ci diceva che è un po’ singolare e succede solo al nostro Paese che venga recapitata una lettera dalla BCE con scritto cosa bisogna fare per uscire dalla crisi. C’è però un piccolo problema. Letta, vicesegretario del PD, ha detto testualmente che questa lettera è una lettera che va presa seriamente in considerazione e abbiamo visto che c’è una discussione anche all’interno del PD. Quindi, quando noi ci chiediamo: “come mai non si riesce a produrre una caduta del governo e non si va ad elezioni anticipate?”, io credo che ci sia una grande responsabilità da parte della più grande forza di opposizione.
Ma io non voglio nemmeno essere indulgente nei confronti nostri. Parlo del comportamento della “opposizione extraparlamentare”, della sinistra radicale, perché penso che, pur con minore responsabilità – anche per consistenza – pure noi non siamo stati all’altezza della situazione. Ci siamo esclusivamente frammentati: in questi venti anni abbiamo provato a ricostruire una forza della sinistra di alternativa – noi diciamo comunista e anticapitalista – dopo lo scioglimento del PCI, ma concretamente quello che si è prodotto è che ogni due o tre anni questa forza si è divisa.
Congressi dove si presentano mozioni, mozioni che si trasformano in partiti, con il risultato concreto che non ci sono mai stati così tanti soggetti della sinistra di alternativa, che, pero’, contano poco perché sono divisi e frammentati!
Come Rifondazione Comunista abbiamo cercato di dare una risposta in positivo a questo problema dando vita alla FdS, ma, dobbiamo riconoscere che, pur essendo un primo passo necessario, è ancora del tutto insufficiente.
C’è però anche un altro elemento che non paga e non risolve questa nostra criticità, e qui io voglio essere molto chiaro nei confronti del mio amico Nichi Vendola. Domando: ma noi, con questa situazione, con questa crisi economica, con questi problemi di rappresentanza della sinistra, noi pensiamo veramente che la via di uscita per ricostruire una forza politica della sinistra di alternativa sia quella di affidarsi al fatto che ci fanno fare le primarie e che a queste primarie c’è una personalità che ha una capacità carismatica di intercettare un consenso? E’ questa la strada per ricostruire la sinistra di alternativa? Io credo che sia un clamoroso errore anche questo. Dobbiamo fare altro e dentro questa situazione c’è l’elemento di positività che qui veniva ricordato da Airaudo e da De Magistris, su cui costruire la nostra proposta credibile, e cioè: nonostante questa situazione abbastanza desolante di una sinistra parlamentare che non riesce a dire che questo governo non va bene chiedendo le elezioni anticipate e una sinistra extraparlamentare che non riesce a fare massa critica, nonostante tutto ciò il popolo della sinistra non si è rassegnato, non viviamo in un Paese pacificato. Infatti – partendo dal 16 ottobre dello scorso anno della Fiom, passando per il 6 di settembre con lo sciopero della CGIL, arrivando poi al 15 ottobre – abbiamo un Paese che ha tenuta alta una capacità reattiva. Questa è la nostra vera forza, all’interno della quale noi ci dobbiamo buttare per rimescolare le carte e fare uscire da lì una forza capace di essere attrattiva e propositiva.
Questo è l’elemento significativo della fase che stiamo vivendo e questo ci spiega il risultato straordinario che è avvenuto nei mesi scorsi: il primo, i referendum. Come è possibile che un referendum come quello dell’acqua, che viene promosso sostanzialmente da comitati e sostenuto da due forze politiche assolutamente minoritarie, riesca a raccogliere oltre un milione di firme e convinca 27 milioni di cittadini italiani?
Secondo: come è possibile, se è vero quello che ci raccontano anche molti dirigenti autorevoli del centrosinistra, che per vincere le destre bisogna moderare il proprio profilo, bisogna proporre dei candidati moderati, bisogna costruire dei programmi minimali e che guardano al centro, come è possibile che a queste elezioni amministrative, a Milano, a Napoli, a Cagliari vincano dei candidati non “di sinistra così tanto per dire”, ma con un profilo nettamente di sinistra e con programmi fortemente alternativi?
E dunque, questa litania che per vincere bisogna guardare al centro, moderarsi, rinunciare alle proprie idee, essere quello che non si è, dobbiamo lasciarcela alle spalle. Forse questo è il punto sul quale noi possiamo entrare dentro un ragionamento, in vista delle prossime elezioni ma non solo, e cioè connettendo questa reattività del popolo della sinistra, questo elemento di maturazione che è entrato nel popolo della sinistra su delle proposte più radicali, perché il contesto della crisi esaspera la situazione. Io credo che qui ci può essere la risposta e la possibilità di uscire dalla minorità, di rompere quel recinto, perché l’ambizione deve essere duplice: dobbiamo avere un profilo di sinistra ma anche incidere nella politica. Io penso, per concludere e per rispondere alla domanda di Greco, che di nuovo non possiamo banalizzare e fare la caricatura delle nostre posizioni. Non è che a noi non interessi andare al governo. Non è che noi siamo contrari a partecipare ad un governo che faccia riforme e attui politiche che vanno nella direzione delle masse popolari, dei lavoratori, dei giovani precari. Noi vorremmo fare questo, però non possiamo rimuovere i problemi che ci sono stati e i problemi che ci sono ancora, facendo finta di nulla. Vogliamo parlare dell’Europa concretamente, oltre alle grandi strategie?
Ma vi ricordate cosa si diceva qui in Italia, non da parte del PD, ma da parte della sinistra radicale, due anni fa, di Zapatero? Era la nuova icona della sinistra di alternativa nel mondo e in Europa. Cosa è rimasto di questa icona oggi? Sostanzialmente nulla. Perché la scelte politiche che ha attuato il governo spagnolo, mentre sono state positive sui temi dei diritti civili, sulle questioni economiche non ha voluto (per certi versi non ha potuto, rimanendo dentro a quel recinto) attivare politiche alternative.
Le difficoltà ci sono tutte. Le difficoltà le ha Obama. Quindi come facciamo noi a rimuovere queste cose, a non ripetere per la terza volta quello che è avvenuto nel rapporto tra sinistra di alternativa e governo, non in Spagna, ma in Italia, nel nostro Paese? Questo è il punto. Non banalizziamo. Noi non abbiamo mai detto che non vogliamo fare parte di una coalizione per battere Berlusconi. Noi diciamo che, stante questo centrosinistra, se non ci sono elementi di novità che emergono nella discussione sul programma, non ci sono le condizioni per una forza di sinistra di alternativa di entrare nell’esecutivo. Ciononostante non ci sottraiamo affatto a far parte di una coalizione democratica che abbia l’obiettivo di battere Berlusconi.
E chi oggi ritiene di dover accedere subito a quella condizione, cioè entrare nel governo a prescindere, credo che affronti la cosa un po’ alla leggera: mi si deve spiegare, concretamente, in termini di rapporti di forza, la differenza tra il 2006, quando non ce l’abbiamo fatta con Prodi e con una rappresentanza di oltre 100 parlamentari, e oggi. E io non vedo significativi cambiamenti all’interno del PD e del centrosinistra. Detto questo non dobbiamo sottrarci alla discussione. Rifondazione Comunista ritiene che si debba fare un percorso programmatico per vedere cosa si riesce ad ottenere. Infatti, proponiamo che anziché cimentarci sulle primarie “delle persone”, alle quali poi magari accederemo, sarebbe il caso, prima, di effettuare primarie “di programma”. Perché, prima di votare qualcuno, sarebbe opportuno sapere cosa dice sulla precarietà, sulla guerra, etc,. Una discussione partecipata sul programma potrebbe essere lo strumento che ci consente di far entrare in questo percorso quel popolo della sinistra che ha vinto i referendum, che ha fatto vincere i candidati di sinistra alle amministrative.
Altrimenti tutto diventa molto difficile. E’ una sfida: noi ci mettiamo il nostro impegno. Quello che chiediamo, nei nostri confronti, è di non fare la caricatura della nostra posizione.
ARTICOLO: L’alternativa come progetto di svolta radicale è possibile – di Tonino Bucci
http://www.claudiograssi.org/wordpress/2011/10/mettiamoci-in-gioco/