Home > Passato e futuro, guerra e pace nel Guatemala di oggi
Passato e futuro, guerra e pace nel Guatemala di oggi
Publie le venerdì 9 aprile 2004 par Open-Publishing
di Alessio Ciacci
La sconfitta di Montt e la crisi dell’FRG
Le elezioni presidenziali guatemalteche dello scorso novembre avevano portato Oscar Berger, risultato poi il vincitore, e Alvaro Colom, al ballottaggio escludendo, così, la possibilità che l’ex dittatore Rios Montt, potesse concorrere alla più alta carica dello stato.
La costituzione vietava, e vieta tutt’oggi, ad ex dittatori di partecipare alla sfida democratica per la poltrona presidenziale ma l’FRG, partito da lui fondato e al governo dal ‘99, per candidare Montt aveva fatto l’impossibile corrompendo e minacciando giudici costituzionali. La “campagna elettorale” ha visto l’organizzazione anche di una due giorni di terrore e violenze dove, centinaia di uomini, per lo più mercenari, incappucciati ed armati, avevano preso letteralmente possesso della capitale.
In quei due giorni, il 24 e 25 Luglio scorso, molti deputati dell’FRG, tra cui familiari e collaboratori di Montt, anche loro incappucciati e ben armati, avevano preso parte alle turbe, spesso dirigendone gli spostamenti o capeggiandone gli accerchiamenti agli edifici governativi costituzionali.
In quei due giorni le forze di polizia e l’esercito, sotto la guida dello stesso partito al governo, l’FRG, non intervennero né per placare le sommosse né difendere i passanti o i giornalisti aggrediti dalle minacce o dalle percosse dei “manifestanti”.
In quelle ore di violenza Hector Ramirez, rinomato giornalista della stampa guatemalteca, aveva perso la vita, la capitale si era paralizzata e la popolazione guatemalteca impaurita ricordava con panico gli anni delle dittature militari.
L’FRG con questo atto criminale aveva ottenuto, pochi giorni dopo, il via libera dalla Corte Costituzionale per candidare Rios Montt alle elezioni
Nei mesi precedenti le elezioni, i manifesti del “Generale Montt” tappezzavano i centri urbani e le campagne di tutto il paese.
Gli affiliati del partito procedevano alla compra di voti o, altre volte, direttamente alle minacce di intere comunità per garantirsi la vittoria ma, le elezioni, hanno sancito una pesante sconfitta per Rios Montt.
L’ex dittatore ha perso così l’incolumità parlamentare e, nelle scorse settimane, è stato posto agli arresti domiciliari per le violenze da lui organizzate nella capitale a fine Luglio.
Sebbene le richieste di giustizia, da parte della società civile, si facciano sempre più forti, Montt rimane ancora oggi impunito per gli efferati crimini contro l’umanità commessi durante la dittatura militare. Una dittatura che segnò un clamoroso incremento della politica di terrore e di genocidio contro la popolazione indigena e che rimane una delle pagine più tristi della storia del Guatemala.
Il peggior genocidio, quello guatemalteco, subito dalla popolazione indigena dell’America Latina dopo quello della conquista del continente.
Su questo terribile evento storico hanno fatto luce un rapporto dell’ONU (“Memoria del Silenzio”) ed uno della Chiesa Cattolica (“Nunca Mas”) ma anche le preziose testimonianze di Rigoberta Menchù pubblicate negli anni ’80.
La popolazione indigena è stata quella che ha sofferto, in primis, il terrore di quegli anni e ancora oggi, oltre ad essere senza giustizia e senza un giusto risarcimento, continua a subire forti discriminazioni, violenze e povertà.
Berger, il nuovo presidente della Repubblica, in campagna elettorale ha fatto molte promesse in favore della popolazione indigena e degli Accordi di Pace (mai rispettati dai governi che lo hanno preceduto) e vedremo, nei prossimi mesi, se riesce a mantenere queste promesse.
Montt è uscito dunque sconfitto dalla sfida elettorale e sebbene il suo partito abbia ottenuto la maggioranza dei deputati in parlamento (45 contro i 43 del Gana, partito di Berger) oggi l’FRG sta attraversando la peggiore crisi dalla sua formazione: 11 deputati efferegisti, in meno di tre mesi di nuovo governo, si sono dichiarati indipendenti, riducendo a 34 i voti del partito nell’organo legislativo.
L’ex presidente Portillo fugge dal Guatemala
Dopo poche settimane dall’entrata in carica del nuovo governo guatemalteco Portillo, ex presidente della Repubblica, perdendo definitivamente l’immunità parlamentare è stato incriminato per corruzione assieme ai suoi più stretti collaboratori accusato di aver girato su conti bancari panamensi ingenti somme del bilancio statale.
La Corte Costituzionale ha subito revocato anche l’immunità parlamentare connessa alla sua carica di deputato del Parlamento CentroAmericano (come vengono nominati tutti gli ex-presidenti dei paesi centroamericani) e Portillo, in poche ore, è fuggito prima in El Salvador e poi in Messico.
Presto si sono mossi anche gli Stati Uniti che, sebbene in passato abbiano fortemente appoggiato Montt e la sua politica di terrore e genocidio, recentemente hanno preso le distanze da lui e dalla sua formazione politica e, nelle scorse settimane, hanno revocato il visto d’ingresso a Portillo ed ai suoi collaboratori.
Di recente sono state aperte indagini anche sulle responsabilità di Portillo durante le violente giornate di fine Luglio, durante le quali, lo stesso presidente, aveva omesso di inviare forze di polizia per ristabilire l’ordine nella capitale.
Il nuovo Governo
Oscar Berger, 57 anni, è il nuovo presidente della Repubblica del Guatemala dall’insediamento ufficiale del 14 Gennaio scorso.
Berger, candidato della destra moderata, durante la campagna elettorale aveva ricevuto l’appoggio dagli Stati Uniti e godeva dell’aiuto determinante della classe imprenditoriale penalizzata dal precedente governo populista dell’FRG.
La squadra di Ministri del nuovo Governo comprende solo due donne e soli due indigeni, una chiara esclusione politica della rappresentanza indigena, che da sola costituisce oltre il 60% della popolazione del Paese.
VicePresidente è Eduardo Stein, famoso intellettuale che avrà la direzione socio-economica del paese e da molti settori popolari è ben visto.
Il nuovo presidente governa oggi un Paese che esce distrutto da un trentennio di dittature e un decennio di governi che hanno impoverito ulteriormente la popolazione e polarizzato ancor più le ricchezze attraverso politiche conservatrici e neoliberiste.
Chi, fino ad oggi, ha subito più pesantemente discriminazioni politico-sociali-economiche è la popolazione indigena, scarsamente rappresentata in tutti i partiti politici, nei programmi di governo e dalle elite economiche, basti pensare che oltre il 20% dei nativi vive con una media di 5 dollari all’anno.
Il nuovo Presidente del Guatemala ha presentato un piano di lavoro per i primi 100 giorni di governo con 8 priorità sui temi di Economia, Politiche Sociali, Pace, Sicurezza e Diritti Umani, Lotta alla corruzione, Ammodernamento dello Stato, Infrastrutture e Sistema Elettrico; i 100 giorni stanno per scadere e si avvicina una verifica a 360° sulle azioni realizzate in questo primo periodo.
Le prime settimane di governo hanno visto l’attuazione di politiche spesso contrastanti riprese dalla stampa nazionale, tra questi la firma di due accordi con gli Stati Uniti.
Il primo accordo prevede l’invio di un contingente dell’esercito nazionale in Irak che si unirà alle truppe di Spagna, El Salvador, Honduras, Nicaragua e Repubblica Dominicana passata agli organi d’informazione come operazione di “aiuto umanitario e attenzione alla pace mondiale”.
Il secondo accordo con gli USA prevede invece l’autorizzazione all’entrata nel Paese di truppe statunitensi in pattuglie per “combattere il traffico di droga”, la stessa motivazione che da anni vede impegnate truppe USA in Colombia che in realtà hanno ben altri fini.
Berger sta inoltre impegnando il proprio esecutivo per velocizzare le pratiche di attuazione del Trattato di Libero Commercio tra America centrale e Stati Uniti, accordi di natura commerciale che impaurisco fortemente la popolazione contadina ed i settori più deboli della società, come già drammaticamente è successo in Messico.
Politiche di diversa natura attuate dal Gana (il partito al Governo) sono il rilancio dell’impegno per l’attuazione degli Accordi di Pace del ’96, linea su cui tanto aveva promesso lo stesso candidato Berger durante la campagna elettorale. Ciò è in assoluta controtendenza rispetto alle politiche dei governi precedenti che avevano ignorato quasi al 100% un tema tanto importante per il futuro del Paese.
A sorpresa, nelle scorse settimane, è stata poi nominata Rogoberta Menchù come ambasciatrice e collaboratrice del Governo per gli Accordi di Pace.
Nelle sue dichiarazioni la stessa Rigoberta si è dimostrata molto ottimista sul nuovo Governo e sulle possibilità di lavorare congiuntamente su una vera politica di rispetto e attuazione degli Accordi di Pace.
Anche Frank La Rue, presidente della Fondazione degli Antropologi Forensi del Guatemala, spesso minacciato di morte per l’attività di esumazione dei resti delle vittime politiche delle dittature militari (che realizza in collaborazione con altre realtà nazionali ed internazionali tra cui Conavigua e Mani Tese), è entrato a far parte dell’esecutivo nella Commissione Presidenziale dei Diritti umani.
A fine Marzo anche la stessa Rosalina Tuyuc, presidentessa nazionale di Conavigua, l’associazione nazionale delle vedove del Guatemala, è stata coinvolta da Berger a far parte della Commissiona Nazionale di Risarcimento per le vittime della repressione e del Genocidio.
Rosalina, in un’intervista a Prensa Libre, il quotidiano più diffuso in Guatemala, sottolinea la necessità di raddoppiare la cifra in bilancio statale prevista per le attività di risarcimento alle vittime e di coinvolgere un più elevato numero di familiari delle vittime del conflitto armato nei programmi di risarcimento.
Berger ha infine annunciato, nei giorni scorsi, una sostanziale riduzione del personale e del budget statale dell’Esercito che, durante il governo dell’FRG, aveva concesso grandi privilegi e finanziamenti anche superiori a quelli dei periodi di guerra interna.
Un bilancio, quello delle prime settimane di governo, dunque contraddittorio e che presenta tratti di profondo cambiamento ed innovazione ma, anche, la continuazione della linea conservatrice delle elite politiche figlie del vecchio colonialismo e che vedono negli USA il più fedele degli alleati.