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Per i lavoratori BNL il problema e’ il lavoro .....
Publie le martedì 23 agosto 2005 par Open-Publishing2 commenti
da "il manifesto" 21/8/2005
Caro Galapagos,
l’Ops del Banco di Bilbao è sembrata a molti come la migliore soluzione per quei problemi che da anni assillano la nostra banca: capitalizzazione inadeguata, scarsa efficienza, operatività «faticosa», maldestra gestione dei rischi.
I salvatori, pur offrendo solo carta e non denaro, sono importante realtà internazionale, tra i primi della classe nel settore per efficienza e redditività, arrivavano con un piano industriale credibile (con i numeri giusti al posto giusto) e si accreditavano presso i sindacati siglando un impegno a mantenere i livelli occupazionali ed a rispettare le regole in essere (ma potevano non farlo?) nell’ambito delle relazioni industriali. La soluzione è sembrata adeguata anche ai lavoratori (non va dimenticato il loro voto all’assemblea degli azionisti) ma l’entusiasmo è stato «pacato» perché moderato dalla storia. Due elementi per tutti:
– Il Bbva è direttamente impegnato nella gestione della banca da molti anni senza che questo abbia di molto migliorato l’efficienza e la redditività della nostra banca;
– Il recente aumento di capitale di oltre 1.200 milioni è stato tutto utilizzato a risolvere problemi di rischio ed a rendere nei fatti più «appetibile» la banca (che dopo anni ha chiuso in rosso l’ultimo esercizio).
A rompere le uova nel paniere basco è arrivata l’Unipol che, utilizzando in maniera spregiudicata le regole vigenti, ed affidandosi in larga parte all’indebitamento, ha costruito un’Opa con la dichiarata intenzione di dar vita al primo gruppo Bancario-Assicurativo del Paese. Apriti cielo, senza entrare nel merito del progetto, il cui livello di dettaglio peraltro non è ancora pubblico, è stato alzato da più parti, un intenso fuoco di sbarramento a tale iniziativa. Senza entrare nel dibattito, a mio avviso strumentale e fuorviante, dell’italianità dell’Unipol, piuttosto che dell’opportunità che il mondo della cooperazione investa in finanza piuttosto che in supermercati, o ancora sulla scarsa eticità di foraggiare con ricche plusvalenze i palazzinari d’assalto (se le avessero realizzate aderendo all’Ops del Bilbao?), va evidenziato che i più accesi oppositori a tale soluzione sono apparsi proprio la Dirigenza della banca ed i sindacati interni e di settore, con la Fisac-Cgil in prima fila.
Agli occhi di un lavoratore della Bnl tutto questo dibattito risulta poco interessante, se non addirittura «peloso». Il mio problema, come ritengo quello della maggioranza dei colleghi, è quello del posto di lavoro, del modo di lavorare, della valorizzazione delle risorse interne, in una banca che si sviluppa e cresce. Onestamente poco mi interessa il parere della sua Dirigenza che, oltre ad avere la responsabilità dell’attuale stato delle cose, ha immediatamente capitalizzato i benefit della propria posizione: come dimenticare infatti le ricche plusvalenze realizzate dall’esercizio immediato delle stock-options e le «piccate» rimostranze alla diffusione della notizia. Mi interessa invece che i sindacati facciano il loro mestiere che non è, a mio avviso, fare il tifo per una o l’altra soluzione, ma piuttosto valutare i fatti, ragionare sui documenti, e costruire una posizione condivisa con i lavoratori non attraverso volantini e/o interviste ma ricorrendo ai vecchi strumenti del dibattito e delle assemblee.
(un lavoratore della Bnl)






Messaggi
1. > Per i lavoratori BNL il problema e’ il lavoro ....., 29 agosto 2005, 14:50
ALLA FACCIA DELLA PRETESA DIFESA DELLA "ITALIANITA’" DELLA BNL CON LA QUALE BERLUSCONI, FAZIO, D’ALEMA, CONSORTE, FASSINO ECC. ECC. HANNO CERCATO DI DIFENDERE L’ INTERA OPERAZIONE !!!
L’Opa su Bnl
Se Consorte semina, Credit Suisse raccoglie
Ai finanziatori dell’operazione il private banking e accordi sui fondi.
di Marco Lo Conte Sole24ore 27/8/2005
P osto che l’Opa di Unipol su Bnl vada in porto e che non la impediscano o rallentino o impantanino le conseguenze delle inchieste giudiziarie avviate sull’acquisizione di Antonveneta; o che Consob mercoledì prossimo non giudichi insufficienti le specifiche sul senso, le finalità e le ricadute dell’operazione messa a punto da Giovanni Consorte, nel prospetto dell’offerta pubblica di acquisto; e che non vi si opponga, la Banca d’Italia cui spetta l’ultima parola in materia di acquisizione tra istituti di credito, sentito il parere dell’Isvap, l’autorità di vigilanza delle compagnie assicurative. Sempre che poi gli spagnoli del Bbva ( o altri) non decidano di rilanciare l’offerta ad un prezzo superiore, o che l’aumento di capitale all’ordine del giorno dell’assemblea straordinaria di Unipol di lunedì prossimo incontri qualche ostacolo.
Fatte dunque tutte queste premesse sulla riuscita dell’operazione, il vero vincitore della partita su Bnl si accinge ad essere in realtà Credit Suisse. L’istituto elvetico, in ragione degli accordi parasociali stipulati insieme ai giapponesi di Nomura con il gruppo capitanato da Giovanni Consorte, pare infatti destinato a ottenere i maggiori benefici dall’operazione, accrescendo notevolmente la sua importanza in territorio italiano.
Molti i bocconi della galassia Unipol Bnl che sembrano destinati ad andare agli svizzeri, a partire dal private banking dell’istituto capitolino: 27 uffici, una fortissima penetrazione nella capitale, in particolare nella clientela legata ad un orientamento di centro sinistra. Che secondo alcuni osservatori potrebbe ascoltare le sirene dei consulenti di Monte Paschi, preferendo la banca senese ai private bankers svizzeri. In quel di Zurigo avrebbero comunque modo di trarre soddisfazione dal deal: grazie alla prelazione ( a condizioni di mercato) per index e unit linked per oltre 50 milioni di euro prodotte da Unipol, Aurora e Bnl Vita nei tre anni successivi all’intesa; con allegate le cessioni di derivati e strutturati superiori a 65 milioni di euro per la copertura delle riserve tecniche nei prossimi 3 anni. Per non parlare del vincolo con cui la Bnl targata Svizzera dovrebbe collocare i fondi comuni di investimento del gruppo Credit Suisse, per unminimo di 500 milioni l’anno per tre anni.
Uno scenario che mette in discussione anche Bnl Gestioni ( 34 fondi e 15,4miliardi di patrimonio), la Sgr del gruppo capitolino già in predicato di passare a Ras l’anno scorso, contenstualmente alla cessione della rete di promotori Bnl Investimenti; e Bnl Fondi Immobiliari ( 2,34 miliardi di attività in gestione, tra i cinque fondi operativi più la delega per il Fondo immobiliare pubblico). Ma anche sul fronte bolognese si mormora, tra l’altro sul futuro dei gestori di Unipol Fondi Limited, che difficilmente potranno essere complementari ai prodotti svizzeri.
Secondo il piano che prende forma nelle mani di Consorte e dei suoi soci, il profilo della nuova Bnl dovrebbe puntare su una forte rete distributiva, nata dall’aggregazione dei 750 sportelli dell’istituto capitolino con i 250 di Unipol. Due i canali: il " negozio finanziario", che unirà le caratteristiche bancarie a quelle assicurative, e " l’integrazione di sedi", ossia il legame tra sportelli Bnl e Unipol in un bacino di utenza cittadino di circa 1 1,5 kmq. Una struttura chiamata a distribuire i prodotti assicurativi del gruppo bolognese, mentre per quanto riguarda il ramo finanziario i gomiti di quelli di Credit Suisse puntano alle costole dei fondi Bnl.
Meno definito invece il progetto per una rinnovata struttura dedicata al credito al consumo, anche se di certo, a tirarne le fila e i profitti, dovrebbero essere i giapponesi di Nomura. Ma la partita è ancora aperta: da Credit Suisse si risponde alla richiesta di dettagli con un rigido no comment, che non smentisce nulla del piano di Consorte. Il quale ha appena iniziato in questi giorni la sua corsa ad ostacoli.
1. > Per i lavoratori BNL il problema e’ il lavoro ....., 3 settembre 2005, 16:28
L’Ina fu autorizzata solo ad acquistare la Banca di Marino perché comprava una banca di dimensioni ridotte.
Lo Statuto delle compagnie non può essere radicalmente modificato
I dubbi della Vigilanza sulla scalata Unipol
L’Isvap, l’Authority delle assicurazioni, sta valutando l’impossibilità per Consorte di acquisire una preda troppo grossa come Bnl
di Marcello Zacché
Se l’operazione venisse bloccata dalle Autorità l’obbligo e gli oneri finanziari della scalata ricadrebbero sui compagni di avventura: le 4 Coop, Nomura, Gnutti, Credit Suisse e le popolari.
Si riapre oggi a Bologna la partita Bnl. Ma gli ostacoli sulla strada della compagnia bolognese potrebbero essere maggiori del previsto. Il dossier in mano all’Isvap, l’Authority che vigila sulle assicurazioni, secondo quanto risulta al Giornale si sta rivelando complesso. Il problema dimensionale, o meglio il rapporto tra le dimensioni di Unipol e Bnl, è il nodo intorno al quale si stanno concentrando le attenzioni dell’autorità guidata da Giancarlo Giannini. Che potrebbe anche bloccare l’operazione Unipol, lasciando l’onere dell’Opa da 4,9 miliardi su Bnl ai soci «solidali» della compagnia: quattro coop (Estense, Adriatica, Talea e Nova), Nomura, Hopa, Carige, Csfb, Bpi, Pop Vicenza, Gavio e Pascotto. Nel pomeriggio i soci di Unipol, convocati in assemblea, daranno il via libera all’aumento di capitale da 2,6 miliardi necessario per lanciare l’Opa sul 59,3% della banca romana, a 2,7 euro per azione. L’esito non è in discussione essendo la compagnia controllata da Holmo, la finanziaria delle coop che ha condiviso fin da subito il progetto dell’amministratore delegato di Unipol, Giovanni Consorte.
Quello su cui ci sarà ancora da discutere è quanto succederà dopo. Il nodo è tecnico ma sostanziale: può una compagnia assicurativa comprare una banca? E se questa è di dimensioni quattro volte superiori? Si può forse dire che la società in questione si trova a cambiare radicalmente la propria attività? Con quali conseguenze per soci e clienti?
Il punto era già emerso e si era parlato per questo di un possibile cambio dello statuto di Unipol, per adeguare l’oggetto sociale, all’attività bancaria, nel rispetto dell’articolo 2361 del codice civile, che vieta l’assunzione di partecipazioni se «per la misura e per l’oggetto della partecipazione si modifica l’oggetto sociale». In questo caso andrebbe garantito ai soci il diritto di recesso. Unipol ha già chiesto in proposito un parere a Renzo Costi, che ha negato la necessità del recesso. Ma in realtà la questione non sarebbe neanche questa.
Secondo indiscrezioni, l’Isvap escluderebbe il cambio di Statuto in quanto inapplicabile. Per la sua natura di raccoglitrice e investitrice di risparmio pubblico, un’assicurazione non può mutare oggetto sociale così come una qualunque impresa industriale. Oltre ai soci, ne dovrebbe rispondere anche ai clienti che le hanno affidato i loro patrimoni. Non a caso l’oggetto sociale delle compagnie è addirittura fissato dalla legge. Non lo può cambiare un’assemblea. Per questo l’Isvap, anche con la consulenza di esperti esterni interpellati per l’occasione, si sta concentrando solo sull’aspetto dimensionale: se questo modifica l’attività originale, allora l’operazione andrebbe vietata.
È dunque la dimensione dell’impresa bancaria, che conta, non la sua natura. C’è un precedente: nel febbraio 1986 l’Ina acquista una partecipazione di controllo della Banca di Marino. L’Isvap concede il suo ok, e motiva la decisione sostenendo che «questo istituto non aveva a ragione richiamato l’articolo 2361 giacché è evidente che la partecipazione in questione, per la sua misura in relazione al patrimonio, non modifica sostanzialmente l’oggetto sociale». Mentre è fuor di dubbio, scrivono ancora all’Isvap, che il controllo della banca «può dar luogo a operazioni strumentali dell’attività assicurativa». Sull’impianto concordò Giuseppe Guarino, noto giurista che nell’occasione scrisse un parere pubblicato sui quaderni di «Giurisprudenza Commerciale». Il problema non riguarda l’acquisto da parte di una assicurazione di una banca, dunque. Anche perché dal 1991 l’attività bancaria è espressamente compresa nelle «attività connesse» all’oggetto sociale (vita o danni che sia). Basta ricordare Generali, che controlla Banca Generali, o la stessa Unipol che ha Unipol Banca. Il problema è la dimensione: sia dal punto di vista della capitalizzazione (Unipol vale 1,8, che salgono a 2,6 miliardi con le azioni privilegiate, Bnl 8 miliardi) sia da quello del business (le riserve di Unipol valgono 30 miliardi, meno della metà dei 66 miliardi della raccolta di Bnl) il rapporto è enorme e potrebbe configurare per l’Isvap un cambiamento dell’oggetto sociale, non sanabile in alcun modo. Né l’aumento di capitale da 2,6 miliardi sposterebbe di molto la questione.
La compagnia guidata da Consorte ha ben presente il problema, e punta a superare il problema tramite la normativa sui «conglomerati finanziari», che consente, a determinate condizioni di ricalibrare i coefficienti patrimoniali e i parametri di solvibilità su base aggregata. Non a caso nel documento informativo Unipol scrive di voler «dar vita a un Conglomerato Finanziario costituito da un gruppo assicurativo e bancario leader in Italia» (lo stesso termine testualmente utilizzato anche dal governatore Fazio). Vedremo. Di certo per Unipol le conseguenze di un eventuale stop dell’Isvap sarebbero clamorose. Ma lo sarebbero ancora di più per i suoi soci «solidali».