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Petrella-Vendola. Massimalismo contro pragmatismo
Publie le mercoledì 7 aprile 2010 par Open-PublishingLe elezioni trionfali di Vendola hanno riacutizzato una polemica degli avversari a sx di Vendola, che come elementi di attacco, portano principalmente due temi: l’alleanza di Vendola col PD (alleanza tattica senza la quale obiettivamente Vendola sarebbe nessuno o avrebbe preso l’1% come Ferrero in Campania, ma per fare la quale Vendola ha dovuto fare uno strappo da RC che non gli è stato mai perdonato).
Il 2° tema è lo scontro tra Petrella e Vendola.
Per valutarlo vorrei seguire Emilio Molinari di Democrazia Proletaria, ben noto difensore dell’acqua pubblica che ha fatto parte della commissione per l’energia, la ricerca e la tecnologia.
L’oggetto massimo del contendere in Puglia era la gestione pubblica dell’acquedotto pugliese, non una cosa da poco, visto che è il più grande d’Europa e uno dei più grandi del mondo, dunque un affare multimiliardario per chi ci avesse messo sopra le mani.
Da anni era in mano privata e in questa tornata elettorale era più che mai a rischio per quella privatizzazione voluta da B, sulla linea neoliberista dell’UE, che il Governo cerca di svenderci come liberalizzazione, e che consiste nel mettere in mano privata la gestione dell’acqua pubblica, così che, pur restando formalmente pubblica, essa sia messa sul mercato come merce, al fine (si dice) di una concorrenza che ridurrebbe i costi (tema ripetuto a iosa da Lupi, il grande negatore dell’evidenza, lo stesso che nega che il mega scudo fiscale sia servito a incrementare evasione e mafia).
E’ invece chiaro che, ovunque nel mondo, dopo ogni privatizzazione dell’acqua, la concorrenza risulta inesistente e si assiste solo ad una ascesa dei costi, a un peggioramento della qualità fino alla non potabilità, all’ingresso di grandi multinazionali come Veolia che per di più sono incontrollabili dalle leggi italiane, alla scomparsa di controlli pubblici e all’annientamento dei diritti dei consumatori, tanto più penalizzati in Italia in quanto qui non esiste nemmeno una class action decente.
B insiste a dire che l’acqua resterà pubblica ma ne darà ai privati solo la gestione, dichiarazione che non toglie il pericolo perché è appunto sui rischi ‘certi’ e ovunque assodati di una gestione privata che riceviamo dal mondo intero testimonianze agghiaccianti di un diritto tradito, che resta tradito finché la popolazione non scende violentemente in piazza per riprenderselo, come a Cochabamba, rischiando la vita. Questo diritto per di più, in futuro, a causa del cambio climatico, diventerà sempre più raro e costoso.
E pensare che l’Italia possiede poco petrolio e carbone, non ha minerali pregiati, non ha uranio e simili ma è il paese dell’acqua e la svende con tale preciso cinismo è una cosa ributtante che da sola dovrebbe portare i cittadini informati a prendere a calci B come D’Alema come Casini che vogliono buttar via anche l’unica ricchezza che abbiamo, pregiudicando il nostro futuro.
Ma la Chiesa, come si vede, quella che difende a spada tratta preti pedofili e banche dello IOR, o attacca i diritti delle donne in nome di una non ben definita ‘difesa della vita’, si guarda bene dal difendere l’acqua pubblica, come se non facesse parte della ‘difesa della vita’, mentre fa parte di quel grosso bottino planetario che fa gola al grosso capitalismo con cui gli affari della Chiesa colludono benissimo e che la portano persino a difendere centrali nucleari e OGM.
Se Vendola ha stravinto in Puglia è stato anche grazie alla sua volontà di salvare l’acqua pubblica. E proprio perché l’affare era ingente, contro di lui si è messo D’Alema, che ha tentato di opporgli l’ultraliberista Boccia, del resto già bocciato in precedenza dai pugliesi, e anche per brevissimo tempo l’apprezzato sindaco Emiliano, tutto pur di non perdere il lauto affare che l’Acquedotto prospettava, lauto affare in cui aveva interesse anche Casini col gruppo Caltagirone che guardava con cupidigia all’Acquedotto pugliese.
Non stiamo parlando qui di differenze ideologiche ma di giochi di capitali e di interessi lucrosi altissimi. Per cui l’alleanza del PD con l’Unione di Centro aveva ben poco di ideologico ma rientrava in quei giochi sporchi che D’Alema ha sempre fatto alleandosi col grosso capitale contro i diritti dei cittadini e tradendo ogni volta di più qualunque idea di sx.
Del resto uno dei motivi per cui il PD perde consensi, ha perso il treno della storia e ha rinnegato le sue radici, è proprio aver rifiutato l’importanza dell’ecologia nel mondo attuale e la salvezza dei beni comuni che fanno parte ormai dei diritti fondamentali dell’uomo per abbracciare pienamente e proditoriamente una sporca logica di mercato. E’ per questa scelta perversa che amministrazioni di sx come quella toscana hanno addirittura fatto da battistrada a società per azioni sull’acqua pubblica, di fatto svendendola, contro l’interesse dei cittadini.
In questa battaglia contro la privatizzazione dei beni pubblici, Grillo è sempre stato in prima linea, informando ed educando costantemente, con un martellamento senza fine, secondo una visione no global diffusa “nel mondo” almeno da 40 anni, che troppi nella sx radicale hanno ignorato, preferendo restare aderenti a vecchi schemi formalizzati massimalisti, rifiutando di vedere che la guerra per l’acqua rientra nella lotta contro le multinazionali di un mercato che porta il mondo alla rovina, che è responsabilie dell’attuale crisi economica che uccide gradatamente ogni diritto umano mercatizzando tutto l’esistente con la collusione di governi nazionali e di partiti.
Che il PD si sia schierato dalla parte dei persecutori è orrendo, ma è altrettanto aberrante che, in nome di vecchi linguaggi obsoleti e di vecchi schemi teorici inapplicabili, molti della sx rifiutino di vedere che l’ecologia e la salvezza dell’ambiente costituiscono oggi la nuova lotta al capitale. Mi pare molto fuorviante che i marxisti estremi attacchino gli ambientalisti, i no global (nome che oggi è scomparso mentre non lo è la loro battaglia), gli ecologisti, i pacifisti, i fautori di una democrazia allargata o partecipata che viene dal basso, tutti coloro che seguono il movimento a 5 stelle che di questo sempre ha parlato, e i Petrella o Molinari che hanno sostituito con le loro battaglie concrete gli astratti parolai ideologi di un tempo.
L’avversione che troviamo sui siti di sx contro gli ecologisti, l’astio di bottega, la vischiosità d’appartenenza, sembrano obsoleti, e fanno pensare ai polli di Renzo che si beccano tra loro mentre sono portati al macello.
Solo un amore sviscerato per la propria individuazione, ormai spesso poco più che un linguaggio e uno schema teorico, li giustifica, mentre sarebbe l’ora di capire che si devono usare altri strumenti pur in una stessa logica di lotta al grande capitale da parte di chi può costituire massa critica e votante, purché giustamente informata.
Due cose possono salvare il mondo: l’informazione e la partecipazione. E l’una si accompagna all’altra e richiedono molto di più che la ripetizione stentorea di un codice linguistico teorico.
Fare ideologia pura e astratta, sognare il potere al proletariato e la scomparsa magica del capitale, la rivoluzione catartica proletaria che dissolve ogni lotta di classe o l’utopia anarchica che rende inutile ogni legge, ignorare le condizioni reali del campo di battaglia, favoleggiare di rivoluzione di fronte a un’Europa che ripropone addirittura la pena di morte contro le rivolte popolari, trascurare l’esigenza diffusa di una democrazia dal basso a piramide rovesciata, credere nella dissoluzione del potere dall’alto dimenticando la risorgenza di una burocrazia di casta che riassume tutti i poteri.. questi sono i difetti de massimalismo e la causa del suo fallimento.
Nello scontro Petrella-Vendola si può vedere la differenza tra l’assolutismo di chi sogna e il pragmatismo di chi governa. E si dovrebbero capire entrambi.
Una delle cose che i radicali estremisti di sx e i moderati della sx parlamentare, in modo diverso, non riescono a comprendere è l’importanza per i cittadini della difesa dei beni fondamentali: acqua, aria, suolo, coste, parchi…è l’importanza della difesa dell’ambiente e dei beni comuni come l’acqua, che non possono entrare nella mercatizzazione generale.
Da un lato assistiamo a un mutamento genetico della sx cosiddetta moderata o “diversamente dx” , il PdmenoElle come la chiama Grillo, che si è imbevuta totalmente di pratiche liberiste al punto da non costituire più una alternativa al governo mercatista europeo e dittatoriale di B, dall’altra vediamo con sgomento l’assenza del problema ecologico in molta sx radicale che non è riuscita ad accogliere le istanze ambientaliste ormai diffuse su tutto il pianeta, che costituiscono la nuova internazionale, e che entrano ormai nell’agenda politica di capi di stato come la Merkel o Brown o Obama, non per ideologia ma per una necessità di sopravvivenza planetaria.
L’Acquedotto pugliese diventò società per azioni nel 1999.
Quando nel 2005 Vendola vinse le regionali nominò il prof. Riccardo Petrella presidente dell’Acquedotto nel 2005. Dopo un anno e mezzo Petrella dava le dimissioni in polemica con Vendola. Occorre aggiungere che i due sono rimasti amici e continuano a rispettarsi ma sembra che nella sx parlamentare questa separazione ufficiale continui a costituire uno dei punti salienti di attacco a Vendola.
La posizione di Petrella era, secondo Vendola, nobile ma astratta e non teneva conto delle possibilità contingenti dell’operatività politica, al che Petrella rispondeva accusando Vendola di "personalismo presidenziale".
E’ indubbio che nell’ascesa di Vendola questo c’è, ma, oggi come sempre, è uno dei requisiti del potere, dal momento che le grandi ideologie astratte fanno sempre meno presa sugli elettori che vogliono anche personaggi e, nel caso di Vendola, risultati fattibili.
Il sogno radicale astratto si è scontrato con un programma concreto che doveva fare i conti con i limiti in gioco e col pragmatismo dei contenuti.
Petrella scrisse sul Manifesto che nelle scelte di Vendola l’acqua restava un bene economico nel quadro di mercato dell’economia capitalista. Petrella avrebbe voluto che la società per azioni che gestiva l’acquedotto sparisse, sostituita da una società interamente pubblica in cui una base di 50 litri di acqua a testa fosse fornita gratuitamente ogni giorno.
Vendola ribatteva che la società che gestiva l’acquedotto era posseduta all’88% dalla Regione Puglia e al 12% dalla Regione Basilicata, e questo importava, e ripubblicarla cioè creare un ente regionale, avrebbe comportato una "ri-politicizzazione", "con l’effetto di una lottizzazione progressiva". La cosa più importante al momento era ridurre gli sprechi che arrivavano al 50%.
Molinari Scriveva sul Manifesto: “Crediamo sia un errore dividerci tra realisti e utopisti. Come tutto il movimento no global ci ha insegnato, ‘un altro mondo è possibile’ . Il movimento è per la fuoriuscita da ogni logica di società per azioni, perché considera la s.p.a. un soggetto di natura privata per quanto posseduta al 100% da soggetti pubblici. Tuttavia è cosciente che occorrono tempi e modalità per realizzare il superamento di una s.p.a., tant’è vero che ha messo in campo una proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua. Il fatto è che i debiti accumulati pongono dei limiti assolutamente vincolanti alla sua gestione. La banca Merrill Lynch rischia di essere il vero arbitro delle sorti dell’acquedotto, perché il rapporto tra quest’ultimo e i suoi creditori è tale che il consiglio di amministrazione presieduto da Petrella e la stessa Regione Puglia risultano esautorati da ogni effettiva capacità di indirizzo politico. Il nodo fondamentale è proprio questo. Poi naturalmente ci sono anche altri fattori : una vasta area della coalizione del governo regionale contro la nomina di Petrella e una stratificazione di interessi costituiti presenti all’interno dell’apparato amministrativo dell’Acquedotto pugliese.
A questo punto lo stesso Vendola ha dovuto fare quello che poteva. E Petrella si è dissociato. Sia Vendola che Petrella sono forti personalità. E il progetto di pubblicizzazione è tutt’altro che abbandonato. Gli scambi di accuse a questo punto fanno il male di tutti. Occorre riprendere a lavorare insieme.”
Dice ancora Molinari:
“Il 9-92009 Il Governo ha fatto un decreto sulle privatizzazioni dei servizi pubblici locali, senza informare i cittadini e coinvolgere i Comuni.
Sono liquidati quei pochissimi margini concessi alle amministrazioni locali di mantenere la gestione di servizi fondamentali come l’acqua. Cade l’ultimo bastione di “resistenza”eretto dai comuni e dalle province. Ora è il via alla mercificazione totale dell’acqua potabile nel nostro paese.
Le gestioni in house sono società interamente nelle mani dei comuni consorziati, sulla quale i comuni stessi esercitano il “controllo analogo” a quello dei propri uffici, è una modalità di gestione riconosciuta dalla normativa Europea tanto che è largamente utilizzata in Francia – a Parigi è stata recentemente superata dalla ripubblicizzazione attuata con gestione diretta della municipalità – La Spagna e la Germania la stanno applicando in alcune grandi città ed è tuttora adottata dal Belgio, dall’Olanda, dal Lussemburgo, nonché da 64 ATO italiani, 61 dei quali hanno passato il vaglio dell’autority, compresi quelli di Milano Città e
Provincia.
Ma il decreto legge del 9 settembre sancisce la chiusura di queste gestioni entro il 2011 e fa un passo in più, chiede che anche nell’affidamento tramite gara a società miste la quota di partecipazione del privato non possa essere inferiore al 40% e, nelle società quotate in borsa già esistenti, deve scendere al di sotto del 30% entro il 2012. E’ un decreto palesemente incostituzionale che gli enti locali dovrebbero impugnare.
Con il decreto cade l’imbroglio, con la quale molti amministratori, in particolare toscani ed emiliani hanno finto che con il 51% il loro controllo sarebbe stato garantito. Tutta la nostra acqua potabile sarà privatizzata e con ciò entriamo a piè pari nel disegno delle multinazionali di mercificare universalmente un bene comune fondamentale come l’acqua. Anzi ne siamo la punta avanzata.
Entro il 2011 sarà obbligatorio mettere a gara l’intero Servizio idrico nazionale e tutti gli addetti ai lavori sanno benissimo che le gare le vinceranno tutte un cartello di imprese ben definito: ACEA – IRIDE/ENIA/ HERA – A2A dentro alle quali i pacchetti azionari di Suez Lyonnes des Eaux e Veolia la faranno da padroni, assieme ai Caltagirone, ai Pisante e alle banche.
Poteri locali, partecipazione dei cittadini, democrazia, federalismo… parole… vuote. queste SPA verranno consegnati i rubinetti d’Italia e decideranno la politica dell’acqua in tutti i territori.
Il decreto porta la firma Fitto- Calderoli, si realizza cioè con l’accordo della Lega che si era sino ad oggi spesa per valorizzare il ruolo degli enti locali nella gestione dell’acqua. E’ questa la novità, che chiude il cerchio degli intrecci politico – affaristici.
Quali siano le contropartite, cosa si sia giocata ancora una volta la Lega non mi è dato sapere, penso però che la Lega con l’acqua, dopo Alitalia…ecc si è giocata la credibilità di essere il partito dei territori, dei loro beni comuni e della loro autonomia.
Ora la parola è ai movimenti sociali, ai giornalisti liberi, agli uomini di cultura, ai Sindacati (che si esprimano una buona volta) ai sindaci, alla loro capacità di indignarsi ancora e di sapersi mobilitare in due battaglie assolutamente complementari: sui tempi brevi quella di fermare o modificare il decreto e l’altra articolata sui territori di chiedere a comuni e regioni di cambiare statuti e leggi regionali affinché affermino che l’acqua è un bene pubblico privo di interesse economico."
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