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Per fortuna ci sono le/gli operaie/i
Con i risultati del referendum ricattatorio scrutinati questa notte
viene sconfitta l’immagine di una classe operaia italiana ormai
ripiegata su se stessa e incapace di sussulti di dignità.
Il piano Marchionne subisce una battuta d’arresto di fronte alla
volontà di un’amplissima fetta di operaie/i, proprio di quelle/i
destinate/i al montaggio delle sue macchine, di condannare i ritmi
imposti dal World Class Manufacturing e la cancellazione dei
diritti.
La fabbrica di Mirafiori, nonostante le tante batoste, nonostante
l’età media avanzata, nonostante l’ampiezza ultrabipartizan del fronte
avversario, nonostante anche alcuni tifosi del Sì mascherati
ipocritamente da sostenitori del No (leggi Cgil), produce un sussulto
di consapevolezza classista che supera il già importante risultato di
Pomigliano e che fa giustizia di tante chiacchiere.
Oggi nessuno può negare la valenza generale e la forza che i risultati
del voto del 14 gennaio assumono.
Quei risultati ribadiscono l’esistenza - ancora - di una vasta classe
lavoratrice irriducibile alla pura manovalanza nella globalizzazione
capitalistica. E l’esistenza di una consapevolezza diffusa nelle fila
di questa classe della contraddizione tra i propri interessi e i
progetti padronali, consapevolezza che sopravvive nonostante la caduta
dei sogni del Novecento, la sparizione dei partiti di massa, i decenni
di concertazione, la frammentazione sociale, i veleni razzisti e
leghisti, i tanti teorici della "sparizione della classe operaia".
Questa costatazione dovrebbe fare giustizia di tante chiacchiere sulla
necessità di accantonare la "resistenza" e di "ripartire da zero" sia
nei soggetti sociali da individuare, sia nelle pratiche da
intraprendere, sia nelle alleanze da sostenere.
Ovviamente i chiacchieroni sostenitori della sparizione della classe
operaia e dell’evaporazione della sua potenzialità anticapitalistica
proseguiranno nella loro legittima attività.
Certo, come sempre è stupido pensare di "sedersi sugli allori" anche e
soprattutto perché il voto di Mirafiori, per quanto straordinario, non
cancella la realtà e il peso delle sconfitte politiche e sociali di
questi anni.
Ma mostra, anche perché sappiamo quanti errori abbia commesso e, in
qualche caso, perfino continui a commettere la stessa Fiom, quanto
abbia positivamente inciso in questa vicenda l’atteggiamento più o
meno combattivo e classista di una direzione politico sindacale che
incoraggia e dà sponda alla irriducibilità della contraddittorietà
strutturale degli interessi di classe.
Anche qui c’è la differenza tra il risultato di Mirafiori e quello di
Pomigliano. Il referendum di giugno allo stabilimento "G.B. Vico" è
stato vissuto molto in sordina. In base a quella esperienza, ma anche
per lo svanire di ogni illusione sul carattere episodico della
operazione di Marchionne, la Fiom (e, sembrerebbe, anche i sindacati
di base) ha deciso di giocare la partita fino in fondo. Anche da
questo nasce la maggiore fiducia con cui tanti operai di Mirafiori
hanno avuto il coraggio e la dignità di classe di dire No.
Certo, anche quelle/i che hanno detto Sì sono operaie/i.
E’, sostanzialmente, la differenza tra classe "in sé" e classe "per
sé".
In 2.326 il 14 gennaio, a Mirafiori, scrivendo "No" hanno scritto "per
sé".
Grazie di esistere.
Fabrizio Burattini